Nella cultura veronese del ’500, e ’600, attraverso un genere “letterario” ormai consueto, costituito dalle orazioni, lodi, memorie, tende a diffondersi un particolare immaginario dell’intellettuale “gentil’huomo”, politico, mer- cante, ecclesiastico, che predilige contrapporre all’antica immagine della “fortuna” non tanto, e non solo, la “virtù”, quanto l’idea di “industria”, cioè di attività culturale, e religiosa, inserita in quel modello di città che è sempre più avviluppata nel simbolo del “cantiere urbano” (termine ripreso da Le Goff). Si avverte quello spostamento, nella formazione degli immaginari e nella funzione dell’intellettuale, che gradatamente si congiunge con la sensi- bilità del ’700; con quell’intreccio, profondo, che si instaura, in particolare nella seconda metà del ’700, fra illuminismo e massoneria “riformatrice” a Verona e Venezia. L’“industria” virtuosa dell’intellettuale, inserita nelle di- scussioni sulla città ideale, ne è elemento strutturale. Le ricerche, ed i mate- riali, che Eros Luzzitelli ha proposto durante i lavori dell’importante conve- gno di Pugnochiuso (Foggia), dal titolo Massoneria e letteratura attraverso poeti e scrittori italiani, convegno coordinato dall’opera intelligente di Aldo Mola, permette di indagare su questi collegamenti, inserendo prospettive rin- novate nella cultura del ’700 veronese, ed europeo, e ponendo ulteriori pro- blemi alla storiografia attenta all’ascesa del Terzo Stato. Con Luzzitelli ri- prendiamo, intatto, il fascino di una figura di intellettuale che ha abbando- nato la “stanza” solitaria del ’600, e che riscopre l’importanza del “viaggio”, dell’analisi sui mutamenti ideologici e sociali, del dibattito “nuovo” sull’idea di libertà e di “natura”. Pindemonte, Maffei, Bertòla, Lorgna, Benincasa ven- gono riscoperti in tutta la complessità del loro ricercare, interpretare, speri- mentare ideologie, e modelli di città, in trasformazione. La cultura dell’Illu- minismo europeo, troppo sovente trascurata nella storia della cultura vero- nese, riacquista incidenza e profondità di circolazione. L’Encyclopédie, Vol- taire, Montesquieu, Condillac, Morellet costituiscono figure che accompa- gnano le corrispondenze degli intellettuali veronesi, la loro ricerca di un “sa- pere” che non rifletta unicamente l’“architettura” dell’Encyclopédie. Avvolti dall’immagine del loro “giardino” alchemico, rintracciano la possibilità di
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descrivere un’altra storia degli intellettuali che “industria” e ragione sospin- gono verso il riformismo che la massoneria europea inserisce nei dibattiti sullo Stato, sull’ascesa delle borghesie, sull’organizzazione della cultura.
Cerchiamo di focalizzare tutte le nuove possibilità di lettura dell’intellet- tuale veronese del ’700 che l’esperienza della massoneria introduce nel “giar- dino” delle utopie “riformatrici”. Si intensifica un’altra immagine del “gruppo” intellettuale che i collegamenti epistolari pongono in luce: non si utilizza solo l’accademia, ma la lettera quale elemento di scambio, e di or- ganizzazione culturale, capace di unire scienziati, architetti, “letterati”, ma- tematici, astronomi. Si avverte l’esigenza di un sapere che intensifichi gli scambi fra le diverse discipline, e che percepisca l’istanza di forme di unità non più tradizionali. Ecco emergere numerose prospettive: l’“umana filoso- fia”, l’esperienza religiosa, e “mistica”, ricollocate quali possibilità nel “viaggio” dell’intellettuale, l’importanza di Epicuro inserito nell’immagine del “mondo”, avvolto dalle “ombre”, l’antica idea di “opera”, che l’“indu- stria” dell’intellettuale ricompone nel tessuto urbano. Sono figure di intellet- tuali che la cultura neoplatonica, ancora da indagare in profondità, intensifi- cata dai “gruppi” intellettuali della massoneria, caratterizza in tutti gli itine- rari di ricerca, anche nel linguaggio che si utilizza: viaggio, amicizia, tempio, “giardino”, armonia, loggia, “unità”, fama, “industria”, virtù, intellettuale come “cavaliere”, simbolo caro a Maffei. L’incidenza di tali analisi è ampie: recentemente Borelli ne ha considerato il ruolo nei dibattiti veronesi sull’im- magine della città, sulle tecnologie urbane e rurali, sull’ingegneria delle “ac- que” e del territorio. Ideologia dell’industria e “riformismo” massonico non sono alieni dall’investigare la possibilità di una concezione della cultura, e della società, che non può semplicemente definirsi “tradizionale”, secondo interventi frettolosi (cfr. Giorgio De Rienzo, “Tutti i Maestri Venerabili delle lettere”, in Corriere della Sera, 8 maggio 1986) e superficiali. Si profila, forse, un diverso livello, rispetto alla cultura del ’500, di sperimentalismo urbano, e tecnologico, “riformatore” ed “umano”? Occorre indagare su queste nuove possibilità, e questi linguaggi, immersi nelle culture urbane del ’700, negli itinerari che gli intellettuali delle logge perseguono accanto alle accademie, alla ricerca del nuovo significato che il termine “umanità” assume, e che la cultura ecclesiastica non manca di utilizzare. Con le analisi di Luzzitelli, inoltre, siamo in grado di ricostruire un altro aspetto della “nuova” cultura veronese: i suoi legami, intensi, con il mondo dell’Europa del Nord, dal quale provengono le istanze culturali, ed organizzative, della cultura delle logge, e
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le loro concezioni riformatrici. Da quel mondo, economico e culturale, che preme costantemente nella sensibilità sociale di Verona, ed attraversa la sua storia fin dal ’200. Possibilità, ancora, di rintracciare l’origine, e la diffusione, di molteplici immaginari, fra i quali quello di Astrea (Yates), simbolo della prosperità e della giustizia, accompagnate da fama e virtù. Ancora una volta “industria” e fama, prosperità ed armonia si ritrovano unite, o interscambia- bili, per determinare un immaginario della società che si ravvivi in “costru- zioni”, in architetture, in tecniche, in “giardini”, figura della sensibilità reli- giosa. Riscoprire il ruolo della cultura della massoneria non è un semplice gioco di filologia, ma uno strumento per ridefinire i modelli di società, oltre che dello Stato e della cultura, che si dibattono, particolarmente dopo il 1770, e carpire la complessità delle svolte intellettuali che una nuova borghesia attua. Era, anche, una via per ridare a Verona il ruolo di città “universale”, come suggeriva il sogno di Maffei.
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Achille Olivieri