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Dal destino ebraico non c‟è modo di fuggire, se non sulla luna

Rahel Levin (1771-1833) ha diciannove anni quando, nel 1790, gli amici cominciano a riunirsi da lei per trascorrere il tardo pomeriggio e la serata nella sua mansarda della Jägerstrasse: «La sua intelligenza fresca, originale, anticonformista, associata a un vivo interesse per la gente e a una natura appassionata, ne fece la più brillante delle padrone di casa ebree»31. Se il salotto ebreo di Berlino è lo spazio sociale fuori

della società, «la mansarda di Rahel era fuori delle convenzioni e dei costumi anche del salotto berlinese»32. Le modeste, ma famose serate nella soffitta di Rahel radu-

nano una società veramente mista, aristocratici “illuminati”, intellettuali borghesi e attori, tutti coloro che, come gli ebrei, non appartengono alla società rispettabile. Il suo salotto, «per definizione e deliberatamente, si pose così ai margini della società e non ne condivise le convenzioni e i pregiudizi»33.

L'atmosfera dei salotti berlinesi, che annulla le differenze di classe come quelle di religione, sembra riflettere la neutralità della Prussia in quel tempo di guerre contro Napoleone, e protegge le minoranze che si avviano a diventare interessanti per la lo- ro eccentrica volontà di emancipazione: le donne e gli ebrei.

Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo, comincia ad aprirsi l'accesso allo spa- zio pubblico per le donne, anch‟esse soggetti da liberare e innalzare allo status di esseri umani – è del 1791 la Déclaration des droits de la femme et de la citoyenne redatta da Olympe de Gouges e del 1792 la Vindication of the Rights of Woman, pubblicata da Mary Wollstonecraft –; e così molte donne cominciano ad occupare luoghi d'eccezione, che giustificano la loro presenza in una realtà in cui non sono previste. Se in Francia l‟inclusione delle donne nei saloni letterari è già divenuta

29 Ivi, p. 11.

30 H. Arendt a K. Jaspers, lettera del 7 settembre 1952, cit., p. 115. 31 H. Arendt, 1951a, cit., p. 83.

32 H. Arendt, 1958b, cit., p. 64. 33 H. Arendt, 1951a, cit., p. 83.

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una prassi da qualche decennio, in Prussia il fatto che le donne ricoprano ruoli di rilievo è una novità assoluta ancora negli ultimi scorci del Settecento. La società di corte, a Berlino, è a predominanza maschile ed è famosa per la sua noia; la consorte di Federico II conduce vita a parte rispetto al marito, il quale preferisce la compa- gnia di altri uomini e dei suoi levrieri. Di regola, le donne non sono ben accolte nelle riunioni degli studiosi e nei caffè letterari. Dunque rompere questa regola è, da par- te delle giovani ebree34, doppiamente audace, dal momento che solitamente esse

subiscono restrizioni ancor più severe, e sono ancor più irreggimentate delle loro coetanee cristiane. E poi un conto è che a tenere salotto siano una duchessa o una francese dell'alta borghesia, un altro che le anime dei salotti siano invece una si- gnorina nubile, oppure la moglie di un cambiavalute privo di diritti o quella di un mercante di tè.

In questi salotti si sperimentano nuove forme di espressione e di dialogo tra artisti e intellettuali, attori e nobili, donne e uomini, ebrei e non ebrei. I salotti di Berlino si mantengono al di fuori del sistema delle classi sociali, costituendo così una libera arena in cui aristocratici prussiani indipendenti o eccentrici Possono mescolarsi in- formalmente a poeti del ceto medio, a scrittori, attori, e giovani ebree ed ebrei che certo non incontrerebbero, se non di rado o forse mai, a casa propria. Durante una visita a Berlino, Madame de Staël osserva che i salotti ebraici sono, nell'intera Ger- mania, gli unici luoghi di libero incontro fra borghesi e aristocratici a non puzzare di birra e di fumo.

