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Personaggi e discorsi politici a Intermundia

Appendice 2. Il mercato rionale

3.4 Le mattine di festa. Performance delle scuole e attività

3.4.1 Personaggi e discorsi politici a Intermundia

Al di là delle attività delle associazioni e degli spettacoli, a Intermundia vi sono stati eventi che hanno caratterizzato alcune mattine più di altre. Tali eventi meritano un resoconto a parte poiché rimandano direttamente al momento storico politico in cui si è svolta la festa, quello della campagna elettorale per l’amministrative.

Il giorno dell’inaugurazione di Intermundia sul palco centrale sono intervenuti alcuni rappresentanti politici, nell’ordine: G. Lobefaro, Rosa Calipari, Okeadu Emeka Victor e l’Assessore Maria Coscia. Con grande enfasi sono state presentate R. Calipari («è con

grande orgoglio che questa mattina noi abbiamo qui l’onorevole Rosa Calipari») e l’Assessore M. Coscia («colei che con grande maestria si occupa di tutti noi, l’Assessore alle Politiche Scolastiche Maria Coscia») e quasi non si è sentito il nome del presidente della Consulta, invitato per ultimo.

Il presidente del Municipio I ha iniziato il suo discorso sottolineando l’importanza di «questa iniziativa per tutta la città, non solo per il municipio che è sempre lieto di accogliere iniziative del genere». Ha poi ricordato che la festa è in linea con la scelta dell’amministrazione di investire «sul tema del vivere insieme e crescere insieme a persone che provengono da paesi diversi». A partire da ciò, diceva, è stata «costruita in tutta Roma una filosofia nuova», per la quale la città diverrà «capace di accogliere persone che lavorano, che rispettano le regole, che vivono nella nostra città alla pari di quelli che ci sono nati». In tutto ciò la scuola ha un ruolo fondamentale perché a partire da essa, per le strade e nei quartieri, «ogni giorno», insegnanti, genitori e ragazzi «costruiscono percorsi di integrazione e di pace per persone di culture differenti» (Nota di campo, 15 maggio 2006). Concluso il suo breve discorso, Lobefaro ha ricevuto il ringraziamento dei presentatori e l’applauso di rito dal pubblico.

Il discorso di R. Calipari è stato accolto con maggior calore. La deputata riferendo il proprio piacere alla vista di «tanti ragazzi che sono le piante più belle che noi possiamo guardare qua dentro», ha subito scaldato gli animi degli spettatori e ha ottenuto un primo forte applauso. Anche a suo giudizio, con questa festa la città inviava un messaggio importante «di rispetto degli altri, di rispetto delle regole, di rispetto della convivenza pacifica tra persone diverse per sesso, religione o per nazionalità». E lo stesso messaggio, continuava Calipari, era quello che inviava l’operato del «Comune e del Sindaco Veltroni», di cui ha esaltato l’impegno economico a sostegno di «coloro che sono in affanno», in città e fuori dei suoi confini (ad esempio, in alcune parti dell’Africa). Questo messaggio ha cambiato Roma, facendone «un modello per tutto il paese», ed è in contrasto con le spinte alle chiusure e all’egoismo.

Durante il discorso il pubblico era in pieno ascolto. Ogni brusio è poi scomparso quando la Calipari ha ricordato la condizione dell’infanzia nei paesi più poveri.

Bisogna, quindi, pensare che questo non è un mondo di giustizia, non è un mondo uguale. Allora, se è importante la sicurezza, perché è un bene per ogni cittadino, essa non può essere utilizzata come giustificazione per far

crescere l’odio tra le diversità. Ecco, proprio perché questo giardino è stato intitolato a Nicola e questa festa è una festa che esalta il dialogo tra culture, nel rispetto delle diversità e della convivenza pacifica, io penso che questo è il messaggio che voi date. (Nota di campo, 15 maggio 2006)

A conclusione del discorso, quasi scusandosi per essersi dilungata e chiedendo il permesso al pubblico, la Calipari ha citato una frase del Sindaco Veltroni, che disse: «se non combattiamo l’ingiustizia, se facciamo finta di ignorarla, ce la ritroviamo nella nostra città e sulle nostre spiagge»; per la Calipari questo era un principio etico, ma soprattutto una «scelta razionale, quella di scegliere e difendere la diversità, proprio per difendere noi stessi».

