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La crisi del metodo basato sugli hotspots e del sistema di asilo

2 Limiti strutturali e funzionali

2.2 La crisi del metodo basato sugli hotspots e del sistema di asilo

Nell’Agenda europea sulla migrazione del maggio 2015182 la

Commissione europea aveva proposto di sviluppare un nuovo metodo fondato sugli hotspots per aiutare gli Stati membri in prima linea nel fronteggiare le pressioni migratorie eccezionali alle frontiere esterne dell’UE.

L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), Frontex, Europol e l’Agenzia europea per la cooperazione giudiziaria dell’UE (EUROJUST) avrebbero lavorato sul terreno con le autorità dello Stato membro per assisterlo ad osservare gli obblighi derivanti dal diritto dell’UE e a condurre con rapidità gli interventi di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo. Le attività delle agenzie sarebbero state complementari.

Tale sistema avrebbe contribuito anche alla realizzazione dei meccanismi temporanei di ricollocazione proposti dalla Commissione europea: le persone con evidente bisogno di protezione internazionale sarebbero state individuate negli Stati membri in prima linea e trasferite verso altri Stati membri dell’UE nei quali sarebbe stata trattata la loro domanda di asilo.

182 Commissione europea, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al

Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. Agenzia europea sulla migrazione. COM (2015) 240 final. Bruxelles, 13.5.2015.

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L’Italia e la Grecia sono stati i primi due Stati membri in cui si è realizzato il metodo basato sugli hotspots: tale sistema è stato presentato come uno degli elementi più rilevanti nella risposta dell’UE all’emergenza profughi.

Lo scopo ultimo degli hotspots era quello di garantire “il 100% di piena copertura nell’identificazione e nella registrazione dei soggetti entranti”.183 L’elemento della registrazione era cruciale, tanto che la

Commissione aveva posto il principio “nessuna registrazione, nessun diritto”.184 Ciò era coerente con la logica del vecchio sistema Dublino,

che obbligava i richiedenti asilo a registrarsi (o ad essere schedati tramite le impronte digitali) nel primo stato membro UE d’entrata come precondizione per aver diritto alla protezione internazionale.

La Commissione Europea affermava che “l’aspetto principale dell’approccio hotspots è che esso aiutava ad identificare chi ha bisogno e chi no di protezione internazionale attraverso un processo di identificazione e filtraggio delle richieste”.185 Questo processo avrebbe

portato a sua volta gli individui nel sistema di asilo, trasferimento o rimpatrio della Grecia e dell’Italia. Secondo la Commissione, “la proporzione di migranti, le impronte digitali dei quali sono incluse nel database Eurodac, è cresciuta in Grecia dall’8% nel settembre 2015 al 78% del gennaio 2016, e in Italia dal 36% all’87% durante lo stesso periodo”.186

Il legame tra la registrazione e un effettivo trasferimento risultava essere meno diretto. Per quanto il trasferimento fosse previsto, il numero di individui realmente rilocalizzati è rimasto limitato. Da un obiettivo iniziale di 160.000 richiedenti asilo da “rilocalizzare” provenienti da

183 Commissione europea (2016a), Comunicazione della Commissione al Parlamento e al

Consiglio sullo stato di attuazione delle azioni prioritarie intraprese nel quadro dell’Agenda europea sulla migrazione, COM (2016) 85 final, Bruxelles, 10.02.2016, p. 9.

184 Ibid., p. 12. 185 Ibid., pp. 9-10. 186 Ibid..

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Grecia e Italia, solo 218 persone erano state trasferite dalla Grecia, e 279 dall’Italia alla data di febbraio 2016. I beneficiari sono stati soprattutto Siriani e Eritrei, mentre la Francia e la Finlandia sono stai i paesi che hanno ricevuto il maggior numero di richiedenti asilo (rispettivamente 140 e 135).187

La Commissione europea si è subito detta preoccupata della situazione e ha invitato gli Stati membri ad adempiere ai propri impegni. In una Comunicazione, ha sottolineato che l’aspetto più importante restava la “volontà politica degli Stati membri di far sì che la rilocalizzazione

funzioni”. Sebbene i numeri dei candidati idonei identificati stesse

crescendo, gli Stati membri avevano fino a marzo 2016 ufficializzato solo poco più di 2000 offerte di località e solo 12 Stati membri avevano ricevuto soggetti trasferiti.188

Fino a quella data, infatti, come è stato evidenziato in dottrina,189 l’Austria, la Croazia, la Slovenia e l’Ungheria non avevano reso disponibile alcun luogo per il trasferimento.

