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Luciano autore del ridicolo.

2. LUCIANO DI SAMOSATA: LA FORZA DELLA SATIRA E DELLA FANTASIA.

2.5. Luciano autore del ridicolo.

Quando Giacomo Leopardi sceglie l'opera di Luciano e il suo autore come modello di scrittura comica e ispirazione di motivi satirici, non è certamente un atto di poca importanza; Luciano può essere infatti considerato come uno dei maggiori esponenti della scrittura del ridicolo. Si intende cioè quella messa in atto di una diminuzione positiva che conduce il lettore alla risata.

68 Cfr. Luciano di Samosata, Tutti gli scritti, a cura di Diego Fusaro, Milano, Bompiani, 2007, p. 35. 69 Cfr. ivi, pp. 9,10.

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Questa tecnica della diminuzione positivata70, che il Leopardi stesso nota e fa sua, si ritrova principalmente nei

Dialoghi degli dei, così come l'uso del linguaggio

colloquiale e familiare che provoca uno spostamento verso il basso, verso la dimensione del quotidiano anche se si tratta di personaggi mitologici o di dei. Proprio all'interno di questa raccolta vediamo che gli dei, non solo vengono ridicolizzati per suscitare riso, ma vengono semplicemente mostrati nella loro umanità, nei dubbi e nelle incertezze che di norma sono propri dell'essere umano e non di quello divino. Diventano esseri che possono compiere errori, cadono dall'altezza in cui lo stesso uomo li aveva posti e offrono conferma a quella impossibilità di perfezione sia conoscitiva che pratica71 che Luciano intende mostrare. L'autore con queste tecniche giunge al suo intento comico e riesce a esprimere completamente il suo atteggiamento ironico nei confronti del suo tempo.

Anche nei Dialoghi dei morti emerge questa visione, questo approccio, che portano a un momentaneo distacco dalla realtà, un distacco che invita a un riso liberatorio piuttosto che allo sdegno e alla critica gratuita. Si potrebbe dire che la visione di Luciano sul mondo e sull'esistenza umana, nonostante la distanza provata

70 Diminutivo, alterazione linguistica, che in caso di termini latini o greci è soggetto a “positivazione”: si tratta di utilizzare

termini di linguaggio familiare quindi posti sotto il segno del diminutivo, resi positivi dall'uso, cioè che hanno perso il loro valore etimologico di diminutivo. Leopardi stesso affronta questa analisi nello Zibaldone (4047, 4081) citando spesso Luciano e andando a definire la ricorrenza di questi diminutivi positivati.

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verso i suoi contemporanei, sia sostanzialmente positiva, fiduciosa, strettamente affidata al potere del logos. Dunque la stessa satira dell'autore tende a contenere e comunicare un messaggio positivo, nonostante i suoi tratti siano spesso forti e distruttivi. Significa che Luciano non perde fiducia nella sua cultura e nel potere della scrittura, non perde la fede nella ragione attraverso cui crede di poter raggiungere, in ogni circostanza, una piena libertà di azione e di pensiero72.

Tornando a osservare la realizzazione del comico, lo vediamo essere generato dall’azione disarmante che Luciano compie con la messa in ridicolo di personaggi “elevati”, si tratta di un vero e proprio “scoronamento dei

personaggi mitici e degli uomini famosi dell'antichità che imborghesizza l'Olimpo rappresentando dei ed eroi intenti ai compiti vili della vita quotidiana”73.

Questo procedimento viene messo in atto dall'autore soprattutto, come accennato, all'interno dei Dialoghi e si tratta di un vero e proprio “abbassamento” che riduce le figure elevate di dei ed eroi a essere viste come comuni mortali, con tutti i difetti, i vizi, i desideri e i dolori che solitamente sono associati all'umanità. Questo provoca sorrisi nel lettore ma indubbiamente anche un forte coinvolgimento nel percepire e affrontare le proprie

72 Cfr. Michela Sacco Messineo, Menippo ed Eleandro (il “riso” in Luciano e Leopardi), in Leopardi e il mondo antico. Atti

del V Convegno Internazionale di studi leopardiani (Recanati 22-25 settembre 1980), Leo S. Olschki Editore, Firenze, 1982, pp. 531-534.

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debolezze empatizzando con esseri che non sono umani. Inoltre, proprio nei Dialoghi dei Morti, così vicini a quelli

degli dei, troviamo come una sorta di rovesciamento

dell'ambientazione: l'oltretomba diventa lo specchio dell'Olimpo e i personaggi che si incontrano sono sempre eroi, letterati, uomini famosi che sono ridotti alla condizione minima, come se la loro esistenza fosse stata annullata.

