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Il mantenimento della logica basata sul privilegio della

5 Considerazioni in ordine all’effettiva realizzazione degl

5.3 Il mantenimento della logica basata sul privilegio della

Nonostante il potenziamento delle prerogative dell’Agenzia, i controlli di frontiera restano in principio ancora attuati da ciascuno Stato membro. Ciò viene confermato nell’art. 5, paragrafo 2, secondo il quale “ogni Stato membro provvede alla gestione delle proprie frontiere esterne”. Questo indica chiaramente che non ci sono frontiere controllate direttamente dall’Agenzia.

D’altra parte, gli Stati membri non controllano le proprie frontiere esterne solo nel proprio interesse, ma anche nell’interesse dell’intera area Schengen. Se le guardie di frontiera assolvono contemporaneamente ad una doppia funzione, a livello nazionale ed europeo, esse restano organicamente nazionali dal momento che il loro incarico, il salario e l’equipaggiamento restano di responsabilità di ciascuno degli Stati membri. Maggiore è l’estensione della frontiera esterna degli Stati membri, maggiormente essi dovrebbero contribuire all’area Schengen attraverso i controlli. È facile comprendere quindi come gli oneri generati dai controlli di frontiera sono distribuito in modo iniquo tra gli Stati membri se confrontiamo il Lussemburgo, che ha solo un piccolo aeroporto, con la Grecia o l’Italia. Ciò è definito “onere asimmetrico”.

È indispensabile perciò una forte solidarietà nelle aree di frontiera se il controllo è lasciato agli Stati membri. Vi è una relazione inversamente proporzionale tra la responsabilità e la solidarietà: maggiore è la responsabilità dell’Unione, minore è il bisogno di solidarietà tra gli Stati membri; minore è la responsabilità dell’UE, maggiore è il bisogno di solidarietà tra gli Stati. Questo è stato riconosciuto dall’art. 80 TFUE secondo cui: “le politiche dell’Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano

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finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell’Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell’applicazione di tale principio”. Tuttavia, questa disposizione spesso è stata ignorata dalle istituzioni dell’Unione e scarsamente applicata. È stato mostrato tutto ciò in modo chiaro analizzando il finanziamento dell’UE che rappresenta lo strumento principale per attuare la solidarietà nella politica frontaliera. Pur dovendo riconoscersi che la solidarietà in ambito finanziario è accresciuta nel periodo 2014/20 paragonata alle precedenti prospettive finanziarie e che gli importi vengono distribuiti tra gli Stati membri sulla base di indicatori di onere,554 si ritiene che la dotazione finanziaria deve essere considerata molto modesta rispetto ai costi affrontati dagli Stati membri e che potrebbe anzi essere ritenuta quasi puramente simbolica rispetto ad altre politiche europee.555 Il nuovo Regolamento fa poco anche da tale punto di vista. Il livello di solidarietà è certamente migliorato con l’aumento delle prerogative, delle risorse monetarie e umane della Agenzia GFCE rispetto ai mezzi che erano stanziati per Frontex, ma solo in misura limitata.

Questo non significa che l’istituzione della guardia di frontiera e costiera europea non contribuirà a risolvere le crisi presso le frontiere esterne. Il nuovo meccanismo previsto per inviare le guardie di frontiera in un intervento rapido alle frontiere esterne è sicuramente più efficace rispetto a quello in passato utilizzato, ad esempio, in Grecia. È stato creato, come detto, un pool di riserva rapido quale corpo permanente messo a immediata disposizione dell’Agenzia e che può essere dispiegato da ciascuno Stato membro entro cinque giorni lavorativi da

554Vedi su questo punto European Court of Auditors, Special Report 15/2014, “The External

Borders Fund Has Fostered Financial Solidarity but Requires Better Measurement of Results and Needs to Provide Further EU Value”, punto 31, p. 21.

555Monar, J., “Solidarity as a Challange for the EU: The Case of Justice and Home Affairs”,

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quando il piano operativo viene concordato. Questo pool è composto da un minimo di 1.500 guardie di frontiera nazionali.

Se il Regolamento può dirsi aver affrontato la crisi presso le frontiere esterne della Grecia in breve tempo, continua a sollevare domande importanti nel lungo termine relative all’equilibrio stabilito tra responsabilità e solidarietà.

