• Non ci sono risultati.

ATLANTE CRONO-TIPOLOGICO DELLE TECNICHE MURARIE E DELLE APERTURE 1 Premessa

5 CAPEZZUOLI-GANDIN 2004.

2.2 La pietra calcarea

Genericamente, si definiscono “calcari” tutte quelle rocce carbonatiche di origine marina che si sono formate nei fondali attraverso l’accumulo di particelle di carbonato di calcio6. Le ricerche hanno riscontrato l’impiego di questa tipologia lapidea in alcuni

cantieri dell’antichità (ad esempio nel sito archeologico di Pava) e dei secoli medievali (vedi Montelifré o Montalceto), suggerendo come possibili aree di approvvigionamento i depositi localizzabili nelle zone di Rapolano-Montalceto e di Trequanda-Montisi-Petroio, caratterizzati principalmente da rocce carbonatiche massicce e/o stratificate, e in minor misura, da rocce carbonatiche massicce e/o vacuolari (cavernose). Dai giacimenti di Montalceto doveva provenire anche quella qualità di calcare dalla colorazione grigia e rossastra, che fu impiegata agli inizi del IV secolo nel pavimento a mosaico della villa di Asciano7.

Sul versante opposto, rivolto alla Val d’Arbia e alla città di Siena, invece, alcuni resti murari riconducibili alla canonica di S. Maria di Salteano, furono realizzati in età romanica con i materiali litici trasportati plausibilmente dalla Montagnola senese. Si tratta della cosiddetta “pietra da torre”, termine generico usato per definire il litotipo largamente impiegato nell’edilizia di Siena tra XI e XIV secolo, ma che in realtà identifica sia le rocce carbonatiche brecciate (breccia di Grotti) che il ben noto calcare cavernoso8.

Come attestano alcune fonti trecentesche, tuttavia, la pietra calcarea veniva utilizzata anche per altri scopi. Nel 1323, ad esempio, un tale Nero di Giovanni prende in affitto un appezzamento boschivo nella comunità di Montisi per la costruzione di una fornace da calce,

6 ANTONELLI-LAZZARINI 2004, p. 23. 7 GALLI 1925, p. 264.

8 GANDIN et alii 2008.

con la possibilità di sfruttare liberamente il legname e i locali giacimenti litici9. A Montalceto,

invece, i documenti ricordano anche l’esistenza di cave di pietra dedicate alla specifica produzione di ruote da macina; la proprietà di una di queste cave era compartecipata tra la stessa comunità di Montalceto e un cittadino senese, ma risultava appaltata a scalpellini locali (magistri molarum)10.

2.3 L’arenaria

Classificata fra le rocce sedimentarie clastiche, in quanto originata dalla litificazione di sabbie erose da rocce preesistenti11, l’arenaria rappresenta un altro materiale da costruzione

frequentemente impiegato nell’edilizia del nostro territorio. Prime significative attestazioni vengono registrate per i secoli centrali del Medioevo, sia dalle stratigrafie portate alla luce dallo scavo di S. Pietro ad Asso12 che dall’architettura religiosa romanica conservatasi in

elevato. Se escludiamo proprio S. Pietro, legato con probabilità a zone estrattive di “pietra serena” situate nella porzione nord-ovest del territorio di Montalcino13, annoveriamo

soprattutto dei contesti che si appoggiavano ai principali bacini di approvvigionamento dell’area Trequanda-Montisi-Petroio e alla più ricca stratificazione esistente tra Rapolano e Poggio Pinci. E’ possibile evidenziare, talvolta, come certi cantieri abbiano fatto un uso simultaneo dell’arenaria e del travertino, oppure di un’altra pietra calcarea, donando ai paramenti delle chiese ascrivibili al romanico maturo, il tipico effetto bicromatico. Questa soluzione è visibile proprio a S. Pietro ad Asso e nella Canonica di S. Pietro in Villore, ma, forse, doveva essere caratteristica anche della pieve di S. Nazzario e della scomparsa Canonica di S. Maria di Salteano, situata in Val d’Arbia; quest’ultima struttura era connessa, probabilmente, ai giacimenti di arenaria individuabili presso la città di Siena14.

Per la successiva fase basso-tardo medievale, viene confermato un massiccio utilizzo di questo litotipo nelle località più prossime ai luoghi di estrazione; a Montisi, infatti, l’arenaria risulta il principale materiale da costruzione rivolto alla realizzazione di intere strutture (fortificazioni, edifici civili e religiosi), mentre in altri centri fortificati limitrofi (Montelifré, Montalceto, Montecalvoli, Castelnuovo Grilli/Bersi, Gallico), questo materiale lapideo viene posto in opera insieme alla pietra calcarea, in percentuale variabile a seconda dei siti e spesso impiegato per le angolate o per la definizione delle aperture.

