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La continuità investigativa dopo l’esercizio dell’azione

dell’azione penale

Anche dopo l’esercizio dell’azione penale, all’organo d’accusa è consentito muovere alla scoperta delle fonti di prova204: gli artt. 419 co.3 e 430 c.p.p. legittimano ulteriori indagini, definite suppletive ed integrative205. È il principio della completezza delle indagini a fornire la chiave per far luce sulle finalità che animano l’art.419 co.3 c.p.p.: in vista della verifica sull’accusa, il pubblico ministero è messo nelle

201

B. Nacarindagini preliminari cit. v anche l. Caraceni poteri d’ufficio 202

B. Nacarindagini preliminari cit.

203 F. Cassiba l’udienza preliminare cit. in senso contrario si ritiene che comunque il lasso di tempo a disposizione del procuratore generale per svolgere le indagini debba essere quello stabilito nell’ordinanza ex art. 421-bis co.1 c.p.p.

204A.Nappi, indagini preliminari (disposizioni generali) in enc. Dir. Aggiornamento V. Giuffrè Milano 2001

205

122 condizioni di rimediare ad eventuali deficit probatori206, e se inteso come mezzo volto a prevenire l’input del giudice ex art.421-bis c.p.p. il supplemento si rivela funzionale persino allo scopo di colmare alcune lacune “consapevoli”, cioè note al pubblico ministero già nel momento di esercizio dell’azione penale. Nel caso dell’art.430 c.p.p. dopo la legge 16 dicembre 1999 n. 479, il peso dell’art. 112 Cost e dei relativi corollari risulta fortemente attenuato207; tuttavia resta ferma per il pubblico ministero la possibilità, una volta chiusa la fase dell’udienza preliminare, di arricchire il panorama investigativo208

. Dunque nella logica di fondo, lo schema del codice poggia su scelte dirette a bilanciare: ragionevole durata e completezza investigativa. Le indagini posteriori all’azione penale fingono da strumento che offre la possibilità di perfezionare l’impianto accusatorio. Del resto sul piano dell’art.111 co.2 Cost non va dimenticato che, mentre le indagini volte alle determinazioni dell’art. 326 c.p.p. segnano la durata del procedimento, cosi non è per quelle successive. Le indagini degli artt. 419 co.3 e 430 c.p.p. si articolano lungo un percorso simultaneo a quello del processo, le cui cadenze temporali sono autonome dagli sviluppi dovuti all’eventuale attività di ricerca condotta, in parallelo, dal pubblico ministero. A custodire il contemperamento tra opposte esigente sono equilibri piuttosto labili che facilmente possono essere alterati. È ciò che accade ove le indagini successive all’imputazione fuoriescono dai binari tracciati per assumere un ruolo vicario di quelle preliminari. In tale evenienza non vi è solo l’aggiramento dei termini fissati dagli artt. 405-407 c.p.p. e di conseguenza , un vulnus alla garanzia della ragionevole durata; è quanto mai concreto il pericolo che a subire una lesione siano anche altri cardini del “giusto processo”, dal contraddittorio alla parità delle parti. Diventa fondamentale

206

M.L. Di Bitonto , le indagini

207M.L. Di Bitonto , l’attività di indagine e G.Varraso, le indagini

208 Sotto questo profilo evidenzia il nesso con la completezza delle indagini F.M. Grifantini, attività preparatorie

123 stabilire dei paletti che siano capaci di circoscrivere il ricorso alle indagini suppletive e integrative, la cui funzione deve restare meramente sussidiaria209. Tuttavia nella trama codicistica non mancavano dei riferimenti suscettibili di essere valorizzati in chiave restrittiva. Dall’art 419 co.3 c.p.p. si era ricavato un limite: a porre fine alle indagini suppletive avrebbe dovuto essere l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, con l’invito al p.m. a trasmettere i risultati di quelle già svolte210. Nell’esegesi dell’art.430 co1 c.p.p., le indagini integrative venivano saldate alle richieste di prova ex art. 493 c.p.p. che quindi avrebbero segnato l’esaurirsi dei poteri di ricerca del p.m.211

