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Processo con istruzione

Nel processo con istruzione (disciplinato dal codice abrogato) la collocazione dell’istruzione preliminare nell’area dell’azione (artt. 231, 232, 234 c.p.p. 1930) non impediva la commistione dei relativi atti con gli atti dell’istruzione sommaria. In effetti “il passaggio dall’istruzione preliminare all’istruzione sommaria avveniva senza sbalzi, insensibilmente, risolvendosi in una compenetrazione fra le due fasi” L’operazione si avvaleva degli aleatori parametri dell’evidenza (art.389 del c.p.p. 1930): la preistruzione, ossia l’indagine per l’azione, proseguiva fino a raggiungere l’evidenza; da questa piattaforma probatoria poteva prendere le mosse l’istruzione sommaria. Con la sentenza della Corte costituzionale n.86 del 1968 l’ipotesi di un’istruzione preliminare, chiamata a sorreggere l’azione e ad elaborare contemporaneamente la prova, trovava una decisiva conferma. Se l’istruzione preliminare consentiva l’acquisizione di fonti imparziali di prova non vi era ragione alcuna per non utilizzarle. In un sistema che non prevedeva l’autonoma sanzione processuale dell’inutilizzabilità qualsiasi risultato dell’istruzione preliminare poteva servire ai fini del giudizio ed essere liberamente valutato dal giudice di merito. Le attività conoscitive, filtrate dalle prime acquisizioni, ancorché preprocessuali non differivano sostanzialmente

66 da quelle in cui si concretava la vera e propria istruzione…erano dei veri e propri atti istruttori che potevano avere un peso decisivo per le sorti del giudizio. In questa esperienza delle fasi dell’istruzione e del dibattimento, ridisegnata in base ai protocolli del sistema misto non riceveva riscontri significativi nella realtà processuale, sempre più portata a pianificare il contenuto e l’incidenza processuale degli atti delle indagini preliminari e dell’istruzione( sommaria o formale) con il contenuto e l’incidenza processuale dei mezzi di prova. Magari attraverso la pratica dei rapporti di polizia, richiamati al dibattimento nella loro motivazione per relationem e delle informazioni, rese in sede istruttoria e confermate senza alcuna altra specificazione nel dibattimento.

2.3 Il processo senza istruzione: la tecnica delle indagini

preliminari

Il processo senza istruzione, introdotto dalla riforma processuale del 1988, pone una nuova serie di problemi. È la stessa assenza di una fase istruttoria, intermedia fra le indagini preliminari ed il dibattimento, ad escludere in partenza ogni possibile compenetrazione dell’area destinata al divenire dell’azione nell’area dedicata all’acquisizione probatoria. Le indagini preliminari sono necessarie per le determinazioni inerenti all’esercizio dell’azione penale (art.326 c.p.p.) di queste indagini si avvale il p.m. per esercitare l’azione e per formulare l’imputazione; per proporre l’archiviazione o per richiedere il rinvio a giudizio.

Le indagini preliminari nel loro complesso ineriscono, quindi, all’azione. In base al testo originario del codice, solo singoli atti d’indagine ( in quanto irripetibili, perché garantiti o perché assunti in

