L’opera pervasiva della censura ecclesiastica fece sentire il peso della sua autorità, non solo nella grande corte degli Este, ma anche in quelle piccole corti padane, dove - come in altre corti minori dello stato Estense - si respi- rava l’aria del nuovo umanesimo ed i libri dei Principi si affiancavano alla supremazia delle spade per riaffermare attraverso la cultura, la coscienza fa- miliare e dinastica della Casa.
In tale ambito ideologico si formò la raccolta libraria dei Pico della Miran-
20 L’editto è conservato in ASMo, Inquisizione, b. 270, fasc. IV (Decreti 1582-1598). 21 Ugo Rozzo, Biblioteche e censura libraria, in DSI, vol. 1.
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dola; la loro Signoria su Mirandola e sulle terre limitrofe ebbe un primo im- portante riconoscimento nel 1432 - ratifica imperiale della loro investitura nel 1432 - seguito alla fine del sec. XVI dal titolo di Principi della Mirandola e Marchesi di Concordia, ottenute dall’Imperatore Rodolfo d’Asburgo ed in- fine nel 1607 dal titolo Ducale. Poi nel sec. XVIII, l’ultimo Duca fu privato del Ducato, che fu devoluto agli Estensi mentre la loro biblioteca, come altre biblioteche principesche, seguì le alterne vicende dei Signori che l’avevano istruita, passando poi nel Palazzo Ducale di Mantova. Del Duca Federico II Pico sono noti i titoli ricevuti dall’imperatore Rodolfo II d’Asburgo (nel 1596) e il suo impegno nell’erigere Mirandola a Città e principato; invece alcune testimonianze archivistiche riconducono all’ambiente culturale che, con la sua biblioteca, si attivò a creare.
Negli atti del S. Ufficio di Reggio Emilia22 (che aveva giurisdizione anche
su Mirandola) sono conservate due lettere scritte dal Cardinale Arrigoni al padre Inquisitore di Reggio23, eretta già dal 1598 a sede inquisitoriale, che
manifestano l’interesse della Sacra Congregazione per una visita alla biblio- teca dei Duchi di Mirandola, in virtù delle norme di censura libraria vigenti dopo l’Indice Clementino.
Nella prima lettera,24 il Card. Arrigoni della Sacra Congregazione del S.
Uffizio, non concedeva al Duca Federico II Pico la licenza per la lettura di un libro di Bodino; poi in seguito ordinava...
Rev.P.re,
per ordine di questi miei Ill.mi Sigg. Card.li Colleghi fo sapere a V. Rev.tia che conceda per tre anni prossimi avenire al Signore della Mirandola la li- cenza di tenere e leggere i libri notati nell’inclusa nota con far cassare da essi le cose che devono cassarsi, facendosi prima dar la nota di detti libri col luogo ed anco della stampa, et faccia sapere à detto Signore che li tenga in maniera
22 I documenti in parola sono conservati nell’Archivio Diocesano di Reggio Emilia,
inseriti nel codice cartaceo Tomus Primus Litterae trasmissae a Supremo Tribunali a 1598 usque ad 1611, rispettivamente Lettera n° 53 e Lettera né 38.
23 Era al tempo, Inquisitore a Reggio P. Angelo Bucci da Vigole dal 1601 al 1604. 24 Lettera del 14 luglio 1601 e lettera del 5 maggio 1602. Le lettere sono riportate in
appendice al contributo di Brunetto Carboni, Alcune letture proibite di Federico II Pico in “La biblioteca dei Pico nel Palazzo Ducale di Mirandola. Il catalogo del 1723”, a cura di Giorgio Montecchi, Gruppo Studi Bassa modenese, Mirandola 2006, pp. 73-79.
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che non possino esser letti né visti da altri: però ella li ne conceda licenza in scritto con dette clausole
Di Roma li 5 maggio 1602
Nella stessa lettera veniva anche ribadita la proibizione della lettura di due opere di Jean Bodin e dei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, mentre concedeva la licenza di poter leggere e tenere presso di sé una manciata di opere25 non reputate idonee alla salvezza del buon cristiano e come tali, da
espurgare e custodire in luogo appartato dall’altrui vista26
Si trattava di opere di autori che pur avendo scritto di scienze profane ave- vano aderito alla Riforma oppure che, pur essendo rimasti entro i confini della cattolicità, si erano fatti promotori di dottrine ritenute eterodosse o almeno pericolose.
Se si vogliono trarre conclusioni da questa ridotta lista di libri si possono individuare nella biblioteca del Principe Federico II Pico opere apparentate all’ambito storico politico (Machiavelli, il De Monarchia di Dante) oppure opere affini ad interessi riconducibili alla sua formazione e alla sua educa- zione di principe (trattati sul duello e sulle paci).Vi era anche inclusa una ricca silloge di opere filosofiche, che secondo le tipologie disciplinari del tempo erano sottoposte al vaglio della censura : le riletture di Aristotele, le nuove concezioni della natura e del sapere scientifico, che in particolare alla corte dei Pico, si riannodavano agli antichi saperi scientifici di Giovanni Pico.27
25Nella lista erano comprese le opere: Biblioteca Generi (Conrad Gesner, Biblioteca
universalis, Zurigo 1545), Epitomae Bibliothecae Gisnerij (Josias Simler, Epitome Bibliothecae Conradi Generi, Zurigo 1555), Polidoro Virgilio de inventionibus rerum, Il Muzio del Duello, Altri Trattati del Duello utili alle paci, La poetica del Castelvetro (Poetica d’Aristotele volgarizzata et sposta per Lodovico Castelvetro, Basilea 1576), L’opere del Cardano, L’opera del Telesio, l’Alcorano volgare (L’Alcorano di Maometto…tradotto dall’arabo in lingua ital., Venezia 1547) Julii Caesaris Scaligeri Commentaria in Teofrasti.
26Giorgio Montecchi, I libri dei Pico della Mirandola, p. 40 in “La biblioteca dei
Pico nel palazzo ducale di Mirandola. Il catalogo del 1723, a cura di G. Montecchi, cit., p. 40.
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Benché questi testi ci documentino esclusivamente l’orientamento meno ortodosso della biblioteca e delle letture dei Pico, essendo presumibilmente la gran parte della loro raccolta piena di testi per la scuola, per l’educazione del principe, per la devozione e la formazione religiosa, per la conversazione e il vivere civile…essi tuttavia restano significativi di un orientamento certa- mente radicato nel territorio (ne fa fede la persistenza dell’opera di Castelve- tro) e aperto alla lezione che veniva dai più attivi centri editoriali d’Oltralpe. Gli zelanti inquisitori che visitarono la biblioteca dei Pico a Mirandola ave- vano dunque la facoltà di cernere le letture che dovevano rientrare in uno studio edificante e mirato senza sospette eresie, e conformare anche le bi- blioteche dei Principi (che certo non accoglievano di buon grado i condizio- namenti della censura romana) ad una forma mentis maturata in Italia nell’età della Controriforma.