La ratio comune a questi percorsi era quella di impedire che l’attività investigativa si sovrapponesse, con il rischio di alterarli, ai momenti di verifica circa la fondatezza dell’imputazione: l’udienza preliminare e soprattutto il dibattimento. A rappresentare il punto di svolta sono state le parole spese dalla Corte cost212 secondo cui il legislatore non avrebbe frapposto vincoli temporali alle indagini suppletive, né a quelle previste dall’art. 430 c.p.p. In quest’ordine di idee, non sarebbe ammesso neppure ipotizzare situazioni di stasi dell’attività investigativa.

Sul versante delle indagini integrative, per definire il significato dell’inciso <<richieste al giudice del dibattimento>> vengono ad assumere rilievo, oltre all’art. 493 c.p.p. anche i varchi aperti dagli artt.

209

F. Cassibal’udienza preliminare, che sottolinea la necessità di evitare un uso distorto delle indagini suppletive, cioè finalizzato al tardivo adempimento dei doveri imposti dall’art.112 Cost. G. Frigo, art.430; D. Manzione, l’attività integrativa

d’indagine; A. Caselli Lapeschi, la continuità investigativa, il quale muove dal

presupposto di indagini preliminari snelle, non ispirate al principio di completezza. 210S.Buzzelli, il dossier dell’accusa di fronte all’udienza preliminare , in riv.dir.proc 1992

211

In questo senso S. Carnevale sulla lettura; S.Lorussobrevi considerazioni

sull’attività integrativa d’indagine del pubblico ministero successiva all’emissione del decreto che dispone il giudizio in cass. Pen 1996

212

124 507, 519 co.2, 523 co.6 e 603 c.p.p.213Altrettanto note sono le discutibili scelte del legislatore, che, con riguardo alle indagini successive all’esercizio dell’azione penale, ha pensato solo a frenare peculiari forme di attacco al metodo dialettico. Nel quadro delle modifiche introdotte dalla legge 7 dicembre 2000 n. 397, la sfera di operatività degli artt. 419 co.3 e 430 c.p.p. è stata estesa al difensore dell’imputato214

. È bene dire che per rimediare agli squilibri che le indagini suppletive ed integrative possono causare, serve a poco consentire anche all’imputato di svolgerle. Nella raccolta degli elementi probatori, è incolmabile il vantaggio di cui gode il p.m. pertanto è vano il tentativo di raggiungere la parità assegnando all’imputato analoghi poteri. D’altra parte l’obiettivo di mettere al bando prassi suscettibili di condizionare le fonti di prova215è stato tradotto in una disposizione che ha certificato l’assenza di paletti cronologici per le indagini ex artt. 419 co.3 e 430 c.p.p. il divieto di acquisire informazioni dalla persona chiamata a deporre ai sensi degli artt. 392, 422 e 507 c.p.p. (art. 430 –bis c.p.p.) implica sul piano logico, poteri d’indagine paralleli al corso dell’udienza preliminare e del dibattimento216. Tale evoluzione ha favorito “l’ipertrofico” ricorso ai canali investigativi che si aprono dopo l’avvio del processo. Da tutto questo è derivata un’alterazione del bilanciamento sotteso al disegno codicistico che scandisce i ritmi dell’attività volta alla ricerca delle fonti probatorie; hanno infatti preso piede tutte quelle tendenze che

213

G.M.Baccari ,le indagini integrative ex art.430 c.p.p.: limiti soggettivi ed

utilizzabilità della relativa documentazione, in giur.it. 1996

214

Al riguardo F.Cassibal’udienza preliminare 215

Si allude alla strategia , spesso attuata dagli uffici del p.m. di convocare e sentire in qualità di persone informate sui fatti ( art.362) i testimoni dei quali fosse già stato chiesto dalla difesa dell’imputato ovvero ammesso d’ufficio dal giudice l’esame dibattimentale (v. F. Caprioli artt 25-26 legge 479 del 16 dicembre 1999 in dir. Pen. Proc 2000)

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F. Caprioli artt. 25-26 che osserva come sia stato rinsaldato il potere del pubblico ministero di condurre autentiche indagini-ombra protratte per l’intera durata del giudizio di primo grado.

