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L’intervento dell’amministrazione dal 2001 fino alle elezioni del 2006. I

Appendice 2. Il mercato rionale

2.3 Strategie del Comune per la riqualificazione del “cuore multietnico di Roma”

2.3.1 L’intervento dell’amministrazione dal 2001 fino alle elezioni del 2006. I

Per arricchire il quadro degli interventi di politica per l’immigrazione della giunta Veltroni all’Esquilino e in particolare nel quartiere di Piazza Vittorio, è utile partire dal bilancio di mandato che il presidente del Municipio I fece divulgare prima del voto di maggio 2006 (pubblicato nel sito www.lobefaro.it). Nel documento sono riportati il programma del presidente Giuseppe Lobefaro e il resoconto sui lavori portati a termine o avviati.

Dal resoconto risulta un’intensa attività di ristrutturazione delle infrastrutture cittadine e delle strutture esistenti, insieme al sostegno finanziario per gli asili e per le scuole dell’infanzia e medie; inoltre, data l’elevata età media degli abitanti del municipio sono stati aperti nuovi centri per anziani.

Il primo degli interventi elencati dall’amministrazione relativamente alla presenza di immigrati nel Municipio e volti a stimolare la convivenza pacifica con gli autoctoni, è il progetto “Giardino Magico all’Esquilino”, realizzato da una cooperativa sociale. Scopo del progetto era la manutenzione e il recupero dei giardini di Piazza Vittorio, «con il supporto di mediatori culturali, per favorire l’incontro tra gli immigrati – abituali frequentatori dei giardini – e i romani» in modo che il luogo sia il «terreno di incontro tra le diverse culture, favorendo la conoscenza di storia e tradizioni delle diverse comunità che animano la piazza» (Garabello V. 2005, p. 2; Lobefaro G. 2006, p. 22). Dunque, un prima constatazione è che il progetto riconosce la funzione simbolica della piazza e, dunque, l’immagine di luogo privilegiato per l’attuazione di strategie di convivenza tra le comunità immigrate e gli autoctoni.

Secondo i responsabili, la presenza dei mediatori culturali ha reso il giardino un «luogo di incontro e scambio in cui alimentare il proprio bisogno di socialità e integrazione», è divenuto «un punto di riferimento per italiani e stranieri». La coordinatrice dei mediatori del progetto in un’intervista ha dichiarato che gli immigrati hanno manifestato la loro gratitudine per la presenza nei giardini del mediatore, che per loro è divenuta una figura di riferimento, mentre agli italiani ha trasmesso maggiore sicurezza e hanno accolto con soddisfazione il progetto. Secondo Letizia Cicconi, assessore alla sicurezza del Municipio, il loro lavoro avrebbe avuto «il merito, già dai primi giorni, di ridurre sensibilmente il fenomeno della microcriminalità e migliorare l’integrazione tra i

residenti italiani e le diverse comunità che vivono nel quartiere» (Garabello V. 2005, p. 2).

A fianco del progetto menzionato, vi è poi quello dei “Poli Intermundia” dell’Assessorato alle Politiche educative e Scolastiche. Scopo del progetto è quello di promuovere la cosiddetta “educazione interculturale”, istituendo dei luoghi in cui italiani e stranieri (genitori e figli) possano attuare quello scambio culturale che, utilizzando il linguaggio diffuso, è necessario alla costruzione e al radicamento della convivenza civile tra le culture. Il primo di questi Poli è stato allestito proprio nel quartiere di Piazza Vittorio nei seminterrati della scuola elementare Di Donato,53 con la collaborazione dell’Istituto comprensivo Manin54 e dell’“Associazione Genitori Scuola Di Donato”. Dal bilancio di mandato di G. Lobefaro, risulta che il Polo Intermundia è ormai un punto di riferimento sociale e culturale del territorio, capace di promuovere iniziative per adulti e bambini, italiani e immigrati, per questo si inserisce attivamente «nell’ambito delle iniziative di riqualificazione sociale ed urbanistica del rione Esquilino, laboratorio naturale di convivenza multietnica di valore primario per tutta la città» (Lobefaro G. 2006, p. 40). Da quest’ultima dichiarazione di Lobefaro otteniamo due dati importanti: anche per l’amministrazione il Rione è simbolo di multietnicità e, inoltre, lo immagina e rappresenta come laboratorio in cui mettere alla prova progetti da allargare alla città.

