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della Corte Estense nel sec

Nel documento Quaderni Eretici 4/2016 (pagine 59-62)

I documenti che ci permettono di delineare, per l’area modenese, la scru- polosa applicazione dell’Indice Clementino del 1596 e la supervisione ac- corta e pervasiva della Congregazione dell’Indice, sono le fonti documenta- rie per penetrare le dinamiche della censura ecclesiastica nei primi anni del sec. XVII. Vi si possono annoverare in primis: le lettere, dirette dalla Con- gregazione dell’Indice al Tribunale dell’Inquisizione, che ci offrono i dati per seguire sul territorio le direttive romane e i modi con cui si provvide all’ap- plicazione dell’Indice. Nel Fondo archivistico del Tribunale dell’Inquisi- zione di Modena il fitto scambio epistolare fra centro e periferia è mescolato alle lettere dell’altra Congregazione ‛sorella’ di Santa Romana Chiesa, la Sa- cra Congregazione del S. Uffizio, che vigilava sull’operato processuale degli Inquisitori locali. Quindi le due autorità preposte a combattere l’eretica gra- vità operavano su due fronti paralleli che vedevano proliferare l’eresia nel quotidiano e comportavano la diffusione di una mentalità espurgativa, dall’ampia valenza teorica, atta a ripulire sia i testi che le anime pie dei cri- stiani.

Da questo assunto teoretico si passò nella pratica ad una identificazione del libro proibito e del libro eretico, di cui si riteneva contagioso il contatto, in quanto entrambi erano veicoli di ‛heretica pravità’, secondo la nota metafora della peste1

cessata l’emergenza protestante (ove la censura aveva operato con la man- naia) si avviò un’attività censoria quotidiana e pervasiva, sistematica e orga- nizzata, destinata a burocratizzarsi.

1 Maria Carolina Capucci, Una società di delatori? Appunti da processi modenesi

del S. Uffizio (1590-1630), p. 50 in Il piacere del testo. Saggi e studi per Albano Biondi, a cura di Adriano Prosperi, vol I, Bulzoni, Roma 2001, pp. 45-62.

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In sostanza alla base del programma di controllo sulla stampa vi fu, come ha affermato Antonio Rotondò2 «l’azione spesso determinante della vigi-

lanza censoria sulla più minuta circolazione del libro e delle idee».

La corrispondenza fra la Congregazione dell’Indice e il Tribunale di Mo- dena – ma le lettere erano equivalenti a ‛circolari’ per tutte le sedi ed espri- mevano l’orientamento uniforme da applicarsi alle proibizioni librarie – vale molto per la conoscenza che ci offre dell’applicazione dell’Indice, unico ca- talogo di libri normato dall’autorità ecclesiastica centrale, per farci cogliere le problematiche sollevate dal controllo della produzione e circolazione li- braria nel verificare il funzionamento dell’apparato censorio romano e peri- ferico.

Oltre le lettere, anche gli editti promulgati dagli inquisitori che contene- vano le proibizioni dei testi dai circuiti editoriali, vi sono altre fonti storiche e documentarie per conoscere l’opera di controllo esercitato dalla Congrega- zione dell’Indice, fonti che si adattano perfettamente a fotografare una realtà mentre è in funzione; ovvero gli inventari, quando abbiamo la fortuna di averli o perché conservati o quando, per fortuna si reperiscono fortunosa- mente3

Gli inventari sono quanto di più vicino ci sia alla fotografia, nelle fonti di antico regime: ci mostrano arredi, attrezzi, sono come la cornice, la descri- zione dell’ambiente che è stato lasciato da chi se ne è andato o è morto e che un’altra presenza umana viva si prepara ad occupare.

Tutti gli inventari del Tribunale dell’Inquisizione di Modena dedicano la parte iniziale all’elenco dei libri dell’ Inquisitore, al suo arsenale, dove tro- vano posto gli strumenti per istruire i processi e l’armamentario del suo sa- pere giuridico, non a caso la manualistica inquisitoriale a Modena era regi- strata nei suoi più accreditati esemplari4, e sempre in questi Inventari trovano

2 Antonio Rotondò, Nuovi documenti per la storia dell’indice dei libri proibiti, p.

146, in “Rinascimento”, n.s., 3, 1963, pp. 145-211.

