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Nessi di consonante + L

Nel documento Antichi testi trevigiani (pagine 127-131)

COMMENTO LINGUISTICO

35. Nessi di consonante + L

- CL. Gli unici casi in cui CL- si trova a inizio di parola coincidono coi personali Clara 18r.21 e Clarel 29v.27, dei comuni cultismi in cui il nesso latino viene sempre conservato; in tale contesto nelle varietà venete tanto medievali quanto odierne CL- si palatalizza giungendo a [tʃ]:187 di questo

esito nel nostro quaderno non si trova riscontro per un fortuito deficit di esempi.188 In posizione

intervocalica il nesso si risolve in un’affricata palatale sonora, rappresentata dal digramma <gl> in butegler < lat. tardo BŬTTĬC(U)LA 5r.16, 13v.33, Coneglan 30r.29189 e glesia 32r.18190 e da <ga,e> in fage 34r.23191 e vega ‘vecchia’ 21v.10, 23v.28 (sul valore fonetico delle grafie <gl> e <ge,i> cfr. § 3), evoluzione che dà conto solo parzialmente degli esiti del nesso latino negli antichi volgari l’articolo si ritrova nel mantovano di Belcalzer (cfr. GHINASSI 1965 (2006), pp. 76, 82); tanto davanti a consonante quanto davanti a vocale, si trova ge nel leggendario trasmesso dal cod. Magliabechiano XXXVIII.110 della BNCF, il cui impasto linguistico rimanda a un’area compresa tra Verona, Mantova e Ferrara (cfr. VERLATO 2009, p. 410), mentre

nei testi raccolti in Appendice per l’articolo si ha solo i e, in massima parte, li. S’incontrano ie e ye, solo in funzione di pronome di III p. s., nei Testi padovani editi da TOMASIN 2004a (cfr. p. 88) e nel canzoniere derossiano (cfr. BRUGNOLO

1977, p. 216). Sulla questione, a ogni modo, si tornerà più innanzi (cfr. § 52).

186 Per approfondimenti e riferimenti bibliografici si rinvia a FORMENTIN 2002b, p. 16 (in partic. n. 24) e a BERTOLETTI

2005, pp. 191-200; cfr. poi infra, § 40.

187 Cfr. TOMASONI 1973, p. 165, TOMASIN 2004a, p. 87, BERTOLETTI 2005, p. 19 (sulla rappresentazione di questo esito

nelle varietà contermini cfr. quanto già detto al § 3). Per l’esito nelle varietà moderne cfr. MÀFERA 1958, p. 161 e

ZAMBONI 1974, pp. 14, 47, 55.

188 Nei testi dell’Appendice sembra testimoniare questa evoluzione chara ‘chiara’ (cfr. Glossario II, s.v. clar).

189 Ricordiamo che l’interpretazione etimologica a oggi maggiormente condivisa riconduce il toponimo a CUNICULANUS

< CUNICULUM, con riferimento a opere di difesa militare: così OLIVIERI 1961, p. 128, PELLEGRINI 1990, p. 218 e Dizionario di toponomastica, s.v. Conegliano.

190 Bisognerà presupporre, con CASTELLANI 2000, pp. 25-26, un lat. volg *ECLESIA, con successiva aferesi dovuta

all’alta frequenza del vocabolo.

