L’eccessiva durata dei processi, oltre ad incidere sul buon funzionamento dei meccanismi di acquisizione della prova, rappresenta ormai <<un pericolo per il rispetto dello stato di diritto in Italia>>84e impone di adottare con urgenza le opportune misure. Ben presto si sviluppa l’impegno della dottrina per conferire rango costituzionale al canone dello speedy trial, secondo una linea di pensiero che irradia anche il tema dei rapporti tra speditezza dell’iter processuale e garanzie della difesa.Una volta rivelatosi difficile l’aggancio all’art. 24 Cost., viene sottolineato il nesso del diritto ad un giudizio rapido con la presunzione di non colpevolezza, suscettibile di influire sulle modalità del processo, per far si che l’imputato possa beneficiare di una verifica in tempi brevi circa la fondatezza dell’ipotesi accusatoria a suo carico85
. All’esegesi del diritto interno si si affianca, poi, quella ispirata dalle fonti internazionali. Prende corpo la tesi secondo cui le norme delle convenzioni internazionali, alla luce della clausola d’impegno inserita nella legge delega del 1987, avrebbero assunto rilievo ex art. 76 Cost., nella veste di principi e criteri direttivi. Per quel che riguarda i diversi modi di intendere il canone della ragionevole durata, due gli assunti portati a sostegno della vocazione oggettiva della direttiva costituzionale: il differente tenore
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Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, risoluzione interinale ResDH (2005) in data 30 novembre 2005.
85In questi termini v. L. Marafioti, la separazione dei giudizi penali, Giuffrè, Milano 1990
60 dell’art. 111 comma 2 Cost. (<<la legge ne [del processo]assicura la ragionevole durata>>) rispetto a quello dell’art. 6 Cedu (<<ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole>>); la necessaria conformità del sistema al valore dell’efficienza, in virtù del principio di ragionevolezza enucleabile dall’art. 3 Cost.86
In senso diametralmente opposto viene valorizzato il legame tra la prima e la seconda parte dell’ art. 111 comma 2 Cost: referenti dello speedy trial sarebbero i medesimi titolari del contraddittorio, vale a dire i soggetti che assumono il ruolo di parti; ad essere favorito dovrebbe essere l’imputato, messo a riparo dall’eventuale dilatarsi oltre misura ragionevole, dei tempi processuali. A certificare che spetterebbe al ‘tempo’ piegarsi difronte alle garanzie della difesa e non viceversa sarebbe, l’art. 111 comma 3 Cost., là dove riconosce all’imputato il diritto di disporre del tempo e delle altre condizioni indispensabili per preparare la difesa. Chiuderebbe il cerchio lapotestasagendi dell’imputato per i danni patiti in seguito alla violazione dell’art. 6 Cedu.
Per i sostenitori di garanzie soggettive il bene primario è quello cristallizzato dall’art. 24 comma 2 Cost. per la cui salvaguardia i tempi del processo possono essere dilatati senza che sia configurabile alcuna frizione con l’esigenza della ragionevole durata. È ritenuto così un falso problema la ricerca del punto di equilibrio tra la ragionevole durata e le garanzie difensive, essendo fattori che spingono nella medesima direzione: quella della tutela dell’imputato87
. La tesi contrapposta vuole le garanzie oggettive, individuate dal comma 2
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P. Ferrua, il giusto processo tra modelli, regole e principi, in Dir. Pen. Proc. 2004. Intendono il principio della ragionevole durata come componente oggettiva del giusto processo anche M. Chiavario, giusto processo- II) processo penale, in Enc. Giur. Treccani vol XV Roma 2001; E. Marzaduri, art.1 , l. cost. 23/11/1999 n. 2 – inserimento dei principi del giusto processo nell’art. 111 della Costituzione , in Legisl. Penale 2000; V. Grevi, il principio della ragionevole durata come garanzia oggettiva del giusto processo penale, in Cass. Pen. 2003
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61 della norma costituzionale, fissare i requisiti di base nel processo in via autonoma e logicamente pregiudiziale al piano di quelle soggettive (comma 3) 88. Alla ragionevole durata andrebbe poi riconosciuta valenza prioritaria rispetto alle garanzie sancite dagli altri canoni che concorrono a definire il ‘giusto processo’; s’imporrebbe, quindi, una coerente opera di bilanciamento, allo scopo di impedire che l’attuazione degli altri valori risulti squilibrata nell’ottica dei tempi processuali89. La funzione di limite logico sottesa all’esigenza di speditezza, viene accentuata con riferimento a quelle garanzie che si allontanano dall’art. 111 Cost. per ricondursi solo all’area coperta dall’art. 24 comma 2 Cost. Sotto questo profilo, la ragionevole durata detterebbe al legislatore due vincoli: non dilatare a dismisura il catalogo delle garanzie ulteriori rispetto a quelle che sono espressione dell’art. 111 Cost; predisporre gli strumenti utili a reprimere quelle condotte rivelatesi meramente dilatorie.
