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ATLANTE CRONO-TIPOLOGICO DELLE TECNICHE MURARIE E DELLE APERTURE 1 Premessa

5. Tecniche murarie e edilizia del complesso archeologico di S Pietro in Pava

5.1 Diacronia delle vicende costruttive

Le fasi edilizie più antiche che sono state riconosciute dalle indagini, sono ascrivibili al periodo medio-imperiale (II-III secolo d.C.). Le strutture superstiti compongono un corpo rettangolare absidato con ambienti annessi verso nord, che ipotizziamo dovessero esistere anche sul lato meridionale, non ancora esplorato dalle attività di scavo. La parziale planimetria è confrontabile con vari contesti residenziali di età imperiale55 ma rimanda pure

a soluzioni adottate nelle ville rurali di epoca tardoantica, nelle quali l’aula absidata aveva l’importante ruolo di sala di rappresentanza56. Le murature risultano in pessimo stato di

conservazione a causa delle pesanti azioni di spoliazione avvenute in momenti successivi: abbiamo a che fare, quindi, con molte fondazioni murarie o, al massimo, con degli elevati composti da pochi filari. Le tecniche riconosciute sono in sostanza tre. La prima, costituita da paramenti in mattoni sesquipedali e legati da buona malta (tipo B), è individuabile nell’abside e in due ulteriori strutture legate ad esso. L’abside doveva prevedere delle volte realizzate con tubuli a siringa57, i cui resti

frammentari sono stati individuati abbondantemente in alcuni strati di livellamento di epoca posteriore58. I

pavimenti, invece, erano caratterizzati con probabilità da superfici mosaicate delle quali sono state rinvenute solo scarsissime tracce59. I restanti ambienti sono formati

da muri irregolari con materiali lapidei a spacco o non lavorati, legati principalmente da argilla (tipo D1); non sembra possibile prevedere per gli stessi, un alzato in deperibile, visto che non è stato riconosciuto alcun indizio significativo a riguardo. Infine, all’interno dell’aula absidata, si individua una struttura di forma rettangolare costruita in tegole legate da malta (tipo C), che è interpretabile come vasca o “impluvium” grazie anche alla presenza di una canaletta in laterizi in rapporto con essa. Questa prima fase edilizia, quindi, risulta caratterizzata da una convivenza di più tecniche costruttive, povere o di qualità migliore, scelte probabilmente in base alla tipologia e alla funzione della struttura da realizzare. Possono essere avanzate, inoltre, alcune considerazioni di tipo prettamente economico. Se l’utilizzo di materiale lapideo non lavorato, comunemente riscontrato nelle murature, fa pensare ad un approvvigionamento presso i locali giacimenti o semplicemente allo “spietramento” dei campi, l’impiego di mattoni sesquipedali presuppone l’esistenza di uno specifico mercato, sorto grazie alla plausibile presenza di fornaci in aree limitrofe, ad oggi, non ancora ben localizzate60. Per quanto riguarda i paramenti in tegole della vasca, invece, è

55 Ad esempio MAIOLI 2000, pp. 183-184. 56 FELICI 2016, p. 1691; SFAMENI 2006, pp.86-96.

57 In riferimento ai tubuli si veda particolarmente ARSLAN 1965. 58 FELICI 2016, p. 1694.

59 FELICI 2016, p. 1693.

60 Nelle vicinanze, l’unico complesso produttivo indagato, anche se databile al primo impero, risulta quello

possibile ipotizzare un recupero da un precedente edificio, forse situato nelle vicinanze, o, addirittura l’esistenza di un vero e proprio commercio di materiale da copertura dismesso61.

Tra IV e V secolo, probabilmente a seguito di un temporaneo abbandono del sito, l’ambiente laterale a nord risulta utilizzato come sepolcreto dove si distingue, in posizione centrale, una tomba “alla cappuccina” ad un solo spiovente di tegole62; in questo stesso arco cronologico,

ma forse in un momento successivo alla deposizione funeraria, l’intero complesso di Pava viene interessato da lavori di ampliamento con la costruzione di nuovi ambienti in direzione ovest e la riorganizzazione di alcuni spazi preesistenti. In sostanza, viene riproposta un’aula absidata con analogo orientamento, spartita internamente con una doppia fila di arcate a tre fornici; lo spazio compreso nella conca absidale, sopraelevato e pavimentato in cotto, risulta accessibile per mezzo di una scalinata63. I paramenti murari vengono essenzialmente

realizzati in tegole di recupero più o meno frammentarie, legate da malta o argilla (tipo C), secondo una tipologia confrontabile con quella registrata nei recenti scavi della villa dei “Vetti”64. Il complesso, inoltre, doveva prevedere degli ambienti laterali, dei quali

sono emersi soltanto alcuni tratti nelle ultime campagne di ricerca. A questa stessa fase, o a quella immediatamente anteriore, riteniamo appartenessero anche quegli elementi in travertino che completavano il decoro interno, reimpiegati nelle successive opere murarie del sito. Si tratta nello specifico di colonne cilindriche e basi sagomate, opere di maestranze specializzate, sulle cui superfici sono spesso riconoscibili le tracce di uno strumento a lama dentata, probabilmente una gradina.