La vita dei salotti berlinesi ha «una genesi rapida e una breve durata. Nacque nella “Berlino dotta” dell'illuminismo35, e ciò spiega la sua neutralità sociale. Nella sua

34 Sulle donne ebree e i loro salotti si veda E.D. Bilski - E. Braun, 2005.

35 All‟epoca dell‟Illuminismo, in Prussia si verificano due condizioni che favoriscono la nascita, negli

ebrei, del desiderio di integrarsi nel paese in cui già vivono o nel quale sono emigrati. La prima condi- zione è il diffondersi degli ideali illuministici di libertà e uguaglianza; la seconda è la presenza, nella comunità ebraica, di un personaggio come Moses Mendelssohn, il quale riesce a raggiungere la miglior posizione allora consentita ad un intellettuale ebreo e lavora perché anche gli altri ebrei desiderino in- tegrarsi nella società e amino la cultura e l‟ideale della bildung tedesca. La Germania dell‟epoca è divi- sa in tanti staterelli, e in ciascuno la comunità ebraica subisce un trattamento più o meno discrimi- nante. In Prussia viene concessa, previo pagamento di una tassa altissima, l‟emigrazione di numerose famiglie di ebrei ricchi provenienti da Vienna e, grazie a continue elargizioni di denaro, questa comuni- tà ha maggiori possibilità rispetto alle altre di far studiare i giovani e di accedere a quegli ideali illumi- nistici che vanno via via diffondendosi in tutta Europa. Lungi dall‟essere unita e compatta nel suo mo- do di vivere l‟ebraismo, questa comunità presenta una gran varietà di posizioni e di atteggiamenti nei confronti della società tedesca: si va da atteggiamenti laici e cosmopoliti alla scelta di abbracciare la fede cristiana pur di non sentirsi esclusi, alla negazione di ogni possibilità di integrazione. Tutto que- sto avviene in una società in evoluzione: la realtà geopolitica della Germania non è fissata una volta per tutte, tanto meno l‟acquisizione, la diffusione e la messa in pratica dell‟egualitarismo introdotto dalla rivoluzione francese. E così nel corso dell‟Ottocento la condizione degli ebrei subisce una regres- sione, dovuta al diffondersi degli ideali romantici dell‟unicità nazionale e della cultura di „razza‟; nello stesso periodo iniziano però a circolare anche le idee di Marx, e alcuni intellettuali ebrei vedono nel comunismo una possibilità di riscatto. Il contributo dato da intellettuali, poeti, scrittori, filosofi, musi- cisti e scienziati ebrei alla cultura tedesca è altissimo, anche se non sempre e non unanimemente ri- conosciuto. Tra la metà del Settecento e l‟avvento di Hitler al potere, la storia della Germania è segnata anche da guerre alle quali gli ebrei partecipano nei ranghi più bassi dell‟esercito (di più non è loro permesso), pur di dimostrare che sono degni di far parte di quel popolo cui si sentono tanto stretta- mente legati. È solo con l‟instaurazione della repubblica di Weimar che gli ebrei possono ricoprire cari- che politiche, avere incarichi nelle università e abitare dove vogliono; in aggiunta non hanno più l‟obbligo di tassazione superiore a quella di un qualsiasi cittadino tedesco. Ma la repubblica di Weimar ha un pesantissimo debito contratto dai diplomatici guglielmini alla fine della prima guerra mondiale; ad esso si aggiunge la crisi economica del Ventinove, ed è facile individuare il capro espiatorio negli e- brei, che in pochi anni hanno cambiato il loro peso nella società che conta, pur continuando ad essere una minoranza. È questo, in estrema sintesi, il percorso proposto da A. Elon, 2002, una delle fonti storiche utilizzate per questo capitolo. Se lo studio di Elon abbraccia quasi duecento anni di storia (1743-1933), quello contenuto in R. Koselleck, 1967 – l‟altra nostra fonte storica per questo capitolo –

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forma effettiva e rappresentativa durò solo dalla Rivoluzione francese fino allo scop- pio della […] guerra del 1806»36. Questa società è in buona sostanza un «prodotto

dell‟illuminismo fridericiano»37, e la sua parziale arretratezza rispetto ai tempi è la

ragione del suo tipico isolamento e, di conseguenza, della sua natura privata. La venerazione per le donne che si respira nei salotti deriva proprio dalla considerazio- ne che si ha per la vita privata, «una sfera che per natura appare più congeniale alla donna che all'uomo»38. Alla fine del Settecento, «l‟interesse per gli “esseri umani in-

teressanti” […] è diventato generale: tutto ciò che è intimo ha acquistato un caratte- re pubblico, e tutto ciò che è pubblico un carattere intimo»39. Ci si può concedere il

lusso di essere indiscreti perché la vita privata – nella quale manca l‟elemento dell‟intimità – ha acquistato una qualità pubblica e oggettiva. Va detto che Arendt usa parole durissime per commentare il modo con cui Rahel pratica l'introspezione, con il plauso dei suoi amici e dei suoi eroi:

«Come la riflessione annienta nell'atmosfera la precisa situazione reale, così circonda anche ogni elemento soggettivo con l'aura sacra dell'oggettività, della dimensione pubblica, dell'estrema suggestione. Nell'atmosfera si cancellano i confini tra sfera intima e sfera pubblica; quella intima viene resa pubblica e quella pubblica diventa conoscibile e comunicabile solo in quella intima, e, in- fine, nel pettegolezzo»40.

