Una volta fissata la regola del contraddittorio, era inevitabile prevedere delle eccezioni, non essendo pensabile, né l’assenza di deroghe, né la loro totale rimessione all’arbitrio del legislatore e indirettamente della Corte costituzionale. Di qui la direttiva contenuta nel 5° co. dell’art. 111 Cost :<<la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita>>. La ‘legge regola’ sottintende più un dovere che una facoltà; il legislatore è tenuto a dettare una qualche disciplina per ognuna delle tre fattispecie contemplate dalla Costituzione; la formula costituzionale traccia solo i confini delle eccezioni entro i quali deve muoversi la legge ordinaria, che ha l’obbligo di non superarli, mentre nulla vieta una disciplina più garantista, con l’aggiunta di ulteriori condizioni per l’acquisizione dei verbali. È importante distinguere, ciò che sta fuori dalla regola e ciò che, pur essendovi potenzialmente soggetto, ricade nell’eccezione. Ad esempio, le dichiarazioni extraprocessuali e i documenti non sono soggetti alla regola del contraddittorio nella formazione della prova che riguarda solo le prove costituite nella sede processuale latamente intesa. Al contrario, una dichiarazione divenuta irripetibile è un atto che potenzialmente ricade nella regola di esclusione, ma in concreto le si sottrae perché oggetto di eccezione. Non tutti concordano con questa lettura dell’art. 111 Cost; alcuni preferiscono ricondurre le prove precostituite, come i documenti e le dichiarazioni extraprocessuali, nell’ambito dell’eccezione relativa all’impossibilità di formare la prova in contraddittorio, lasciando la regola potenzialmente applicabile ad ogni prova58. Se si considerano le dichiarazioni extraprocessuali fuori dalla regola del contraddittorio, in caso di testimonianza indiretta, l’interessato ha sì il diritto di
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41 chiedere l’ascolto del teste diretto come espressione del suo generale diritto alla prova59, ma tanto le dichiarazioni dirette, quanto quelle indirette assumono efficacia probatoria e sono soggette alla valutazione del giudice. Se, invece, si considerano le dichiarazioni extraprocessuali potenzialmente soggette alla regola, le dichiarazioni indirette diventano utilizzabili in chiave probatoria solo in quanto sia oggettivamente impossibile assumere il teste diretto.
La prima deroga al contraddittorio è <<per consenso dell’imputato>>. Tale previsione è parsa in contrasto con la funzione euristica propria del contraddittorio come metodo di accertamento della verità giacché la <<facoltà di rinuncia attribuita al solo imputato induce (…) a ritenere che il contraddittorio sia stato qui concepito come diritto rinunciabile dall’imputato60
>>. Tuttavia il rapporto tra 4° e 5° co. dell’art. 111 Cost, resta quello tra regola/eccezioni e la presenza di queste ultime non deve spingere l’interprete a disconoscere la dimensione pubblicistica del contraddittorio come garanzia epistemica, che emerge dalla regola del comma precedente61. La costituzione non vincola dunque il legislatore a rendere sistematicamente disponibile il contraddittorio, autorizza semplicemente a prevedere casi in cui il consenso dell’imputato determina una più o meno ampia acquisizione al giudizio di prove formate unilateralmente. Anzi l’impegno dovrebbe essere quello di attribuire rilevanza alla rinuncia al contraddittorio solo in quanto si possa ragionevolmente supporre che la scelta non si rifletta negativamente sulla giustizia della decisione . nulla vieta al legislatore di convertire, in determinati casi, il consenso dell’imputato in accordo delle parti, come avviene ad esempio per l’acquisizione concordata di
59 R. Aprati, diritto alla controprova, cit 60
Così R. Orlandi le peculiarità di tipo probatorio nei processi di criminalità organizzata, in critica dir. 1999.
61 Sul tema E. Marzaduri, la prova negoziata e l’art. 111 Cost.: tra deroga al
contraddittorio e valorizzazione dei profili dispositivi dell’accertamento penale in G.
42 atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione dell’attività di investigazione difensiva; anche se in linea con la previsione costituzionale, sarebbe grottesco autorizzare l’imputato a prestare il suo consenso alla metamorfosi probatoria degli atti di investigazione difensiva62.
