Appendice 2. Il mercato rionale
2.1 L’ immagine diffusa di degrado e il disagio sociale del Rione Esquilino
2.1.1 Degrado sociale e occupazione dello spazio
Nel dicembre del 2000 di fronte alle pressioni dei residenti del quartiere e ai timori per il degrado sociale della zona, di cui erano accusati gli stranieri, la Giunta della Regione Lazio, presieduta da Francesco Storace, ex deputato di Alleanza Nazionale, approvò il progetto di un programma di sorveglianza sanitaria e di applicazione di misure di controllo «della circolazione di microrganismi patogeni nella popolazione extracomunitaria residente nel rione Esquilino»(delibera 2445 della giunta regionale del 5 dicembre 2000, cit. in Mudu P. 2003, p. 653). Questo programma, viziato dall’ideologia politica di Storace, è discriminante e stigmatizzante nei confronti degli immigrati proprio perché riguarda solo loro, come se nel quartiere di Piazza Vittorio e nel rione non abitassero italiani che in caso di epidemie sarebbero contagiati allo stesso
modo degli immigrati. Altre operazioni di controllo, ma questa volta non sanitario, sono quelle portate avanti dall’Unità di Settore Esquilino (nucleo del Corpo della Polizia Municipale) istituita nel 1999, quando era sindaco Francesco Rutelli. Nel bilancio del primo anno di attività dell’Unità, è scritto che il suo scopo è quello di «contribuire […] all’opera di conciliazione di “vecchio e “nuovo”, riducendo e contenendo tutti gli elementi di contrapposizione». Per perseguire questo intento è stato avviato un intenso lavoro di controllo e repressione dell’abusivismo commerciale italiano e straniero, anche con la positiva collaborazione delle associazioni di quartiere (italiane e straniere).32
L’insieme delle misure di controllo adottate evidenzierebbero secondo alcuni residenti un processo di «militarizzazione» dell’area, che ha comportato l’allontanamento di molti immigrati spaventati dalla presenza delle autorità (Gruppo Informale Esquilino Plurale 2005, p. 86).33 Per cui, invece di risolvere le cause delle devianze prodotte dalla marginalizzazione degli immigrati, l’eccesso di controllo determinerebbe una preclusione per una parte di loro dell’accesso alle risorse del rione, il che vuol dire generare un’ulteriore forma di emarginazione. Non a caso, nell’ottobre 2007, il rifiuto da parte delle autorità comunali delle autorizzazioni necessarie all’associazione Dhummcatu per organizzare una festa religiosa, una delle tante che si sono svolte nei giardini Nicola Calipari,34 venne interpretato dai leader dell’associazione come un provvedimento discriminatorio.
Per contro, rispetto a questi residenti, vi sono italiani che, spinti dai partiti e dai movimenti di Destra del quartiere, denunciano l’assenza di una qualsiasi forma di presidio che garantisca la sicurezza agli abitanti (italiani) del quartiere.35 Per i sostenitori
32 Dal documento risulta anche che «le comunità dei Bengalesi e Cinesi […] hanno dimostrato il desiderio di collaborazione. Con i rappresentanti del Continente Africano (nord Africa) i rapporti sono invece tuttora difficili» (Unità Operativa Esquilino, 2000). Il bilancio dell’Unità Operativa Esquilino è disponibile al seguente indirizzo web: www.rideal.it/colori_esquilino.pdf.
33 Anche Piazza Vittorio e in particolare i giardini sono da tempo costantemente sorvegliati da un gruppo di volontari della polizia municipale. Si tratta di vigili in pensione che i giovani che frequentano i giardini di piazza Vittorio, come mi è capitato di sentire, chiamano scherzosamente «evidenziatori» per via del giubbetto giallo fosforescente che indossano.
34 I leader dell’associazione commentarono dicendo che si trattava di un «provvedimento in linea con la linea dura intrapresa dalla giunta Veltroni contro lavavetri e ambulanti» (cit. in Moccaldi C. 2007). Una linea giudicata discriminatoria nei confronti degli immigrati.
35 Questa è la denuncia emersa nel corso della manifestazione che è stata organizzata da militanti di Alleanza Nazionale di fronte a una cabina inutilizzata della polizia municipale, proprio durante la festa
della Sinistra tale denuncia celerebbe il desiderio di repressione sociale contro gli immigrati per spingerli alla fuga dal quartiere.
Per una parte di italiani residenti nel quartiere di Piazza Vittorio sembra che l’arrivo di una numerosa popolazione di immigrati e il suo insediamento abbia determinato un’emarginazione sociale dell’italiano dai luoghi del quartiere. L’acquisizione da parte degli stranieri di negozi una volta tradizionali e poi “etnicizzati” e la presenza costante e visibile di numerosi immigrati nei luoghi pubblici, sono fatti reali che per alcuni italiani testimoniano una «invasione» di immigrati, che può essere interpretata facilmente come “occupazione”, da cui consegue per gli autoctoni la loro “preclusione” all’accesso ai luoghi del quartiere con cui una volta si potevano identificare. La percezione del degrado dell’Esquilino per una parte della popolazione autoctona è pertanto motivata dalla sensazione di non potersi più relazionare nei modi tradizionali a un luogo una volta familiare, che oggi si stenta a riconoscere poiché occupato, riorganizzato e risignificato dallo straniero.