2.4 L’argilla

Presente in elevata percentuale nel nostro territorio (circa il 72%), l’argilla viene classificata tra le rocce sedimentarie clastiche incoerenti15 e, come è noto, il suo ruolo nell’edilizia è

principalmente legato alla produzione di laterizi. Nel corso delle ricognizioni di superficie, è stato possibile reperire una notevole quantità di laterizi da copertura (coppi e tegole), associabili a contesti etrusco-romani e caratterizzati da un’abituale presenza di inclusioni negli

9 BARLUCCHI 2017, pp. 106-107. 10 BARLUCCHI 2017, p. 111. 11 CAGNANA 2000, pp. 19-20; ANTONELLI-LAZZARINI 2004, pp. 21-22. 12 HOBART et alii 2012. 13 HOBART et alii 2012, p. 192. 14 MORETTI-STOPANI 1981, p. 169. 15 CAGNANA 2000, p. 81; ANTONELLI-LAZZARINI 2004, pp. 21-22.

impasti (ad esempio la chamotte) che, tuttavia, tenderà progressivamente a scomparire nel corso dell’età imperiale. Al III-IV secolo si datano alcuni lacerti murari emersi dalle indagini di scavo condotte nel sito di Pava16; si tratta di strutture realizzate con laterizi dalla tipica

forma “triangolare”, ottenuta ritagliando mattoni di modulo quadrangolare (testae) lungo la diagonale prima della posa in opera17. A partire dal IV secolo e per tutto l’altomedioevo,

invece, assistiamo ad un frequente riuso dei materiali provenienti da fabbricati preesistenti o in abbandono; in quest’ottica vanno letti quegli elevati tardoantichi realizzati in tegole, secondo una pratica costruttiva ricordata secoli prima già dallo stesso Vitruvio18, così come

alcuni paramenti di generica datazione altomedievale della pieve di S. Ippolito di Asciano, contraddistinti dalla presenza di mattoni più o meno frammentari19 chiaramente recuperati

da un edificio pertinente alla fase etrusco-romana20. L’unica struttura produttiva censita per

i secoli altomedievali è la fornace da laterizi di VII secolo scoperta a Pava durante le ricerche archeologiche21.

Intorno al XII secolo, la generale ripresa delle produzioni registrata nel senese, favorisce la re-introduzione dei laterizi nelle nuove costruzioni, ma, almeno fino al Duecento, questi verranno impiegati ancora in maniera piuttosto complementare al materiale lapideo22. Dei

concreti esempi sono visibili nei paramenti absidali delle pievi romaniche di S. Agata ad Asciano e di S. Vito in Verzuris, anche se, ancora una volta, è stato accertato un discreto reimpiego di laterizi di generica età antica23. La ricostruzione in mattoni della parte superiore

di S. Pietro in Villore, avvenuta probabilmente a seguito di un crollo, è invece attribuibile al XIII-XIV secolo24, quando oramai registriamo una larghissima diffusione di questo materiale

nell’edilizia, confermata anche dai molteplici riferimenti contenuti nelle fonti scritte, essenzialmente trecentesche, in merito all’esistenza di fornaci nelle comunità di Castelnuovo Bersi, Montisi, Chiusure e Asciano25. Nella Val d’Asso si individuano vari esempi di strutture

fortificate interamente o prevalentemente costruite in cotto (S. Giovanni, Castelletto Accarigi, Castel Verdelli, Gallico) così come, nella zona di Chiusure è possibile individuare una serie di cantieri, già quattrocenteschi, rivolti alla fortificazione del Borgo di S. Angelo

in Luco26 e alla costruzione del complesso abbaziale di Monte Oliveto27. La produzione dei

mattoni, nel caso specifico di Monte Oliveto, avviene sul posto: il monastero garantisce al maestro fornaciaio e ai suoi aiutanti l’ospitalità per il periodo lavorativo (vitto e alloggio) e

le masseritie che sono necessarie al decto lavorio, oltre alla paga pattuita28.

Le misurazioni effettuate sui mattoni di determinati campioni murari, hanno restituito dati

16 FELICI 2016, p. 1691.

17 ADAM 1988, pp. 157-163; GIULIANI 2010, pp. 199-202.

18 VITRUVIO, II, 8-19; si veda anche CAGNANA 2000, p. 106 e BACCHETTA 2003, p. 147. 19 GABBRIELLI 1990, p. 170; GABBRIELLI 2008, p. 346.

20 Si riconoscono numerosi laterizi con impasto tipo “chamotte” reimpiegati nelle murature. 21 CAMPANA et alii 2008, p. 26; FELICI 2016, p. 1709.

