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2. LUCIANO DI SAMOSATA: LA FORZA DELLA SATIRA E DELLA FANTASIA.

2.2. Scelte letterarie.

L'avvicinamento al dialogo avviene quindi

gradualmente e attraverso il crescente interesse filosofico da parte di Luciano (il dialogo in Grecia e nell'Impero Romano era simbolo di massima espressione filosofica); ma uno dei tratti principali e maggiormente importanti

nella letteratura lucianea, come osservato, è

l'innovazione generata dalla fusione del tradizionale dialogo filosofico con la commedia, andando a creare un vero e proprio nuovo genere letterario.

Luciano, avendo contaminato la forma letteraria più elevata del tempo con il suo tratto di commediografo, si trova a dover difendere la scelta compiuta e le caratteristiche del proprio stile all'interno di un trattatello intitolato “A chi gli diceva: «Tu sei un Prometeo nel dire»”:

qui l'autore esplica le ragioni della propria scelta letteraria

e offre una vera e propria definizione della sua stessa opera dicendo che “perocchè l'essere ella composta di due

cose bellissime, che sono il dialogo e la commedia, non fa che ella sia bella, se l'unione non è armonica e di leggiadra proporzione […]. Da prima non erano molto amici e famigliari tra loro il dialogo e la commedia: quello ritirato in casa, e nei passeggi solitari ragionava con pochi; questa datasi a Bacco, stava sul teatro, e scherzava, faceva ridere, motteggiava, e talvolta camminava in cadenza a suon di flauto […] dava la baia agli amici del dialogo”48

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così preannunciando ed evidenziando quella che diventerà caratteristica distintiva della sua scrittura. Grazie a questo innovativo uso di dialogo e commedia riesce a emergere pienamente l'intento satirico dell'autore che nelle raccolte dei Dialoghi dei morti,

Dialoghi degli dei e Dialoghi degli dei marini esprime con

totale libertà. Luciano, infatti, mette in atto una fusione tra il suo sapere e la creazione fantastica, così come accade anche nei dialoghi esterni a queste raccolte, generando un forte effetto dissacratore evidente anche in testi di argomento prettamente filosofico-morale.

Il riso lucianeo che riesce a emergere dalle due o più parti dialoganti, è un riso dissacrante ma soprattutto “demolitore”, in quanto va a colpire quelle cosiddette pseudo-verità di cui i filosofi si fanno vanto. Quindi il dialogo platonico, usato da Luciano come modalità di espressione predefinita, è arricchito e meglio plasmato dai tratti della commedia, una commedia, è necessario dire, sicuramente ispirata a quella di Aristofane che proprio nella “Storia Vera” fa la sua comparsa nel ruolo di “savio scrittore”; attraverso questa mescolanza, quindi, Luciano riesce a mettere in atto un meccanismo disturbatore e dissacrante, appunto, la cui inevitabile conseguenza è il riso.

Compiendo ciò l’autore, che ha ormai fatto suo il modello platonico con le adeguate manipolazioni, si rivela molto più vicino a un'altra figura rispetto a quella del filosofo

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delle idee, e si tratta del cinico Menippo, come abbiamo già potuto osservare citando il legame con la satira menippea. Da tale figura non solo riprende la beffarda comicità ma ne emula alcune caratteristiche che ritroviamo in opere a lui esplicitamente dedicate (“Icaromenippo”, “Il Menippo, o la negromanzia”, i trenta

Dialoghi dei morti): si tratta del rifiuto di ogni potere e

convenzione, della derisione dei vizi, dei luoghi comuni, delle falsità49.

Inoltre, è importante osservare che la forma dialogata scelta da Luciano evidenzia un tema nuovo all'interno di questa letteratura, si tratta dei “discorsi opposti” o “doppi discorsi” che vedono i partecipanti alla discussione (solitamente due, che si rimbalzano “botta” e risposta) arroccati nel proprio punto di vista, nella difesa della loro unica posizione, lontani dalla possibilità di mettersi in dubbio e ascoltare l'altro. Questa modalità usata dall'autore gli è utile anche per strappare, ancora una volta, una risata al lettore, evidenziando l'aspetto ridicolo di due personaggi che si accapigliano e lottano intensamente per delle inezie, senza arrivare ad alcuna conclusione proprio per la mancanza di un vero e proprio scambio fatto di ascolto e comprensione delle posizioni altrui.