3 Adriano Prosperi, L’arsenale degli inquisitori, p. 10, in Inquisizione e Indice nei

secoli XVI-XVIII. Testi e immagini nelle raccolte Casanatensi, a cura di Adriana Cavarra, Aisthesis, Roma 1998.

4 I manuali del Tribunale dell’Inquisizione di Modena, a cura di Rosa Lupoli, pp.

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posto l’Indice dei libri proibiti e quello dei Libri da espurgare dandoci la conferma di quel particolare rapporto tra archivio e biblioteca, che è una co- stante del lavoro intellettuale dell’inquisitore.

Infatti sembra esserci una linea di confine netta fra biblioteca e archivio, come netta era la divisione fra libri da consultare e libri da occultare, libri di ausilio per espletare l’ufficio di Inquisitore e quelli che si accumulavano per effetto delle campagne antiereticali (sequestro e consegna)5

Come una struttura provvidenziale, quello che i cattolici chiamavano ‛Santo Uffizio’ e i riformati ‛tribunale sanguinario’ era sorto per proteggere la fede dalla peste ereticale disseminata dai libri: e per questo la sorveglianza contro i libri sospetti fu uno dei compiti fondamentali del Tribunale: i libri dell’Inquisitore, insomma erano destinati a combattere e cancellare altri libri; le sue idee erano da imporre al posto di altre. Il suo luogo di lavoro era un fortilizio, una torre di guardia per sorvegliare gli eventuali segni dell’avan- zare della ‛peste ereticale’

Altre fonti storiche privilegiate per lo studio di un fenomeno storico, quale fu la censura libraria, oltre agli editti, agli Indici dei libri proibiti e altri prov- vedimenti censori dell’autorità centrali furono i processi inquisitoriali, che spesso nel relativo incartamento, conservavano l’inventario dei beni seque- strati agli imputati con l’eventuale elenco dei libri proibiti dei quali era stato trovato in possesso. Di eguale interesse sono gli inserte contenuti negli atti processuali come corpora delicti, testi manoscritti6 inventariati dall’Inquisi-

tore e conservati nei fascicoli processuali ascrivibili al mare magnum della letteratura popolare e devozionale inclusa nel vasto genere editoriale delle historiette, proibite anche negli Indici. Altrettanto preziosi sono gli Inventari di biblioteche private, di librerie, di professionisti e quelli inglobati in beni

Modena e il controllo delle fede sul territorio in età di Controriforma”, a cura di Grazia Biondi e Patrizia Cremonini, Catalogo della Mostra, Edizioni Maglio, S. Giovanni Persiceto 2014.

5 Adriano Prosperi, L’arsenale degli inquisitori…cit., p. 11.

6 Maria Pia Fantini, Saggio per un catalogo bibliografico dei processi

dell’Inquisizione: orazioni, scongiuri, libri di segreti (Modena 1571-1608) in “Annali dell’Istituto storico Italo-germanico di Trento, 25, 1999, pp. 587-668.

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ereditari che ci illuminano sulla circolazione dei libri proibiti, sulla loro con- centrazione anche in luoghi non sospetti come conventi di ordini religiosi, ‛inferni’ dove i libri si accumulavano e si occultavano.

Ed è proprio questo ultimo ordine di fonti che esamina questo studio, do- cumenti conservati nel ricco patrimonio archivistico dell’Archivio di Stato di Modena, inventari di libri di biblioteche ‛eccellenti’ (perché appartenenti a Principi reggenti o ad eredi, come l’inventario dei libri di LEONARDO SAL- VIATI, lasciato in eredità ad Alfonso II d’Este a Ferrara nel 1591; o l’inven-

tario della Libreria del Cardinale Alessandro d’Este a Roma, in eredità al nipote, principe Luigi d’Este, nel 1624. Il loro studio mostra quanto l’autorità ecclesiastica sia stata dominante e repressiva nel suo progetto di sorveglianza, persino sull’autorità laica, ancora più invasiva alla fine del ‘500, nel mo- mento di massimo rigore dell’applicazione dell’Indice Clementino del 1596, fino ad un controllo più sfumato nei primi decenni del ‘600, quando il dise- gno di una egemonia centralizzata sulla stampa si rivelò utopistico e ineffi- cace.

Nel documento Quaderni Eretici 4/2016 (pagine 59-62)