• Non ci sono risultati.

La Censura dei libri ebraic

Nel documento Quaderni Eretici 4/2016 (pagine 30-34)

Nel momento dell’erezione di Modena a sede inquisitoriale nel 1599, la nuova Inquisizione cominciò la sua attività con un’asprezza verso gli Ebrei

51 Vincenzo Lavenia in DSI, vol. 1, p. 225.

52 ASMo, Inquisizione, b. 286, Lettere antiche del M.stro del Sacro Palazzo (1601-

31

che giungeva a far esclamare a un inquisito53 «noi altri Hebrei quando sen-

tiamo nominare il santo Officio habiamo paura» e la caccia al libro ebraico ne fu il primo campo di intervento. Era un dato acquisito che i Giudei non dovevano leggere i libri che la fede cristiana ripudia (lo affermava il celebre canonista Peña nel suo commento al Directorium dell’Eymerich per due or- dini di ragioni: 1) perché poteva ostacolare la loro conversione, 2) perché tramite tali libri potevano indurre i cristiani a giudaizzare ed essere tentati dall’eresia.

Quale norma generale i Giudei dovevano ripulire i loro libri da espressioni reputate ingiuriose verso la fede cristiana; ed in virtù di tale norma e dei molti Talmud non espurgati, grazie alle pene pecuniarie loro inflitte, si poterono affrontare i restauri dei locali dell’Inquisizione come documenta il Calbetti con diligenza. Altri documenti archivistici della reggenza Inquisitoriale del Calbetti attestano, con la sua consueta acribia, le pene pecuniarie - laddove agli inquisiti ebrei erano state monetizzate - significative per i libri proibiti non corretti54; fra le voci più ricorrenti ed altrettanto cospicuo, figurava il

gettito dei prestiti che «sono stati portati all’ufficio da gli ebrei sodetti a’ mia istanza sanza alcuno interesse» come registra nell’Inventario dei beni tra- smessi al suo successore Michelangelo Lerri nel 1607.

Altri contributi in tema al rapporto tra ebrei e l’Inquisitore Calbetti li danno i processi dove, oltre a cause per possesso di libri proibiti, erano accolti nel folto popolo dei vessati dall’Inquisizione ma anche altri documenti archivi- stici testimoniano «l’attacco alla sociabilità spontanea, specie alla sociabilità ludica, volto ad erigere un muro di estraneità tra ebreo e cristiano»55. Come

suggerisce anche il decreto Contro gli abusi del conversare de Cristiani con hebrei56, documento del Calbetti, che nel promuovere il distacco fra ebrei e

cristiano, testimonia un irrigidimento storico verso gli Ebrei alla fine del ‘500 sia dalla Chiesa di Roma, che a situazioni sociali specifiche dello Stato Estense all’atto della Devoluzione di Ferrara alla S. Sede, quando nella

53 Albano Biondi, Gli Ebrei e l’Inquisizione negli Stati Estensi, p. 276, in

L’inquisizione e gli Ebrei in Italia, a cura di Michele Luzzati, Laterza, Roma-Bari 1994, pp. 265-286.

54 ASMo, Inquisizione, b. 283, Condemnationi e commutazioni pecuniarie fatte nel

S. Officio di Modena dall’anno 1600 decembre fino al 1604 maggio.

55 Albano Biondi, Gli Ebrei e l’Inquisizione negli Stati Estensi, cit. p. 270. 56 Ibidem, nota 17, p. 283 (reca la data del 21 giugno 1603).

32

nuova Capitale, Modena, saliva la tensione sociale verso gli Ebrei accomu- nati ai nuovi intrusi cittadini come riportano le Cronache dello Spaccini, an- che se di tali tensioni, il Calbetti ne fu solo interprete.

Ma è nella corrispondenza del Calbetti con la Sacra Congregazione di Roma, che si trovano gli spunti più interessanti, perché documentano in con- creto la prassi quotidiana della novella Istituzione verso gli Ebrei, il cui primo problema fu quello della correzione dei libri. Nel 1599, l’espurgazione dei libri ebraici era stata affidata a frate Luigi da Bologna, converso dell’Or- dine di S. Domenico, che sembra, secondo atti processuali, sostituito poi da tale Rabbi Natanael Trabotti, dalla vasta cultura letteraria che gli permetteva di compiere l’opera di espurgazione57. Ma la questione non sembra chiarita,

se a tale proposito il Calbetti chiede lumi a Roma nel 1603 e gli viene risposto che «nolle sese ingerire in correctione et moniat Iudeos ut retineant libros correctos et expurgatos ac procedat contra inoboedientes.»

