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4 Le modifiche e gli sviluppi del Regolamento Frontex

4.1 La Decisione 2010/252/UE

La Decisione determinava che le operazioni di vigilanza dovessero essere condotte rispettando i diritti fondamentali e in modo da non mettere in pericolo la sicurezza della persona intercettata o soccorsa così come delle persone coinvolte nelle operazioni.102 Veniva espressamente vietato il trasferimento di individui ad autorità di un’altra giurisdizione, in quanto violazione del principio di non-respingimento.103 Inoltre,

99Art. 29 (1).

100Frontex, Relazione Generale 2009, p. 22. 101Decisione 2010/252/UE.

102Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 1.1. 103Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 1.2.

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doveva essere garantita la possibilità alle persone intercettate o soccorse di esprimere ogni motivazione per la quale credessero che il loro sbarco in un particolare Stato avrebbe infranto il principio in questione.104 Frontex aveva l’obbligo di assicurare che le sue operazioni marittime avessero riguardo della situazione di individui vulnerabili, inclusi i bambini, vittime di trafficanti, persone bisognose di assistenza medica urgente e individui bisognosi di protezione internazionale.105

La Decisione poneva l’accento sulla necessità che le guardie di confine fossero state formate sui relativi provvedimenti sui diritti umani e sulle leggi dei rifugiati così come fossero a conoscenza del regime internazionale che regola la ricerca e il soccorso.106

Una volta che una imbarcazione veniva intercettata, l’Agenzia rilevava la sua identità e nazionalità. In attesa di ulteriori misure, la nave doveva essere sorvegliata a “debita distanza”.107 Le unità che partecipavano alle

operazioni di vigilanza dell’Agenzia dovevano comunicare immediatamente le informazioni riguardanti la nave al centro di coordinamento. Se la nave stava per entrare nelle acque territoriali di uno Stato membro che non partecipava alle operazioni, le unità partecipanti dovevano informare il centro di coordinamento, che a sua volta avrebbe informato lo Stato membro interessato.108

Le unità partecipanti alle operazioni di vigilanza potevano essere autorizzate ad intraprendere diverse misure di intercettazione nei casi in cui ci fossero state fondate ragioni per sospettare che la nave stesse trasportando persone che cercassero di eludere i controlli di frontiera.109 Tali misure includevano la richiesta di informazioni e la documentazione relativa alla proprietà e alla registrazione

104Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 1.2. 105Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 1.3. 106Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 1.4. 107Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.1. 108Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.2. 109Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.4.

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dell’imbarcazione così come quelle che riguardavano la traversata, l’identità, la nazionalità e altri dati pertinenti le persone a bordo.110 Gli

agenti che partecipavano alle operazioni di vigilanza potevano anche essere autorizzati a fermare, salire a bordo e perlustrare la nave, inclusi il cargo e gli individui, e interrogare gli individui presenti a bordo.111 Inoltre potevano essere incaricati di informare le persone a bordo di non essere autorizzate ad attraversare la frontiera e che la persona che comandava l’imbarcazione poteva essere perseguita penalmente.112

Altre misure potevano includere la confisca della barca e l’arresto delle persone a bordo.113 L’imbarcazione poteva essere obbligata a modificare il suo corso fuori da o verso una destinazione diversa dalle acque territoriali dello Stato membro coinvolto. In questo caso, le unità Frontex potevano scortare l’imbarcazione per garantire l’osservanza di queste disposizioni.114

Queste misure di intercettazione potevano essere esercitate solo sulla base di un’autorizzazione concessa espressamente alle unità che partecipavano alle operazioni di vigilanza. Lo Stato incaricato di concedere tale autorizzazione veniva determinato sulla base del territorio geografico e della bandiera dell’imbarcazione in questione.115

Nel caso in cui le attività operative avevano luogo nelle acque territoriali o in zone contigue116 dello Stato membro ospitante, o di uno Stato

110Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.4 (a). 111Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.4 (b). 112Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.4 (c). 113Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.4 (d). 114Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.4 (e).

115Il considerando 6 nel preambolo della Decisione 2010/252/UE afferma che l’attuazione della

decisione non pregiudica gli obblighi, tra gli altri, degli Stati membri ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, della Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare, della Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo.

