Per rimediare ad eventuali ritardi del p.m. occorrerebbe <<l’individuazione di un giudice e di un procedimento che consentisse l’adozione di un qualche provvedimento surrogatorio137
>>. A tale specifico provvedimento farebbe eco una lacuna, non essendo calzante il richiamo all’iscrizione coatta dell’art.415 co.2 c.p.p. alla cui base vi sarebbe, secondo le Sezioni unite, un diverso obiettivo: impedire che l’obbligo dell’art.112 Cost venga eluso. In simile ottica quello della
137
94 proroga( art.406 c.p.p.)sarebbe l’unico ambito aperto alla rilevabilità da parte del giudice di annotazioni tardive. Tuttavia sarebbe comunque di ostacolo a qualsiasi operazione estensiva la tassatività dei poteri spettanti al giudice per le indagini preliminari138.
Si è osservato come l’art.111 Cost espliciti il nucleo del diritto di difesa, sulla scorta di uno schema relazionale che lega il giusto processo alla tutela della libertà riconosciuta all’individuo dall’art.13 Cost. la ragionevole durata assurge quindi al rango di componente essenziale per l’esplicarsi del diritto ad un processo che è giusto solo se rispecchi determinati requisiti. La ragionevole durata contribuisce pertanto, come diritto fondamentale della persona, a modellare l’aspetto contenutistico dei limiti imposti dal giusto processo all’intervento dei pubblici poteri. Dunque il vaglio del giudice in ordine alla tempestività dell’iscrizione affonda le radici nell’esigenza di impedire che venga eluso il meccanismo deputato a regolare il computo del termine di durata delle indagini preliminari. Il ritardo del p.m. nell’annotare il nome della persona sottoposta alle indagini vanifica la disciplina prevista dagli artt.405-407 c.p.p.: il ruolo del giudice serve a ristabilire ex post gli effetti di quest’ultima. I limiti di ordine temporale fissati dalla legge per la raccolta degli elementi di prova sono così affrancati dal rischio di aggiramenti e manovre elusive139. Il fulcro di questa impostazione sta nell’art.407 co.3 c.p.p.: alla diagnosi d’inutilizzabilità degli atti tardivi deve ritenersi
138Cassaz. Sez. Un 24 settembre 2009 Lattanzi che cosi concludono<<non esistono nel sistema né un principio generale di sindacabilità degli atti del pubblico ministero, né un altrettanto generalizzato compito di garanzia affidato al giudice per le indagini preliminari>>. Nell’ottica di colmare tale vuoto si muoveva il d.d.l. n.1440/s volto ad inserire nel testo dell’art.405 co.2 c.p.p. il riferimento ad una verifica del giudice sull’iscrizione nominativa con il conseguente potere di determinare anche agli effetti dell’art.407 co.3 c.p.p. la data in cui avrebbe dovuto essere effettuata. Su tale progetto di modifica vedi le osservazioni di R.Apratila
notizia di reato
139E. Amodio ragionevole durata del processo penale e nuove esigenze di tutela
dell’imputato in AA.VV. per una giustizia penale piu sollecita: ostacoli e rimedi ragionevoligiuffrè Milano 2006
95 connaturato il potere di stabilire il momento d’avvio delle indagini, in modo da sanzionare eventuali ritardi del p.m. nelle iscrizioni imposte dall’art.335 co.1 c.p.p.
La ricerca di un’esegesi costituzionalmente orientata degli artt.335 co.1, 405 co.2 e 407 co.3 c.p.p. funge da filtro delle censure di illegittimità. In questa ottica, la garanzia della ragionevole durata opera in funzione adeguatrice nella veste di principio al quale devono essere conformate le previsioni sott’ordinate. La lettura suggerita si articola nei seguenti capisaldi:
- Non possono esservi scarti tra il momento un cui una persona è sottoposta alle indagini e la decorrenza del termine ex art.405 co.2 c.p.p.
- In questo senso va interpretato l’obbligo di iscrizione nel registro (art.335 co.1 c.p.p.)
- Il potere previsto dall’art.407 co.3 c.p.p. consente di ripristinare tale rapporto di simmetria.