125 gravitano nell’orbita dell’abuso. Questo è ciò che accade ove il pubblico ministero formuli l’imputazione pur in mancanza di elementi idonei a sostenere l’accusa, così violando la regola di giudizio cristallizzata dall’art. 125 disp.Att c.p.p. Di qui la patologia di processi instaurati arbitrariamente, nella consapevolezza che il vuoto dimostrativo potrà essere colmato grazie alle chances offerte dagli artt. 419 co.3 e 430 c.p.p.217 Viene del tutto elusa, dunque, la ratio su cui poggiano gli artt. 405-407 c.p.p.218allo stesso tempo appare tradita la matrice finalistica delle indagini preliminari, i cui approdi dovrebbero garantire un panorama esaustivo di conoscenze219. I termini di durata massima delle indagini preliminari rendono opportuni congegni che, una volta esercitata l’azione penale, legittimano la ricerca, da parte del pubblico ministero, di ulteriori elementi. Tuttavia a tali indagini supplementari va riservato un ruolo accessorio, che scongiuri sovrapposizioni con quelle funzionali agli scopi dell’art. 326 c.p.p.220 Nell’attuale contesto non resta che verificare sulla base di un’analisi volta a stabilirne le regole d’utilizzabilità, se ed in quale misura sia possibile attenuare l’impatto delle indagini suppletive e di quelle ex art. 430 c.p.p.

Con riguardo agli elementi acquisiti dal pubblico ministero grazie ai poteri che trovano fondamento nell’art. 419 co.3 c.p.p.221

la prospettiva delineata si rivela sterile. Ciò è dovuta all’identità che sul piano del

217

E. Amodio ragionevole durata del processo , abuse of process e nuove esigenze di tutela dell’imputato, in dir. Pen. Proc 2003

218 Amplifica tale effetto l’orientamento sostenuto da Cass. Sez II 5 luglio 2007, Miceli in C. e. d. 229960 secondo il quale le indagini suppletive consentirebbero anche di rinnovare atti inutilizzabili ex art 407 co.3 c.p.p.

219 F. Cassiba l’udienza preliminare 220

Attuali sotto questo profilo, le considerazioni di D. Manzione, l’attività integrativa che sottolinea come le indagini successive alla richiesta di rinvio a giudizio dovessero ricoprire un ruolo marginale: <<l’art. 419 co.3 parla di indagini eventualmente espletate, mentre l’art. 430 co.1 ancora più significativamente di attività integrative d’indagine>>

221 È da escludere che, dopo l’esercizio dell’azione penale, la polizia giudiziaria conservi la legittimazione a svolgere indagini di propria iniziativa . in questo sensoM.L Di Bitonto l’attività d’indagine

126 regime probatorio, caratterizza la fase delle indagini e quella dell’udienza volta a scandagliare la fondatezza dell’accusa; l’esercizio dell’azione penale non determina alcuna cesura: in udienza preliminare la piattaforma decisoria, salva l’applicabilità degli artt. 392 e 422 c.p.p. è costituita da atti che le parti formano unilateralmente. Conseguentemente non opera quel filtro che nei rapporti tra indagini e dibattimento, è rappresentato dalle regole di esclusione probatoria e non è previsto un meccanismo selettivo analogo a quello dell’art. 433 co.3 c.p.p.: i verbali delle indagini suppletive, una volta depositati, confluiscono nel fascicolo del pubblico ministero e diventano utilizzabili dal giudice.222

Rispetto all’articolarsi dell’udienza preliminare, una barriera temporale alla spendibilità delle indagini suppletive è stata ricavata dall’art. 421 co.3 c.p.p. tale disposizione rileverebbe per due motivi: imporrebbe al giudice di vagliare l’ammissibilità degli atti d’indagine non contenuti nel fascicolo trasmesso dal p.m. ( art. 416 co.2 c.p.p.); consentirebbe di produrre ulteriori elementi solo fino all’inizio della discussione223

; il primo di tali assunti muove dall’esigenza di circoscrivere le indagini suppletive al fatto che l ‘imputazione descrive, in questo modo si pone un limite all’attività di ricerca che il p.m. è legittimato a compiere una volta esercitata l’azione penale; dunque i poteri investigativi dell’organo d’accusa trovano un vincolo nell’ episodio storico che viene contestato.