Per Luciano un tema fondamentale è proprio quello di ribadire l'uguaglianza degli uomini dopo la morte: essa in quanto certezza dell'essere mortale conduce alla giustizia, appiana ogni disuguaglianza; nell'oltretomba da lui creato, infatti, troviamo vari personaggi, di diversa provenienza, di diverso ceto sociale, come detto si incontrano saggi, filosofi, uomini di potere, ma tutti quanti indistintamente sono morti.

Luciano torna a offrirgli la parola proprio con lo scopo di ribadire il loro stato di bassezza e allo stesso tempo di uguaglianza a discapito della condizione terrena di potere e di status sociale che li distingueva e di cui si facevano vanto.

Anche qui lo sguardo di Luciano sembra essere sempre più distaccato nell'esprimere il suo giudizio nei confronti della vita umana: egli sorride, talvolta deride, attraverso le parole dei personaggi, quell'affaccendarsi continuo e affannoso dell'uomo che durante la sua vita cerca di aggrapparsi alle cose materiali, al denaro, alla gloria,

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senza sapere che finirà per perdere tutto. I desideri, i miraggi inseguiti durante il corso della vita vengono qui ridicolizzati e allo stesso tempo analizzati e questa operazione attuata dall'autore conduce sì al sorriso, ma l'effetto che egli vuole raggiungere consiste nel ribaltare una consueta visione posseduta sia da chi legge ma anche dai personaggi stessi che animano i dialoghi. Si tratta di personaggi che vengono sottratti alle abituali considerazioni che li definiscono per essere collocati in contesti e ambiti a loro estranei, con essi dissonanti. Questo porta a deformare il ricco che non è più ricco, il povero che non lo è più, il re che perde il suo trono e la sua corona, il filosofo che non può più predicare: tutti risultano fuori dal loro contesto e tutti sono posti sullo stesso piano. La deformazione che ne deriva va a generare il ridicolo e la conseguente risata.

Questa fondamentale tematica che descrive pienamente quello che è lo stile e l'approccio lucianeo si manifesta in numerosi Dialoghi dei morti come “Diogene e Polluce” che oltre a essere il primo della raccolta esprime precisamente le intenzioni del suo autore: vediamo Diogene chiamare a sé Polluce, che il giorno seguente risusciterà e tornerà sulla terra, chiedendogli di cercare un certo Menippo il cinico, derisore di filosofi e di tutte le cose terrene, per dirgli di recarsi agli inferi dove ci sono cose ancor più risibili; infatti lì potrà vedere “i ricchi, i

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riconoscono ai soli lamenti; e come son vili e ignobili quando ricordano chi furono nel mondo”74. Attraverso questa affermazione vediamo immediatamente affiorare la tematica dell'uguaglianza dopo la morte, sottolineata in questo caso dalla perdita di denaro, status, potere da parte dei personaggi che vengono elencati dalla voce di Diogene. Proseguendo osserviamo la stessa riflessione incentivata dal fatto che il morto esorta ancora Polluce a dissuadere gli uomini dai propri propositi terreni, come mantenere un bell'aspetto, arricchirsi, lamentarsi per la povertà, poiché giunti nell'oltretomba nessuna di quelle cose avrà mai più importanza. Allo stesso tempo, con la presenza del personaggio di Menippo, che ama deridere e denigrare gli altri filosofi che bisticciano per ottenere la ragione sulla propria verità, viene presentato ed evidenziato il ruolo del riso e la volontà di attaccare i sapienti vanitosi che si litigano i valori universali.

Nel dialogo “Il Menippo, o la negromanzia”, al di fuori della raccolta dei Dialoghi dei morti, vediamo emergere ancora la tematica del senso di uguaglianza nell'oltretomba. Compiuto un viaggio negli inferi grazie alla magia di un negromante, Menippo, a cui adesso è affidato il compito di scompigliare l'Ade con la sua dissacrante risata, dialoga con l'amico Filonide mettendo in luce la sua derisione nei confronti di quei fantasmi che laggiù soffrivano e si lamentavano per essere stati privati

