COMMENTO LINGUISTICO
3. Rappresentazione dell’affricata palatale
Il testo non offre esempi certi per l’affricata palatale sorda.15
La corrispondente sonora è resa col segno <g> davanti a vocale palatale in batemage 4r.3316 e
magio 24v.28.17 Lo stesso grafema assume valore palatale davanti a vocale non anteriore nelle voci
che continuano -LJ-: batemaga 2r.36, 2v.3, 3v.27 (tot. 22), figa 11r.36, 24v.13, lugo 5v.8, 13, 18 (tot. 10), figuol 3r.21, 25, 31v.20, c.e.2, Candigon 3r.37, Gagart 18v.8 (limitatamente al secondo <g>), Lorga 3r.9;18 esprime un suono palatale, poi, in Biago 31r.17 e Biagin 10r.3, così come, verosimilmente, in gegner 1v.2, 4, 9 (tot. 39), general c.e.2 e mago 2v.17, 39, 3v.34 – tot. 41 – (cfr. §§ 31-33), voci nelle quali la presenza [dʒ] in luogo dell’atteso [dz] si spiegherà a partire dall’influenza della pronuncia ecclesiastica del latino.19 Quanto alle forme del pronome obliquo di
15 Nei contesti rappresentati da c seguita da vocale anteriore si è dinnanzi, con ogni probabilità, a un suono affricato
dentale sordo: cfr. § 4.
16 Dove rappresenta l’esito della palatalizzazione di -LJ- (cfr. § 33): l’etimo sarà infatti da ricondurre al provenzale
malha, da cui maglia. SELLA 1944, s.v. battimaglia, dà ‘indumento’; batemale in Friuli: cfr. PICCINI 2006, p. 98; per ulteriori precisazioni si rinvia al Glossario I, s.v. batemaga.
17 Registriamo a parte la forma magistro (1041 occ.), scritta con <g> solo nella forma abbreviata (quando scritta per
esteso troviamo invece maestro 1r.4, 5r.11, 8v.13 - tot. 19 - e maestr 26v.2): il fatto che <g>, appunto, ricorra solo nella forma abbreviata, che a sua volta si inserisce in un formulario per lo più fisso col quale si aprono le registrazioni (del tipo Item die’ dar magistro ecc.), induce a giustificare la presenza di <g> come mero conservatorismo grafico, in ossequio a delle formule che dovevano essersi fissate anche in scritture volgari al di là delle competenze degli scriventi.
18 Dal personale latino AURELIA, con concrezione dell’articolo e ritrazione dell’accento: cfr. OLIVIERI 1961, p. 2 e
Dizionario di toponomastica, s.v. Lòria. Per la compresenza, tipica delle varietà del Veneto medievale, degli esiti [dʒ] e [j] dal nesso -LJ-, cfr. § 33; anticiperemo che nel nostro registro tale concorrenza è testimoniata da Gagart 18v.8 e
Iagart 14r.25, 27, dove la seconda forma, come già si è detto, andrà letta come risultato di un’erronea inversione sillabica.
19 Che in questi due ultimi casi <g> indichi [dʒ] e non un suono affricato dentale, come la legittima evoluzione fonetica
III pers. s. ge 1v.20, 9v.31 (da distinguere dalle omografe forme avverbiali sulle quali cfr. §§ 2, 58) e gi 10v.18, 28r.18, 34r.25, la pronuncia palatale sembra suggerita dalla concorrenza, nella medesima funzione, di ie (forma utilizzata in 14 occ. in funzione di pronome obliquo, 9 come articolo determinativo plurale maschile: cfr. §§ 34, 52, 54), in cui i dovrebbe corrispondere a iod o a un suono prossimo all’affricata palatale sonora.
Come in altri testi d’area veneta, anche la grafia <gl> può esprimere un suono affricato palatale sonoro: nel nostro registro il digramma compare in butegler 5r.16, 13v.33,20 Coneglan 30r.29 e glesia 32r.18, dove rappresenta verosimilmente l’evoluzione palatalizzata del nesso latino intervocalico -CL- > [dʒ], ben attestata in molti centri veneti all’altezza cronologica che ci interessa (cfr. § 35).21 Come nota BERTOLETTI 2005, p. 21, per altro, l’interpretazione de gruppo <gl> come Biago 31r.17, dove <g> seguito da vocale velare non può che indicare [dʒ], esito toscano di -SJ-. Fortemente dubbio è il caso del toponimo Argigan 4v.2, 9v.36, 38 (tot. 6), che per ragioni di prossimità geografica sembrerebbe da ricondurre all’attuale Arzignano, paese sito a 40 km da Vicenza; la forma che compare nel nostro registro, per altro, non sembra compatibile né coll’etimologia riconosciuta (dal personale ARGENIUS coll’aggiunta del suffisso prediale -ANUS: cfr.
OLIVIERI 1961, p. 12), né con una base paretimologica «arce di Giano» di cui danno notizia, sul finire del Quattrocento, le Cronicae di Battista Pagliarini («Arzignanum quasi arx Jani, arcem enim illam vetustioribus temporibus Jano dedicatam fuisse multi arbitrati sunt vel a jano conditam»: ed. critica a cura di GRUBB 1990, p. 200) e dalla quale
sarebbe irradiata la formazione parallela Arceiano attestata da documenti notarili del sec. XVI (cfr. Dizionario di toponomastica, s.v. Arzignano). Che la forma Argigan continui il prediale latino *ARGENIANUS sembra escluso dal
digramma <ga> con cui il toponimo è scritto – senza eccezioni – nelle sei occorrenze del nostro registro, scrizione affatto incompatibile con l’esito nasale palatale che ci saremmo attesi dal nesso -NJ- (in effetti confermato dalla forma
attuale del nome: Arzignano, appunto): si conoscono, invero, casi di <g> per [ɲ], ma sempre legati a certi usi abbreviativi (per primo SALVIONI 1892 (2008), n. 4 p. 269 segnala grafie del tipo montag.a, dove n è evidentemente compendiata tra g e la vocale seguente in apice; altri esempi in BERTOLETTI 2005, p. 28, mentre in area trevigiana
possiamo citare i casi acompaga 10 = aconpagnà e guagelista 11 = guagnelista che si rinvengono nella preghiera dei
viaggiatori pubblicata da CAGNIN 2000, pp. 172-173: per l’abbreviazione è necessario rinviare alla fotografia, n. 32). Al
di là di questi contesti particolari, si rintracciano, in effetti, alcuni esempi d’area veneta di scrizione <g> o <gh> in parole dove ci attenderemmo la nasale palatale: cfr. vergoga e ogo in BELLONI-POZZA1987, p. 12 e çugho, sighori e
romagha in un unico testo veneziano, per cui cfr. 1965, p.XXVIII (rinvii d’area lombarda in STUSSI 1992, n. 49 p. 257; alla stessa zona rimanda il caso del Matazone da Caligano, autore della Nativitas rusticorum inclusa da Contini nei PD, I, pp. 789-801, che si è propensi a identificare con Calignano, nel pavese). Il fatto che, nel caso del nostro quaderno di conti, il digramma <ga> in luogo di un atteso [ɲ] compaia solo nelle sei occorrenze di questo particolare toponimo (altrove troviamo sempre <gn> e, in fine di parola, <ng>: cfr. § 6) porta naturalmente a escludere l’ipotesi di un’abitudine grafica, che resterebbe di fatto isolata a questo esempio: tale regolarità sembra invece suggerire che si tratti di un qualche fenomeno legato alla pronuncia di un determinato suono affidato al nesso <ga>, che a giudicare dalla scelte generalmente coerenti dei due scriventi potrebbe indicare una velare sonora (cfr. § 2), un’affricata palatale ancora sonora (cfr. più sopra), esito di -LJ- o, in qualche più raro caso, di iod in posizione iniziale o intervocalica (cfr. rispettivamente §§ 33, 35 e 32). Se riconosciamo, come sembra ragionevole, che <ga> = [dʒa], si dovrà partire non già dalla formazione paretimologica costruita su arce di Giano (che non giustificherebbe la presenza di <gi>, mai utilizzato dai due scriventi per l’esito [ts] < Ce,i: cfr. §§ 4, 31), ma da una falsa ricostruzione da *ARGELIUS: la soluzione è suggerita dall’analogia con il caso che riguarda l’attuale Trivignano (cfr. Indice toponomastico, s.v.), registrato nel quaderno contabile come Trivignan e nei testi dell’Appendice Trivigan (con Triviian), in cui <g> col valore di [dʒ] < -
LJ- è confermato dalla forma Triviglanum attestata in MICHIELIN 2003, p. 1326.
20 ‘bottigliere, oste’: cfr. Glossario I, s.v.
21 Per l’esito di -CL- intervocalico cfr. § 35. L’inclusione di Coneglan tra gli esempi dell’evoluzione del nesso latino -
CL- è per altro subordinata all’accoglimento dell’interpretazione etimologica a oggi più diffusa, che riconduce il toponimo a CUNICULANUS < CUNICULUM, con riferimento a opere di difesa militare: così OLIVIERI 1961, p. 128; un’altra
segno per il suono affricato palatale in questo contesto «non è scevra da incertezze»; rimandando al § 35 per la discussione sulle varie ipotesi avanzate nel corso degli studi a proposito della trafila fonetica che da -CL- ha portato a [dʒ], basti per ora escludere l’idea, difesa da alcuni studiosi, che il <gl> degli antichi testi veneti derivante da -CL- equivalesse al suono laterale palatale [ʎ].22 La soluzione più economica pare quella proposta da BERTOLETTI 2005 (che segue SEPULCRI 1929),
secondo il quale <gl> è una grafia che continua direttamente quella impiegata, anche in testi latini, per rendere l’evoluzione di -CL- con consonante occlusiva lenita, anche quando questo nesso si era
palatalizzato.23