191 Sarà ‘matassa’, ‘manipolo’ < FACULA (cfr. MARCATO 1982, p. 61) o < FAGULA (così per Salvioni: cfr. PIREW

veneti, nei quali si registra la coesistenza, per -CL-, di [dʒ] / [j] (attraverso [gl]) e [tʃ]), che si risolse, dopo una parabola che ebbe inizio probabilmente già nel corso del Trecento, con l’affermazione dell’esito palatale sordo anche in quei contesti dati da nessi originariamente sonori (cfr. ZAMBONI 1988, p. 527).192 Tale oscillazione, che nel nostro registro non trova rappresentazione, abbiamo ragione di pensare, per una carenza affatto fortuita di documentazione, è invece attestata nei testi raccolti in Appendice (cfr. Glossario II, s.vv. gaveie, seglle) e, in generale, in area trevigiano- bellunese già a partire dal secolo XIV così come nelle zone contermini;193 la concorrenza dei due esiti è probabilmente da ricondurre all’esistenza, solo supposta, di due diverse trafile fonetiche, secondo REPETTI-TUTTLE 1987, p. 66 parallele: le varianti con [dʒ] sarebbero il frutto di un processo di sonorizzazione molto avanzato, che in alcuni casi, invece, sarebbe stato impedito da un rafforzamento dell’occlusiva davanti a l; quanto alla progressiva affermazione di [tʃ], Alfredo Stussi pensa a una motivazione strutturale, consistente nella necessità di distinguere gli esiti in affricata palatale sonora, ormai convergenti, di -CL- e di -LJ-.194

- A differenza del Veneto centrale, dove i nessi BL, FL e PL per lo più si riducono a [bj], [fj] e [pj],195 nel trevigiano medievale, similmente alle vicine varietà lagunare e friulana, essi tendono a

essere conservati fino a un’epoca relativamente avanzata (cfr. ZAMBONI 1988, p. 527);196 il registro

di conti offre esempi limitati alla posizione iniziale: Bladen 24r.10, blaf 23r.21, Blançet 15r.42, 44, 45, 50 (con Blancet 15r.40 e blançeta 2r.16), blancha 32v.22, Blasi 24v.12, 25r.2, 3; Fleta 33r.22,

192 In particolare: -CL- > [gl] > [gʎ] > [gj] > [dʒ] > [j]; secondo REPETTI-TUTTLE 1987, invece: -CL- > [gl] > [ʎ] > [j] >

[dʒ], con dileguo di [g] e successiva palatalizzazione della laterale, da cui poi si ottiene iod e, solo dopo, l’affricata palatale sonora; questa ricostruzione, sulla base della quale i due studiosi sostengono che il digramma <gl> dei testi veneti medievali indicasse un suono laterale palatale, è opportunamente smentita da BERTOLETTI 2005, n. 433 pp. 174-

175, che individua il punto debole di una simile tesi nella supposta caduta di [g], in assenza della quale non si può spiegare la palatalizzazione della laterale.

193 Per il veneziano due-trecentesco cfr. STUSSI 1965, pp. LI-LII, mentre per l’oscillazione ancora quattrocentesca cfr.

SATTIN 1986, pp. 77-78; per il padovano cfr. TOMASIN 2004a, pp. 152-153, con altri esempi d’area padovana, mentre

per la varietà veronese del Trecento, con abbondanti rimandi ad altra documentazione coeva, cfr. BERTOLETTI 2005, pp.

172-176. Quanto alla zona settentrionale, accanto all’esito in affricata palatale sonora, più diffuso, sembra indicare -CL- > [tʃ] la forma paiusche < -SCL- del Lapidario estense, cui TOMASONI 1973, p. 184 associa una serie di grafie conservative con <cl>; più numerosi i casi nella documentazione cinquecentesca: cfr. SALVIONI 1894a, p. 319, ID.

1902-1905 (2008), III, p. 646.

194 «Partendo da una situazione con doppioni quali veğo / večo (dovuti forse ad oscillazione nel limite sillabico), debba

aver avuto importanza la compresenza di ğ come variante debole di č < CL e di ğ < LJ con relativo pericolo di collisioni

(oğo < OLEUM e oğo < OCULUM) cui si rimediò estendendo la variante forte anche alla posizione intervocalica (col che non si esclude che in altre zone, simili nel punto di partenza, si siano avuti esiti diversi)» (STUSSI 1965, n. 58 p. LII); lo studioso fornisce così una spiegazione senz’altro più plausibile rispetto a quella avanzata da SEPULCRI 1929, che dietro l’affermazione dell’affricata palatale sorda scorgeva un’influenza del toscano.

