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Esiti delle occlusive dentali in posizione iniziale e intervocalica

Nel documento Antichi testi trevigiani (pagine 115-117)

COMMENTO LINGUISTICO

25. Esiti delle occlusive dentali in posizione iniziale e intervocalica

A inizio di parola T- e D- restano sempre inalterati.130 In posizione intervocalica la sorda geminata si semplifica, mentre quella etimologicamente scempia si sonorizza e, come la sonora originaria, non dilegua.131 Tale tendenza alla conservazione della dentale, elemento caratterizzante, come vedremo, in senso contrastivo rispetto ai volgari contermini, è verificabile tanto in protonia quanto in sede postonica (limitatamente, s’intende, alle voci non interessate dal dileguo della vocale atona finale, per le quali si rinvia ai §§ 41, 46).

-T- etimologico in sede protonica si ferma alla sonorizzazione, senza dileguo, in canbiador 7r.23, conçadura 13v.2, deredan 3r.16, 22, 12v.16 (tot. 14), fradel 20r.6, 23v.19, menador 31v.16, noder 14v.35, 24v.17, 25r.23, Panadin 5r.13, 16, peschador 34r.2, Podestà 27r.7, 32v.16, portador 17v.26, 31, 23v.32, quaderni15v.38, Scudela 34r.2, 4, tarador 17v.2, Todesc 9r.21, 31v.16, todesca 14r.19, vedel 27r.13, 33r.12, vedela 33r.13, vendadura c.i.4, Vidal 6v.28, çimador 7r.31, 33, 26v.8. Tra i toponimi: Padernel 3r.15, Vedelac 26r.34, Vidor 2r.17, 10v.27, 33r.7, 11; a parte va schedato Pederuoba 4r.17, 19, 24 (tot. 8), da una radice PĔTRA(M) RŬBEA(M) attraverso preda (con metatesi di r), passata poi a peda e pede «per influsso dei nomi locali formati con pede, dal latino pes, pedis (cfr. Dizionario di toponomastica, s.v. Pederobba, dove si rinvia a MELCHIORI 1983, p. 152). -T- è conservato, oltre che nei succedanei di -TT- e -CT-, dei quali non mette conto citare esempi, nelle voci dotte Capitani 6r.14 e Catarin 8r.23, 27, 9r.7 (con Caratin 9v.25, 29). Registriamo la conservazione della dentale sonora nel medesimo contesto in miedec 32v.22, çudes 32v.29; si mantiene anche negli antroponimi Amadas ‘Amadigi’ 19r.16, 20, Ensedis 16r.2, 5 e, per la serie dei germanici, in Coradin 27r.2, 4 e Manfradin 5r.12, 19v.24.132 I soli casi di dileguo sembrano essere rappresentati dall’antroponimo Briot 3r.13 (insieme con la variante con a- prostetica Abriot 3r.9), che OLIVIERI 1923, p. 237 riconduce a briglia < fr. ant. bride (cfr. D’OVIDIO 1892-1894, p. 405) e dal soprannome Crior 29v.2, per il quale si rinvia al Glossario I, s.v. Lo stesso trattamento conservativo, indicato dai documenti pratici trecenteschi d’area bellunese a oggi studiati (cfr. TOMASIN 2004c, pp. 168-169 e BERTOLETTI 2006a, pp. 8, 14), permette di distinguere nettamente

130 Non c’è traccia della forma dissimilata dut ‘tutto’, attestata nel Cavassico e nell’egloga di Morel (cfr. SALVIONI

1894a, p. 322 e PELLEGRINI 1964 (1977), p. 381) e ben presente anche in friulano, antico e moderno (per la varietà moderna cfr. NP 273).

131 Nel registro non si riscontrano le grafie <th> e <dh> ben documentate in Italia settentrionale: su questi digrammi e

sulla possibilità che essi non indichino, come a lungo supposto, un segno per un suono dentale spirantizzato ormai prossimo al dileguo (cfr. STUSSI 1965, pp. XXVIII-XXIX e, limitatamente a <th>, ID. 1999, p. 12), bensì riflettano

un’alternanza non condizionata affatto simile a quella documentata per <c> e <ch>, <g> e <gh> davanti a vocale centrale e posteriore, cfr. TOMASIN 2013b, p. 146.

l’area veneto-settentrionale da quella centrale, dove -d- primario e secondario in protonia dilegua in modo massiccio (TOMASIN 2004a, pp. 131-132, 134 e BERTOLETTI 2005, pp. 139-140, 143-144); quanto alla varietà di laguna, tanto nel Trecento quanto nel secolo successivo sembrano convivere esiti con sonorizzazione (o mantenimento di -D- etimologico) e con dileguo: in particolare, STUSSI 1965, pp. LVII-LVIII nota che gli esempi con dentale caduta si concentrano in due testi «quasi certamente non passati per mani notarili», dunque meno sorvegliati (in protonia troviamo ospeal, veer, procoraor, mariar: forme che si ripresentano anche nei documenti quattrocenteschi analizzati da SATTIN 1986, p. 81). Allo stato attuale il trevigiano di città dimostra una certa disponibilità al dileguo, tuttavia non sistematico (cfr. ZAMBONI 1974, p. 55), mentre una sicura continuità rispetto alle condizioni indicate dal nostro registro si riscontra nelle varietà feltrina e bellunese attuali, nelle quali «il -d-, pur essendo ridotto a un grado minimo di conservazione, spesso ad un movimento quasi impercettibile della lingua fra i denti, compare costantemente specialmente in protonia, in quasi tutte le parole che in pianura l’hanno perso» (MÀFERA 1958, pp. 155-156).133