22 A Siena il laterizio è riscontrato dalla seconda metà del XII e i primi anni del XIII secolo. Cfr. BIANCHI 1991, pp. 12-13; GABBRIELLI 2010, p. 28.

23 Come per il caso di S. Ippolito sopra riportato, si tratta di laterizi realizzati con impasto tipo “chamotte”, reperiti plausibilmente nelle immediate vicinanze.

24 GABBRIELLI 1990, p. 105; MORETTI -STOPANI 1981, p. 67; MORETTI 1990, p. 312. 25 BARLUCCHI 1997, pp. 93, 210, 222; BARLUCCHI 2017, pp. 108-109; BARLUCCHI c.s. 26 Da ultimo BROGI 2018, pp. 39-40.

27 In particolare SCARPINI 1952, p. 65 e ss. 28 PICCINNI 1982, p. 183.

piuttosto simili per i secoli XIV-XV, e sostanzialmente in linea con i parametri senesi noti dalle fonti d’archivio29 e dai casi di studio30. Soltanto i mattoni dei paramenti della quattrocentesca

chiesa di Monte Oliveto presentano misure che si discostano nettamente dal panorama generale; questo è probabilmente spiegabile con la presenza in loco di fornaci di proprietà non vincolate da alcuna normativa31. L’argilla cruda aveva un discreto impiego come legante

ed era utilizzata anche come materiale da costruzione per strutture parietali (pisé)32 delle

quali si conservano solo pochi esemplari, ascrivibili al XIII secolo, nel palazzo signorile della famiglia Bandinelli ad Asciano33. Alcuni alzati in argilla mescolata a laterizi regolarmente

frammentati sono stati ipotizzati nei contesti altomedievali dello scavo di Pava34, mentre

ulteriori casi, purtroppo non più verificabili, ci provengono dalla documentazione scritta: agli inizi del XIV secolo, infatti, sappiamo che i primi monaci olivetani avevano costruito con mezzi propri un palatium terreum, ancora visibile intorno alla metà del Quattrocento35; la

lira del 1478, invece, ci informa dell’esistenza di antiche muraglie in terra presso la fortezza di Montebaroni che, secondo quanto dichiarato da uno dei proprietari, richiedevano un’onerosa manutenzione annuale36. Va comunque sottolineato che, soprattutto nelle

campagne, la tradizione di costruire strutture in terra è stata mantenuta fino all’epoca moderna, così come è ampiamente attestato anche nella vicina Valdichiana37.

29 In particolare BALESTRACCI-PICCINNI 1977, p. 68.

30 Si veda soprattutto CORSI 1991; CAUSARANO 2017, p. 151.

31 Nel 1411, in concomitanza con il cantiere della chiesa, è documentato a Monte Oliveto il maestro fornaciaio Antonio di Bartolo da Montefiore che doveva operare in strutture messe a disposizione dallo stesso Monastero. Verso la metà del Quattrocento esisteva ancora, come riferisce la cronaca di Antonio da Barga, la fornace originale costruita dagli stessi monaci agli inizi del XIV secolo. Cfr. CHRONICON MONTIS OLIVETI, p. 17; PICCINNI 1982, p. 183. Per il cantiere della chiesa intrapreso a partire dal 1401 fino al generalato di Lorentino Marsuppini (1411-1417) si veda in particolare SCARPINI 1952, pp. 65, 73 e CARLI-MINUCCI 1961, p. 46.

32 In epoca medievale le strutture realizzate in terra erano tipiche dell’area delle crete senesi così come erano diffuse in tutta la Toscana. Cfr. FRANCOVICH et alii 1980, pp. 216-217.

33 PARENTI-SBARDELLATI 2002, p. 33. 34 CAMPANA et alii 2008, p. 27.

35 CHRONICON MONTIS OLIVETI, p. 6; LUGANO 1903, p. 34; CARLI-MINUCCI 1961, p. 39.

36 PASSERI 2002, p. 184. Strutture analoghe sono documentate anche presso Castelletto Accarigi e Castel Verdelli (cfr. PASSERI 2002, pp. 54, 64).

37 Nel corso delle indagini sono state individuate alcune evidenze murarie in terra riconducibili generica- mente all’epoca post-medievale. Per un confronto con la Valdichiana e con la trattatistica settecentesca si veda FRANCOVICH et alii 1980, pp. 213-216; BENCIVENNI-TINI 1985. Nel trattato di Ferdinando Mo- rozzi del 1770 si consiglia in particolare l’utilizzo dell’argilla per la costruzione di forni e di granai (MO- ROZZI 2011, pp. 49-54, 82-84). Per un ulteriore confronto con il territorio abruzzese si veda STAFFA 1994.

Fig. 4 - Depositi litici presso Montisi Fig. 3 - Depositi litici tra Asciano e Rapolano