116L’art. 33 della Convenzione di Montego Bay (GU 1998 L 179/1) definisce “zona contigua”

la zona di mare aperto adiacente al mare territoriale. Questa non può estendersi oltre le 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale. In una zona contigua, lo Stato costiero può esercitare il controllo necessario al fine di: (a) prevenire le violazioni delle proprie leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione entro il suo territorio o mare territoriale; (b) punire le violazioni delle leggi e regolamenti di cui sopra, commesse nel proprio territorio o mare territoriale.

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membro che partecipava alle operazioni, le misure di intercettazione potevano avvenire solo sulla base di istruzioni trasmesse dallo Stato membro ospitante all’unità partecipante attraverso il centro di coordinamento.117 Se, invece, le operazioni di vigilanza avevano luogo nelle acque territoriali o in zone contigue di uno Stato membro che non partecipava alle operazioni, allora le misure di intercettazione potevano avvenire solo sulla base dell’autorizzazione data dallo Stato membro.118

Se un’operazione stava avendo luogo in mare aperto, l’autorizzazione per poter effettuare le misure di intercettazione veniva determinata dalla nazionalità dell’imbarcazione, cioè era identificata dalla sua bandiera. Se l’imbarcazione individuata batteva bandiera di uno Stato membro che partecipava alle operazioni, allora l’ufficiale che rappresentava tale Stato nel centro di coordinamento poteva dare o trasmettere l’autorizzazione richiesta.119 Se l’imbarcazione individuata batteva

bandiera di uno Stato membro che non partecipava alle operazioni, o di un paese terzo, allora lo Stato interessato avrebbe dovuto confermare la registrazione dell’imbarcazione.120 Al ricevimento della conferma della

nazionalità, si sarebbe richiesta l’autorizzazione per effettuare le misure di intercettazione secondo il Protocollo di Palermo contro il traffico di migranti.121 Il centro di coordinamento deve essere informato di ogni

comunicazione scambiata con lo Stato di bandiera.122

Nessuna misura poteva essere intrapresa senza l’autorizzazione espressa dello Stato di bandiera, eccetto quelle necessarie a eliminare un pericolo imminente per la vita delle persone o quelle che derivavano da accordi

117Decisione 2010/252/UE, Parta I, Punto 2.5.1.1. 118Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.5.1.2. 119Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.5.2.1. 120Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.5.2.2. 121Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.5.2.2. 122Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.5.2.2.

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bilaterali o multilaterali pertinenti, oppure nel caso in cui la nave fosse entrata in una zona contigua.123

Le unità partecipanti alle operazioni Frontex dovevano dare assistenza a qualsiasi imbarcazione o persona in pericolo indipendentemente dallo status, dalla nazionalità o dalle circostanze in cui vengono trovate.124 Quando durante un’operazione di vigilanza, c’era incertezza o apprensione per la sicurezza di una nave o delle persone a bordo, l’unità doveva trasmettere il prima possibile tutte le informazioni disponibili al centro di coordinamento di soccorso responsabile della regione di ricerca e soccorso.125 Nei casi in cui il Centro di un paese terzo non rispondesse alla notifica, l’unità partecipante doveva contattare il centro di coordinamento di soccorso dello Stato membro ospitante. In attesa delle istruzioni da parte del Centro, le unità partecipanti dovevano prendere tutte le misure necessarie ad assicurare la sicurezza alle persone coinvolte.126

Le unità partecipanti dovevano prendere in considerazione tutti gli elementi relativi alla sicurezza di un’imbarcazione intercettata e comunicare la propria valutazione al responsabile del centro di coordinamento di soccorso. I fattori da considerare includevano la presenza di una richiesta di assistenza, l’idoneità alla navigazione dell’imbarcazione e la possibilità che non raggiungesse la propria destinazione, il numero di passeggeri relativamente al tipo di imbarcazione, la disponibilità di provviste necessarie, la presenza di equipaggio e comandante qualificato, la disponibilità di attrezzature di sicurezza, navigazione e comunicazione, la presenza di passeggeri a bordo con urgente bisogno di assistenza medica, la presenza di

123Decisione 2010/252/UE, Parte I, Punto 2.5.2.6. 124Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.1. 125Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.2. 126Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.2.