Alla fine del V secolo si data la conversione del complesso in edificio ecclesiastico65 che prevede

il riutilizzo della grande sala absidata e la parziale ricostruzione dei perimetrali; vengono, inoltre, realizzati ex novo alcuni ambienti funzionali ai lati e un’ulteriore abside ad oriente in

attribuito al ceramista Umbricio Cordo. situato nel territorio di Montepulciano, presso il confine con Torrita di Siena (PUCCI 1992, p. 82 e ss). Nel corso della redazione della Carta Archeologica di S. Giovanni d’Asso, sono state individuate solo alcune fornaci di età ellenistica nelle aree più prossime al sito di Pava (FELICI 2012, pp. 133-134).

61 Cfr. BACCHETTA 2003, pp. 48, 140-141. 62 FELICI 2016, p. 1693; FELICI 2016a, p. 6. 63 FELICI 2016, pp. 1694-1695.

64 CANTINI 2017, pp. 28, 30. 65 FELICI 2016, p. 1696.

corrispondenza dell’area presbiteriale. Per ragioni planimetriche e dimensionali è stata avanzata l’ipotesi di una committenza importante, probabilmente identificabile con lo stesso centro episcopale aretino66. La maggioranza di queste nuove strutture viene realizzata

con pietre non lavorate o semplicemente “spaccate” di dimensioni variabili, poste in opera in maniera irregolare e legate da argilla (tipo D1). I paramenti erano rivestiti da intonaci, generalmente di colore bianco, ma che potevano presentare anche una colorazione rossa o addirittura decorazioni floreali, come è

stato riconosciuto nell’area più prossima all’altare67. Tuttavia, persiste l’uso delle

tegole (tipo C) per la realizzazione di opere strettamente legate al culto come si vede nel banco e nel recinto presbiteriale, nonché nel fonte battesimale ad immersione. L’argilla risulta ancora il legante più utilizzato, anche se talvolta viene impiegata insieme a malta piuttosto grossolana. Nelle strutture superstiti degli ambienti laterali meridionali, invece, è stata registrata la tecnica D2 che doveva caratterizzare i paramenti anche in elevato; tale ipotesi troverebbe conferma nel ritrovamento di una porzione muraria conservata intatta a livello di crollo (circa 80 cm di altezza), riconducibile ad uno dei prospetti degli stessi ambienti e da questi plausibilmente collassata dopo l’abbandono.

Le indagini hanno permesso di identificare, inoltre, due principali categorie di piani pavimentali: superfici a cocciopesto e superfici caratterizzate dal riuso di tegole da copertura. La prima tipologia è stata documentata nella conca absidale occidentale e all’interno del fonte battesimale; in entrambi i casi lo strato di cocciopesto è stato sistemato sopra un piano di preparazione costituito da frammenti omogenei di laterizi di piccole dimensioni disposti di taglio. La seconda categoria, invece, è riscontrabile soltanto in uno degli ambienti laterali verso nord (ambiente II/D); in questo contesto è stato possibile osservare alcuni resti pavimentali caratterizzati da tegole private delle alette e posizionate per piano con abbondante malta.

Nel corso del VII secolo, dopo un periodo di crisi del complesso con apice nella fase bellica “greco-gotica”, avviene un primo rifacimento dell’edificio ecclesiastico, forse finanziato da quell’élite longobarda che aveva fatto seppellire alcuni familiari presso la struttura religiosa68.

La chiesa viene essenzialmente ridotta con l’abbandono di quasi tutti gli ambienti laterali (eccetto l’ambiente II/C) che saranno convertiti in area cimiteriale; inoltre, viene promossa la riedificazione del tetto, e per tale finalità sarà installata nelle vicinanze una fornace per

66 FELICI 2016, pp. 1702-1703.

67 CAMPANA et alii 2008, p. 24; FELICI 2016, p. 1701.

68 Questa ipotesi è stata avanzata dopo il rinvenimento di due sepolture, di cui una dotata di corredo, databili al VII secolo. Cfr. FELICI 2016, p. 1709.

la cottura dei laterizi69.

