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Il decreto legge n 92 del 2014 e i rimedi compensativi all’art

L’ISTITUTO DISCIPLINATO DALL’ART 35 TER

1. Il decreto legge n 92 del 2014 e i rimedi compensativi all’art

ter ord. pen.

Nell’adeguarsi al dettato della Corte EDU il nostro legislatore ha proceduto per tappe successive adottando, con un primo intervento. Come abbiamo visto il ricorso “preventivo” di cui all’ 35 bis o.p., e completando il percorso con l’introduzione, a pochi mesi di distanza, del il rimedio “compensativo” nelle forme dell’art. 35 ter o.p.

Mentre per il primo istituto non si sono evidenziate rilevanti problematiche interpretative né si registrano significative difformità applicative nell’elaborazione giurisprudenziale, il nuovo strumento risarcitorio ha suscitato, sin da subito, gravi criticità sul piano ermeneutico e nette contrapposizioni tra gli interpreti, generate da alcune non trascurabili opacità del testo normativo e da importanti lacune. Basti solo considerare, al tal proposito, che la stessa successione sul piano cronologico tra rimedio ‘preventivo’ e il ricorso ‘compensativo’ – essendo i due istituti introdotti nell’ordinamento penitenziario con separati interventi normativi – ha alimentato dubbi sulla collocazione sistematica di tali ricorsi, dividendo interpreti e

41 commentatori tra coloro che valorizzano la volontà del legislatore di sancire l’autonomia dei due istituti, e tra quanti sostengono che i due rimedi, benché formalmente distinti, non sarebbero altro che “ due facce della stessa medaglia”, essendo destinati a operare in modo complementare, e perseguendo la medesima finalità integralmente riparativa del danno da detenzione in condizioni inumane e degradanti87.

Le sollecitazioni dei giudici di Strasburgo relative all’istituzione del rimedio di natura compensativa hanno, quindi, trovato finalmente risposta con l’entrata in vigore dell’art. 1 del d.l. 28 giugno 2014, n. 92, convertito nella l. 11 agosto 2014, n. 117 che ha introdotto nella legge penitenziaria l’evocato art. 35 ter.

La norma in analisi attribuisce al detenuto il diritto di agire davanti al magistrato di sorveglianza (e in determinate ipotesi davanti al giudice civile) per far valere il diritto al risarcimento del danno derivante dalla sottoposizione a un trattamento inumano o degradante con la precisazione che la tutela riparatoria si concretizza, come regola generale, non tanto nell’assegnazione di una somma di denaro, quanto piuttosto in una riduzione di pena (nella misura predeterminata in modo vincolante per il giudice dallo stesso art. 35 ter )88. Come è stato osservato, la scelta politica di compensare i periodi di trattamento inumano e degradante con una congrua riduzione della durata della pena appare perfettamente in linea con la giurisprudenza europea, oltreché meritevole di condivisione sotto il profilo politico-culturale89. Tale scelta risponderebbe soprattutto a un esigenza di giustizia, sintetizzabile in questi termini: chi ha sofferto un illegittimo sovrappiù di afflittività, per aver dovuto scontare la pena in condizioni indegne di

87 Cfr. F. Fiorentin, I nuovi rimedi risarcitori della detenzione contraria all’art. 3 CEDU: le lacune della disciplina e le interpretazioni controverse, reperibile in

www.penalecontemporaneo.it , visitato il 17 febbraio 2017

88Cfr. L. Degl' Innocenti e F. Faldi, Il rimedio risarcitorio ex art.35 ter ord.pen. E la tutela dei diritti del detenuto, Giuffrè, 2017, p. 69

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Cfr. G. Giostra, Sub art. 35 ter, in Ordinamento penitenziario comm., a cura di Giostra e Della Casa, Cedam, Padova 2015, pp.414 ss.

42 un uomo, ha diritto ad un equa riduzione della pena ancora da scontare, in modo che, tendenzialmente, la minor durata possa compensare l’indebita maggior sofferenza subita. Questo rimedio ha il vantaggio, rispetto a quello pecuniario, di favorire esso stesso il decongestionamento carcerario, contribuendo a ridurre la possibilità che si verifichi nuovamente l’inumana condizione detentiva che ha richiesto l’intervento indennizzatorio. Oltre che rispondere all’umiliante ingiunzione mossa dal giudice europeo al nostro Paese, la soluzione adottata esprime, dunque, una sicura volontà di fondo del legislatore: una diminuzione della pena proporzionata al periodo di segregazione sofferta in violazione dell’art. 3 CEDU e residualmente, ove ciò non sia in tutto o in parte possibile, un congruo indennizzo economico90.

