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Il “Dialogo di Ercole e di Atlante”: dalla mitologia all'immobilità del mondo.

3. IL MONDO E' CADUTO, E NIUNO S'E' MOSSO 79 : LEOPARDI E LUCIANO TRA REALTA', IMMAGINAZIONE E

3.1. Mito, infelicità e decadenza nella satira Menippea delle Operette Morali.

3.1.1 Il “Dialogo di Ercole e di Atlante”: dalla mitologia all'immobilità del mondo.

Nel grande repertorio delle fonti leopardiane che qui ci è impossibile affrontare nella loro totalità e completezza, vediamo risultare di notevole importanza, per quanto riguarda questa specifica analisi, la ricerca degli spunti lucianei: all’interno di tale panorama il secondo dialogo in ordine di comparizione, “Dialogo di Ercole e di Atlante”85, è il primo testo a portare in sé una vera e propria matrice lucianesca. Qui infatti il tema centrale, che ricorrerà frequentemente e più esaustivamente in seguito (si vedrà nel “Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo”), è la decadenza dell'uomo e del mondo.

L'intenzionalità dell'autore legata allo stile di Luciano traspare immediatamente dai toni satirici, dalla lettura svelta e briosa che conduce a sprazzi di grottesco e surreale.

Di fatto i personaggi, qui ancora appartenenti all'universo mitologico, sono protagonisti di un dramma che contrasta però con la vivacità e vitalità delle loro voci, delle loro battute che quasi sembrano non essere conformi alla tragicità del tema affrontato. Tutto è svolto come un

84 Cit. Nicoletta Fabio, L’ ‹‹entusiasmo della ragione››. Studio delle Operette Morali, Le Lettere, Firenze, 1995, p. 124. 85 La stesura risale al 10-13 febbraio 1824.

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gioco, così come quello che Ercole propone ad Atlante: giocare alla palla con la sfera che sorretta dal vecchio sembra disabitata o morta per cercare di risvegliarla e così i suoi abitatori. Di fatto la bizzarra partita a palla che i due si avviano a giocare è la vera invenzione comica del dialogo, così come il timore di Atlante di provocare alla terra ulteriori bernoccoli. Teme di ammaccarla come accadde quando la Sicilia si staccò dall'Italia e la Spagna dall'Africa dando origine all'attuale assetto continentale: inserendo questo paragone Leopardi prende come riferimento il testo lucianeo “Dialogo d'Iride e Nettuno” contenuto nella raccolta dei Dialoghi degli dei marini in cui è l'isola di Delo a essersi staccata dalla Sicilia vagando per il mare, per poi essere fermata da Nettuno che vuole offrire a Latona la possibilità di partorirvi86.

Ercole e di conseguenza Atlante si fanno trasgressori di una legge divina che sembra non essere più valida, diventano demistificatori delle credenze e certezze antiche che Ercole riduce al minimo rassicurando il vecchio dell'impunibilità del loro innocente gioco, e convincendo il lettore della totale libertà nel far ciò che si vuole con una terra ormai defunta.

L'idea del gioco della palla deriva anche dal fatto che la terra sia ormai una “pallottola” leggera i cui abitanti, una volta forti combattenti contro leoni e fiere, adesso

86 Questi riferimenti vengono indicati all'interno di una fonte alternativa posta in calce al testo e le stesse indicazioni

bibliografiche sono presenti nelle Annotazioni marginali “e l'isola di Delo dalla Sicilia. Luciano Dial. D'Iride e Nettuno,

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combattono contro le pulci, andando così a ribadire la piccolezza e la nullità a cui è ridotto l'animo umano. I protagonisti di questo dialogo sono figure divine ancora appartenenti alla mitologia classica, così come lo è l'immagine di Atlante che regge la terra87 e come anche l'offerta di Ercole di sostituirlo un poco per farlo riposare, che richiama alla sua tredicesima fatica, quando convinse il vecchio a rubare i pomi nell'orto delle Esperidi mentre lui appunto sosteneva il mondo in sua vece, per poi però sottrargli i pomi con l'inganno88.

Lo stesso episodio è riscontrabile anche nel dialogo di Luciano intitolato “Caronte”, in cui il traghettatore di anime ha avuto in concessione da Zeus di salire per un giorno sulla terra per osservare la vita umana. Caronte si confronta con Mercurio, al quale chiede di guidarlo nel suo viaggio; nello scegliere una montagna su cui atterrare e citando imprese narrate da Omero (come quella compiuta dai figli di Aloeo che tentarono di sollevare due catene montuose) ecco che dalle parole di Mercurio è introdotta la figura di Atlante che porta sempre un grosso peso sorreggendo la terra, e narra di come suo fratello Ercole avesse proposto al vecchio di cedergli la fatica per farlo riposare un poco.

87 Il mito narra, in realtà, del vecchio Atlante mutato da Perseo nell'omonima catena montuosa che si trova nel

continente africano e che gli antichi credevano fosse il luogo in cui poggiasse la volta celeste. Leopardi fa invece riferimento a una tradizione meno conosciuta che vede Atlante sorreggere la terra.

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Il riferimento compiuto da Leopardi è qui esplicito e diretto nella ripresa di figure che va a ricostruire all’interno del suo stesso dialogo così come i ruoli che queste vanno ad assumere.