Ancora una volta emerge la critica verso un mondo creato sulla base di certezze dogmatiche accettate come fossero

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una fede, un monito da seguire senza razionalizzare o problematizzare il contesto.

L'uso del dialogo sembra qui essere l'unica e la miglior forma per mettere in atto l'intento satirico nei confronti dei contemporanei, così come accade per Leopardi, il quale compie una scelta analoga proprio sulle orme dell'autore greco, per poter esprimere il proprio disdegno e il proprio punto di vista sulla sua contemporaneità50. Inoltre, l'osservata vicinanza con Platone come fonte di ispirazione, porta Luciano a usarne soprattutto i tratti letterari, servendosi spesso delle sue opere per crearne parodie: genera vere e proprie allegorie degli antichi sistemi filosofici e generi letterari (come si può notare soprattutto nella “Storia Vera”).

In questo modo si sviluppa la satira definita come puramente lucianea, sulla critica delle filosofie contemporanee: l'autore mette in atto creazioni basate su caricature, contesti esagerati o inventati andando contro alla visione comune che l'uomo ha della filosofia, quella visione che la pone come rimedio ai mali della vita, come contenitore di tutte le risposte dell'universo. Questo accade attraverso la messa in atto di un sistema parodico basato sul duplice atteggiamento dell'autore di ammirazione e mancanza di rispetto nei confronti del modello prescelto, per arrivare a ottenere un solido

50 Cfr. Francesca Mestre, Lucien, les philosophes et les philosophies, in «Itaca. Quaderns Catalans de Cultura Clàssica»,

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intreccio testuale, spesso ambivalente e oscillante, dal quale ricavare la possibilità di generare aperte critiche e riso.

Luciano oltre a mettere in atto questa valutazione nei confronti della filosofia, esprime disapprovazione verso quegli uomini che vanno alla continua ricerca di una strada da seguire affidandosi ciecamente alla prima falsa dottrina che incontrano. I saggi di quel tempo vengono infatti raffigurati quasi unicamente come bugiardi, falsi, ipocriti ed egoisti con l'unico scopo di arricchirsi a discapito degli uomini che a loro si affidano.

Di fatto quella che Luciano mette in atto è una satira molto aspra che colpisce il pubblico della sua epoca e che resta viva anche nelle letture successive; è una satira che l'autore sceglie però di compiere, la maggior parte delle volte, attraverso maschere, personaggi fittizi, creazioni fantastiche dietro le quali nascondersi e grazie alle quali, però, esprimersi in totale sincerità e franchezza.

La forza che il samosatenese riesce a sviluppare grazie alle sue parole deriva inoltre dalla mescolanza di generi già menzionata: la fusione di dialogo e commedia ha la capacità di coinvolgere e allo stesso tempo destabilizzare il lettore; la mimesi del dialogo socratico-platonico che caratterizza la maggior parte di quelli lucianei riprende inoltre quella giusta dose di tradizione filosofica classica che non è quindi certamente cancellata; infine l'atmosfera creata dalla ripresa delle discussioni tipiche

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dello spirito del banchetto, in cui le persone di cultura riunite per creare legami e consolidare identità sono “obbligate” a partecipare con discorsi e discussioni (i silenzi non sono ben accetti poiché denotano cattivi invitati, anche se talvolta possono rappresentare la scelta saggia di non rispondere) generando scontro e convivialità allo stesso tempo.

Anche la parte visuale, la partecipazione data dall'osservare i gesti, i volti degli interlocutori, l'arredamento circostante o gli spettacoli è fondamentale per la coesione del dialogo. Questi tratti sono ripresi pienamente nella forma usata da Luciano, che raffigura spesso i suoi personaggi intenti nello scambio di opinioni così come quei filosofi o saggi che prediligono il banchetto

come luogo d'incontro, spesso addirittura

monopolizzandolo e generando un'atmosfera tipica di scuola di retorica51. Ed è così che Luciano riesce a rispettare il canone tradizionale della costruzione del simposio e allo stesso tempo ne distrugge i cardini ridicolizzando i personaggi che popolano quello stesso ambiente.