Il presidente della Consulta, Okeadu Emeka Victor, indossava un cappellino giallo della festa e un vestito tradizionale del suo paese. Il suo intervento è stato quello più corto ed anche quello che ricevette maggior sostegno dal pubblico. Ha parlato a nome di tutti i cittadini stranieri, dicendo: «per noi la festa Intermundia è una festa per l’integrazione, dell’accoglienza e per gli esclusi». Per questo motivo, «accogliamo quest’occasione con grande felicità e gioia, perché non è facile trovarsi in un paese straniero». Okeadu ha poi ringraziato l’amministrazione per il suo impegno nell’organizzare «questo tipo di incontri»; per i cittadini stranieri «è una possibilità», «è un sogno che si sta realizzando». A queste parole il pubblico ha risposto spontaneamente con un fragoroso applauso, che ha impressionato anche il presentatore. Okeadu ha sorriso e ha chinato il capo per ringraziare gli spettatori, quindi, ha concluso dicendo: «noi siamo orgogliosi di dire che siamo i nuovi cittadini» e che con i bambini presenti, che rappresentano «il nuovo mondo», saranno loro a dar vita a «una combinazione possibile», quella della convivenza pacifica.

L’Assessore Coscia ha esordito ringraziando tutti coloro che erano presenti per essere venuti alla festa che, diceva, oramai è un appuntamento «quasi tradizionale» per il quartiere di Piazza Vittorio e per Roma. Ha poi ricordato che Intermundia è il prodotto finale del lavoro dell’assessorato e degli insegnanti, il cui scopo era quello di promuovere una «società interculturale», in una città che già da diverso tempo accoglie gli immigrati. Non si tratta, diceva la Coscia, del semplice stare insieme, ma di «scambiare le culture, di fare in modo che le tante diversità possano diventare una ricchezza per tutti». Questo è il senso di Intermundia.

M. Coscia ha poi ringraziato gli insegnanti per la loro professionalità e la «grande passione civile» nell’aiutare «le giovani generazioni a crescere bene» e ad apprendere «saperi». Ha sottolineato la fatica del loro lavoro, di cui spesso non si riconosce il «ruolo sociale» ed ha ricevuto l’applauso e l’ovazione del pubblico. L’Assessore ha quindi concluso che con il contributo degli insegnanti la città diviene sempre più una «città-comunità, una città dove ciascuno dà all’altro quello che può»: aiuto, conoscenze, competenze. Ed è grazie al lavoro di accoglienza e di riconoscimento di tutti nelle scuole che l’assessorato «punta a costruire una cultura più alta che possa comprendere tutti» (Nota di campo, 15 maggio 2006).

Nei giorni a seguire, non mi è mai capitato di rivedere a Intermundia l’Assessore Coscia, o l’onorevole Calipari, o il presidente Lobefaro.91 Nel corso della settimana ho visto e incontrato presso il suo stand solo il presidente della Consulta per gli stranieri. Sabato mattina l’assessore è nuovamente intervenuta sul palco per presenziare l’ultimo rito propiziatorio, al termine del quale ha parlato nuovamente al pubblico, ringraziandolo e salutandolo. Ha poi ripreso quanto detto il primo giorno, sottolineando la bravura degli insegnanti e l’impegno dei bambini che si sono esibiti nel corso delle giornate di festa.

Ai fini della ricerca è però fondamentale l’ultimo passaggio dell’intervento di M. Coscia.

Io mi auguro che noi ci possiamo rincontrare qui il prossimo anno. Sapete che a fine mese siamo sottoposti al giudizio dei cittadini romani: il Sindaco Veltroni e le altre realtà che si sono presentate con lui. Il nostro impegno appunto è di continuare a lavorare con le scuole della città, perché noi pensiamo che le scuole sono una straordinaria risorsa per la nostra città e per questo mettiamo a loro disposizione, a disposizione dei bambini, degli insegnanti e delle scuole, la città come un grande, immenso laboratorio didattico all’aperto. Grazie a tutti e speriamo di vederci l’anno prossimo. (Nota di campo, 20 maggio 2006)

Anche quella volta non è mancato l’applauso del numeroso pubblico presente. C’erano giovani e adulti di diversa provenienza; i primi erano radunati in gruppi all’interno dei

91 Di quest’ultimo, intorno ai giardini e a volte al loro interno, ogni giorno vedevo volantini e manifesti elettorali che sostenevano la sua candidatura.

quali vi erano molti adolescenti figli di immigrati, mentre gli altri erano soliti conversare con amici, italiani e immigrati (arabi, cinesi, bengalesi). Tutti hanno partecipato attivamente, applaudendo e incitando i ragazzi che si esibivano.