Tuttavia qualora dovesse persistere l’indirizzo di segno opposto, non resterebbe che profilare l’illegittimità costituzionale della trama normativa risultante dagli artt. 335 co1, 405 co.2, 407 co.3 c.p.p. Lo scrutinio andrebbe sollecitato, sulla base degli artt.24 co.2 e 111 co.2 cost, prima nei limiti del tentativo di accreditare un’interpretazione in linea con la Carta fondamentale e in seconda battuta, per ottenere una declaratoria d’illegittimità. Nel sancire l’inutilizzabilità degli atti d’indagine compiuti oltre il termine stabilito dalla legge ovvero prorogato dal giudice, quella dell’art.407 co.3 c.p.p. sembra una disposizione dal tenore estremamente limpido. Fedele ad una direttiva della legge delega140 che risalta per l’inusuale rigore terminologico141,
140
Legge delega n.48 che nella parte finale, imponeva la previsione della inutilizzabilità degli atti compiuti dal p.m. oltre i termini stabiliti o prorogati
141 A. Scellaprove penali e inutilizzabilità. Uno studio introduttivo, Giappichelli Torino 2000
96 la disposizione in esame svela una certa dose di ambiguità in quanto sembra delineare una fattispecie al confine tra decadenza e inutilizzabilità142. L’inutilizzabilità rappresenta un limite legale alla conoscenza del giudice, impedendo l’uso dei risultati probatori derivanti dalla trasgressione di un divieto. La premessa offre uno spunto per evidenziare un tema cruciale ai fini dell’individuazione dei divieti probatori143. Ove si parta dall’idea secondo cui, per diagnosticare un divieto, occorre una norma che esprima una valutazione d’inammissibilità della prova, la chiave sta nel concetto di potere istruttorio: se quest’ ultimo manca perché la legge lo nega, l’atto non può non riuscire inefficace. Tale impostazione, una volta proiettata nel contesto della fase investigativa, traccia le direttrici utili a decifrare l’art.407 co.3 c.p.p. Appare evidente come il p.m. e la polizia giudiziaria non siano muniti ab origine del potere di compiere alcuni specifici atti, a tale carenza corrisponde un divieto posto dalla legge144. A simili ipotesi l’art. 407 co.3 c.p.p. ne aggiunge una di natura generale, dovuta alla consumazione del termine stabilito dall’art.405 co.2 c.p.p. ovvero prorogato dal giudice145. In tal caso, il potere viene meno per cause sopravvenute, ma la sostanza non muta: sussiste un divieto la cui violazione rende invalidi gli atti di indagine146 compiuti
142
M. Chiavario la riforma del processo penale appunti sul nuovo codice 2°ed Utet Torino 1990
143Osserva A. Scellaprove penali;<< a poco serve ripetere che l’inutilizzabilità rappresenta il regime tipico delle prove acquisite in violazione della legge>> se non si mette contemporaneamente a fuoco la figura del divieto probatorio.
144 Si pensi all’art. 362 c.p.p. in tema di assunzione di sommarie informazioni da parte del p.m. nella misura in cui richiama l’art.197 c.p.p. ovvero all’art. 354 co.3 c.p.p. che esclude l’ispezione dal novero degli accertamenti urgenti sulle persone al cui compimento è legittimata la polizia giudiziaria
145
N Galantini l’inutilizzabilità che riconduce l’art.407 co.3 c.p.p. al novero di quelle prescrizioni dalle quali si può dedurre come l’inutilizzabilità sia talora conseguente a situazioni nelle quali l’atto è imperfetto, in quanto compiuto dal soggetto privo del relativo potere.
146
Qualificano l’inutilizzabilità come forma di invalidità M.Danieleregole di
esclusione e regole di valutazione della prova Giappichelli Torino 2009;
F.M.Grifantiniinutilizzabilità, G.Illuminatil’inutilizzabilità; A.Scellaprove penali, il quale osserva <<se la violazione dei divieti probatori si realizza in seguito
97 oltre lo spazio cronologico delle indagini. La vigenza del termine ex artt.405-407 c.p.p. è un requisito del modello legale dettato per ciascuno degli atti investigativi che rientrano nelle attribuzioni del p.m. e della polizia giudiziaria. Una volta superati i limiti temporali che la raccolta dei dati utili a vagliare la fondatezza della notitia criminis, viene a mancare uno dei tasselli che compongono lo schema normativo dell’atto d’indagine; è questo scarto tra la fattispecie concreta e quella astratta a rendere invalido l’atto acquisitivo147. L’inutilizzabilità ex art.
407 co.3 c.p.p. scatta al fine di neutralizzare gli effetti derivanti dall’introduzione tra il materiale decisorio di elementi conoscitivi formati in modo illegittimo.