La seconda deroga al contraddittorio che la legge è autorizzata ad introdurre riguarda ‘l’accertata impossibilità di natura oggettiva’. È una deroga giustificata da ragionevoli esigenze di stretta necessità, nella quale viene certamente in luce un’istanza di non dispersione della prova, ma in una chiave ben diversa da quella prevalsa nella svolta inquisitoria del 1992; in quella occasione ‘non dispersione della prova’ significò aprioristica affermazione dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni unilateralmente raccolte, anche contro gli esiti della testimonianza orale; qui non dispersione designa lascelta del male minore rispetto alla perdita di un contributo probatorio che, per motivi indipendenti dalla volontà del teste, è materialmente impossibile rinnovare in sede dibattimentale (morte, irreperibilità..)63. Non c’è dubbio che si tratti di una scelta sofferta, perché il fatto in sé della sopravvenuta irripetibilità rappresenta un evento accidentale, epistemologicamente neutro e , quindi, del tutto inidoneo a convalidare retrospettivamente l’atto formato fuori del contraddittorio64
. Tuttavia che una dichiarazione irripetibile si converta in prova non equivale a dire che sia sufficiente a condannare. È inevitabile che l’assenza del
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A prestare il consenso per l’acquisizione per elementi formati unilateralmente dalla difesa, dovrebbero essere le parti con un interesse contrario C. Conti, voce<<giusto processo>> cit. M. Maddalena <<giusto processo>> e funzione
dell’accusa con particolare riferimento alla criminalità organizzata, in R. E.Kostoris
(a cura di) il giusto processo
63 Per una prospettiva restrittiva che esclude dall’impossibilità di natura oggettiva l’impossibilità sopravvenuta G. Ubertis, voce <<giusto processo>> in enc. Dir. Annali 2, Milano 2009; ID, giusto processo e contraddittorio in ambito penale, in Cass. Pen. 2003, 2105, secondo cui l’espressione <<di natura oggettiva>> non si riferisce alla ‘causa’ della impossibilità di ripetizione, ma alla natura del mezzo di prova.
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43 controesame, e quindi della possibilità di una diretta confutazione, si ripercuota negativamente sull’attendibilità della dichiarazione scritta;la circostanza che il codice abbia sottoposto ad un più rigoroso vaglio solo le dichiarazioni del coimputato o dell’imputato di reato collegato (art. 192, 3° e 4° co. c.p.p.) non esclude affatto che analoga cautela debba, più in generale, essere adottata quando la dichiarazione, chiunque l’abbia resa, sia stata raccolta fuori dal contraddittorio, come nella fattispecie65. Bisogna infatti guardarsi dal ritenere che laddove non figurano criteri legali di valutazione, viga la più sfrenata libertà di convincimento. ‘Il libero convincimento’ in senso letterale non esiste all’interno del nostro sistema processuale; esiste invece, la razionale e motivata valutazione delle prove legittimamente acquisite; e, a questo fine, il metodo con cui è stata assunta la dichiarazione è rilevante almeno quanto la qualifica del dichiarante. La colpevolezza va provata oltre ogni ragionevole dubbio; e sarebbe imprudente condannare in base alla sola parola di un teste non sottoposto a controesame. D’altra parte, è significativo che la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo sia sistematicamente propensa a ritenere violato l’art. 6, 1° e 3° co lett. d, Conv. Eur. Quando l’imputato non abbia avuto la possibilità di interrogare il teste le cui dichiarazioni siano poste a fondamento esclusivo o determinante della sentenza66. Il discorso,
65 Correttamente le Sezioni Unite, 25 novembre 2010, in dir. Pen. Proc. 2011, 9, 1071 hanno chiarito che, <<in ossequio all’art. 6 co.3 lett. B della Carta europea dei diritti dell’uomo, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, le dichiarazioni accusatorie predibattimentali rese al di fuori del contraddittorio, pur legittimamente acquisite, non possono da sole fondare l’affermazione di colpevolezza.
66 Tra le decisioni più recenti v. Corte europea dei diritti dell’uomo sez II in Cass. Pen. 2005, secondo cui i diritti della difesa vengono ristretti in misura incompatibile con le garanzie dell’art. 6 quando una condanna si fonda, esclusivamente o in modo determinante, sulle disposizioni rese da una persona che l’accusato non ha potuto fare interrogare né nel corso dell’istruzione né durante il dibattimento. La Corte ha inoltre esplicitato che la normativa interna che prevede la lettura e l’utilizzazione delle dichiarazioni divenute irripetibili non può privare l’imputato del diritto- riconosciutogli dall’ art. 6 lett. d della C.E.D.U. – di esaminare con il metodo del contraddittorio ogni elemento di prova sostanziale a suo carico.