La tesi che esalta la componente oggettiva della ragionevole durata poggia sul ricorso alla tecnica del bilanciamento per connotare i rapporti tra l’interesse alla speditezza ed i valori potenzialmente antagonisti. La valenza oggettiva del canone che impone la ragionevolezza dei tempi processuali schiuderebbe le porte al giudizio di ponderazione con le esigenze di segno opposto; il ragionamento giuridico basato sulla dicotomia regole/principi farebbe da sfondo alla ricerca del punto di equilibrio utile a prevenire ovvero a comporre i possibili conflitti. I piani enucleabili sono due: uno interno al principio della ragionevole durata e consiste nell’individuare il significato da attribuire al testo costituzionale; l’altro riguarda i rapporti tra
88 V. Grevi il principio della ragionevole durata, cit. 89
V. Grevi il principio della ragionevole durata , cit. per l’assunto secondo il quale <<garanzie processuali e celerità del processo sono valori non facilmente compatibili, ed anzi per lo più obiettivamente alternativi, nel senso che spesso ai fini della rispettiva realizzazione si pongono tra loro in un rapporto di inversa proporzionalità>>.
62 l’aspirazione alla celerità dell’accertamento, gli altri canoni del ‘giusto processo’ e il diritto di difesa. A questo punto il bilanciamento nasce proprio dall’esigenza di disciplinare rapporti tra interessi rivali.
Tuttavia il canone di ragionevolezza dei tempi processuali non opera limitatamente alla fase introdotta dall’esercizio dell’azione penale, ma coinvolge anche quella delle indagini preliminari90. Anche la Corte europea impone di sganciare l’incidenza della ragionevole durata da rigidi schematismi dettati dalla scansione in fasi del procedimento. Sul presupposto che letture restrittive finirebbero per tradire la ratio più intima dell’art. 6 Cedu, in attrito con il ruolo centrale ricoperto dal diritto al procèséquitable, la Corte ha optato per linee interpretative ‘autonome’. Allo scopo di stabilire il dies a quo del lasso di tempo rilevante ai fini dell’art. 6 Cedu, la Corte europea nel fissare il momento in cui una persona è accusata, ha plasmato una nozione ‘sostanziale’ di accusa, adattabile ai sistemi dei diversi Stati. Così per accusa, in seno all’art. 6 Cedu, deve intendersi l’atto con il quale la persona viene ufficialmente messa a conoscenza dell’addebito formulato a suo carico; a rilevare però non sono le qualifiche formali, ma le ripercussioni che si verificano nella sfera giuridica del soggetto. ‘Accusa’ è un concetto mutabile, essa può identificare molteplici atti e snodi, quali l’arresto, la formulazione dell’imputazione e l’avvio delle indagini. Tutte queste linee interpretative, offrono ulteriori appigli alla tesi che estende l’incidenza della ragionevole durata a ritroso, verso le indagini preliminari; non può essere dimenticata, a riguardo, l’esigenza di assicurare effettività ai princìpi enunciati dall’art. 6 Cedu, anche in un’ottica tale da favorire l’armonizzazionedella disciplina interna agli orientamenti espressi dai giudici di Strasburgo. Emerge da ciò come la fase preliminare non possa essere considerata refrattaria all’incidenza della ragionevole durata: le indagini sono costellate da plurime
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63 occasioni in cui l’individuo subisce, nella sua sfera giuridica quelle ripercussioni evocate dalla Corte europea per segnare il dies a quo91. Quindi lasciare fuori dall’ambito di operatività della garanzia in esame l’arco procedimentale che si colloca a monte dell’imputazione significherebbe creare le basi di uno scarto tra Convenzione europea e disciplina interna; ne discenderebbe un deficit rispetto all’art. 6 Cedu.
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In tema di equa riparazione prevista dalla c.d. Legge Pinto, la giurisprudenza di legittimità attribuisce rilievo alla fase delle indagini preliminari, ma solo a partire dal momento in cui il soggetto abbia avuto conoscenza della pendenza del procedimento.
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