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dei loro beni materiali, di quei re disperati perché spogliati di potenza e nobiltà, di quei filosofi mai più ascoltati. Sicuramente Luciano coglie molto bene le sfumature del suo mondo e questo lo spinge verso la volontà di cambiarlo. Ancora attraverso le parole di Menippo si può osservare la concezione della realtà legata al desiderio di uguaglianza: “Io ripensavo alla vita umana, che mi pare

come una lunga processione. Fortuna è il cerimoniere che ordina e distribuisce gli uffici e le vesti: ti piglia uno che le viene innanzi, lo veste da re, gli mette la tiara in capo […]; sopra un altro getta una tonacella da servo; a chi da un aspetto bello, a chi uno brutto e ridicolo […]. Spesso nel mezzo della processione muta gli ordini, e fa scambiar vesti a taluni […]. Finita la processione ciascuno restituisce gli ornamenti, e si spoglia delle vesti e del corpo: e tutti ritornano come erano prima, l'uno indifferente dall'altro”75.

Inoltre, nello stesso dialogo, Luciano mette in atto la derisione nei confronti dei filosofi attaccati ironicamente dalle parole di Menippo: egli vede nell'oltretomba personaggi che passavano il tempo a cercare di convincere gli altri “d'idee, d' incorporei, di atomi, di

vuoto, e di tanti altri maledetti nomi che mi facevano venire la nausea”76, mettendo così in luce la modalità dei

75 Cit. Luciano di Samosata, Tutti gli scritti, a cura di Diego Fusaro, Milano, Bompiani, 2007, p. 389. 76 Cit. ivi p. 381.

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pensatori di comunicare tesi totalmente opposte e battersi per la vittoria.

Degno prosecutore della tipologia satirica che porta il nome del personaggio suo prediletto (Menippo), Luciano crea qui e negli altri dialoghi ambientati nell'Ade quel paradosso spazio-temporale che caratterizza pienamente il viaggio nell'oltretomba: la profondità iperbolica di questi luoghi si oppone in maniera del tutto simmetrica agli spazi e ai tempi del mondo reale. Questo paradosso è l'intento principale a cui Luciano mira, poiché è quello che serve per attuare una relativizzazione del mondo umano che viene ribaltato, sconvolto da questo punto di vista differente e inedito arrivando a mostrare la piccolezza del pianeta e di chi lo abita, se confrontato con le giganti balene o esseri lunari che l'autore ci porta a conoscere. Per concludere è doveroso sottolineare una sorta di identificazione compiuta da Luciano nei confronti del cinico Menippo, ispirazione per l'ironia e la risata che si ritrova nello stesso personaggio creato dall'autore, ma anche alter ego lucianeo. Egli va a incarnare il mezzo di comunicazione per eccellenza, cioè quello della forma dialogica paradossale all'insegna della satira e in grado di colpire fulmineamente la stoltezza, la mollezza di uomini e filosofi77.

La tecnica che Luciano predilige nella satira dei suoi dialoghi è, come si nota fin dall'inizio, certamente

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distruttiva e si è osservato come giochi sull'abbassamento dei ruoli dei personaggi per rendere efficace la loro ridicolizzazione; questa degradazione predilige elementi bassi, grotteschi, corporali e difformi78, così come la

diminutio è volta a sottolineare l'innocenza o poca

importanza di una vicenda che a normale giudizio sarebbe considerata grave o importante, generando un continuo ripetersi di scherzi da banchetto che creano comicità e ilarità.

Quella che oggi potremmo definire come letteratura carnevalesca qui andava a presentare scenette e personaggi del tutto fuori dal normale, e allo stesso tempo l'opposta tecnica dell'amplificazione ha avuto grande ruolo nel riproporre il modello menippeo. Si tratta di ingrandimenti iperbolici, di tratti ripresi dalla letteratura classica (per esempio omerica) o frutto della fantasia dell'autore che sconvolgono il testo con sguardi allucinati. È un'amplificazione di avvenimenti, oggetti, personaggi spesso data dall'accumulo e dell'elencazione eccessiva per arrivare, anche in questo caso, a ottenere un effetto comico che risulti allo stesso tempo sfiancante e demolitore. Si tratta di personaggi burleschi creati grazie alla grande abilità linguistica dell'autore e atti allo scopo di generare riso.

78 Cfr. A.A Schoysman e Massimo Fusillo, Le miroir de la Lune. L'Histoire vraie de Lucien de la satire à l'utopie, in

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Di fatto resta fondamentale il continuo passaggio da un genere all'altro, da uno stile all'altro, dal tono ludico a quello filosofico o polemico.

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3. IL MONDO E' CADUTO, E NIUNO S'E' MOSSO79: