A monte della censura di una tipologia di opere che venivano generica- mente indicate come ‛historiette prohibite’, operette, viste dal punto di vista della Chiesa quale diffusione di orazioni e forme di culto superstizioso, vi era il proliferare di un genere editoriale che nel ‘600 aumentò in maniera esponenziale pari alla facilità di produzione e smercio e che, oltre a circolare in maniera manoscritta, nella forma a stampa si presentava con la forma ti- pografica di fogli volanti o libretti di poche pagine, di facile occultamento. Quello che la Chiesa vedeva nel suo progetto di purificazione della cultura popolare era in effetti un genere editoriale che era a portata di mano e di comprensione per quei ceti che gli Inquisitori definivano ‛idioti’ (ovvero semplici), in quanto non scolarizzati da una alfabetizzazione sui testi classici e trovavano nella lingua d’uso e nelle forma tipografica, un facile strumento di lettura.
Con l’applicazione dell’Indice Clementino gli Inquisitori più solerti denun- ciarono e vietarono con editti e prescrizioni questa produzione di orazioni e devozioni superstiziose; il Calbetti fu il capofila di questa ‛buona pratica’ e si attivò per gestire questo complesso di «cose false, lascive e supersti- ziose»79 e, con la lista censoria di ‛historiette et orationi’ circolanti in Mo-
dena, tentava per primo di stabilire un riferimento concreto in un contesto che lasciava ampi margini di discrezionalità. Il suo intervento, così come quello degli altri Inquisitori successivi (Lerri, Masini) rappresentò l’atto fi- nale di un processo, che nelle intenzioni delle autorità romane voleva coniu- gare l’esigenza di uniformare la complessa materia devozionale con un’azione di purificazione delle fonti con cui la religiosità popolare si andava alimentando.
Nei suoi Avvertimenti in materia di libri il Calbetti ricorda i decreti di cen- sura e fornisce l’elenco di queste ‛orazioni’ veicolo di superstizione; la stessa tipologia di superstitio da una certa data in poi si applica in riferimento alla recitazione di orazioni e scongiuri contenenti cose palesi e apocrife in forma orale e scritta, come testimoniano gli incartamenti processuali del Tribunale
79 Avvertimenti in materia di libri in “Sommaria Instruttione”, parte III^, in
43
modenese, che mostrano un aumento significativo di questa casistica delit- tiva ai primi anni del ‘600.
E’ stato infatti sottolineato80 che «con la scomparsa dell’eresia dotta e teo-
logicamente avvertita preghiere ed altri testi superstiziosi occupassero in pra- tica tutto l’orizzonte dell’Inquisizione». Ed era soprattutto il magma di que- sta tipologia di opere ad essere viste dalla Chiesa quale diffusione di culto superstizioso, lotta che conducevano sul campo soprattutto gli Inquisitori lo- cali. Nei processi81 modenesi istruiti dal Calbetti nei primi anni del ‘600 si
nota la tendenza a trasformare in principali, imputazioni prima ritenute se- condarie, nonché l’incremento della presenza della rubrica superstitio, per cui si modifica il contenuto di testi a stampa proibiti e il tipo di censura ec- clesiastica sulla carta stampata, come altra tipologia di materiale minore maggiormente controllabile.
Il Calbetti, inquisitore zelante e coscienzioso, fu fra i primi a recepire l’ur- genza di proibire questa produzione avvertendo l’incapacità della Congrega- zione di normare un settore sfuggente al controllo centrale e di districarsi in questa incalzante marea di culti superstiziosi dai fragili supporti materiali, che proliferava in forma manoscritta e a stampa in fogli volanti di facile smercio e produzione. In pratica diventava compito degli Inquisitori locali attivarsi nelle proibizioni, visto che costituivano la materia di tanti processi che venivano istruiti nei fori locali e ormai venivano apparentati al più vasto crimine della superstizione; nel contempo l’assenza di direttive chiare dal centro, associata alla facilità con cui i tipografi potevano sottrarre agli occhi dei censori, fogli volanti e opuscoletti di poche carte, non ostacolarono l’estirpazione di questa produzione che proliferò a dismisura nel corso del ‘600.
Infatti i 28 titoli elencati nella Sommaria Instruttione del Calbetti del 1604, furono riportati dal suo successore Michelangelo Lerri nella III^ parte del suo compendio per i Vicari - Breve Informatione - e dal loro confronto non
80 Adriano Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari,
Einaudi, Torino 1996, p. 397.
81 Maria Pia Fantini, Per un inventario analitico dell’Archivio modenese del
Sant’Uffizio (1568-1602), p. 450, in “Stregoneria e streghe nell’Europa moderna”, Atti del Convegno, Pisa 1994, a cura di G. Bosco e P. Castelli, Ministero dei Beni Culturali – Pacini Fazzi, Roma-Pisa 1996, pp. 447-471.