Abbiamo visto come di fronte alla notitia criminis, il pubblico ministero debba muoversi secondo un canone di pertinenza che ha il fulcro nell’ipotesi criminosa da verificare, per cui a maggior ragione, tale regola di condotta vale dopo che l’accusa viene cristallizzata nella richiesta di rinvio a giudizio. Nonostante ciò sembra necessaria la

222 F. Cassiba l’udienza preliminare

127 scelta di tradurre tale impostazione in uno scrutinio che il giudice dell’udienza preliminare dovrebbe compiere sulla base di parametri identici a quelli dell’art. 190 c.p.p. Tali conclusioni non cambiano laddove si prendano in esame le dinamiche riguardanti la modifica dell’accusa( art.423 c.p.p.) Sotto questo profilo, va escluso che le indagini suppletive possano fungere da strumento utile a specificare i contorni di un addebito sommario e generico. Se così non fosse, sarebbe elusa la garanzia dell’art. 417 lett.b c.p.p. secondo cui il fatto, nella richiesta di rinvio a giudizio, deve essere enunciato in forma chiara e precisa224. Stabilito ciò non sembrano esservi ostacoli ad un impiego degli elementi acquisiti mediante le indagini suppletive per rimodulare l’imputazione nei casi dell’art. 423 c.p.p.225

.

Il quadro viene complicato alla luce dell’indirizzo che , nel caso di imputazione difettosa, assegna al giudice il compito di sollecitare il pubblico ministero affinché ne emendi il vizio descrittivo226. Tuttavia in questo caso lo sbarramento dell’art 421 co.3 c.p.p. all’utilizzo delle indagini suppletive avrebbe l’effetto di impedire una formulazione dell’accusa in due tempi; infatti il pubblico ministero non potrebbe venir meno al dovere stabilito dall’ art.417 lett.b c.p.p. sul presupposto che i risultati delle successive indagini consentiranno di sanare le lacune dell’imputazione227

. Dal punto di vista sistematico, non convince la scelta di limitare l’utilizzabilità delle indagini suppletive

224

A. Caselli Lapeschi la continuità investigativa 225

T.Rafaraci le nuove contestazioni secondo il quale l’ampiezza della formula nel corso dell’udienza consentirebbe la modifica sulla base della mera rivalutazione degli esiti delle indagini preliminari e sul piano temporale, anche in sede di discussione

226 Cass sez un. 20 dicembre 2007 battistella in c.e.d. 238239 227

È vero che le Sezioni unite nella sent. 20 dicembre 2007 non riconoscono la legittimità di una simile anomalia e che sono fuori dal sistema indagini suppletive tese ad individuare gli esatti contorni di un’accusa delineata in termini generici (M.L. Di Bitonto l’attività d’indagine) ma di fatto, la sollecitazione del giudice permette al pubblico ministero di rimodulare ex post l’imputazione.

128 per mettere un freno ad abusi nell’esercizio dell’azione penale che portano a svilire obblighi sottesi all’art.112 Cost.