Con il d.l. 92/2014 il Governo ha di fatto colmato una lacuna, introducendo il citato art. 35 ter o.p., che disciplina due tipologie di rimedi specificamente diretti a riparare il pregiudizio derivante da condizioni detentive contrarie all’art. 3 della Convenzione.

Il primo rimedio (disciplinato nei commi 1 e 2 della norma in esame) è destinato a detenuti e internati che stiano subendo un pregiudizio grave e attuale ai propri diritti in conseguenza delle condizioni detentive in cui si trovano. Costoro possono rivolgersi al magistrato di sorveglianza al fine di ottenere una riparazione in forma specifica, consistente in uno sconto della pena ancora da espiare pari a un giorno ogni dieci di pregiudizio subito o, in alternativa – nel caso in cui il pregiudizio sia stato inferiore ai quindici giorni ovvero nel caso in cui lo sconto sia maggiore del residuo di pena – un risarcimento in forma monetaria pari a otto euro per ogni giorno di pregiudizio subito.

Il secondo rimedio (disciplinato nel comma 3) si rivolge invece a coloro che abbiano finito di scontare la pena detentiva o abbiano

subito il pregiudizio durante un periodo di custodia cautelare non

90Cfr. G. Giostra, Sub art. 35 ter, cit., p. 416

43 computabile nella pena da espiare. In questo caso, i soggetti possono rivolgersi al tribunale entro sei mesi dalla cessazione della pena detentiva o della custodia cautelare, al fine di ottenere un risarcimento in forma monetaria, sempre nella misura di 8 euro per ogni giorno di pregiudizio subito91.

1.1. Disciplina transitoria

E’ preliminarmente necessario, con riguardo al profilo temporale di applicazione della nuova disciplina, fare chiarezza sul dies a quo delle pretese azionabili.

Per affrontare tale problematica accorre innanzitutto procedere a una lettura combinata dell’art. 35 ter o.p. con le disposizioni transitorie, contenute nei due commi dell’art. 2 del d.l. 92/2014. Secondo quanto pare poter intendere da un testo normativo non sempre lineare e per alcuni profili lacunoso, il legislatore ha voluto riservare l’applicazione dell’articolo in parola al risarcimento dei pregiudizi – attuali (commi 1 e 2) o non più attuali al momento della domanda (comma 3) – prodottisi successivamente all’entrata in vigore del decreto legge: ossia al 28 giugno 2014. Ciò si ricava dall’applicazione del principio contenuto nell’art. 11 delle Preleggi, secondo cui una nuova norma deve applicarsi, di regola, ai fatti che si verificano dopo la sua entrata in vigore. Le norme transitorie, invece, paiono destinate – in deroga all’art. 11 delle Preleggi – a regolare l’applicazione della nuova disciplina ai fatti pregressi, dovendosi intendere come tali i pregiudizi che si sono verificati prima del 28 giugno 2014. Che la disciplina transitoria abbia ad oggetto fatti pregressi, nell’accezione ora precisata, si ricava dalla lettera della legge: l’art. 2 del decreto legge in esame da

91

Cfr. A. Della Bella, Il risarcimento per i detenuti vittime di sovraffollamento: prima lettura del nuovo rimedio introdotto dal d.l. 92/2014, reperibile in www.penalecontemporaneo.it ,visitato il16 febbraio 2017

44 un lato, al comma 1, consente l’utilizzabilità del rimedio di cui all’art. 35 ter comma 3, entro un termine di decadenza di sei mesi a soggetti che non risultano esser più detenuti o internati al momento dell’entrata in vigore del decreto ( e che pertanto, necessariamente, lamentano un danno verificatosi prima del 28 giugno); dall’altro, al comma 2, consente l’utilizzabilità del rimedio di cui all’art. 35 ter co. 1 e 2, anche in questo caso entro un termine di decadenza di sei mesi, ai detenuti e gli internati che abbiano presentato ricorso alla Corte EDU prima dell’entrata in vigore del decreto legge ( e che pertanto anche in questo caso lamentano un pregiudizio subito prima del 28 giugno)92. E’ evidente che lo scopo perseguito dal legislatore nel porre tali disposizioni transitorie fosse quello di sgravare la Corte di Strasburgo dai ricorsi già pendenti e da quelli che ancora le potrebbero esser sottoposti per violazioni pregresse, entro il termine semestrale di cui all’art. 35 CEDU, in ragione delle condizioni detentive subite.

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