«Tra il pubblico c’è una donna cinese che balla con il proprio bambino»; diverse volte ho notato la presenza di cinesi nella festa (adulti o adolescenti), che smentiva così l’opinione diffusa, secondo la quale la comunità cinese è quasi invisibile al di là delle attività commerciali dei suoi membri.92

I bambini erano sparsi per tutte le aree dei giardini, giocavano con gli amici o ripassavano con insegnanti e mediatori l’esibizione che avrebbero proposto di lì a poco. Il clima era quello degli altri giorni, ma il vero momento di esaltazione collettiva, che mai avevo visto prima nel corso delle mattinate di festa, ci fu quando il coro di una scuola ha cantato l’inno di Mameli. Tutto il pubblico si è alzato in piedi, italiani e stranieri, giovani e meno giovani, e molti italiani cantavano tenendo la mano sul petto. Mi colpì in particolare una signora per la sua eccitazione. Si batteva la mano destra sul cuore, tenendo il tempo dell’inno e l’ultimo verso, con il braccio alzato e saltando, lo ha gridato con tutta la voce che aveva: «Siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Sì!».

L’applauso fu roboante e il presentatore ha urlato: «Viva l’Italia, viva Intermundia!».

In quella stessa mattina, per tutta la durata degli spettacoli, a lato del palco è rimasta parcheggiata una bicicletta a cui era attaccato un carrello con il manifesto del candidato Lobefaro, della lista «per Veltroni sindaco». Il suo

92 Devo aggiungere, però, che nel corso della fase di raccolta delle opinioni del pubblico sulla festa, ho provato più volte ad intervistare alcuni membri della comunità cinese, donne e uomini. Tutti, indistintamente, mi hanno risposto che non parlavano italiano. Nonostante fossero presenti nei giardini e assistessero agli spettacoli è vero anche che li ho visti sempre insieme ai loro connazionali. Le uniche eccezioni erano i bambini cinesi e pochi altri giovani che vedevo giocare e divertirsi con i loro amici, anche di altre nazionalità (evidentemente, ciò si deve al fatto che erano studenti delle scuole romane).

motto era «nella mia mente, il cuore di Roma». Un ulteriore segno di propaganda che si aggiunge ai discorsi delle autorità intervenute nella prima e nell’ultima mattinata della festa dell’intercultura.

Fin qui ho mostrato solo la presenza e l’agire di uno schieramento politico, quello di Veltroni, e i messaggi che inviava al pubblico di Intermundia. In realtà, ai margini della festa e raramente al suo interno, vi erano presenze di altri partiti, schierati all’opposizione, che in diversa misura interferivano con il processo comunicativo della festa. Non credo, infatti, che fosse un caso la presenza dello stand del candidato UDC proprio a lato del cancello di ingresso di S. Maria Maggiore. Nessun altro stand dei vari partiti presenti in piazza era così vicino alle vie di accesso a Intermundia. Come non fu un caso che la mattina del quarto giorno della festa, fuori del cancello dal lato della S. Termini, abbiano manifestato alcuni sostenitori di Alleanza Nazionale per reclamare più sicurezza nel quartiere e denunciare lo scarso impegno di Veltroni.93 I manifestanti erano poco più di una decina, tra giovani e anziani, uomini e donne con diverse bandiere del partito, capeggiati da due rappresentanti di AN, ben vestiti e armati di megafono. Dall’altra parte del marciapiede era parcheggiato un furgone pubblicitario con il manifesto del candidato a sindaco G. Alemanno (una foto di Roma faceva da sfondo al logo di AN e alla scritta «per Alemanno Sindaco. La forza di Roma»).

Fui attratto dalle urla nel megafono di uno dei capi della manifestazione. Molti passanti si fermarono per capire cosa stesse succedendo per poi passare oltre, altri invece guardando tiravano dritti. I due capi avevano portato un cartello con scritto «Affitto. Causa inutilizzo. Veltroni». Lo volevano attaccare al gabbiotto della polizia municipale (che effettivamente sembrava inutilizzato da tempo), per denunciare simbolicamente l’assenza di controllo e di sicurezza nel quartiere. Intervennero però due pattuglie della polizia municipale che bloccarono l’iniziativa dei manifestanti. Più tardi arrivarono anche dei carabinieri e a quel punto le forze dell’ordine quasi superavano il numero dei manifestanti.