Il risultato di questo atteggiamento è «quella storicità personale che rende la propria vita, i cui dati possono essere registrati, una sequenza di eventi oggettivi, quali che siano questi eventi»41. In fin dei conti, è il desiderio di essere testimoni di molte vite

e molti eventi la sola giustificazione e la «vera origine di questa indiscrezione»42 e

quindi della stessa società dei salotti.

I nuovi salotti di Berlino legano per un breve periodo la causa dell'emancipazione ebraica a quella delle donne. Ma nel complesso questi luoghi di riunione, a differen- za dei loro equivalenti francesi, sono apolitici e si preoccupano quasi esclusivamen- te di promuovere le arti e il culto romantico dell'amicizia. Col loro marcato erotismo sentimentale, costituiscono per un certo periodo una sorta di massoneria, una „con- giura del cuore‟, e un rifugio sicuro per i non conformisti. Il merito di aver inaugu- rato il culto di Goethe in tutta la Germania va attribuito alle salonnières ebraiche che – come pure la maggior parte degli habitués dei loro salotti – hanno poco più di vent'anni. Tutti loro idealizzano la condivisione dei pensieri più intimi e lo scambio di doni e lettere in codice, e ai loro occhi la chiave dell'integrazione passa attraverso il culto della Bildung, così come la definisce Goethe nei Wilhelm Meisters Lehrjahre [Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister], 1796: la formazione della personalità e del carattere individuali in accordo con gli ideali dell'Illuminismo. Il Meister sugge-

si focalizza su un periodo più breve, 1791-1848. Dalla ricostruzione di quell‟importante riforma origi- naria che è il Codice generale prussiano di Federico il Grande, e dalle contraddizioni in esso presenti tra il ruolo fondamentale di unificazione giuridica che oggettivamente svolge e la difesa dell‟antico or- dinamento cetuale che consapevolmente realizza, Koselleck passa alla funzione innovativa della buro- crazia statale, vero artefice della modernizzazione prussiana e forse in qualche misura sopravvalutata, per giungere infine alle dinamiche sociali che tale processo innesca, e all‟inevitabile resa dei conti del 1848.

36 H. Arendt, 1932d; trad. it. p. 94. 37 Ibidem.

38 Ivi, p. 97. 39 Ibidem.

40 H. Arendt, 1958b, cit., p. 29. La critica dell'introspezione è dunque una critica politica: già in queste

pagine Arendt intende preservare la distinzione fra il privato e il pubblico, e mostrare come l'introspe- zione possa rendere impossibile il giudizio politico. Lo si vedrà nel seguito di questo capitolo.

41 H. Arendt, 1932d, cit., p. 98. 42 Ivi, p. 99.

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risce che la chiave della personalità moderna – come della sua sfera d'azione quoti- diana – non la si trovi tanto in attività specifiche, quanto in una peculiare disposi- zione d'animo43. Dunque i giovani ebrei pensano che, pur restando ebrei, Bildung44

e Kultur possano renderli tedeschi al cento per cento.

È importante puntualizzare che i salotti ebrei, anche se centri di una colta monda- nità, non sono un segno del radicarsi degli ebrei tedeschi nella società. Al contrario, proprio perché si trovano al di fuori della società, divengono, per breve tempo, una sorta di territorio neutrale nel quale si incontrano le persone colte. Nella rigida at- mosfera della vita sociale prussiana, l'informalità dei salotti è la loro più forte attrat- tiva. A Berlino non esiste ancora l'università, e sotto Federico Guglielmo II la vita di corte continua ad essere insopportabilmente piatta; gli orizzonti culturali della clas- se media cristiana in ascesa sono ancora limitati. Nei salotti, invece, le vivaci pa- drone di casa ebree coltivano conversazioni piene di spirito e una piacevole socievo- lezza. Nelle spaziose e comode case di famiglia, le salonnières intrattengono gli ospi- ti nelle prime ore della sera con una mescolanza di letture poetiche, di tartine e di bibite.