67 particolari circostanze di tempo e luogo) possono rivestire valenza probatoria; possono cioè valere oltre la circoscritta piattaforma delle indagini preliminari. Indagini e prove appartengono ad aree diverse sulla base di una divaricazione, congeniale al nuovo sistema imperniato appunto sulla separazione del processo in due fasi e sulla ripartizione dei ruoli del pubblico ministero e del giudice. Quando diciamo che gli atti delle indagini non sono prove e valgono ai fini dell’azione diamo certamente risalto ad un fondamentale profilo dei processi a tendenza accusatoria. Le prove vanno acquisite nel contraddittorio fra le parti e di nessun contraddittorio può parlarsi in una fase (quella delle indagini preliminari) in cui non vi è di regola la contemporanea e contrapposta partecipazione dell’ altera pars né la presenza di un giudice terzo e imparziale davanti al quale ricostruire fatti e circostanze. All’interno di questa fase (e nell’ordinaria udienza preliminare) sono solo gli atti dell’indagine a contare: gli atti in quanto tali, e normalmente questi atti non sono assunti con le forme riservate all’acquisizione della prova. Ciò non esclude però che l’indagine possa essere ugualmente regolata. L’idea di un’inchiesta di parte condotta dal pubblico ministero, senza l’osservanza di precisi protocolli, non è stata seguita nella legge delega e nel codice. La disciplina delle investigazioni difensive crea ora una vistosa sfasatura: il rigore formale, imposto per gli atti di queste investigazioni, contrasta con la ribadita fluidità della indagine del pubblico ministero, in una regolamentazione che tradisce le tenaci riserve sulla possibilità di una effettiva par condicio.

Di questa indagine conosciamo la tecnica tratteggiata dal codice: l’indagine deve essere completa; gli atti dell’indagine debbono essere inoltre, specifici e rilevanti ai fini della prova.

68 - Di una esigenza di completezza delle indagini ha parlato la dottrina92quando ha sottolineato il dovere di attivarsi del pubblico ministero all’interno della prima fase per le determinazioni ratione cognita in ordine alle scelte che gli sono istituzionalmente imposte. La completa individuazione dei mezzi di prova è necessaria per consentire al titolare dell’azione penale di esercitare le varie opzioni possibili e per indurre l’imputato ad accettare i riti alternativi: ciò che è essenziale ai fini della stessa funzionalità del sistema, ma presuppone una qualche solidità del quadro probatorio. Il dovere di completezza funge, poi, da argine contro eventuali prassi di esercizio “apparente” dell’azione penale, che avviando la verifica giurisdizionale sulla base di indagini troppo superficiali, lacunose o monche, si risolverebbero in un ingiustificato aggravio del carico dibattimentale (Corte cost. sent.n.88 del 1991).

Al principio di completezza va riportata la regola fissata dall’art.358 c.p.p. : il pubblico ministero compie ogni attività necessaria per l’esercizio dell’azione penale e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini. Informare le indagini preliminari a questo principio significa ampliare l’area fino a ricomprendervi gli elementi a favore dell’indagato. Con questa tecnica viene dato un particolare rilievo ad una tutela che non è circoscritta agli interessi di una parte. Ma viene pure ripresa una realtà processuale tante volte legata a connessioni non frazionabili fra elementi a favore ed elementi a carico della persona sottoposta ad indagini.

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69 - I fatti specifici:in base alla direttiva n.37 della legge delega il pubblico ministero ha il potere dovere di compiere l’accertamento di” fatti specifici”, ivi compresi gli elementi a favore dell’imputato. La tecnica dell’indagine emerge in modo sufficientemente chiaro: investigare su fatti specifici vuol dire indagare su un fatto ben circostanziato. Solo un’articolata e precisa dichiarazione della personasottoposta ad indagine o della persona informata del fatto da consistenza all’atto investigativo e consente compiute valutazioni e adeguati riscontri.

- Gli atti rilevanti:i parametri sono costituiti dai temi d’indagine prima e dal possibile “tema di prova” dopo. Di notizia di reato parla il codice nelle disposizioni relative all’iscrizione e all’aggiornamento della notizia nel relativo registro (artt 355 c.p.p.).

Diverso è il discorso sulla rilevanza delle indagini ai fini della prova. Qui è la prognosi sul tema di prova, da porre al dibattimento, a misurare l’idoneità degli atti d’indagine, destinati a concretare l’azione e a sostenere l’accusa (Cass.22 giugno 1990, Ghirarduzzi). L’archiviazione riguarda proprio i casi in cui gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio. In questi casi è la stessa completezza delle indagini a svelare l’inadeguatezza o l’inconducenza degli elementi di accusa a sostenere la relativa prova in giudizio.

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2.4 La separazione delle fasi del procedimento e la