Oltre alla prediletta forma dialogica Luciano si esprime anche attraverso lo stile della cosiddetta biografia

51 Cfr. Johann Goeken, Éloge et description: l'esprit du banquet dans La Salle (Peri tou oikou) de Lucien in Discorsi alla

prova. Atti del V Colloquio italo-francese. Discorsi pronunciati, discorsi ascoltati: contesti di eloquenza tra Grecia,

Roma ed Europa, Dipartimento di Filologia Classica F. Arnaldi dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, Napoli, 2006, pp. 205-211.

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pamphletaria od opuscolo che si presta alla messa in atto

di polemiche di carattere politico o di critiche di ordine filosofico, morale, sociale.

Così in testi come “Vita di Demonatte”52, “Della morte di

Peregrino”53 e in “Alessandro, o il falso profeta”54 Luciano si diletta a scrivere della vita di personaggi a cui vuole dedicare le sue lodi oppure che vuole condannare, seguendo il carattere convenzionale tipico del genere letterario della biografia, risalente all'epoca classica. “Vita

di Demonatte” rappresenta uno dei pochissimi esempi

positivi di filosofia praticata da una figura che per integrità di valori e vita impeccabile riesce ad autenticare i propri insegnamenti. Demonatte, filosofo cinico, è infatti posto al di fuori dalla cerchia di tutti i litigiosi che combattono per l'affermazione della loro verità: così l'autore seguendo la formula del genere biografico classico dedica una piccola parte della narrazione alla vita del filosofo e quella restante alla citazione dei suoi detti di forte valore educativo che sono la rappresentazione stessa del suo pensiero filosofico.

Ma Luciano lascia il proprio segno di riconoscimento arricchendo il genere biografico con la propria inevitabile

52 Biografia volta a glorificare Demonatte, saggio ateniese contemporaneo all'autore, attraverso la narrazione di episodi

della sua vita e attraverso la citazione di sue massime e pensieri.

53 Racconto biografico in cui vengono denunciate le imposture del presunto saggio Peregrino, che si immolò sul fuoco

osannato dai suoi seguaci, attraverso il quale Luciano denigra la credulità e stupidità umana.

54 Opera in cui viene narrata la vita del truffatore Alessandro, che fonda un oracolo e si presenta come profeta

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forza comica55, tanto che, testi come i citati “Alessandro,

o il falso profeta” o “Della morte di Peregrino” diventano

vere e proprie biografie di demolizione, caratterizzandosi pienamente attraverso quel tratto peculiare che si ritrova in ogni testo lucianeo.

Anche in questi scritti, attraverso la feroce critica tipica dell'autore, vediamo emergere l'intento di liberare il lettore da quegli errori, convinzioni e superstizioni a cui sono stati assoggettati anche i personaggi dei racconti stessi e che rendono impuniti gli approfittatori di quel tempo storico, i quali sanno giocare con la credulità e l'ignoranza di chi li ascolta. Infatti, i personaggi che vengono attaccati, Alessandro e Peregrino, sono abili affabulatori: Peregrino, ad esempio, si presenta come ottimo persuasore di folle grazie alle sue grandi abilità di oratore e grazie alla sua carica scenica, così da convincere, attrarre e condizionare il suo pubblico che, nella visione elitaria applicata dall'autore, viene definito come immancabilmente “stupido”. L'inevitabile sensazione di piacere provata da Peregrino nell'avere popolarità e vasto consenso è tipica dell'oratore di successo, così come dev'essere accaduto allo stesso Luciano durante i suoi viaggi all'insegna della sofistica; ma qui questo piacere è portato allo stremo della critica, per il fatto che è strettamente legato al desiderio del personaggio di

55 Cfr. Alain Billault, Une biographie singulière: Alexandre ou le faux prophète de Lucien, in «Revue des études Grecques»,

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compiere una performance, di avere un uditorio consensuale nel compiere pubblicamente l'atto del suicidio, scegliendo, non a caso, l'occasione delle Olimpiadi. Così Luciano sottolinea ancora l'insensatezza e la superficialità di questa vacua ricerca di successo, basato sull'appoggio di una folla stolta e abbindolata e che culmina con un suicidio sul rogo che perde ogni tipo di carattere teologico e sacro per diventare un mero segno di ricerca di attenzione, un ultimo atto per ottenere fama e notorietà56.