44
emergono dubbi sostanziali, si constata solo che nel Lerri prevale una nor- malizzazione della forma ortografica; a sua volta il Calbetti aveva promul- gato in precedenza, nel 1601, un editto82 nella sua operetta per i vicari dove
informa…«Avvertiranno fare osservare questi infrascritti ordini già da noi intimati à i Librari e altri che vendono libri e historiae il 1° maggio 1601…» In seguito la diffusione del genere delle orazioni è attestata a 46 titoli in un editto dell’Inquisitore di Bologna, per trovare ancora più ampio spazio nel Sacro Arsenale del Masini con l’appendice Nota di alcune operette e ‛histo- riette’ proibite, ma più generalmente, elenchi di historiette e orazioni trova- rono posto in diversi manuali per Inquisitori e Vicari nel corso del sec. XVII. Il passaggio dalla circolazione manoscritta alla divulgazione a stampa di que- sti elenchi di titoli proibiti indica una diffusione più capillare di questa bi- bliografia cui si riferiva la censura di orazioni e historiette; con essa si am- plificò anche il potere del meccanismo di controllo per colpire gli stampatori e con vantaggio degli occhiuti inquisitori, cui il Calbetti-caposcuola si rife- riva, si poteva estrapolare direttamente l’elenco stampato nel manuale e pub- blicarlo come editto di censura. Percorso che seguì il Lerri, che sfruttò il precedente elenco elaborato dal Calbetti83…
Questo particolare processo di divulgazione influì senza dubbio anche sulla capacità di controllo sui lettori e sui consumatori. La loro inconsapevolezza nei confronti dei titoli precisi cui alludeva la censura delle formule supersti- ziose si sarebbe infatti sempre meno giustificata una volta che Inquisitori e vicari avevano cominciato a pubblicare le liste citate…
Del resto la consistenza e la proliferazione di questi sotto-indici, nel corso del sec. XVII fu tale da strutturarli come un nuovo genere bibliografico sem- pre più autonomo.
La solerzia del Calbetti nella Sommaria Instruttione si applica pure ad or- dinare a tutti i suoi Vicari di sequestrare tutti gli ufficioli in volgare e racco-
82 Purtroppo non sembra conservato e la notizia la fornisce lo stesso Calbetti nella
Sommaria Instruttione.
83 Maria Pia Fantini, Saggio per un catalogo bibliografico dei processi
dell’Inquisizione: orazioni, scongiuri, libri di segreti (Modena 1571-1608), pp. 603- 604 in “Annali dell’Istituto storico Italo-germanico di Trento, 25, 1999, pp. 587-668.
45
mandare loro che essendo negli Officia vecchi «orazioni le quali o tutte in- tiere si devono levare o correggere in parte…ben sarà levarli tutti e lasciar quei soli che sono stati reformati e corretti dalla fel. me. di Pio V». Il suo rigore è giustificato anche da un irrisolto problema di abusi ed eccessi nelle pratiche devozionali e cultuali, infatti non solo la circolazione di orazioni non approvate allarmava i vertici romani ma anche la proliferazione di litanie non accolte nei libri liturgici ufficiali e la loro utilizzazione nelle cerimonie ecclesiastiche. Di fatto ne seguì l’intervento delle autorità ecclesiastiche ro- mane, che per disciplinare il settore promulgarono un decreto (Clemente VIII nel 1601), inviato con lettera circolare alle Inquisizioni il 16 giugno 1601,84
che autorizzava solo le litanie contenute nel breviario e nel messale, quelle in onore della Madonna di Loreto e stabiliva per il futuro che, senza previa approvazione da parte della Congregazione dei Riti non si stampassero altre litanie da recitarsi pubblicamente. Si operava in tal modo un’implicita distin- zione tra pubblico e privato che giustificava l’utilizzazione di devozioni non ufficiali in ambito domestico, con la conseguenza di proibire anche alcune opere e raccolte a stampa di litanie,85 sospensione subito applicata dalle sedi
locali.
Il Calbetti, secondo il suo stile, si mostrava ligio agli ordini ma non privo di dubbi nell’eseguirli, infatti nutriva molte incertezze e cercava di mediare tra l’aspirazione della Curia Romana a controllare le forme della pietà e il rischio concreto di allontanare i fedeli dalla pratica devota.
Non a caso si rivolgeva al suo autorevole referente romano, il cardinale Guanzelli, a lui pari per moderazione, per chiedere lumi in merito alla proi- bizione del volume di litanie del gesuita e questi gli replicava86
Qui s’osserva con rigore in pubblico ma in privato si lascia dire a ognuno le sue divotioni, ma se di nuovo s’havessero a stampare o comporre litanie, bisognerebbe fossero approvate dalla S.Congregazione dei Riti…
84 ASMo, Inquisizione, b. 251 (fasc III) Lettere della Sacra Congregazione di Roma. 85 Si tratta del Thesaurus litaniarum ac orationum sacer del gesuita Thomas Sailly
che elenca 365 tipi di litanie; l’altra opera è la raccolta Thesaurus sacrarum precum sive Litaniae variae…Venezia, 1599.
86 Antonio Rotondò, La censura ecclesiastica e la cultura, p. 1473, in Storia d’Italia,