In Italia sono stati previsti sei hotspots: Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani, Augusta e Taranto. Erano presenti 25 ufficiali Frontex in un totale di quattro hotspots in Italia. Vi sono state quindi evidenti difficoltà nel rendere operativi questi hotspots; ciò sembrava dipendere dagli sbarchi limitati presso o vicino ad essi. Il Centro italiano di Coordinamento di Soccorso Marittimo, secondo quanto riportato, avrebbe diretto le navi nei porti sicuri non vicini ad essi. La Commissione ha affermato che esistevano “problemi amministrativi con le autorità portuali” e che era necessario “un maggiore coordinamento relativo agli sbarchi dei migranti salvati in mare”.

187Commissione Europea (2016b), Allegato alla Comunicazione al Parlamento e al Consiglio

sullo stato di attuazione delle azioni prioritarie intraprese nel quadro dell’Agenda europea sulla migrazione, COM (2016) 85, 10.02.2016.

188Commissione Europea (2016b), p. 11.

189Carrera, S. e den Hertog, L., “A European Border and Coast Guard: What’s in a name?” in

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Ciò chiamava quindi in causa la loro integrazione all’interno del sistema italiano, così come la adeguatezza dei luoghi di hotspots scelti tenuto conto dei porti di sbarco italiani. Inoltre mostrava che la presenza di ufficiali Frontex negli hotspots non era efficace dove nelle vicinanze non vi erano sistemi nazionali adeguati, o dove le operazioni dell’Agenzia erano mal integrate all’interno di questi sistemi.

In Grecia sono stati previsti cinque hotspots: Lesvos, Leros, Kos, Chios e Samos. Erano presenti 454 ufficiali Frontex presso tutti questi

hotspots, ma la loro presenza non ha assicurato il fatto che fossero

operativi: solo tre hotspots erano ufficialmente operativi e soltanto uno poteva “essere considerato pienamente operativo”.190 Secondo la

Commissione, vi sono state mancanze in merito alla connessione tra gli

hotspots e il resto del sistema della migrazione. Inoltre, poiché gli hotspots sono principalmente centri di registrazione, la Commissione

aveva bisogno le autorità greche ampliassero le capacità recettive se coloro che erano registrati avrebbero dovuto essere inviati in qualunque altro sistema nazionale.

Il punto debole del sistema hotspots era che esso faceva completamente affidamento sulle possibilità di una buona accoglienza e asilo da parte degli Stati membri interessati. La Comunicazione della Commissione sulla Gestione dell’Emergenza Profughi del 2015 affermava espressamente:

“Perché l’approccio abbia successo, lo Stato membro ospite deve

fornire strutture di accoglienza efficienti, nelle quali possono agire le squadre di esperti dispiegate dalle Agenzie UE. Questo include i centri di prima accoglienza e pre-rimozione. L’esistenza di strutture di accoglienza sufficienti è inoltre una precondizione necessaria al

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trasferimento, e la UE fornisce un notevole sostegno finanziario agli Stati membri per costruire queste infrastrutture”.191

Le lacune nel sistema d’asilo della Grecia si conoscevano da tempo, come confermato nelle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 2011, che hanno portato ad un arresto dei “bonifici Dublino” al paese ellenico.192 La Commissione europea, in una

Raccomandazione del febbraio 2016, ha tentato di “riportare la Grecia all’interno del Sistema Dublino”.193

In realtà, le condizioni per un’accoglienza adeguata non si potevano dare per scontate nemmeno negli altri Paesi UE. Come l’UNHCR e altri organismi internazionali per i diritti umani hanno ampiamente dimostrato, altri Stati membri non raggiungevano gli standard richiesti dall’UE. Nel settembre 2015, la Commissione europea ha inviato 40 procedimenti di infrazione contro gli Stati membri UE per l’applicazione e attuazione scorretta degli standard europei sull’asilo.194

Come sottolineato dalla stessa Commissione, “uno dei punti deboli del sistema UE di gestione dell’immigrazione, e del Sistema Comune Europeo sull’Asilo in particolare, è stato il fallimento della completa attuazione e di una applicazione coerente”195 di tali standard.

3 L’inosservanza dei doveri collegati al rispetto dei diritti