Stando a quello che diceva l’uomo col megafono, i vigili sono

93 Il primo giorno, prima delle attività pomeridiane, ho parlato con la Consulente per l’Intercultura P. Gabbrielli, che si diceva certa che nel corso della settimana, come ogni anno, un qualche gruppo di destra avrebbe organizzato fuori dei giardini «una manifestazione di dissenso, che contrasta con la Festa» (Nota di campo, 15 maggio 2006).

intervenuti con la forza, «mettendo le mani addosso a chi stava manifestando». Gridava: «questo è uno Stato militare!». Ad una ragazza ha detto: «Ci hanno messo le mani addosso, strappato il cartello […] perché noi volevamo denunciare questa Pubblica Amministrazione». Intanto, un uomo di mezza età passeggiava dicendo «Nero, nero, tutto nero. Vogliamo tutto nero», «Via i rossi!».

I manifestanti erano raccolti intorno al gabbiotto e qualcuno di loro si faceva fotografare con in mano il cartello; stessa cosa l’ha fatta uno dei capi, mentre riceveva i complimenti dai sostenitori di AN per quello che aveva detto. La manifestazione durò poco meno di un’ora e quello che mi colpì fu il totale disinteresse del pubblico di Intermundia: non ho visto nessuno uscire dai giardini per curiosare.

La festa aveva un’importanza politica anche per gli immigrati.94 La mattina del terzo giorno (il 17 maggio) la Consulta ospitò una tavola rotonda sul diritto di voto agli stranieri, organizzata dalla Casa dei Diritti Sociali. Sul programma non vi era alcuna segnalazione in merito, infatti, fu la consulente per l’intercultura ad avvertirmi. Vi parteciparono: Anita Maddaluna (Casa dei Diritti Sociali – Focus), Gianluca Peciola (Assessore all’Intercultura-Municipio Roma XI), Andrés Barreto (Candidato del PRC al Comune di Roma), Maurizio Bartolucci (Presidente Commissione diritto al voto Comune di Roma), Rossano Colagrossi (Università “La Sapienza” Dip. Sociologia e Comunicazione) Glenda Castello (Consigliera aggiunta del XI Municipio), Nirina Fatoumata (Consigliera aggiunta del VII Municipio).

Mi recai allo stand e prima di tutto mi preoccupai di procurarmi la cartellina dove erano contenuti dei volantini e gli abstract di alcuni interventi. Lo stand era pieno di gente, almeno trenta persone, più una dozzina che era rimasta fuori. Tra questi era presente anche Bachcu Palash, il presidente dell’associazione Dhummcatu, accompagnato dalla moglie italiana e dalla figlia. Poco più avanti sedeva P. Gabbrielli.

Gli interventi erano tutti tesi a rivendicare la necessità del voto agli immigrati. Infatti, sebbene l’istituzione della Consulta fosse da tutti riconosciuto come un fatto positivo, «un buon punto di partenza nella dimensione partecipativa», diceva R. Colagrossi, quest’organo in ogni caso partecipa limitatamente e indirettamente alla politica attiva del Comune. L’allora assessore all’intercultura del Municipio XI, iniziò il suo intervento affermando che «la città si è accorta che non può fare a meno» degli

immigrati e ha fortemente criticato il Governo Prodi per non aver formulato una proposta di legge per il loro diritto al voto. Mumenul Islam, bengalese eletto consigliere aggiunto al Municipio VI, si è lamentato del suo scarso peso politico nel municipio e della poca disponibilità di assessori e del presidente. Ha affermato: «lì dentro mi sento come un animale».

Andrés Barreto ha sostenuto che l’aver istituito la figura del Consigliere Aggiunto (il rappresentante delle comunità straniere) è un esempio di arretratezza rispetto al dibattito nazionale e alle scelte di alcuni comuni che hanno posto il diritto di voto agli immigrati «all’ordine del giorno e affrontato in alcune leggi regionali di nuova promulgazione» (abstract dell’incontro). Il candidato del PRC ha letto poi una lettera indirizzata al sindaco Veltroni in cui richiedeva il riconoscimento del voto immigrato per le amministrative e ha aggiunto: «Questa giunta non ha dato un segno politico, come invece hanno fatto i cittadini con una delibera firmata da 8.000 persone». Pertanto, a differenza di quanto mi aspettavo prima di ascoltare gli interventi, ho dovuto constatare come, all’interno di Intermundia, che inizialmente credevo totalmente funzionale alla propaganda veltroniana, vi erano opinioni e critiche che costituivano delle crepe nel meccanismo di produzione del consenso politico. Ma devo anche aggiungere che dopo questi interventi, nessuno del pubblico fece commenti o riflessioni che potevano far pensare a una scelta di voto contrario alla giunta comunale in carica.