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Declinazioni, numero e genere

Nel documento Antichi testi trevigiani (pagine 140-142)

COMMENTO LINGUISTICO

49. Declinazioni, numero e genere

I nomi femminili della I declinazione hanno -a al singolare ed -e al plurale, che diversamente da quello che marca il plurale di sostantivi della III declinazione e aggettivi di II classe non è soggetto ad apocope (cfr. § 24): ameda 12r.8, batemaga 2r.36, 2v.3, 3v.27 (tot. 22), p. batemage 4r.33, calça 19v.2, p. calçe 20v.13, cavra 11r.25, 17v.31, p. cavre 4v.25, 18r.2, mànega 8r.12, p. mànege 7v.48, 8v.36, 11r.23 (tot. 11), quarnaça 2r.24, 2v.11, 22 (tot. 37), p. quarnaçe 3r.15, 3v.35, 7r.3 (tot. 5), ecc.

Sono invece plurali neutri passati a rappresentare il femminile della prima declinazione bereta 2r.8, 6v.28, 7v.22 (tot. 30) e peliça 5v.2, 45, 6r.5 (tot. 66, con pelica 18r.7) < PELLICEA (plurale neutro dell’aggettivo PELLICEU: cfr. REW 6375), p. peliçe 7r.21, 7v.37, 9v.7 (tot. 6).

I sostantivi maschili singolari della II e della IV decl. escono regolarmente in -o (poi caduto: cfr. § 24): an 15r.28, c.i.1, c.e.8, avost 6r.15, 21, 26 (tot. 17), Belcavel 18v.18, borc 13v.14, 16v.19, 20r.11 (tot. 8), Brut 2r.2, 6, bust 12r.14, comandament 10v.18, cuor 27r.2, ecc.; nella maggior parte dei casi cade anche -i che marcava il plurale maschile dei nomi della II declinazione (cfr. ancora § 24): in questo modo si perde l’opposizione tra singolare e plurale che, generalmente demandata all’articolo (così è nelle varietà veneto settentrionali odierne: cfr. MÀFERA 1958, p. 173 e ZAMBONI 1974, p. 57), nel caso del nostro registro di conti è affidata al numerale.

Tra i nomi della IV, uscenti in -o successivamente dileguato, troviamo man 22v.14, tos 22r.21, us 1r.5; è panitaliano il metaplasmo dalla IV alla I declinazione di nuora 9r.2. Il quaderno di conti non offre esempi di conservazione dei plurali in -A dei nomi della II declinazione, assai comuni nei volgari medievali settentrionali, specie per le unità di misura:229 le forme brac 7v.48, 10v.29, 21v.31 e ster 3r.10, 20r.6, 34r.25 per il plurale portano a ipotizzare la caduta di -i (cfr. § 24).

227 Inseriremo nel novero anche fra’ ‘fratello’ 4v.8, 11, 21v.4, 29v.20, che verosimilmente sarà forma apocopata di frare

e non di frate, per la quale si potrebbe ipotizzare una derivazione tanto dal nominativo, quanto dall’accusativo dissimilato (cfr. LAUSBERG 1976, n. 33 § 627).

228 Per la forma vendre ‘venerdì’, il cui d non risale a DIES ma è frutto di un processo di dissimilazione, cfr. § 40. 229 Cfr. ROHLFS 1966-1969, § 368 e STUSSI 1965, pp. LXI-LXII; tra i testi raccolti in Appendice abbiamo paia 7.4r.15,

I nomi appartenenti alla III declinazione hanno -e al singolare, nella maggior parte dei casi poi dileguato: avril 3r.22, 30, 38 (tot. 36) e aviril 23r.8, 15, 21 (tot. 16), Flor 11r.30, 34, 11v.27 (tot. 14), menor 21v.4, nome 1r.3, 1v.1; la diffusione di gran lunga maggiore di -e rispetto a -i per i plurali dei sostantivi della III declinazione in tutto il Settentrione (cfr. ROHLFS 1966-1969, § 366 e, per il Veneto, STUSSI 1965, p. LXII, TOMASIN 2004a, p. 164, BERTOLETTI 2005, p. 208) spinge a supporre che nei casi di plurale di pel, ecc. (per la distinzione delle occorrenze del singolare e del plurale cfr. § 24) la vocale caduta sia, appunto, -e.230

Per la V declinazione registriamo solo dì, al singolare e al plurale (tot. 609).