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passeggeri deceduti, donne incinte e le condizioni metereologiche e del mare.127

L’esistenza di un’emergenza non dipendeva esclusivamente o veniva determinata da una richiesta di aiuto. Quando i passeggeri a bordo rifiutavano l’assistenza, l’unità doveva informare il centro di coordinamento di soccorso e continuare ad assolvere l’obbligo di assistenza, prendendo tutte le misure necessarie ad assicurare la sicurezza delle persone coinvolte, ed evitando di compiere qualsiasi azione che potrebbe aggravare la situazione o aumentare il rischio di pericolo o di morte.128 Il centro di coordinamento delle operazioni doveva essere informato il prima possibile di ogni contatto con il centro di coordinamento di soccorso e del corso dell’azione intrapresa.129 Una volta terminata la situazione di emergenza e terminate le operazioni di ricerca e salvataggio, le unità partecipanti dovevano, di concerto con il centro di coordinamento delle operazioni, riprendere l’operazione.130

Il piano operativo doveva indicare le modalità di sbarco degli individui intercettati o recuperati. Doveva essere data la priorità allo sbarco nel paese terzo da cui l’imbarcazione era partita o attraverso le acque territoriali o la regione di ricerca e salvataggio in cui la nave era transitata. Se ciò non era possibile, bisognava dare la priorità nello sbarco nello Stato membro ospitante a meno che non fosse necessario agire diversamente per assicurare la sicurezza degli individui.131

Il centro di coordinamento, una volta informato della presenza di persone che avrebbero potuto aver bisogno di protezione internazionale, doveva trasmettere tali informazioni alle autorità competenti dello Stato

127Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.3. 128Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.4. 129Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.5. 130Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 1.6. 131Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 2.1.

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membro ospitante. Sulla base dell’informativa, il piano operativo determina quali misure successive devono essere intraprese.132

Il Parlamento europeo impugnò di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE) la Decisione 2010/252/UE perché eccedente le disposizioni di attuazione in funzione delle quali era stato adottato.133 Si affermò che le regole di “intercettazione”, “ricerca e recupero” e “sbarco” non rientrassero nel significato di vigilanza. Il Parlamento europeo ritenne inoltre che la Decisione modificasse i doveri degli Stati membri relativi alle operazioni Frontex previste dal regolamento istitutivo dell’Agenzia.

Per questi motivi, il Parlamento avanzò tre censure. In primo luogo, la Decisione impugnata avrebbe introdotto nuovi elementi essenziali nel Codice Frontiere Schengen. In secondo luogo, essa avrebbe modificato gli elementi essenziali già presenti nel Codice in questione. In terzo luogo, essa avrebbe interferito con il sistema creato dal Regolamento Frontex.134

La sentenza della Grande Sezione della CGUE del 5 settembre 2012 accolse il ricorso del Parlamento europeo stabilendo l’annullamento della Decisione in esame ma mantenendone gli effetti fino all’entrata in vigore di una nuova normativa in materia.135Venne infatti accolta la

prima censura proposta dal Parlamento con il ricorso.

Secondo la Corte, infatti, la Decisione conteneva quegli elementi essenziali della sorveglianza delle frontiere marittime esterne degli Stati membri che esulavano dal quadro delle misure supplementari ai sensi

132Decisione 2010/252/UE, Parte II, Punto 2.2.

133 Causa C-355/10, Parlamento europeo c. Consiglio dell’Unione europea. Il Parlamento

europeo aveva votato contro la Decisione con 336 voti a 253 con 30 astenuti ma non ottenne la maggioranza assoluta (369 voti) necessaria per garantire il rigetto.

134Vedi Conclusioni dell’Avvocato Generale Paolo Mengozzi presentate il 17 aprile 2012,

punto 24, in http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/uri=CELEX%3A62010CC0355.

135Dispositivo della Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 5 settembre 2012 – Parlamento

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dell’articolo 12, paragrafo 5, del Codice Frontiere Schengen e che solo il legislatore dell’Unione avrebbe potuto adottare.

Il Parlamento europeo e il Consiglio, quindi, preso atto di tale sentenza, sostituirono la Decisione con il Regolamento (UE) n. 656/2014.136