Altro limite che discende dall’art. 421 co.3 c.p.p. :sarebbe consentito presentare al giudice gli elementi raccolti mediante le indagini suppletive solo fino all’inizio della discussione. Si tratta di una preclusione che la stessa Corte costituzionale, nel sostenere la tesi della continuità investigativa, ha escluso. Secondo la Consulta, sarebbe all’origine di un’evidente distonia l’ipotesi in cui il giudice dovesse sollecitare ulteriori indagini che il pubblico ministero ha già svolto, medio tempore, di sua iniziativa228; risulterebbe poi irragionevole una disciplina tale da contemplare indagini non utilizzabili ai fini della decisione sul rinvio a giudizio, ma idonee a sostenere una richiesta di revoca ex art. 434 c.p.p. dunque se l’assunto è che il p.m. può svolgere indagini parallele all’intero corso dell’udienza preliminare, allora questi argomenti risultano solidi. Concludendo, in tema di indagini suppletive, il piano che attiene alle regole d’uso non può essere sganciato dal profilo dei vincoli cronologici: ove questi ultimi manchino, diventa illogico ricavare dall’art. 421 co.3 c.p.p. una causa d’inutilizzabilità. Il rilievo dimostra come, il nodo stia nel prevedere un termine che, una volta esercitata l’azione penale, ponga fine all’attività investigativa.

Al fine di stabilire il regime d’utilizzabilità delle indagini integrative229è importante la dimensione finalistica dell’art. 430 co.1 c.p.p. che è segnata dalle richieste al giudice del dibattimento. Questa

228 D. Manzione l’attività integrativa 229

È importante precisare che, al divieto di compiere atti per i quali sia prevista la partecipazione del difensore o dell’imputato e a quello posto dall’art. 430-bis c.p.p. si aggiungono i limiti riguardanti l’attività della polizia giudiziaria, legittimata ad agire solo su delega del pubblico ministero ( G.M. Baccari le indagini integrative, G. Varrasole indagini) di diverso avviso è la giurisprudenza di legittimità: c. Cass. Sez. II 4 maggio 2011, Esposito in C.e.d. 250567 secondo la quale è sufficiente che il p.m. ratifichi, formulando le richieste istruttorie al giudice, l’operato della polizia giudiziaria; Cass. Sez II 28 marzo 1995 Lorusso

129 proiezione fonda un meccanismo selettivo, del quale vanno messe a fuoco le coordinate. Con riguardo alla disciplina codicistica il 2°comma dell’art. 430 parla di immediata discovery degli atti compiuti230; il 3°comma invece si riferisce alle allegazioni degli stessi al fascicolo del pubblico ministero ove le parti se ne siano servite per formulare istanze al giudice dibattimentale e quest’ultimo le abbia accolte231.

La prima questione da affrontare riguarda il significato del sostantivo

<<richieste>>. Con il passaggio al dibattimento, diventa centrale la

formazione dialettica della prova. Di conseguenza, l’attività d’indagine non può avere che un ruolo accessorio, cioè di strumento funzionale alle iniziative istruttorie delle parti. Nell’art. 430 c.p.p. si annida un rischio, cioè che i poteri investigativi riconosciuti al p.m. permettano di correggere un’accusa generica…questo è un problema che si pone soprattutto nell’ipotesi dell’art. 550 c.p.p.; nelle altre, all’imputazione difettosa dovrebbe porre rimedio la verifica giurisdizionale dell’udienza preliminare. Per impedire possibili patologie, basterebbe valorizzare il nesso tra istruzione probatoria e nuove contestazioni: del resto, la disciplina codicistica è rigorosa nel fissarlo ( artt. 516-518 c.p.p.) in questo modo verrebbe precluso al pubblico ministero di rimodellare l’accusa direttamente sulla base del materiale

230 In caso di omesso deposito M.L. Di Bitonto, l’attività d’indagine, ritiene sussistente soltanto la nullità dell’atto d’indagine; invece secondo G. Varrasole

indagini, alla nullità di quest’ultimo per violazione del diritto di difesa si

aggiungerebbe l’inutilizzabilità della prova omologa. La violazione dell’obbligo di discovery genera un vizio del procedimento di acquisizione dell’elemento di prova: di qui una compressione del diritto di difesa da cui discende una nullità a regime intermedio che, nel caso di specie, rende inutilizzabile l’atto investigativo; il ricorso ad un mezzo di prova è eventuale, ma una volta che esso sia avvenuto, l’atto di discovery è un vero e proprio passaggio obbligatorio del processo. Resta fermo che il deposito deve avvenire secondo cadenze tali da consentire l’esercizio del diritto alla prova , altrimenti si impone una sospensione del dibattimento per il tempo necessario a ripristinare la parità delle parti

