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L’ISTITUTO DISCIPLINATO DALL’ART 35 TER

2. Qualificazione giuridica dell’istituto e profili di specialità

2.1. Prescrizione del diritto

Una seconda riflessione preliminare riguarda il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria disciplina dal decreto legge in esame.

Per i profili non espressamente disciplinati dalla lex specialis, si dovrà dare applicazione, a pare di alcuni, alla disciplina risarcitoria “ordinaria”, quella cioè contenuta nel codice civile: dunque rispetto alla prescrizione, dovrà ritenersi operante il termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c., che decorre dalla data della verifica del fatto illecito produttivo del danno. Tale termine opererà con riferimento tanto sui pregiudizi realizzatisi successivamente al 28 giugno 2014 (e disciplinati quindi dall’art. 35 ter o.p.), quanto sui pregiudizi realizzatisi precedentemente a questa data. In particolare, con riferimento ai pregiudizi pregressi, ciò significa che la nuova normativa non consentirà di accedere al risarcimento di danni che siano prescritti ex art. 2947 c.c. L’individuazione di un dies a quo non troppo risalente nel tempo appare del resto ragionevole, dal momento che quanto più è risalente il danno lamentato, tanto più difficoltoso sarà l’accertamento da compiere in sede di istruttoria sulle effettive condizioni della detenzione100.

Quanto al termine di prescrizione, in realtà, le posizioni si dividono in funzione della soluzione alla quale si ritiene di aderire in merito alla natura giuridica della responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) dell’Amministrazione penitenziaria per la violazione della norma convenzionale101.

In linea generale si può ricordare che la responsabilità contrattuale scaturisce dalla violazione di uno specifico obbligo preesistente, mentre la responsabilità aquiliana deriva dalla violazione del dovere di non ledere ingiustamente gli interessi altrui.

100

Cfr. A. Della Bella, Il risarcimento per i detenuti vittime di sovraffollamento, cit.

101

Cfr. C. Masieri, La natura dei rimedi di cui all’art. 35 ord. pen., reperibile in www.penalecontemporaneo.it , visitato il 4 febbraio 2017

50 Secondo un primo orientamento, la fattispecie prevista dall’art. 35 ter o.p. è riconducibile all’ambito della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c. dovendosi escludere che tra il detenuto e l’amministrazione penitenziaria sia configurabile un rapporto obbligatorio in senso stretto: l’ingresso e la permanenza di un soggetto in carcere trova il suo fondamento in un provvedimento giurisdizionale e costituisce espressione dell’esercizio di un potere autoritativo da parte dello Stato che prescinde da un rapporto di natura negoziale102. Ne consegue che, con specifico riferimento al pregiudizio verificatosi anteriormente alla data di entrata in vigore dell’art 35 ter o.p., il detenuto non potrà ottenere il risarcimento dei danni rispetto ai quali è maturata la prescrizione quinquennale dell’art. 2947 c.c. di cui abbiamo già accennato.

Per un diverso orientamento invece, la responsabilità dell’amministrazione penitenziaria costituirebbe una forma di responsabilità da contatto sociale qualificato e, in quanto tale, qualificabile in termini di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c. con la conseguente operatività della prescrizione decennale. La fonte dell’obbligazione da contatto sociale andrebbe rilevata nella coscienza sociale, la quale imporrebbe a tutti coloro che ricoprono uno status professionale, obblighi di perizia, di conservazione e di cura degli interessi altrui che sarebbero in grado di generare un affidamento dei terzi relativamente al loro adempimento da parte del professionista. Quanto descritto sarebbe dunque – ai sensi dell’art. 1173 c.c. – un atto o fatto idoneo a far sorgere in capo al professionista un obbligazione che, se violata, condurrebbe a responsabilità contrattuale o da inadempimento ex art. 1218 c.c., con conseguente applicazione della prescrizione ordinaria decennale e di una conformazione dell’onere della prova a favore alla vittima dell’inadempimento103. In merito si è espressa anche la Corte Suprema quando ha affermato che “la così

102

Cfr. A. Della Bella, Il risarcimento per i detenuti vittime di sovraffollamento, cit.

51 detta responsabilità da contatto sociale, soggetta alle regole della responsabilità contrattuale pur in assenza di un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato, è configurabile soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell’attività svolta dal danneggiante”104

.

La teoria della responsabilità da “contatto sociale” è stata accolta, in tempi più recenti, anche dalla magistratura di sorveglianza, trattandosi di “una particolare forma di responsabilità civile che prescindendo dall’esistenza di un contratto inteso nel senso stretto del termine, che si verifica ogni qualvolta che tra il danneggiato ed il danneggiante sussista una particolare relazione sociale, considerata dall’ordinamento giuridico come idonea a determinare specifici doveri comportamentali non riconducibili al dovere generico di non ledere l’altrui sfera giuridica. Con l’espressione contatto sociale qualificato si suole indicare un rapporto sociale idoneo ad ingenerare l’affidamento dei soggetti coinvolti in virtù del fatto che si tratta di un rapporto qualificato dall’ordinamento giuridico, che vi collega una serie di doveri di collaborazione e protezione volti alla salvaguardia di determinati beni giuridici. La violazione di tali doveri determina la responsabilità da danno sociale qualificato. E’ in questa prospettiva che deve esser considerato il rapporto tra detenuto ed amministrazione penitenziaria sulla quale grava, prescindere da ogni tipo di contratto civilisticamente inteso, l’obbligo di assicurare condizioni di restrizione che non siano inumane e degradanti”105, cosi come prescritto dall’art. 3

CEDU106.

104

Cfr. Cass. Civ. Sez. I, n. 11642, 11 luglio 2012, reperibile in www.cortedicassazione.it

105Cfr. Mag. Sorv. Venezia, ord. Vecchina, 9 luglio 2015, n. 9371 106

Riguardo a questioni connesse alla prescrizione deve tenersi conto altresì dell’orientamento emerso dalla giurisprudenza della Cassazione a proposito del requisito dell’attualità del pregiudizio. V. infra § 3

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