44 ancor di più vale quando, le dichiarazioni irripetibili non provengano da un testimone, ma dal coimputato, cioè da persona più o meno coinvolta nei temi del processo e non impegnata all’obbligo di verità. In tal caso due distinte ragioni, l’una oggettiva relativa all’assenza del contraddittorio, l’altra soggettiva, relativa alla qualità del dichiarante, concorrono ad abbassare fortemente il grado di attendibilità della prova, rispetto al modello epistemologicamente ideale della testimonianza raccolta con l’esame incrociato. E altrettanto quando il teste, di cui sia sopraggiunta la morte67, si fosse rifiutato di rispondere in primo grado; la dichiarazione è acquisita a causa della sopravvenuta irripetibilità, ma il suo valore probatorio resta molto debole68. Infine, quando ne sia sopravvenuta l’irripetibilità, possono essere acquisite anche le informazioni rilasciate al difensore ai sensi dell’art. 391, 2° co bis c.p.p. il cui contenuto è nella maggior parte dei casi a favore dell’imputato. Ovviamente anche queste dichiarazioni sono sottoposte ad una più circospetta valutazione giudiziale; è evidente, ad esempio, che il valore probatorio di un alibi confermato da un teste che ha disposto in dibattimento sia, in linea di massima, superiore a quello fornito in un colloquio con il difensore da un teste poi defunto, irreperibile o divenuto poi inabile a deporre. Volendo analizzare i presupposti della deroga al contraddittorio, definiti in termini piuttosto rigorosi dal 5° co dell’art. 111 Cost diciamo:
1. Occorre che sia impossibile formare la prova in contraddittorio. L’impossibilità riguarda situazioni preclusive dell’esame orale, sia in senso materiale, come la morte o l’irreperibilità del
67 Se il teste fosse in vita la dichiarazione già resa sarebbe inidonea a provare la colpevolezza ai sensi dell’art. 526, 1° co. bis c.p.p.
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Caso raro, ma non impossibile è che nel corso del processo si presenti un teste già ritenuto morto o irreperibile. È ragionevole che la dichiarazione già acquisita sia espunta dal fascicolo del dibattimento, salva la possibilità dell’uso a fini puramente contestativi.
45 dichiarante69, sia in senso funzionale, come patologie fisiche o psichiche tali da rendere il soggetto inabile a deporre. Con riguardo a quest’ultimo profilo è inevitabile che si presentino situazioni di confine nelle quali il giudice si trova investito di un notevole potere discrezionale. La Corte costituzionale ha insistito sulla <<differenza tra oggettiva impossibilità di ripetizione dell’assunzione dell’atto dichiarativo (quale potrebbe derivare da morte, irreperibilità, infermità che determina una totale amnesia del testimone), rientrante nella sfera di applicazione dell’art. 512 c.p.p. e mera incapacità dedotta dal teste di richiamare alla memoria il contenuto dell’atto assunto durante le indagini preliminari, situazione appunto ravvisabile nel comportamento processuale di un testimone che afferma di non essere in grado di rispondere perché non ricorda fatti o circostanze riferiti in precedenza>>70. Più discutibile quanto affermato dalla Cassazione secondo cui <<rientra, tra le circostanze che legittimano, ai sensi dell’art. 512 c.p.p., la lettura delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari, il blocco psicologico-emotivo del teste che , del tutto imprevedibilmente al momento delle indagini, inibisca allo stesso di deporre al dibattimento71>>. Non pare, infatti che un semplice blocco ‘psicologico-emotivo’ del teste
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Correttamente sono state ritenute utilizzabili per oggettiva impossibilità di formare la prova in contraddittorio le dichiarazioni rilasciate da testi che in sede dibattimentale si erano resi irreperibili perché minacciati dal destinatario delle loro accuse; impossibilità ‘oggettiva’ in quanto non imputabile a libera scelta del dichiarante (Cass. Pen. 8 luglio 2004, in Cass. Pen. 2005, 3815 : <<in caso di sopravvenuta irreperibilità del testimone, la lettura dei verbali delle dichiarazioni rese da quest’ultimo alla polizia giudiziaria è consentita solo se l’impossibilità di procedere all’escussione dibattimentale di tale soggetto sia stata cagionata da fatti o circostanze imprevedibili e non sia il frutto di una scelta volontaria e libera del dichiarante, tale da non potendosi ritenere la scelta di sottrarsi all’esame dibattimentale che sia stata coattivamente determinata da violenza fisica, psichica o economica esercitata sulla fonte testimoniale>>
70 Ordinanza 375 del 2001 71
46 possa considerarsi causa patologica di inabilità a deporre tale da giustificare il recupero probatorio delle precedenti dichiarazioni.