Il salotto di Rahel è tra i più noti e frequentati di Berlino, e per lei rappresenta un‟opportunità sociale irripetibile, nonché la sua legittimazione: «In questo ambien- te Rahel scopre infatti il fondamento della sua vita, lo spazio nel quale essere accet- tata socialmente. Il salotto è la sua realtà sociale. Finché esiste questa realtà lei non ha bisogno né del matrimonio né del battesimo»45. È solo dopo il 1806 – l‟anno in

cui la Prussia perde la guerra con Napoleone e Francesco II rinuncia alla corona imperiale –, che Rahel è costretta a cercare un'altra strada per esistere, per non es- sere esclusa dalla storia e per non essere dimenticata: la società, infatti, subisce il contraccolpo della crisi politica, e i salotti tornano nelle mani dei rappresentanti dei ceti più agiati. La buona società berlinese abbandona i salotti ebrei con incredibile rapidità, e già nel 1808 questi luoghi di riunione vengono soppiantati dalle case del- la burocrazia titolata e dell'alta borghesia. Il breve incontro fra vere personalità – si duole Rahel, l‟«epoca in cui eravamo tutti insieme»46 – ha fine quando il suo circolo

naufraga al pari di una nave «con tutti i beni più belli della vita, una nave che por- tava la bellezza dei saperi»47. Gli aristocratici e gli intellettuali romantici diventano

antisemiti e, benché ciò non significhi da parte loro l'abbandono di tutti gli amici ebrei, l'innocenza e lo splendore sono irrimediabilmente scomparsi. Inoltre, non ap- pena l'introduzione della legislazione napoleonica in vaste regioni della Germania accende il dibattito sull'emancipazione degli ebrei, l'indifferenza ebraica ai diritti ci- vili e politici si trasforma in aperto timore: l'emancipazione avrebbe liberato insieme con gli ebrei colti la massa arretrata, e l'eguaglianza avrebbe cancellato quella pre- ziosa distinzione su cui era manifestamente fondata la loro posizione sociale. Quando finalmente l'emancipazione viene attuata, non pochi fra gli ebrei più assi-

43 G.W. Goethe, 1795-96. Romanzo privo di un vero e proprio centro, come ha dichiarato lo stesso Go-

ethe, il Meister fa convergere i molteplici fili del racconto proprio nel protagonista. La storia di Wilhelm Meister ha la forma simbolica di un viaggio, il viaggio che l'uomo intraprende alla ricerca di sé e della felicità. Particolari e dettagli apparentemente marginali acquistano senso e necessità solo se conside- rati dal punto di vista privilegiato del protagonista e non solo del narratore. Nella stessa sovrabbon- danza di particolari e di dettagli va riconosciuto il segno di una distanza tra personaggio e realtà che è appunto compito della "formazione" colmare. Il risultato di tale formazione sarà il raggiungimento di un'armonia tra io e mondo, una sorta di compromesso tra individuo e società, in cui si colloca il com- pimento esistenziale e psicologico della persona.

44 Su Bildung, ebraismo e filosofia della vita suggeriamo la lettura dei saggi raccolti in F. Rosenzweig,

2000.

45 H. Arendt, 1932f; ed. inglese p. 28 (traduzione mia). 46 H. Arendt, 1958b, cit., p. 128.

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milati cercano una via d'uscita nella conversione al cristianesimo, ritenendo eviden- temente tollerabile e non pericoloso essere ebrei prima dell'emancipazione, non do- po48.

Alcune ore dopo la sconfitta militare della Prussia, nell'ottobre del 1806 a Jena, He- gel guarda fuori dalla finestra e vede l'ingresso trionfale di Napoleone a cavallo in città. Il filosofo ha la sensazione di assistere a niente meno che alla fine della storia; per i servi, gli ebrei e la maggior parte della popolazione svantaggiata la storia sta invece per cominciare. Napoleone riduce spietatamente la Prussia a quello che era prima delle vaste conquiste di Federico II, e di quella che per quasi mezzo secolo è stata una grande potenza europea non rimane che un moncherino di Stato che ha perso gran parte del suo reddito, metà della popolazione e quasi la metà del territo- rio. La maggior parte degli ebrei prussiani si ritrova di colpo a far parte dell'appena creato Granducato di Polonia, mentre quelli che restano all'interno del così ridimen- sionato Stato prussiano si aspettano di vedersi finalmente concedere i diritti civili. I liberali prussiani guidati da Karl August von Hardenberg, il nuovo cancelliere (ami- co e protettore di David Friedländer), guadagnano terreno: inducono il sovrano ri- luttante a liberare i servi, ad abolire le corporazioni medievali e le punizioni corpo- rali, a stabilire ordinamenti municipali più tolleranti. Il re però è riluttante a conce- dere pieni diritti di cittadinanza agli ebrei prussiani; solo ai più ricchi di loro, a Ber- lino, due anni dopo la grande sconfitta una nuova ordinanza concede lo stesso sta- tus civile degli altri, ma non la piena cittadinanza, e comunque solo una piccola minoranza ne trae un beneficio reale. Altrove nelle terre tedesche, nei territori an- nessi dalla Francia metropolitana e nei nuovi Stati vassalli francesi gli ebrei vengo- no finalmente emancipati, e vengono loro concessi pieni diritti politici. Dunque la vera svolta nella storia sociale degli ebrei tedeschi non avviene nell'anno della di- sfatta della Prussia, ma due anni più tardi, nel 180849.

In seguito al trattato di pace del 1807 – come si è già detto – la Prussia perde con le province orientali la maggioranza della sua popolazione ebraica; gli ebrei rimasti nel suo territorio sono in ogni caso ebrei protetti, cioè godono già dei diritti civili sotto forma di privilegi individuali, per cui l'emancipazione municipale si limita a legaliz- zare tali privilegi. Per quanto questi decreti di emancipazione – come pure la perdita delle province in cui vive la maggioranza degli ebrei prussiani – abbiano scarso peso politico in merito all'effettivo miglioramento delle condizioni ebraiche, essi hanno tuttavia un forte impatto sociale, nonché enormi conseguenze sociali. Prima del 1807 gli ebrei protetti hanno costituito in Prussia appena il venti per cento circa della popolazione ebraica. Quando viene emanato il decreto di emancipazione, essi costituiscono la maggioranza, e non rimane che un misero dieci per cento di ebrei stranieri a fare da contrasto: vengono a mancare l'oscura povertà e l'arretratezza da cui si sono distinti così vantaggiosamente gli ebrei „eccezionali‟ per ricchezza e cul- tura50. E questo sfondo, tanto essenziale come base di confronto per il successo so-

ciale e l'orgoglio, non tornerà più ad essere quel che è stato prima di Napoleone. Gli ebrei eccezionali sono di nuovo semplicemente ebrei, i rappresentanti di un popolo disprezzato.

È importante ricordare che, se gli Stati tedeschi rifiutano a lungo di adottare misure emancipatorie nei confronti degli ebrei, tra il 1789 e il 1791 la Francia invece ha già promulgato l'uguaglianza civile dei cinquantamila ebrei del Regno. Così, all'inizio dell'Ottocento, in Germania per la coscienza popolare il nemico ha il volto del fran- cese (il trauma delle guerre di Luigi XIV viene riacceso da quelli della Rivoluzione e

48 Cfr. H. Arendt, 1951a, cit., pp. 78-95. 49 Cfr. A. Elon, 2002, cit.; trad. it., pp. 61-90. 50 Cfr. H. Arendt, 1951a, cit., pp. 78-95.

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delle guerre napoleoniche) e dell'ebreo. Provenendo dai francesi vincitori, l‟emancipazione degli ebrei scatena contro di loro un'insopportabile collera, che tal- volta sfocia anche nella violenza. Il rifiuto dell'Illuminismo e della Rivoluzione fran- cese che accompagna la reazione del 1815 in Germania, specialmente negli stati cattolici dove il clero è potente, è inseparabile dal rifiuto dell'emancipazione degli ebrei. Trasmesso dagli strati borghesi colti a quelli popolari sin dagli anni 1815-20, il nazionalismo tedesco sfocia nel 1819 in moti sanguinosi che colpiscono diverse comunità ebraiche. Nell‟agosto del 1819, la città bavarese di Wurzburg viene colpita da un‟improvvisa ondata di disordini, iniziati alla locale università. Nel corso di una cerimonia accademica, un professore piuttosto anziano che si è da poco pronuncia- to a favore della concessione dei diritti civili agli ebrei, deve fuggire per sottrarsi all'aggressione di alcuni studenti inferociti. I disordini si estendono poi alle strade, dove agli studenti si uniscono negozianti, artigiani e operai disoccupati. Due perso-