Un’attenzione particolare è stata poi rivolta all’organizzazione di eventi pubblici ed iniziative con l’intento di «diffondere la conoscenza di culture diverse» e ad interventi per «favorire l’intercultura attraverso processi di integrazione scolastica e formazione professionale», attraverso l’alfabetizzazione e l’inserimento dei minori e l’apertura di sportelli informativi per il lavoro (Lobefaro G. 2006, p. 49; corsivo mio). In ogni caso, nelle intenzioni dell’amministrazione municipale, questi interventi dovevano aiutare a contrastare l’emarginazione e, di conseguenza, la criminalità. Su quest’ultimo punto, gli obbiettivi strategici erano quelli di favorire la regolarizzazione degli immigrati,

53 Tale iniziativa, promossa dall’Assessorato alle Politiche educative e Scolastiche, ha inaugurato la successiva apertura di altri 5 centri culturali dello stesso genere in alcune scuole della città, con l’intenzione di istituirne uno per ogni municipio di Roma e costituire una rete di Poli per diffondere la cosiddetta educazione interculturale nel territorio.

54 La scuola Manin, che si trova nei pressi di Piazza Vittorio, ha il numero di studenti stranieri più alto di Roma e rappresenta un riferimento importante per l’Assessorato alle Politiche Educative e Scolastiche e per le scuole romane dove sono stati attivati «progetti di intercultura».

l’accesso ai servizi offerti dal territorio e il mantenimento dei legami con il paese d’origine, facilitando anche il rientro volontario.

Sostanzialmente, lo scopo era quello di incoraggiare la partecipazione degli immigrati, di non escluderli o farli sentire esclusi dalla vita sociale del quartiere e in questa direzione andava l’iniziativa del Municipio di costituire la “Consulta per gli Immigrati”. Questo organo municipale aveva la funzione di rappresentare la variegata popolazione residente nel Municipio ed era chiamato a una vera e propria partecipazione alla vita istituzionale, politica e sociale, promuovendo i diritti civili e politici degli immigrati. Si tratta di una replica della “Consulta Cittadina per le Rappresentanze Straniere”, istituita dal Comune di Roma il 18 giugno del 2004 (delibera c.c. 191/2003)55.

Tuttavia, dal documento di Lobefaro non si comprende quanto la “Consulta per gli Immigrati” abbia inciso sull’attività di governo. Nel bilancio di mandato risulta che il suo ruolo è stato limitato all’espressione di pareri, osservazioni e sollecitazioni che potevano essere più o meno accolti.

L’insieme dei materiali raccolti rivela una linea di continuità tra le

politiche del Municipio e quella del Comune di Roma sotto la guida di Veltroni. L’intento dell’amministrazione comunale e del sindaco è sembrato quello di rifondare i legami sociali comprendendo tutta la cittadinanza romana e, in particolare, attraverso l’“esempio” dell’Esquilino e di Piazza Vittorio, proiettare l’immagine di una città-comunità, multietnica e solidale, in cui l’ideale della convivenza pacifica non è solo perseguibile, ma realizzabile. La particolare attenzione del sindaco Veltroni alla questione della multietnicità è testimoniata anche dall’istituzione della figura della Consigliera Delegata alle politiche della multietnicità e dell’intercultura. Tale carica è stata rivestita fino alle elezioni del 2006 da Franca Eckert Coen che ha dato un