Come si anticipava, -T- passa a -d- e si conserva anche in sillaba finale postonica, vale a dire nelle forme dei participi passati deboli femminili (nei quali la vocale finale resta intatta)134 metuda

15r.24, 15v.36 e vendude 15v.33, cui si aggiungono i toponimi Arcade 15v.12, Levada 12v.13, 19, Maserada 11r.31 e Scorçade 21r.22;135 rientrano nella casistica anche il sostantivo ameda 12r.8 coi

toponimi Bladen 24r.10 e Gavaleda 2v.22 (con Cavaleda 2v.27, 15v.21),136 oltre al personale

germanico Manvredo 23r.10 e al cognome Seda < SĒTA(M); analogamente, si sonorizza -TH-: Spada 3r.19, 13v.24, 26 (tot. 5).137 Anche la sistematica resistenza di -d- primario e secondario in posizione postonica in voci non interessate dal dileguo dell’atona finale (che, come abbiamo visto, nel nostro registro sono costituite esclusivamente da forme del femminile singolare e plurale) rappresenta un notevole tratto differenziale del trevigiano rispetto ai volgari contermini i quali, come in protonia, tendevano in misura variabile al dileguo. Il vicino veneziano era caratterizzato, almeno fino a tutto il Trecento, da una certa instabilità nel trattamento della dentale intervocalica,

133 Sull’esistenza di questo unico fonema interdentale [ϑ] tipico dei dialetti veneto-settentrionali odierni si rinvia a

ZAMBONI 1974, p. 52.

134 La medesima situazione si registra nelle Rime del Cavassico (cfr. SALVIONI 1894a, p. 340) e nei componimenti

poetici d’area veneto-settentrionale studiati da SALVIONI 1902-1905b (2008: cfr. p. 659). Per quelli maschili, soggetti

non già a dileguo della consonante, ma ad apocope sillabica, cfr. § 46; un’eccezione è costituita dai sostantivi astratti < -

TATE(M), che perdono la sillaba finale: cfr. ancora § 46.

135 Segnaliamo che la forma attuale del toponimo è Scorzè (cfr. Dizionario di toponomastica, s.v.), con esito ridotto -è <

-àe < -àde tipicamente veneto centrale (cfr. TOMASIN 2004a, pp. 111-112).

136 Il microtoponimo si presenta oggi nella forma con dileguo della dentale Cavaléa: cfr. OLIVIERI 1961, p. 69.

137 Fa eccezione Pava 17r.20, forma popolare per la quale bisogna presupporre il dileguo della dentale, secondo la

trafila *Patava > *Padava > *Paava > Pava (cfr. PELLEGRINI 1987, p. 73, ID. 1990a, p. 139, ID. 1990b, in partic. p. 168).

che in alcuni casi si fermava al grado di sonorizzazione, a volte si spirantizzava e altre cadeva:138 il fatto che, come abbiamo visto sopra, nei testi veneziani gli esempi con dentale dileguata siano concentrati in due documenti firmati da scriventi probabilmente estranei all’ambiente notarile

sembra indicare che proprio quello fosse l’esito diffuso nel parlato. Successivamente, per un processo che secondo SATTIN 1986, p. 81 iniziò sul finire del secolo XIV a causa di un «influsso letterario latineggiante proveniente dalle classi colte», le forme con la dentale sonorizzata vengono a superare nettamente quelle con dileguo (cfr. lo spoglio in EAD., pp. 80-81), e il medesimo quadro

si ricava per testi quattrocenteschi d’area veronese, che testimoniano come l’influenza veneziana giunse a stravolgere una situazione iniziale, rappresentata da testi trecenteschi, nella quale la percentuale di voci con dentale dileguata era sensibilmente maggiore rispetto a quella delle forme arrestatesi alla sonorizzazione (cfr. BERTOLETTI 2005, pp. 64-76, 140-143); analogamente, nel padovano del secolo XIV le voci con conservazione di -d- primario e secondario (affiancate da taluni esempi con conservazione della dentale sorda, imputabili a latinismo), pur documentate, restano di molto inferiori a quelle con caduta (cfr. TOMASIN 2004a, pp. 131-134).

La forte tendenza alla conservazione della dentale che accomuna il trevigiano e il friulano (cfr. BENINCÀ 1995, p. 53) fin da tempi antichi – continuata inoltre dall’attuale dialetto veneto- settentrionale –139 consente di mettere in discussione la già citata posizione di SATTIN 1986, che

spiegava il rispristino di queste consonanti nel veneziano coll’influsso del latino; bisogna ricordare ora che l’intervallo cronologico è lo stesso in cui nella varietà lagunare si assiste all’evoluzione dei dittonghi, che originano e poi si diffondono per motivi strutturali e secondo direzioni tutte interne al sistema volgare (si rinvia alle considerazioni di § 15): senza chiamare in causa l’influsso del latino, si potrà dunque ipotizzare una spinta a partire da questa zona fortemente dittongante e disponibile alla conservazione della dentale verso l’esterno, secondo una direzione cioè opposta a quella che segnò l’espandersi della lingua di koiné in tutto il Veneto e, a Trecento inoltrato, anche verso il Friuli.

Nel documento Antichi testi trevigiani (pagine 115-117)