Tra VIII e IX secolo, è databile un’ulteriore ristrutturazione generale che prevede l’impiego di tecniche costruttive grossolane e irregolari da associare alla già nota tipologia D1. Innanzitutto, viene definitivamente rasata l’abside ovest e sostituita da un allineamento murario rettilineo; frontalmente a tale struttura, viene realizzata una piccola abside, probabilmente legata al culto delle reliquie. L’area presbiteriale risulta riorganizzata e ridimensionata: il muro sud del recinto viene abbattuto e spostato più a nord, realizzando una struttura in blocchi di pietra non lavorati o di riuso con alzato in argilla frammista a

laterizi frantumati regolarmente a forma di cubetti70. Il presbiterio è scandito e separato

dalla navata da muretti simili a quello appena descritto, caratterizzati, anche in questo caso, da alzati in materiale povero71. Verso nord, nell’unico ambiente annesso rimasto, avviene

una riorganizzazione e suddivisione degli spazi interni con addossamenti al muro portante occidentale, dettati con probabilità da esigenze statiche e strutturali. All’esterno dello stesso vano, invece, vengono posizionate due basi di colonna di reimpiego, a scandire un possibile punto di accesso.

L’ultima stagione costruttiva della chiesa è databile al X-XI secolo e restituisce tipologie murarie direttamente riconducibili al “proto-romanico”. L’edificio è praticamente ridotto ad un semplice corpo rettangolare con l’abbandono dell’abside orientale e la costruzione di una nuova facciata. Anche l’area presbiteriale viene stravolta, con lo spostamento dell’altare ad ovest, dove prima sorgeva la piccola abside. Al centro della navata, viene sistemato una grossa struttura circolare in conci squadrati di travertino, interpretabile come base del fonte battesimale; inoltre, al perimetrale meridionale vengono addossati due pilastri rettangolari per evidenti finalità statiche. Le opere murarie sono caratterizzate soprattutto da conci di travertino piuttosto squadrati e posizionati su filari tendenzialmente orizzontali e paralleli con l’impiego di malta (tipo E); in questo caso, quindi, è possibile pensare ad un coinvolgimento di maestranze specializzate. L’intera struttura sarà, tuttavia, abbandonata nel corso dell’XI secolo, per cause non del tutto chiarite, e il sito in rovina verrà plausibilmente spoliato dal cantiere della nuova chiesa di S. Maria, portato a termine

69 CAMPANA et alii 2008, p. 26; FELICI 2016, p. 1709. 70 CAMPANA et alii 2008, p. 27.

71 CAMPANA et alii 2008, p. 26.

sulla collina soprastante entro il 105772.

In conclusione, l’edilizia del sito di Pava può essere riassunta in alcuni punti chiave. L’edificio di età medio-imperiale (II-III secolo d.C.) conserva tracce di strutture qualitativamente buone e riconducibili alla tradizione costruttiva dell’opus testaceum (tipo B) seppur coesistendo con tecniche murarie di livello decisamente inferiore, associabili all’opera incerta (tipo D) o frutto del recupero di tegole dismesse (tipo C). A questa fase o alla tarda antichità vanno ascritti quegli elementi architettonici dell’arredo interno (colonne e basi in travertino ben rifinite a gradina nelle superfici), che si configurano evidentemente come opere di maestranze specializzate. La tarda antichità (IV-V secolo), invece, è principalmente rappresentata da paramenti in tegole da copertura (tipo C), pratica che perdura fino allo scadere del V secolo in concomitanza con l’innalzamento dell’edificio religioso paleocristiano. Il primo cantiere della chiesa, tuttavia, evidenzia un generale impoverimento dell’edilizia mettendo in opera murature irregolari (tipo D), registrabili fino al IX secolo, con un frequente ricorso al reimpiego di materiale antico (var. D2).

Scarse sono le tracce di alzati in materiali deperibili, ipotizzabili per strutture non portanti di VIII-IX secolo, che dovevano prevedere l’impiego di argilla mescolata con frammenti regolari di laterizi. Soltanto tra X e XI secolo, è possibile rilevare un ritorno a strutture di buona qualità grazie al plausibile coinvolgimento di specifiche figure professionali; la realizzazione di conci squadrati che donano regolarità ai vari paramenti, fanno infatti pensare alle tipiche murature da “scalpellino”.

Fig. 27 - Ampliamento della struttura originaria, IV-V secolo d. C. Fig. 26 - Prima fase dell’edificio riconoscibile dagli scavi, II-III secolo d.C.

Fig. 28 - Conversione della struttura in edificio ecclesiastico, fine V secolo

Fig. 31- Riduzione della chiesa a pianta rettangolare, X-XI secolo Fig. 30 - Fasi di restauro e abbattimento dell’abside occidentale, VIII-IX secolo