Innanzitutto, il pool di riserva rapida sembra modesto poiché rappresenta il 2/3% del numero totale di guardie di frontiera nazionali. Si può sicuramente affermare gli Stati membri hanno l’obbligo di fornire, oltre al personale attinto dalla riserva di reazione rapida, anche guardie di frontiera aggiuntive. Tuttavia, tale meccanismo era già presente nel Regolamento Frontex 2007/2004 e non ha mai funzionato come avrebbe dovuto a causa della resistenza opposta dagli Stati membri. Ci si chiede se può migliorare ora con la GFCE. Si spera, più che altro, che gli Stati membri non si appellino frequentemente alla situazione eccezione che colpisce in modo sostanziale l’adempimento dei compiti nazionali.

In secondo luogo, la GFCE fornisce soltanto una soluzione temporanea ad un problema strutturale dal momento che gli strumenti previsti sono concepiti come temporanei.556

Il livello attuale di solidarietà sembra contraddire il Trattato. L’art. 80 TFUE non pone infatti il principio di responsabilità – secondo cui gli Stati membri dovrebbero controllare la loro parte di frontiere esterne da soli – in contrapposizione con il principio di solidarietà – secondo cui gli Stati membri sovraccaricati dovrebbero ricevere aiuto dall’Unione. Al contrario, l’art. 80 riguarda il principio di solidarietà e una equa ripartizione della responsabilità. Piuttosto che una contrapposizione tra i due principi, l’articolo in questione – che merita di per sé stesso

556Vedi art. 14 (2), per quanto riguarda gli interventi rapidi alle frontiere e art. 15 per quanto

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un’analisi approfondita che non può essere sviluppata in questo elaborato – può essere considerato un completamento dell’idea piuttosto ampia della solidarietà con un’idea piuttosto precisa ed esigente di un’equa divisione della responsabilità.

Il Regolamento non rappresenta quindi la fine dell’evoluzione dell’organizzazione istituzionale dei controlli di frontiera nell’Unione. A meno che il pool di riserva rapida alle frontiere e le Squadre Europee di Guardie di Frontiera non crescano al punto di sostituire quasi interamente le guardie di frontiera di alcuni Stati membri incapaci di affrontare le eccessive pressioni ai propri confini, aumenterà il bisogno di una maggiore solidarietà. Il caso dell’Italia, che continua a fronteggiare un numero sempre maggiore di arrivi, mostra, se fosse necessario, che il caso della Grecia non è stato il solo. È utile ricordare che l’idea precedente di creare un corpo europeo per sorvegliare le frontiere esterne era stata pensata per rispondere all’esigenza di ripartire in maggior misura il carico tra gli Stati membri.

Infine, abbiamo già visto che l’art. 18 del Regolamento GFCE prevede che uno Stato membro che deve affrontare una pressione migratoria eccessiva in una specifica area hotspots presso le sue frontiere esterne, può richiedere all’Agenzia di dispiegare squadre di sostegno per la gestione della migrazione. Queste squadre possono dare assistenza nello screening dei cittadini di paesi terzi che giungono presso le frontiere esterne; nell’offerta di informazioni alle persone che necessitano di protezione internazionale o a richiedenti asilo; nell’assistenza tecnica e operativa nell’area di rimpatrio.

Questa disposizione è conforme alla recente esperienza relativa all’approccio hotspots e non vi è alcun dubbio di come un tale meccanismo sia positivo in linea di principio. Tuttavia, un meccanismo di solidarietà più ambizioso dovrebbe garantire anche la condivisione,

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almeno parziale, dell’onere della successiva ricezione e integrazione delle persone che hanno diritto alla protezione internazionale.

È vero che un simile provvedimento sarebbe trattato in modo più appropriato nel contesto di una possibile revisione del Regolamento Dublino.

Tuttavia, una vera solidarietà tra gli Stati membri nella gestione delle frontiere esterne non può essere raggiunta se non si crea un meccanismo mediante il quale tutti i soggetti coinvolti possono fidarsi l’uno dell’altro nella consapevolezza che, indipendentemente dal luogo dello sbarco, l’onere dei richiedenti asilo e dei migranti irregolari sarà condiviso in modo equo tra gli Stati membri.