Da altri atti processuali si evince che il Calbetti abbia obbedito agli ordini della Sacra Congregazione e dopo la correzione di fra’ Luigi abbia intimato agli ebrei di tenere loro stessi corretti i propri libri, anzi ribadì il concetto con un Editto del 1603, giacché «con ordine della Sacra Congregazione di Roma era stato intimato a tutti gli Ebrei…che dovessero tenere i suoi libri alla gior- nata ben corretti ed espurgati».

Da lettere intercorse con la Sacra Congregazione si delinea uno scenario diverso rispetto al problema dell’auto-espurgazione dei libri ebraici, in cui l’Inquisitore si pone davanti agli ordini di Roma con scetticismo critico, evi- denziando i limiti di una pratica poco felice. Come si legge in una lettera diretta dal Card. di Santa Severina al Calbetti il 15 dicembre 1601:

Rev.do Padre

Si è visto l’instromento della revisione dei libri ebrei della terra di Carpi, fatta da Frà Luigi da Bologna, converso rogato da Ippolito Ciarlini al 10 di febraro 1599 et questi miei Ill.mi Rev.mi SS. Cardinali Colleghi hanno riso- luto che ella notifichi agli ebrei di Carpi, et di altri luoghi sotto la sua giuri- sdizione, che habbiano i loro libri ben corretti e purgati da gli errori, ne si giovino alla revisione fatta dal det.to Frà Luigi, perché il S.Officio non si

57 Mauro Perani, Censura, confisca e censura di libri ebraici a Modena fra ‘500 e

33

vuole pigliare lo assunto di correggere i libri di essi ebrei, et però ella faccia la notificazione in forma valida, e in iscritto, a ciò che in caso di contraven- tioni non possano scusarsi sotto pretesto delle sud.ta revisione…

Successivamente - 15 luglio 1603 – è inviato dalla Sacra Congregazione per mano del Cardinale Pinelli, l’ allegato memoriale degli ebrei di Modena dove esprimevano il loro disagio e le loro difficoltà nell’obbedire al bando intimatogli dall’Inquisitore dello Stato (il Calbetti) «di tenere i loro libri ebraici espurgati e che non dovessero fidarsi in altre spurghe fatte …da altri espurgatori deputati dall’Inquisitore », palesando l’impossibilità di provve- dere da sé stessi «non essendo loro consapevoli delle cose che appresso à Cristiani richiedono espurgate…poiché erano travagliati senza lor colpa es- sendo loro impossibile di far espurgare».

Dato lo stato di obbiettiva difficoltà chiedevano che fosse ordinato all’In- quisitore di incaricare dell’ufficio uno o più espurgatori o correttori in modo da potersi assoggettare a un’autorità terza ed essere incolpati solo in caso di disobbedienza ma non di imperizia secondo «lo statuto antico e come si legge è solito in tutti gli altri Stati dove vi sono ebrei.»

In questo stato di cose la posizione del Calbetti fu quanto mai equilibrata ed ispirata al buon senso che conformava tutte le sue azioni; infatti da una minuta conservata nel Fondo archivistico del Tribunale dell’Inquisizione del 20 luglio 160358 espone in termini di pacata obbiettività di giudizio le ragioni

degli ebrei compenetrandosi nelle loro difficoltà, e pur rassegnandosi a inti- mare ordini ed editti (è proprio nell’anno 1603 che promulga l’Editto agli ebrei come ordinato da Roma) si faceva portatore di un dissenso che condi- videva, laddove si poteva evitare deputando un correttore (remunerato dagli Ebrei) secondo un costume vigente in molte sedi inquisitoriali che poteva ovviare alla difficoltà prospettate nel memoriale degli ebrei di Modena.

È un buon senso il suo, che non esprime ostilità verso un’istituzione di cui era ligio esecutore d’ordini e convinto esponente, ma solo pragmatica ade- sione ad una concezione di buon vivere sociale; così come aveva impostato i suoi rapporti con la Casa d’Este, egli non si poneva per inasprire i rapporti ma per pacificarli, come dimostrano le sue parole.

34

L’espurgazione delle opere di Castelvetro e i rapporti con il

Nel documento Quaderni Eretici 4/2016 (pagine 30-34)