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2. LUCIANO DI SAMOSATA: LA FORZA DELLA SATIRA E DELLA FANTASIA.

2.1. Luciano e l'Eloquenza.

La cultura fu per Luciano l'attività di maggiore interesse e quella da lui svolta con maggiore entusiasmo; secondo le abitudini del tempo (siamo intorno al II secolo d. C.) i più alti livelli di sapere che potessero condurre a un certo grado di fama e status sociale, erano accessibili attraverso attività come la retorica.

Luciano ebbe una educazione classica in grammatica e retorica greca e così la sua veste di retore lo portò a peregrinare per le regioni del mondo conosciuto, come era tipico per i sapienti del tempo che si facevano strada manifestando le proprie abilità stilistiche: sostò in Asia Minore, in Antiochia e giunse poi a Roma, trascorrendo però la maggior parte dei suoi anni (circa venti) ad Atene. Vivere nel II secolo d. C. per Luciano ha probabilmente segnato lo sviluppo del proprio pensiero critico: si tratta di un periodo in cui il dogmatismo e il fanatismo emergono con sempre più forza, legati all'avvicinarsi della Cristianità; si creano così contesti in cui filosofi e credenti abbandonano lo sviluppo di un proprio pensiero raziocinante e si limitano a citare le posizioni di coloro che hanno più autorità, si affidano a un ipse dixit che esclude la loro stessa capacità di riflessione, ragionamento e dialogo.

Lo stesso clima culturale era fortemente dogmatico e avverso all’esercizio di un libero pensiero, per questo si può constatare come la categoria filosofica che guida

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Luciano nelle proprie riflessioni e nella sua scrittura, sia di fatto un vero e proprio anti-dogmatismo mosso dal desiderio di demolizione che caratterizza l'autore e che diventa la forza della sua arte. Si tratta di un aspetto che, in extremis, lo condurrà a credere che quella distruzione potesse essere l'unica via per il raggiungimento della verità.

La sete di scoperta che anima Luciano, lo porta a voler elaborare un pensiero filosofico critico in grado di smontare i tradizionali capisaldi portatori di una verità che è soltanto presunta, e si tratta di capisaldi quali la religione, la filosofia e la poesia.

Nelle sue opere l'autore cerca di reagire al fanatismo dilagante, cerca di far aprire gli occhi ai propri contemporanei attraverso le sue parole mettendo in evidenza gli errori che caratterizzano la società e la falsa percezione di una realtà che conduce tutti verso un vortice di superstizione38.

Si noti però che l’obiettivo di Luciano non era quello di offrire soluzioni o costruire una nuova corrente di pensiero, bensì quello di distruggere, attraverso satira e riso, tutte le false credenze, le dottrine e le ideologie del suo tempo39; l'oggetto privilegiato e più amaramente colpito dalla sua ironia è l'intera tradizione classica, poeti, storici e filosofi del passato (V e IV sec. a. C.). Ma,

38 Cfr. Luciano di Samosata, Tutti gli scritti, a cura di Diego Fusaro, Milano, Bompiani, 2007, p. 16. 39 Cfr. ivi p. 17.

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nonostante la sua forza critica e la volontà di smascheramento di dogmi inconsistenti portati avanti dai contemporanei, Luciano resta escluso dall'essere considerato come un vero e proprio filosofo: la sua critica non lo condurrà a rimpiazzare i punti di vista criticati e come sostiene Diego Fusaro nell'introduzione alla raccolta di opere dell'autore, egli rimarrà sempre sulla soglia della filosofia non entrandovi a far parte. Lo stesso si può dire di Leopardi che, come abbiamo osservato nel precedente capitolo, nonostante si sia avvicinato a profonde riflessioni filosofiche e se ne sia fatto portavoce in un'opera come le Operette Morali, non è mai stato considerato filosofo, ma soltanto autore letterato. Entrambi gli scrittori vivono in una sorta di “terra di

confine: tra letteratura e filosofia”, sempre per usare le

parole di Fusaro, che li lascia spesso incompresi da parte dei contemporanei. Ma Luciano, in parte, è come se volesse esonerarsi da questo ruolo per evitare il rischio di cadere lui stesso nella trappola del dogmatismo; quindi è come se svalutasse il proprio pensiero, dipingendosi come un autore poco serio.

Tornando a osservare le modalità di studio e di azione dell'autore va sottolineato, come già detto, che Luciano è siriano, quindi si trova a essere straniero in Grecia, la terra che sceglie come patria e che a sua volta, a quel tempo, faceva parte dei territori del vasto e prosperoso Impero Romano. In questa condizione di “straniero” l'autore

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riesce ad apprezzare l'importanza della cultura ellenica che si trova a voler imparare e sceglie di mettere in atto confronti con altre culture che ritroviamo all'interno della sua stessa opera; possiamo citare come esempio la presenza degli sciiti, individuati in ben tre opuscoli lucianei “Lo scita, o il protettore del forestiero”, “Tossari,

o l'amicizia”, “Anacarsi, o dei ginnasi” che hanno l'intento

di sottolineare l'importanza della lingua greca, come apprenderla, come usarla, quali sono le sue diverse modalità di espressione. Proprio identificandosi con questi personaggi stranieri che si trovano catapultati nel mondo della cultura greca, Luciano riesce a esprimere al meglio la propria abilità oratoria attraverso il dibattito e il dialogo tra questi personaggi sciiti e il greco Solone o il personaggio di finzione Mnesippo40.

Queste riflessioni sulla lingua riguardano Luciano stesso, che in quanto “barbaro” si è trovato nella condizione di apprendere la lingua greca e soprattutto, grazie a questo, è stato condotto verso la vocazione letteraria che lo ha portato a scrivere anche della propria esperienza personale. Infatti, uno dei tratti della scrittura lucianea, evidente anche nel caso di questi testi segnati dalla presenza di una cultura barbara confrontata con la cultura ellenica, è la capacità di esprimersi con inconfondibile maestria permettendo così a personaggi stranieri come

40 Cfr. Valérie Visa-Ondarçuhu, Parler et penser grec: Les Scythes Anacharsis et Toxaris et l'expérience rhétorique de

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Anacarsi o Tossari di padroneggiare la lingua greca in maniera eccellente. Emerge così lo stile attico puro dell'espressione lucianea, che pur si allontana dalla classica espressività retorica e aulica rappresentata invece da un personaggio come Solone.

Luciano, quindi esprime in questo modo, attraverso la voce dei suoi personaggi, le sue intenzioni letterarie, come l'uso di una lingua leggera, libera da effetti retorici costruiti forzatamente, puntando alla concisione e alla scorrevolezza che destabilizzano e pungono nel segno il lettore grazie alla potente dose di ironia generata da questo tipo di linguaggio41. Di fatto si tratta di un desiderio di libertà, quello ricercato da Luciano, una libertà di creazione che a quel tempo risulta dissonante nei confronti del contesto che lo circonda, ma è la stessa libertà che lo renderà interessante e contemporaneo ancora ai nostri giorni.

Attraverso la lettura dell'opera completa vediamo emergere tratti della personale esperienza dell’autore che ci permettono di comprendere quanto sia stato fondamentale per lui il valore della cosiddetta paideia greca, cioè l'ideale di formazione culturale ed educazione globale riguardante l'individuo, che gli ha offerto la possibilità di diventare uomo degno di cultura secondo i canoni dell'antichità classica.

41 Cfr. Valérie Visa-Ondarçuhu, Parler et penser grec: Les Scythes Anacharsis et Toxaris et l'expérience rhétorique de

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Il riferimento a tale sistema di conoscenza viene ricondotto da Luciano al momento che riguardò una vera e propria scelta di vita nella sua esperienza personale. Per rifarci ancora brevemente ai suoi scarsi dati biografici notiamo che l'interesse per la filosofia e la conseguente battaglia per la verità nacquero intorno ai quarant’anni dell'autore: nel corso della sua vita, dopo essere stato indirizzato alla scultura dai genitori, riuscì a dedicarsi a ciò che realmente lo interessava e appassionava.

Quando si trovò a dover scegliere tra Scultura e Cultura come raccontò nel testo autobiografico de “Il Sogno"42, comprese la sua vocazione verso l'erudizione e la retorica. Compiendo lucidamente questa scelta, che lo porta a intraprendere la strada dell'eloquenza, Luciano arriva a evolvere il proprio pensiero e la propria conoscenza, unendo alla matrice retorica, alla ricerca della purezza della lingua e ai riferimenti letterari, una forte attenzione verso la contemporaneità, andando così mano a mano a incentrare la propria riflessione, come si vedrà meglio in seguito, in ambito filosofico.