231 Ne deriva che i verbali e la documentazione depositati sono custoditi in un fascicolo ad hoc, nel quale restano, ove non siano successivamente soddisfatte le condizioni previste per l’inserimento in quello del pubblico ministero

130 investigativo; di conseguenza il materiale acquisito ai sensi dell’art. 430 c.p.p. potrebbero trovare spazio solo all’interno della struttura tematicamente predefinita, ma nello stesso tempo aperta e inventiva del rito dibattimentale. Il percorso dovrebbe muovere da una richiesta istruttoria che se accolta, determinerebbe l’inserimento dei verbali sui cui si fonda nel fascicolo del p.m. ( art. 433 co.3 c.p.p.); all’assunzione della prova potrebbe poi seguire la modifica dell’accusa232

. È noto l’indirizzo giurisprudenziale che consente di sganciare la mutatio

libelli dagli esiti dell’istruzione. L’apertura di questa breccia ha

ricadute sull’art. 430 c.p.p. tra gli atti d’indagine suscettibili di fondare la nuova contestazione si fanno rientrare anche quelli di natura integrativa233. Se la richiesta di prova ex art. 493 c.p.p. può basarsi in via diretta sugli esiti delle indagini integrative, così non è per quelle formulate in un momento successivo: a giustificarle devono essere le risultanze dibattimentali; ne deriva che oltre lo snodo dell’art. 493 c.p.p., le indagini integrative assumono un rilievo solo mediato: consentono di orientare l’istruzione in modo da acquisire elementi utili poi a sostenere un’istanza di natura probatoria.

Il tema focale tuttavia è racchiuso nell’art. 433 co.3 c.p.p. che impone una verifica sull’ammissibilità della domanda istruttoria che trovi fondamento in un atto d’indagine integrativa; se il vaglio è favorevole quest’ultimo transita nel fascicolo del p.m.

Nulla si dice però sul regime che governa l’uso dei verbali così acquisiti. Il silenzio normativo è ritenuto da molti il frutto di una scelta mediata: le regole d’utilizzabilità sarebbero implicite nell’allegazione

232T.Rafaracile nuove contestazioni

233 Cass. Sez un 28 ottobre 1998 Barbagallo non lo afferma espressamente, ma implicitamente legittima tale conclusione.

131 prevista dall’art. 433 co.3 c.p.p.234. l’inserimento nel dossier del p.m.

comporterebbe una piena equiparazione agli atti ivi già contenuti: su questo piano, per usare le parole della Corte cost.<< nessuna norma autorizzerebbe a distinguere235>> le indagini integrative. Eppure l’art. 430 co 1 c.p.p. nel consentire un’attività di ricerca successiva alla chiusura dell’udienza preliminare, ne delimita, allo stesso tempo lo scopo: le richieste al giudice del dibattimento. La riforma del giusto processo, nel ripristinare la separazione tra fasi, ha relativizzato il peso dibattimentale delle indagini; potrebbe pertanto ritenersi superata l’esigenza di mettere un freno all’impiego degli elementi acquisiti secondo il canale dell’art. 430 c.p.p. Bisogna inoltre ricordare come alla base dell’art. 111 Cost vi sia una forte opzione metodologica che impone di considerare gli atti unilaterali inutilizzabili nel dibattimento, ed è proprio alla luce di questa regola che si giustifica il limite stabilito dall’art. 430 co.1 c.p.p.236: l’uso ai soli fini dell’art. 190 c.p.p. delle

indagini svolte dopo l’udienza preliminare serve a rafforzare la tutela del contraddittorio; soltanto cosi il ruolo delle indagini integrative diventa davvero ancillare rispetto all’istruzione dibattimentale.

4.4 Art. 414 c.p.p. e le esigenze di nuove investigazioni

Il discorso da affrontare ha lo scopo di far luce sui rapporti tra i limiti