Nel sonetto tarvisinus della tenzone tridialettale, nelle Rime del Cavassico e nell’Egloga di Morel sono attestati casi di plurali in -ài da -àni e in -òi da -òni:231 la presenza di questo tipo di plurale nel sonetto che il testo stesso attribuisce a Liberale da San Pelagio (il riferimento è a boi < bòni del v. 4 e a Padeguai < Padeguàni del v. 6)232 induce STUSSI 1995a, p. 132 «a ritenere già trecentesco un fenomeno ben attestato solo nel trevisano più tardo e nel bellunese». Anche il fatto che attualmente questi plurali siano tipici della sola varietà feltrino-bellunese (cfr. ASCOLI 1873, p. 414, 418, MÀFERA 1958, p. 172 e ZAMBONI 1974, p. 57) incoraggia a postularne l’esistenza nell’antica varietà municipale di Treviso: per altro nel nostro registro, così come nei testi raccolti in Appendice, non se ne trova traccia.233 Stanti la fortuita scarsità, nel nostro corpus, di plurali in -òni

e la forte vicinanza dei documenti notarili raccolti in Appendice alla lingua di koiné, sulla base della documentazione nota non è dato stabilire se e in che misura il fenomeno fosse conosciuto al trevigiano trecentesco:234 andrà del resto notato che si trattava di un esito facilmente oscurabile anche da parte di chi non conosceva il latino, con materiali tutti interni al volgare di riferimento, almeno per le voci trasparenti.

Quanto al genere, distinto per lo più tramite il cambio di desinenza, annoteremo lo remit 13v.13: il fatto che la forma remito sia discretamente diffusa in area veneta (basti il rinvio al Corpus OVI dell’italiano antico; rimiti invece nei documenti veneziani di STUSSI 1965: cfr. p. LXI) unitamente

230 Di dubbia interpretazione è viste 23v.28: un’ipotesi, seppur plausibile, di un errore di inversione dello scrivente per

vesti (soluzione verso la quale orienta il numero non indifferente di luoghi in cui lo scrivente incorre in simili errori) sembra perdere validità alla luce dei rari casi di conservazione di -i del plurale e, soprattutto, dalla constatazione, appena presentata, della maggior diffusione in tutto il Veneto di plurali in -e per i sostantivi della III decl.

231 Cfr. rispettivamente STUSSI 1995a, p. 132, SALVIONI 1894a, pp. 318, 256, PELLEGRINI 1964 (1977), p. 382. La

trafila, ricordiamo, è: -/aɲ/ > -/aiɲ/ > -/ain/ > - ai(n), -/oɲ/ > -/oiɲ/ > -oin > -oi(n): cfr. PELLEGRINI 1977,p. 64.

232 L’edizione di riferimento è quella di BRUGNOLO 1986 (2010). Lasciamo in sospeso l’espressione pur doy del ms. (v.

12), che secondo FORMENTIN 2009, pp. 65-69 (in partic. p. 68) si presta intenzionalmente a una duplice interpretazione: la lezione potrebbe infatti essere letta come pordoy ‘prodi’, dunque, ancora, con riduzione -òi < -òni ovvero come ‘pur due’, col numerale (sulla questione cfr. FORMENTIN 2009 e, in risposta a BRUGNOLO 2010, p. 421, ancora FORMENTIN

2012, pp. 154-155).

233 Dal quaderno di conti estraiamo solo ie veretoni 16r.25. Appendice: balchoni 7.4r.5, moltoni 2.3, pironi 7.3v.11. 234 Neppure è rilevante l’assenza di simili forme nei brevi testi pratici trecenteschi d’area bellunese editi da TOMASIN

alla sistematicità con cui cade -o atono finale (-a, invece, resta generalmente intatto: cfr. § 24.XV), suggerisce di interpretare la voce come esempio del passaggio dai maschili in -a di tradizione greca a quelli della II decl.; nell’antroponimo Dala Sal 27v.22 il sostantivo ‘sale’ è femminile, secondo una forma assai diffusa in area veneta (cfr. Glossario II, s.v. sale). Affatto atteso è il cambio di genere negli accrescitivi piliçon (piliçone) 1v.25, 2r.13, 32 (tot. 50), con le successive alterazioni piliçonel 5r.17, 5v.7, 6r.9 (tot. 56) e piliçoniet 7v.19, 8v.2, 22r.26 (tot. 6) da peliça 5v.2, 45, 6r.5 (tot. 66) e quarnaçon 3v.15, 5v.22, 12v.9 (tot. 15) da quarnaça 2r.25, 2v.11, 22 (tot. 37); per il diverso significato di ciascuno dei quali si rinvia al Glossario I, s.vv.235 Resta femminile, invece, piliçata 2v.16, 7v.44, 14r.2, 15r.32 (al plurale piliçate 6v.6, 11r.38, 13r.3, insieme con la variante grafica pilicate 6v.35): cfr. § 50.

Nel documento Antichi testi trevigiani (pagine 140-142)