Queste caratteristiche brevemente elencate, aiutano a osservare in maniera completa l'opera lucianea, nello specifico la sua manifesta volontà demolitrice e il suo invito esplicito al lettore di ridere in faccia alla stupidità umana, a tutti quei personaggi che lo stesso autore colloca nella categoria dell'insensatezza, della sciocchezza e che non si adoperano mai alla ricerca della verità.

2.3. Mondi fantastici.

La carica satirica e distruttiva dell’autore lo portano ad arricchire i suoi scritti con una vastissima quantità di contenuti tra loro differenti: troviamo la vivacità e spensieratezza dei dialoghi (che pur nascondono la critica alla tradizione religiosa e alla società), troviamo una certa

56 Cfr. Dana Fields, The Reflections of Satire: Lucian and Peregrinus, in «Transactions of the American Philological

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formalità negli scritti di più aspra polemica letteraria (“Giudizio delle vocali”, “Pseudosofista”, “Contro un

ignorante che compra molti libri”) o di satira sociale, come

emerge dai prodotti più maturi ed elaborati, quali “Timone o il misantropo”, “Caronte”, “Il Menippo, o la

negromanzia”, “Il Sogno, o il Gallo”. Ma ciò che

maggiormente spicca è la grande capacità di mescolare ragione e fantasia, pensiero e soprannaturale dando forza a un risultato mai visto prima di allora. Luciano in questo frangente compie un atto davvero innovativo, un gesto riformatore in un’epoca in cui “spericolate scorribande”57 di tale ispirazione erano sostanzialmente impensabili. L’“Icaromenippo”, la “Storia Vera” si presentano così come narrazioni fantastiche di nuovi mondi e come avventure tra il comico e il caotico sviluppate in contesti di pura fantasia ma con grande abilità nel saper ricondurre i personaggi e le loro azioni alla realtà, descrivendo precisamente la condizione umana.

La rappresentazione di questo mondo considerato assurdo viene messa in evidenza in vari racconti, ma principalmente si può notare nella costruzione della “Storia Vera”, dove la presenza dimondi altri, fantastici, lontani vuole andare a svelare possibilità inconsuete rispetto a quelle dottrine che si sono bloccate e ristagnano nella realtà contemporanea.

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Nella “Storia Vera” vediamo culminare il riso lucianeo che, attraverso la costruzione immaginifica attua anche qui la sua critica al dogmatismo proponendo una visione caotica e irrazionale del mondo: la realtà è descritta come chimerica, i personaggi (tra cui grandi del passato come Pitagora, Socrate, Omero) si muovono in un clima totalmente onirico, ogni cosa è stravolta e ridicolizzata58. Inoltre, ci troviamo in ambito del tutto romanzesco, in quanto l'autore attua una satira degli elementi topici del romanzo, soprattutto scagliandosi contro la menzogna degli storici che nella sua cruda opinione tendevano a lasciare sempre maggiore spazio a descrizioni ornamentali allontanandosi dalla verità oggettiva. Questa critica viene compiuta da Luciano attraverso il travestimento del meraviglioso grazie a cui il protagonista inizia un viaggio verso la conoscenza, l'esperienza del mondo e raggiunge nuove verità.

Di fatto l'autore stesso presenta questo racconto, nei suoi primi paragrafi, come una grande menzogna, la stessa che potrebbe essere esposta da uno dei tanti filosofi, come testimonianza di un'esperienza vissuta dal personaggio ma che di fatto è ingigantita, costruita e quindi diventa una bugia a cui però crediamo, sostenendo che si tratta di “[...] una ridicola allusione a certi antichi poeti e storici e

filosofi che scrissero tante favole e meraviglie.”59

58 Cfr. Luciano di Samosata, Tutti gli scritti, a cura di Diego Fusaro, Milano, Bompiani, 2007, p. 73. 59 Cit. ivi, p. 739.

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Forse è proprio questa paradossale costruzione, cioè presentare una testimonianza di cronaca di viaggio contrastante con la dichiarazione iniziale di assoluta falsità dello stesso racconto, questa paradossale pretesa di appropriarsi di una verità che di fatto sarà sempre inafferrabile, a rendere maggiormente forte la ragione, il pensiero che stanno dietro all'opera.