Per il minore o comunque per soggetti di personalità fragile, testimoniare nel processo su temi che coinvolgono fatti e circostanze legati alla sfera intima, può rivelarsi un’esperienza difficile e pesante; ma la soluzione non và ricercata in un’arbitraria estensione del concetto di infermità mentale come fonte di ‘ impossibilità’ oggettiva, che porterebbe allo svuotamento della regola sul contraddittorio attraverso una pletora di eccezioni. Il rimedio dev’essere preventivo, realizzabile con l’assunzione anticipata della prova in sede di incidente, con la vigilanza del presidente tenuto a garantire <<che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona>> (art. 499, 4°co c.p.p.) e, ancora con la previsione della legge di specifiche modalità per l’ascolto del testimone, sul genere di quelle contemplate nell’art. 398, 5° co bis, c.p.p.72. L’integrità psicofisica del teste va salvaguardata senza rinunciare al contraddittorio, ma adattandone l’esercizio alle esigenze del caso73. Ad integrare la previsione
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La Corte cost con la sent 63 del 2005 ha dichiarato: a) l’illegittimità costituzionale dell’art. 398, 5° co.bis c.p.p. nella parte in cui non prevede che il giudice possa provvedere nei modi ivi previsti all’assunzione della prova ove fra le persone interessate ad essa vi sia un maggiorenne infermo di mente, quando le esigenze di questi lo rendano necessario od opportuno; b) l’illegittimità cost. dell’art. 498, 4° co ter c.p.p. nella parte in cui non prevede che l’esame del maggiorenne infermo di mente vittima del reato sia effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante l’uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico.
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Corte Europea dei Diritti dell’Uomo Sez. X 19 giugno 2007. In rapporto ad una condanna per violenza sessuale nei confronti della figlia minorenne, il ricorrente lamentava che, in violazione dell’art.6 C.E.D.U. avesse assunto importanza decisiva nel processo la testimonianza di una psicologa sulla base di un suo incontro con la bambina, senza che mai fosse sentita la vittima dei presunti abusi. La Corte, a maggioranza, ha riconosciuto la violazione dell’art. 6 C.E.D.U. osservando che il giudice nazionale non aveva compiuto alcuno sforzo per verificare l’attendibilità dell’accusa, né provando a sentire la bambina, né ricorrendo a metodi più sofisticati
47 costituzionale non sarebbero sufficienti mere difficoltà al compimento dell’atto, come la temporanea assenza dal territorio dello Stato, la mancata presentazione del testimone, un’infermità che impedisca l’abbandono del domicilio, alle quali possono soccorre gli ordinari strumenti processuali della sospensione del dibattimento, delle nuove ricerche, dell’accompagnamento coattivo, dell’esame a domicilio74
. Non si richiede, invece che l’impedimento a deporre fosse ‘imprevedibile’, tale cioè da non poter essere anticipatamente fronteggiato nel corso dell’indagine preliminare con l’esame in sede di incidente probatorio. Il requisito è stato ritenuto troppo di dettaglio per figurare nella Costituzione; ma lo codifica l’art. 512 c.p.p.
2. Si esige inoltre che, l’impossibilità sia <<di natura oggettiva>>. La formula include due significati. Da un lato l’impossibilità dev’essere reale, legata a fatti e non a semplici ipotesi; in questa parte il requisito si sovrappone a quello di ‘accertata’, risolvendosi in un’innocua ridondanza. Dall’altro l’impossibilità deve riferirsi a circostanze <<indipendenti dalla volontà del dichiarante, che di per sé rendono non ripetibili le dichiarazioni rese in precedenza, a prescindere dall’atteggiamento soggettivo75
>>. Se non vi fosse quella
quali la registrazione dell’incontro di quest’ultima con la psicologa e/o con la madre, tentando di porle delle domande in tale contesto.