55 La Consulta esprime pareri sulla politica cittadina e, in particolare, su educazione e lavoro. Il suo obbiettivo principale è quello del diritto di voto per gli immigrati, proprio per consentirgli di partecipare

I poster elettorali dei canditati immigrati sui colonnati dei portici di Piazza Vittorio

resoconto di quanto è stato fatto durante il suo mandato e di quali sono gli obbiettivi futuri in un fascicolo distribuito in occasione dell’«evento interculturale di musica e poesia, movimento e immagini»,56 intitolato “Tutti diversi… una sola città”, organizzato nel rinnovato teatro Ambra Jovinelli, tra Piazza Vittorio e i binari delle ex ferrovie laziali (Roma-Pantano). Quella sera, il 24 maggio 2006, il teatro Ambra Jovinelli era piuttosto affollato e in molti hanno preso i materiali che venivano distribuiti. Tra questi vi era il volantino di F. Eckert Coen che annunciava la sua candidatura al comune per la Lista Civica che sosteneva Veltroni.57

All’inizio del fascicolo/resoconto dell’attività della “Consigliera” F. Eckert Coen vi è una sintesi del programma della politica per la multietnicità presentato insieme al Sindaco Veltroni il 27 ottobre 2001. Gli obbiettivi dell’amministrazione comunale erano la creazione di momenti di dialogo con le diverse Comunità, l’elezione dei Consiglieri Aggiunti, «la realizzazione di un osservatorio sulla società multietnica», la definizione di un «programma di obiettivi e strategie unico» e un’opera informativa sugli interventi realizzati. Scopo ultimo è quello di «trasformare questa realtà multietnica in una realtà interetnica». Così, seconda la Eckert Coen, si potevano

valorizzare i possibili ruoli che gli stranieri possono esercitare a pieno titolo nello sviluppo del sistema cittadino in quanto protagonisti in prima persona, senza classificarli come diversi o afferenti alle fasce deboli della cittadinanza e pertanto come soggetti solo da tutelare (Eckert Coen F. 2006, p. 5)

Uno dei capitoli più significativi del resoconto è quello intitolato “La diffusione della conoscenza della multietnicità”, in cui si avverte della necessità di «acquisire modi di vivere la città diversi rispetto al passato». E questi modi sono definibili grazie alla ricerca e alla promozione di azioni che hanno lo scopo, dice la Eckert Coen, di approfondire le problematiche legate alla convivenza. I risultati di questi attività svolte dovevano essere consegnati «ai politici, agli operatori e ai cittadini», sulla base dei quali essi avrebbero dovuto creare nuovi servizi capaci di rispondere alle esigenze del momento. Tali risultati, si legge sull’opuscolo, sono stati raggiunti «attraverso

56 Tratto dalla presentazione/descrizione dell’evento riportata nella locandina.

57 Insieme al fascicolo sulle Politiche della Multietnicità aggiornato al febbraio 2006, al quale mi riferisco nel testo, è stato distribuito un foglio in cui veniva descritta brevemente la proposta politica della Eckert Coen, le azioni che l’hanno contraddistinta negli ultimi anni e una lista di personaggi, anche rinomati, che l’avrebbero appoggiata nella campagna elettorale.

l’istituzionalizzazione della rappresentanza e della partecipazione, l’informazione, la visibilità e la sperimentazione» (Eckert Coen F. 2006, p. 8).