Proseguendo nella narrazione e nell'analisi tematica dell'opera vediamo che l’autore cita un secondo episodio mitologico, quello riguardante il personaggio di Epimenide che dormì per cinquantasette anni all'interno di una caverna dopo che il padre lo aveva inviato a cercare una pecora smarrita; qui la vicenda è messa in relazione, attraverso le parole pronunciate da Ercole, al sonno profondo che sembra aver colto l'umanità e il mondo intero, un sonno duraturo proprio come quello di Epimenide.

In questa circostanza, affrontando la tematica centrale dell'operetta, è Leopardi stesso a mettere in nota le fonti da lui consultate in relazione al riferimento mitologico, e oltre a Plinio, Apollonio, Plutarco e Pausania troviamo Luciano con il suo “Timone o il misantropo” in cui compare il personaggio di Epimenide89.

Il dialogo lucianeo si apre con le parole di Timone, parole dure e allo stesso tempo ironiche nei confronti di Giove che sembra essere “cieco, sordo e imbarbogito”90, appunto addormentato, tanto da essere ormai indebolito e non accorgersi delle scelleraggini che accadono nel

89 Cfr. Nota d'autore in Giacomo Leopardi, Laura Melosi (a cura di), Operette Morali, BUR, Milano, 2019, p. 117. 90 Cit. Luciano di Samosata, Tutti gli scritti, a cura di Diego Fusaro, Milano, Bompiani, 2007, p. 149.

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mondo. Timone, quindi supplica Giove di risvegliarsi per tornare a punire le ingiustizie e a governare il cielo, gli chiede di abbandonare il profondo sonno che lo ha colto, ormai più lungo di quello di Epimenide. Dunque in entrambi i casi tale personaggio è richiamato in qualità di paragone per sottolineare la duratura sonnolenza e immobilità, da una parte del re degli dei, dall'altra dell'intera terra.

Subito di seguito l’Ercole leopardiano cita un altro personaggio appartenente questa volta direttamente alla produzione creativa lucianea, si tratta del filosofo stoico Ermotimo che è protagonista dell'omonimo dialogo

“Ermotimo, o delle sette” ma che qui Leopardi inserisce,

con nota di sua mano, in relazione a un altro testo di Luciano, l'“Elogio della mosca”. Seguendo ancora questa citazione il discorso va ampliandosi nella costruzione di nuovi motivi: Leopardi si addentra nella tematica riguardante le sorti dell'anima dopo la morte, collegandosi ancora all'umanità immobile e quindi defunta.

La “favola” che l'autore cita vede Ermotimo narrare della sua anima in grado di lasciare il corpo girovagando anche per molti anni, fino a tornare, riconoscere il corpo da cui era partita e rientrarvi facendo risuscitare il suo proprietario. Questo aneddoto è ripreso nei dettagli proprio dal testo dell’“Elogio della mosca”, in cui lo stesso Luciano utilizza come esempio quello dell'anima di

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Ermotimo per sostenere che la mosca è in grado di rigenerarsi se coperta di cenere dopo essere morta proprio perché, è presumibile, anche l'anima di questi insetti sia immortale: torna, riconosce e risuscita il corpo. Tale citazione a mo' di esempio risulta dunque utile al Leopardi per concludere che il mondo non può dormire in eterno ma ha bisogno che la sua anima torni a vivificarlo, prima che si decida frettolosamente di bruciarlo, come era stato fatto infine con il corpo di Ermotimo per evitare che l'andirivieni dell'anima continuasse all'infinito. Piuttosto ci si dovrà prodigare a scuotere la superficie della terra, a svegliarla dal suo sonno di mezzo secolo per far sì che la sua anima vi trovi ancora dimora.

I richiami tematici fin qui osservati sono inoltre rafforzati da quelli testuali e formali: il vocativo iniziale “Padre Atlante” con cui si apre il dialogo è tipicamente ripreso dai

Dialoghi degli dei di Luciano dove ricorrono in maniera

cospicua i vocativi per rivolgersi agli interlocutori soprattutto di alto rango, e anche qui la deferenza da parte di Ercole è sottolineata dall'anzianità del titano Atlante. Di contro, il vecchio si rivolge a Ercole con un vezzeggiativo (“Ercolino”) che porta a un abbassamento della divinità alla dimensione quotidiana, familiare e comica. Anche i termini rivolti alla terra, protagonista inerte del dialogo, sono spesso vezzeggiativi o diminutivi volti a screditare il suo valore e la sua forza; si tratta di termini come “pallottola, cialda, sferuzza, pagnotta, uovo,

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popone” che oltre a generare leggerezza e scorrevolezza nella lettura hanno l'intento principale di provocare comicità attraverso l'abbassamento e l'irrisione, riprendendo la tecnica tipica della satira lucianea.

Per giungere al successivo dialogo di interesse per questo studio si deve compiere un salto che vede una parentesi che coinvolge i due dialoghi “Dialogo della moda e della

morte” e “Proposta di premi fatta dall'accademia dei sillografi” in cui Leopardi, ancora attraverso creature

letterarie moderne (Moda) e allegorie appartenenti alla tradizione (Morte) nell'uno, e l'austerità burocratica nell'altro, abbandona per un momento le “favole antiche” che avevano caratterizzato le due precedenti operette per concentrarsi su una invettiva satirica che va a colpire direttamente l'atteggiamento della società illuminista e borghese attraverso toni polemici che mirano a screditare i seguaci del progresso con alacre sarcasmo e parodia91.

3.1.2. Tra universo senza uomini e sonno senza sogni,