74 Cass. Pen 14 ottobre 1999, in Cass. Pen. 2001, 1516 (<< perché possa darsi lettura in dibattimento di verbali contenenti sommarie informazioni testimoniali sono necessarie due condizioni, consistenti nella sopravvenienza di una situazione imprevedibile nel momenti in cui l’atto è stato assunto e nella non reiterabilità dell’atto in dipendenza di una situazione non ordinariamente superabile; avuto riguardo al chiaro tenore letterale della norma e al suo carattere eccezionale rispetto al principio dell’oralità del processo, ad integrare tale seconda condizione non è sufficiente la mera difficoltà di ripetizione dell’atto, in quanto ciò comporterebbe una estensione della deroga oltre i limiti compatibili con le linee fondamentali del processo accusatorio>>)
75 Corte Cost. sent. 440 del 2000. Nel senso che l’impossibilità di ripetizione sia oggettiva quando <<non vi siano elementi da cui desumere che il soggetto sisia
48 disposizione ogni impossibilità non oggettiva ricadrebbe nella regola di esclusione probatoria che vieta di acquisire al processo le dichiarazioni raccolte fuori dal contraddittorio. Ma poiché la fattispecie della sottrazione per libera scelta è espressamente contemplata nel 4° co. art. 111 Cost., è questa disciplina speciale a prevalere; alla regola di esclusione probatoria si sostituisce il criterio di valutazione con la conseguenza che le dichiarazioni di chi abbia eluso il controesame difensivo saranno acquisibili al processo, ma non idonee a provare la colpevolezza, fermo restando l’uso in senso favorevole all’imputato. Resta totalmente sottoposta all’alternativa tra la regola di esclusione probatoria della prima parte dell’art. 111, 4° co. Cost e l’eccezione del 5° co. il regime delle dichiarazioni raccolte nell’investigazione difensiva. Qui non si pone alcun problema di sottrazione al controesame, avendo la difesa stessa raccolto le dichiarazioni; che saranno poi acquisite al processo solo in quanto si provi l natura oggettiva dell’impossibilità di rinnovare l’atto nel contraddittorio. Naturalmente, bisogna ribadire che, le conclusioni appena raggiunte riguardano esclusivamente il quadro costituzionale. Nulla vieta al legislatore di adottare in sede codicistica una disciplina più garantista per l’imputato, convertendo il criterio di valutazione in regola di esclusione. Cosi è avvenuto parzialmente, perché il codice distingue a seconda che la sottrazione al controesame si svolga attraverso il rifiuto di rispondere in giudizio o attraverso la condotta di chi volontariamente si rende irreperibile. Nel primo caso, il criterio di valutazione è convertito in una regola di esclusione
volontariamente sottratto all’esame>>, Cass. Pen 8 gennaio 2003 in Cass. Pen 2003, 3865
49 probatoria: le dichiarazioni già rese non possono essere acquisite al dibattimento, se non con l’accordo delle parti (artt. 500 e 513 c.p.p.). nel secondo caso, due disposizioni confermano puntualmente le scelte costituzionali: da un lato, l’art. 512 c.p.p. simmetrico al 5° co dell’art. 111 Cost. con l’aggiunta del richiamo al carattere ‘imprevedibile’ della causa di irripetibilità; dall’altro, l’art. 526, 1°co. bis c.p.p. che riproduce testualmente la seconda parte dell’art. 111, 4° co. Cost con una minuscola variante (sottratto <<all’esame>> anziché <<all’interrogatorio>>). Le dichiarazioni irripetibili sono acquisite al processo ai sensi dell’art. 512 c.p.p.; ma se risulta che il dichiarante si è reso irreperibile, saranno inidonee a provare la colpevolezza76.
3. È necessario, infine, che l’impossibilità di natura oggettiva sia ‘accertata’. Il significato della parola corrisponde, nella sostanza, a quello di ‘provata’ che figura nella successiva fattispecie della ‘condotta illecita’, anche se soltanto in quest’ultima ipotesi la legge ha istituito un vero e proprio procedimento incidentale. L’onere della prova grava sulla parte interessata ad acquisire le dichiarazioni; di regola, pubblico ministero o difensore, a seconda di chi le abbia raccolte. Tuttavia, per quanto attiene alla natura ‘oggettiva’ dell’impossibilità, esclusa dalla volontà di sottrarsi al controesame difensivo, la disposizione va coordinata con il criterio di valutazione previsto dal comma precedente; onerata della prova sull’actio libera in causa è la difesa.
La terza ed ultima deroga è <<per provata condotta illecita>>.