La filosofia diventerà addirittura spunto onnipresente nei testi lucianei: troviamo personaggi filosofi e filosofia,

42 Il breve racconto biografico narra di un giovane Luciano indirizzato alla scultura dai genitori; presso la bottega di uno

zio nella quale doveva svolgere il suo apprendistato, ebbe una terribile esperienza a causa delle sue scarse abilità tecniche, che provocò l'ira e le bastonate dello zio. Fu questo avvenimento che diede l'avvio al sogno che di lì a poco il giovane Luciano sentì in maniera molto vivida: gli apparvero due divinità, la Statuaria e l'Eloquenza, entrambe difendendo spavaldamente la propria arte con l'intento di portare il giovane dalla loro parte. Trovatosi a questo bivio Luciano scelse l'eloquenza, che gli prometteva immortalità e successo duraturo.

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discussioni e dialoghi legati ad argomenti di riflessione come il sapere, la verità, la morte, gli dei, gli uomini43. Al momento di queste scelte di vita risalgono anche i numerosi viaggi in Italia e in Asia Minore giungendo nel segno della cosiddetta Seconda Sofistica44, considerata come la forma iconica per eccellenza dell'intrattenimento culturale nel II secolo.

Secondo l'idea di questa “nuova” Sofistica coloro che ne facevano parte avevano il compito di sbalordire il pubblico con un'eloquenza meravigliosa e allo stesso tempo del tutto lontana da ogni argomento di tipo filosofico o di insegnamento morale. Si trattava di mettere in scena dialoghi divertenti o elogi futili e assurdi, così come fa lo stesso Luciano in linea con questa corrente in un testo che può essere preso come grande esempio, l'“Elogio della mosca”.

Questo periodo, che possiamo definire come una parentesi di passaggio, condurrà Luciano al progressivo avvicinamento alla filosofia e questo suo forte interesse, che prenderà forma completa, come si vedrà, in età ormai avanzata, condurrà l'autore all'uso della modalità dialogica.

43 Cfr. Francesca Mestre, Lucien, les philosophes et les philosophies, in «Itaca. Quaderns Catalans de Cultura Clàssica»,

Societat Catalana d'Estudis Clàssics, 2012-2013, pp. 1,2.

44 Movimento di “professionisti della parola” nato nei primi decenni dell'Impero Romano, i cui esponenti affidano tutto

alla parola, considerata come in grado di poter ottenere qualsiasi cosa, qualsiasi effetto, badando quindi principalmente alla forma piuttosto che ai contenuti; i sofisti non volevano educare o pretendere di trasmettere una conoscenza autentica, ma l’interesse principale era quello di stupire gli ascoltatori con un’oratoria elaborata.

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Nello specifico Luciano si confronta con il dialogo platonico45, forma di dialogo filosofico che l'autore rinnova andando a contaminarlo con la commedia. In questo senso Luciano incarna la figura di nuovo intellettuale che parte dalla tradizione del suo tempo per compiere riflessioni e innovazioni. Attraverso la fusione di dialogo e commedia, di fatto, costruisce il dialogo satirico, sotto il segno di un totale stravolgimento dell'assetto tradizionale di quei generi letterari che viene detto mixis. Non solo mescolanza con la commedia, ma tratti distintivi sono dati dalla presenza fondamentale di motivi menippei, cinici e retorici che sottolineano fortemente

quella contaminazione tra generi letterari

apparentemente lontani.46

Per esprimersi Luciano come Platone usa e si ispira alla figura di Socrate, nelle vesti di filosofo che vede e riconosce la falsità di alcune opinioni e concilia il suo sapere con le conoscenze della scienza arrivando ad avere lui stesso un sapere non soggetto a falsificazione47.

45 I dialoghi di Platone vengono definiti aporetici, cioè la discussione tra due o più interlocutori presenta argomentazioni

valide seppur opposte, vengono quindi considerati sempre aperti, privi di soluzione al problema che è stato posto inizialmente; infatti il personaggio principale, che è generalmente Socrate, si ritrova protagonista di un dialogo potenzialmente infinito in cui la risposta ultima alle domande degli interlocutori non viene mai fornita ma si incentiva piuttosto una continua riflessione.

46 Cfr. Morena Deriu, Mixis e poikilia nei protagonisti della satira: studi sugli archetipi comico e platonico nei dialoghi di

Luciano di Samosata, Università degli studi di Trento, Dipartimento di Lettere e Filosofia, Trento, 2017, pp. 10-12.

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