In questa sede è utile segnalare che alla voce «sperimentazione» è riportato un progetto che riguarda direttamente il contesto della ricerca, denominato “Cosmopolis: caccia ai tesori interculturali dell’Esquilino” e finalizzato alla «valorizzazione del quartiere come polo cosmopolita e porta interculturale della città» (Eckert Coen F. 2006, pp. 9-10). Il fatto stesso che Cosmopolis rientri tra le attività di sperimentazione, finalizzate ad orientare le politiche per la multietnicità a Roma, ribadisce l’idea che il Rione e Piazza Vittorio rappresentano un laboratorio nell’ottica di Veltroni e dei suoi collaboratori. Il ricorso di Lobefaro58 e di Eckert Coen all’immagine del laboratorio sembra escludere l’Esquilino e in particolare il quartiere di Piazza Vittorio da quanto lo circonda, dimenticando che il significato che ogni luogo assume per i cittadini non è estraneo alla città. Il rione e la piazza sono simboli di multietnicità per i cittadini in rapporto all’intera città e al momento storico che si vive, pertanto il loro significato è sempre manipolabile e non replicabile negli stessi modi e in altri luoghi, come invece avviene negli esperimenti di laboratorio. In questo senso, Piazza Vittorio è “centro” o “cuore” multietnico di Roma; lo è nella città, non al di sopra di essa.

Definire in questi termini i quartieri e i luoghi urbani vuol dire pensare, in presenza di determinate condizioni, di poter raggiungere con certezza il risultato ottenuto in laboratorio. Ma qualsiasi area urbana sfugge a una simile concezione, ognuna è soggetta a dinamiche culturali e sociali proprie ed è in relazione con l’esterno, attraverso i suoi abitanti, secondo modalità del tutto originali. Per questo le politiche di intervento e di gestione utilizzate al Rione Esquilino possono generare risultati imprevisti e non voluti in altri contesti.

All’interno del resoconto della Consigliera, “Cosmopolis” è l’unico progetto in cui si fa riferimento esplicito a una zona specifica della città, confermandone indirettamente il significato e il ruolo simbolico, che viene poi esplicitato con la metafora «porta interculturale della città» per rappresentare l’Esquilino. Tale metafora lascia immaginare non solo un’entrata, ma un vero e proprio varcare la soglia attraverso il quartiere di Piazza Vittorio per trovarsi in una realtà alternativa a quella del resto della città. Oltre quella soglia ci si lascia dietro l’immagine vecchia della città in cui la

presenza immigrata non ha posto, non è partecipe della società. Se così è, Piazza Vittorio, che è il centro, il «cuore multietnico della città» (come lo ha chiamato un mio informatore) è anche il luogo del passaggio immaginario ad una città diversa dal passato e dal presente, dove si realizzerebbe la cosiddetta interculturalità, quella che Eckert Coen definisce un «tentativo di interazione tra culture» (Eckert Coen F. 2006, p. 11). Secondo la Consigliera del Sindaco, questa interazione si profila come rete di conoscenze e di scambi favorita da politiche che consentano ai cittadini, di tutte le origini, di percepirsi appartenenti ad una stessa società fino a «riconoscersi in un’unica comunità culturale» (Eckert Coen F. 2006, p. 46). Insomma, essendo «porta interculturale della città» è nel quartiere di Piazza Vittorio che si sperimenterebbe l’ingresso nella società migliore; è qui che si può creare quella base minima di consenso su significati e valori su cui l’autorità politica, nel caso specifico Veltroni, vuole costruire il suo successo elettorale. Questa è la mia ultima ipotesi. Attraverso la festa e gli eventi culturali, o “interculturali”, in genere, si metterebbe in atto un tentativo di diffondere e radicare tra la cittadinanza un orientamento culturale capace di determinare le scelte politiche dei soggetti partecipanti.

Il consenso minimo è necessario poiché è alla base della costruzione dei legami sociali della città multietnica e alla costituzione della comunità “interculturale”. Il concetto di comunità ricorre frequentemente nel programma di governo del Comune di Roma proposto da Veltroni in occasione della tornata elettorale di fine maggio 2006 (che lo vedrà vincitore con oltre il 60% dei voti sull’avversario G. Alemanno, candidato di Alleanza Nazionale). Compito della politica sociale per Veltroni è quello di «costruire una comunità coesa, includente, capace di gestire le fratture e i conflitti» (Veltroni W., p. 19), prevenendoli anche, con la partecipazione attiva dei cittadini, coinvolti attraverso le strutture di quartiere nel fare di Roma «città dell’inclusione e del welfare di comunità».59

59 Il ricorso all’idea di comunità è stato anticipato da Tony Blair, fortemente ispirato da quella «terza via politca» indicata da Anthony Giddens, per il quale essa è «la socialdemocrazia, rivista e attualizzata» (Giddens A. 2000, p. 13) capace di far sue le migliori virtù della vecchia socialdemocrazia e del neoliberismo. In particolare, secondo Giddens, la terza via si pone di fronte alla globalizzazione con atteggiamento positivo, sottolineando la necessità di amministrazioni attive a livello globale, nazionale e locale, e capaci di affermare l’identità nazionale dello stato-nazione; è necessario poi un sistema produttivo in cui la pubblica amministrazione e le imprese cooperino con le comunità locali, e le organizzazioni non-profit; infine, serve una nuova giustizia sociale e di una modernizzazione dello stato assistenziale adeguata al nuovo mercato globale. Questi tre punti hanno ispirato le scelte di Blair, che affermava che il patriottismo coesivo aveva il compito di tenere insieme la «valorizzazione dell’interesse nazionale», «lo spirito d’iniziativa economica» e le sue virtù della comunità (Romano A. 2005, p. 129).

In questo ampio progetto di risignificazione della città, l’amministrazione e il sindaco riconoscono un ruolo di primo piano alla diversità culturale, forti della convinzione nell’apertura della cittadinanza alle persone di origine diversa e della propensione al “multiculturalismo”; tutto ciò fa sì che Roma, scrive Veltroni, sia capace di includere l’immigrato in quanto «città della cultura», ma soprattutto come «città delle opportunità» per tutti coloro che la abitano. Una città che accoglie, insomma, dinamica e aperta, in grado di «trasformare l’interculturalità in risorsa che si diffonde e arricchisce l’intera comunità» (Veltroni W., p. 27).

L’immagine di questa comunità, dunque, è quella di una città abitata da genti diverse capaci di interagire e produrre ricchezza per tutti: una ricchezza innovatrice che viene spettacolarizzata, o “valorizzata” secondo il programma, attraverso eventi e festival (della fotografia, del cinema, delle letterature, della filosofia, la Notte Bianca e altri). Tutto ciò, continua Veltroni, è ispirato all’idea di una «città dell’integrazione», una città multiculturale caratterizzata dalla partecipazione attiva degli immigrati, che «appartengono alla stessa comunità cittadina», dove «interventi volti soltanto alla conoscenza reciproca» non sono più sufficienti, scrive il Sindaco, ma si rende necessario, a distanza di poco più di quindici anni dalle prime ondate di flussi di immigrati, «programmare e monitorare» (Veltroni W., p. 32).

Il ricorso frequente all’idea di comunità e la spettacolarizzazione della «città che include», grazie ai tanti eventi organizzati in città e soprattutto nel quartiere di Piazza Vittorio, sembrano indicare una strategia politica precisa. L’oggetto di questa ricerca, “Intermundia. La festa dell’intercultura”, ne è un esempio: attraverso di essa e insieme ai molti eventi simili organizzati e promossi a Roma dall’amministrazione, l’autorità sembra voler creare un legame solidale tra autoctoni e immigrati e suscitando un sentimento di appartenenza e partecipazione a quella che, parafrasando B. Anderson, si potrebbe chiamare la “comunità multietnica e solidale immaginata”; immaginata oltre lo spazio e i confini della piazza e, più di ogni altra cosa, immaginata oltre il momento della festa (Anderson B. 2000).

Veltroni fece della terza via e di Blair i pilastri della sua strategia e ideologia politica. Secondo Romano, Blair rappresentava per Veltroni uno dei testimoni «più accattivanti» della visione di un «mondo nuovo» (Romano A. 2005, pp. 226-227). In questa prospettiva, con l’immagine di comunità il sindaco di Roma voleva creare un nuovo senso di appartenenza in rapporto al mutato contesto sociale di Roma, consapevole della presenza di attori sociali nuovi, culturalmente diversi, ma che coabitano con gli italiani

A conclusione di questo capitolo è utile tirare brevemente le somme prima di passare all’etnografia vera e propria. Come ho tentato di mostrare, Piazza Vittorio e il suo quartiere sembrano aver perso di significato per i vecchi residenti italiani; non sono più luoghi sui quali è possibile allestire la propria identità, dato l’insediamento sempre più stabile di immigrati. Per altri abitanti romani, invece, è proprio la convivenza con gli immigrati che gli consente di riaffermare la propria identità, ma in rapporto al mondo globalizzato. Vale a dire che il contatto con gli immigrati può garantire quel adattamento necessario per non essere schiacciati dai cambiamenti portati dai flussi globali. Pertanto, spazi come quello di Piazza Vittorio rappresentano più che in ogni altro quartiere i luoghi in cui l’incrocio di italiani e immigrati costituirebbero occasioni creative di nuove e migliori opportunità di vita nella società contemporanea. A Piazza Vittorio si costituiscono reti amicali e di solidarietà diverse dal passato, che esprimono il movimento culturale e sociale del quartiere. In questo senso, Piazza Vittorio è facilmente rappresentabile come organo pulsante e vitale, il «cuore» di una società e una città che stanno cambiando. Tutto ciò consentirebbe di lasciarsi proiettare nel futuro della “società migliore”, a cui italiani e immigrati sono finalmente chiamati a partecipare in egual misura, con gli stessi diritti.

Perché ciò sia possibile, il compito dell’amministrazione è quello di ridurre il conflitto sociale e unificare le rappresentazioni collettive del luogo facendo in modo che i suoi significati collettivi convergano verso un’unica sintesi, quella proposta dall’autorità politica del Comune di Roma. A tal proposito, Veltroni ha promosso diversi eventi pubblici, molti dei quali improntati alla ricostituzione di un senso di appartenenza, mentre altri, come quello che ho osservato, sembrano fatti appositamente per creare e rappresentare una comunità nuova e capace di comprendere tutti. Il mio oggetto di ricerca, la festa “Intermundia” a Piazza Vittorio, era per l’autorità la soluzione alla necessità di comunicare in maniera diffusa ed efficace le proprie rappresentazioni del contesto e dell’“Altro”; spesso si è assistito ad una riproposizione di vecchie immagini e di vecchi stereotipi che facilitavano il processo comunicativo, ma evidenziavano anche i limiti imposti all’immaginazione da un universo discorsivo radicato nella coscienza italiana sullo straniero orientale, sul nord-africano e sul sud-americano. Da un’altra parte, tenendo conto della retorica di Veltroni sulla società multietnica, sembrava che quell’evento la rispecchiasse al punto da poter essere interpretato come strumento di

diffusione della rappresentazione della realtà secondo il sindaco, al fine di garantirsi e rinforzare il consenso politico del pubblico. Quella di Veltroni potrebbe allora essere interpretata come strategia di conseguimento e mantenimento di una posizione egemonica sul piano politico, sociale e culturale, diffondendo termini e significati utili alla definizione di rappresentazioni collettive coerenti con il suo progetto politico. Universo discorsivo sull’Altro, immaginario collettivo, produzione di consenso politico e egemonia, sono le idee e i concetti di riferimento nel mio lavoro sul campo. Gramsci, Appadurai e Said, sono pertanto autori che ritorneranno di frequente nel corso delle mie analisi e riflessioni, nel quadro delle ipotesi interpretative di Intermundia che ho appena proposto.

Capitolo III

“Intermundia. La festa dell’intercultura”

Nel corso del primo mandato di sindaco di Veltroni i cambiamenti nel rione Esquilino e