Di fatto, un'opera molteplice e ricca come la “Storia Vera”, non può essere racchiusa semplicemente nel segno del romanzesco o della satira, ed è per questo che in essa si può osservare l'estrema abilità di Luciano nel comporre e mescolare generi e orizzonti: dall'epopea, alla storiografia, alla prosa filosofica, al viaggio e al romanzo60. Quei mondi fantastici, la loro grandezza, le loro infinite possibilità sconosciute all’uomo, servono a dimostrare che la verità che crediamo di possedere su questo mondo è inevitabilmente soggetta a punti di vista alieni, ed è proprio ciò che è venuto a mancare nell’ottica conservatrice e ormai cieca dei pensatori contemporanei a Luciano.

Ma l'opera che forse ancor più fortemente incarna questo spirito è l'“Icaromenippo”, in cui avviene una vera e propria “fuga prospettica”61 poiché il personaggio che compie un viaggio in volo sulla luna, ha il privilegio di poter osservare la terra da un diverso punto di vista: la

60 Cfr. A.A Schoysman e Massimo Fusillo, Le miroir de la Lune. L'Histoire vraie de Lucien de la satire à l'utopie, in

«Poétique. Revue de théorie et d'analyse littéraires», vol. 73, Editions du Seuil, 1988, p. 112.

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vede piccola, lontana ed essa finalmente compare come un mondo tra i tanti. Ecco così emergere il tema della continua possibilità di mutare prospettiva e di conseguenza i valori, i punti di vista a essa connessi, entrando nel circolo della relatività che Luciano vuole con forza evidenziare in opposizione a tutti coloro che, è necessario dirlo ancora una volta, hanno la certezza di possedere la verità e condannano il libero pensiero. Luciano quindi nonostante questa sua malleabilità di stile e di spirito riesce a mantenere sempre un lucido sguardo sulla realtà del suo tempo, uno sguardo disincantato in grado di poter osservare oggettivamente la decadenza dei costumi e dei valori.

Occorre qui notare immediatamente come lo spirito di questo autore che potremmo definire “rivoluzionario” per l'epoca in cui visse, sia paragonabile alla stessa azione di svelamento, critica e distruzione che metterà in atto Leopardi nei confronti della sua epoca. Quindi due contesti storici diversi, anche due luoghi geografici differenti e sicuramente due epoche lontane, ma ritroviamo in questi due autori la stessa volontà di mostrare al mondo gli errori compiuti dai loro contemporanei, la decadenza verso cui il loro mondo sta andando inesorabilmente, la falsità delle persone di potere che li circondano e l’impossibilità di condurre una vita felice all’insegna della verità.

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Sono entrambi pensatori sostanzialmente incompresi e criticati da chi li legge nell’immediata contemporaneità, pensatori che nella loro realtà colgono gli aspetti più critici e allo stesso tempo più veri. Le loro affermazioni, dunque, le loro opere di forte satira e spirito critico sono di una modernità disarmante che lascia noi lettori di fronte a una realtà che potrebbe essere la nostra, con i difetti, con la mancanza di valori e la decadenza dell’uomo che questi due autori di altri secoli hanno già descritto.

Tornando a osservare le intenzioni di Luciano nella scrittura della maggior parte dei suoi testi, vediamo come la creazione di contesti paradossali, al limite della realtà siano costanti e fondamentali soprattutto se uniti alla vena spassosa di cui l’autore si serve per esprimere argomenti di ogni tipo. Un esempio calzante, per giungere a osservare quello che può essere definito come caposaldo del pensiero lucianeo, è l’“Elogio della mosca” in cui proprio attraverso un elogio paradossale a un insetto considerato comunemente molto fastidioso facendolo diventare una sorta dianimale speciale degno di lodi, si giunge a una vera e propria lezione di vita dataci dall’autore, il quale mostra tolleranza e pluralismo di opinioni come caratteristiche fondamentali per uno scrittore e per la vita dell’uomo in senso più ampio62. Vanno necessariamente considerati anche i dialoghi che l'autore raccoglie sotto il nome di Dialoghi dei morti, in cui

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l'ambientazione infernale viene lasciata passare come una nuova normalità a cui il lettore si adatta immediatamente; qui il mondo che viene creato da Luciano non può essere definito totalmente fantastico poiché non si tratta di una sua personale invenzione, ma di una ripresa della