Per questo gruppo l’impatto visivo delle comunità immigrate nel quartiere e la loro presenza effettivamente numerosa provocherebbe un senso di spaesamento. Non sentendosi più in una posizione di netta dominanza “etnica” e culturale questi italiani avvertono un senso di minor possesso del luogo. Divengono coscienti della perdita del loro primato culturale nella sua definizione e gestione del luogo; perdita sentita ancor di più di fronte ai membri delle comunità immigrate che frequentano quotidianamente la piazza e ne hanno fatto (con il sostegno dell’amministrazione comunale) il palco sul quale rappresentare e affermare il proprio retroterra culturale attraverso specifici eventi culturali e religiosi.
A tutto ciò si aggiungono le numerose attività commerciali di cui si servono solo immigrati (ad esempio, i diffusissimi negozi cinesi di abbigliamento o i phone center), che rappresentano agli occhi di alcuni italiani territori recintati ed escludenti, determinando la percezione di un’occupazione dello spazio e delle sue risorse da parte dello straniero.36 Pertanto, alcuni abitanti italiani possono sentire di esser stati espropriati di un «loro» luogo, vale a dire del quartiere su cui hanno allestito la loro «identità romana»: un luogo occupato da altri e non più accessibile per coloro che si sentono gruppo culturale con diritto di dominanza. Pertanto, l’immagine dell’Esquilino
36 M. Hertzfeld ha rilevato come anche tra gli abitanti italiani del Rione I Monti fosse diffusa la percezione di un «invasione del “loro” spazio» da parte dello straniero (Hertzfeld M. 2001, p. 152).
nei discorsi delle forze politiche e dei cittadini, rimanderebbe a un’idea di degrado come riduzione dell’uso pubblico per gli italiani dei suoi spazi. Perciò la riqualificazione del quartiere richiesta dai residenti italiani sarebbe possibile laddove i luoghi ritornassero ad essere “pubblici” per loro, ossia preclusi agli immigrati.
L’emarginazione sociale all’Esquilino è il risultato della percezione da parte dei residenti italiani di una “occupazione” dello spazio da parte dello straniero, che gli impedisce di costruire i luoghi, ossia di dotare di significato il quartiere, secondo l’orizzonte culturale tradizionale. D’altronde, ogni luogo è tale se una collettività lo può dotare di un significato condiviso dai suoi membri. Con la perdita del rapporto con lo spazio si perde il significato che la collettività italiana aveva assegnato al quartiere, per cui non vi si può più identificare e appaesare. Oggi, poiché si sentono esclusi dagli immigrati, sembra che i soggetti italiani non possano più gestire autonomamente gli spazi del quartiere e appropriarsene; i vecchi residenti non possono umanizzarlo, non possono creare luoghi a cui sentono di appartenere e su cui costruire la propria identità. Pertanto, senza la possibilità di entrare in rapporto con lo spazio, viene a mancare quel «fatto culturale produttore di luoghi» sui quali allestire l’identità collettiva (Giglia A. 1997, p. 53).
In questa prospettiva, dietro gli scontri politici e sociali sul maggiore controllo o meno del territorio da parte delle istituzioni, mi sembra si debba individuare una vera e propria lotta di appropriazione e riappropriazione degli spazi tra coloro che convivono con gli immigrati e gli immigrati e lo schieramento di italiani che denuncia il degrado del quartiere di cui sarebbe responsabile lo straniero e il lassismo dei governi di centro sinistra degli ultimi anni.
Quei residenti e associazioni di residenti che accusano gli immigrati di aver invaso gli spazi del Rione mirano, in sostanza, alla “riappropriazione italiana” di Piazza Vittorio e dell’Esquilino per il recupero di un’identità religiosa e culturale tradizionale. I toni di queste rivendicazioni sono esacerbati dai movimenti politici di estrema destra che sostengono l’identità nazionale del Rione. Lo confermano alcune scritte lasciate sui muri dei palazzi di Piazza Vittorio o nei giardini Nicola Calipari: «L’Esquilino è italiano, fuori i cinesi», oppure «Italiano sveglia, difendi Piazza Vittorio».37
Su un forum nell’edizione telematica della Cronaca di Roma del quotidiano la
Repubblica, intitolato
«Esquilino, dove la città sta cambiando» (11 aprile 2007) appaiono i seguenti commenti: «ma smettiamola con questa invasione di immigrati, l’Esquilino […] deve rimanere ai romani»; «Sì, bello l’Esquilino! Io non ci metto
piede da anni, ormai […] lì, quando calano le tenebre, non mi sento al sicuro... Pregiudizio? No, è puro istinto di sopravvivenza»; «girando per l’Esquilino ti vengono i brividi, lo straniero sei tu»; «stiamo concedendo troppo spazio agli immigrati» e ancora
Una delle scritte che si trovano nel quartiere “Duce. Fuori i straniero”. Foto di una panchina dei giardini Nicola Calipari
«Le nostre istituzioni, invece, per la gestione di queste problematiche, usano toni sommessi, varano leggi che non mettono in condizioni di operare in maniera chiara».