195 Per Padova cfr. TOMASIN 2004a, p. 151, per Verona BERTOLETTI 2005, pp. 176-177.

196 Sul mantenimento dei nessi nel veneziano cfr. STUSSI 1965, p. LI, mentre per il friulano cfr. VANELLI 1997, p. 281;

la medesima tendenza conservativa si nota nel Lapidario estense (cfr. TOMASONI 1973, pp. 183-184) e nei testi notarili considerati da EAD. 1980 (p. 189).

23,197 Flor 11r.30, 34, 11v.27 (tot. 14), Florenc 3v.8, 13, 15r.2 (tot. 6); Plaf 12v.13, plaga 2v.18, plase 34r.11, Plasença 5v.12, plevan 3v.16, 4r.2, 12v.13 (tot. 6), Plonbin 4r.2, plu 1r.6;198 esempi di evoluzione sono solo Biagin 10r.3, Biago 31r.17 e piena 2r.17.

36. Nasali

Affatto aspecifica, e già del latino volgare, è la riduzione di -NS- > -s- in mas 3v.17, mes 7r.23, c.i.1, c.e.1, 7, tos 22r.21; il nesso resta intatto in posizione protonica: vd. il toponimo Mansuè 8v.23, 14r.6 (< MANSUETUS secondo OLIVIERI 1961, p. 40). Il passaggio -NV- > -v-, che si registra solo (ma regolarmente) in Bevegnù 11v.7, 10, 12v.2 (tot. 12), sarà dovuto a dissimilazione di n - n.

Quanto ai passaggi -n > -m e -m > -n in fine di parola, non numerosi e slegati dal contesto fonosintattico, cfr. § 5.

-MN- passa regolarmente a -nn- (con successivo scempiamento) in dona 6r.31, 10v.7, 15r.7 (tot. 12) e madona 6v.35, 39, 8v.32 (tot. 23).

-GN- evolve, come atteso, in [ɲ]: cugnà (chugnà) 8v.23, 19r.35, 34v.13, peng 22r.22, 27r.29, pignolà 2v.4, 15r.19, 19v.18 (tot. 9) (per la grafia cfr. § 6).

Per contingenze casuali sono del tutto assenti casi di plurali in -i preceduto da -NN-, che nel Veneto (specie centrale e occidentale) ma anche in altre aree del settentrione sono continuati da [ɲ], secondo un processo di palatalizzazione parallelo a quello di -LLĪ.

37. Labiovelare

Il nesso labiovelare sia primario che secondario è generalmente mantenuto nella grafia davanti a qualsiasi vocale: qua 26r.29, quaderni 15v.38, qual 1r.5, 5r.7, 12 (tot. 35), Quaranta 16v.19, 20r.11, 21r.21 (tot. 5), quarta 4v.20, 21r.15, 24v.2 (tot. 5), que’ 1r.2, 28r.18, quel 7r.19, 22, quest 1r.2, 8v.56, 15v.22 (tot. 7), questa 15r.23, 15v.35, queste 5v.41, 26r.5, questi 28v.22, Quint 23v.14, 18, 25v.30, quisti 27r.3, 31r.40, col personale Quarient 10v.21, 25, 19v.12 (tot. 14, insieme con Quarnient 27v.11 e ammettendo < QUARGENTA: vd. più sopra). Derivano da forme del latino volgare già prive dell’elemento labiale, oltre a che ch’ (tot. 511),199 çancuna 11r.3,200 con (com) 18v.8, 20r.26, 28.201

197 Si tratta dell’odierno Fietta, frazione di Paderno del Grappa, a circa 40 km da Treviso.

198 A parte registriamo enflorà ‘foderò’ 1r.2, 20v.35, voce per la quale è forse ipotizzabile una contaminazione col tema

di FLOS: cfr. Glossario I, s.v.

199 Cfr. VÄÄNÄNEN 1982, pp. 105-106. Un’unica eccezione è costituita da que ‘che’ 1r.2, forma che si ritrova in molti

testi settentrionali: per rimanere in area veneta, cfr. STUSSI 1965, p. XXVII, TOMASONI 1973, p. 165, TOMASIN 2004a,

p. 240.

200 Cfr. VÄÄNÄNEN 1982, p. 220. 201 Ivi, p. 105.

Problematici sono i casi di quarnaça 2r.24, 2v.11, 22 (tot. 37), quarnaçe 3r.15, 3v.35, 7r.3 (tot. 5), quarnaçon 3v.15, 5v.22, 12v.9 (tot. 15), corrispondenti al toscano guarnacca, vale a dire quella «veste, spesso foderata di pelliccia, che in epoca antica uomini e donne del ceto nobile o borghese portavan sopra la tunica» il cui etimo risale, «con modificazione ipercorretta del consonantismo iniziale», al «prov. ant. garnacha, ganacha, che il Corominas riconduce a un lat. volg. *GALNACA, sostituitosi a GAUNACA, GAUNACUM» (CASTELLANI 2000, p. 117): a partire dall’etimologia riconosciuta, continuata nelle forme attestate in tutta la penisola, Veneto compreso (per qualche riferimento cfr. Glossario I, s.v.), non è chiaro se, nel nostro caso, la forma sia riflesso di una semplice scelta grafica (per la quale <qu> potrebbe indicare anche la labiovelare sonora: sarebbe, per altro, soluzione isolata) o se invece si tratti di un processo fonetico di desonorizzazione (inverso, insomma, al più comune passaggio QU̯ > [qw] in voci quali, p.e., proseguire e corradicali: cfr. ROHLFS 1966-1969, §294). La forma compare in un isolato caso anche nei Testi padovani editi da TOMASIN 2004a, dov’è del resto affiancata da guarnaça (cfr. p. 149), e si trova anche in documenti toscani: cfr. quarnaccha in CASTELLANI 1952, p. 392, quarnaca in PARADISI 1989, p. 171. Che si tratti di un uso non esclusivamente settentrionale o addirittura veneto è del resto assicurato dalla diffusione degli esiti di w- germanico, verificabile attraverso un sondaggio sul Corpus OVI dell’italiano antico: limitandoci a qualche esempio significativo, riporteremo le sette occorrenze di quadannio da un documento pistoiese (cfr. CASTELLANI 1982, I, p. 261), il caso di quardoe ‘guardò’ dai Nuovi testi fiorentini del Dugento (cfr. CASTELLANI 1952, p. 700) insieme con gli esempi di quardare e quastare tolti dal canzoniere derossiano (cfr. BRUGNOLO 1974-1977, I, p. 311).

38. Esiti di W e nessi con U̯

I soli casi di W- germanico riguardano i personali Guido 3r.19 insieme con Gui’ 3r.15 e Guidot 1v.8, che attestano la risoluzione labiovelare [gw]; in Gelf 9v.7, 9, 10 (tot. 10), Gibelin 3v.19, 24, 5v.34 (tot. 16), Givelin 27r.32, Givel 1r.4 e nel toponimo La Garda 23r.29 (< warda: cfr. OLIVIERI 1961, p. 144) si registra la riduzione a [g]. Vi aggiungiamo Cascon 28v.2, che sembra da interpretare come forma desonorizzata per ‘Gascon’, a sua volta esito ridotto di Guascon, forma in cui è attestato in documenti medievali l’attuale Vascon (cfr. MICHIELIN 1998, p. 1116; Guaschono negli atti latini che si leggono nello stesso manoscritto che trasmette il quaderno di conti, in partic. c. 37r.1, 3: cfr. Introduzione, n. 21). Assente, dunque, la risoluzione v- nettamente predominante, invece, nella varietà lagunare (cfr. almeno STUSSI 1965, p. LX).

Aspecifiche le riduzioni dei nessi con U̯ di alcune voci con consonante etimologicamente geminata o con gruppo consonantico (fever 2r.1, 3, 9 - tot. 37 -; per gegner cfr. § 33).202

Nel documento Antichi testi trevigiani (pagine 127-131)