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Per una didattica inclusiva della geografia: alcuni esempi Nel transitare dalla teoria alla prassi didattica, di seguito si forniscono

di Daniela Pasquinelli d’Allegra 

4. Per una didattica inclusiva della geografia: alcuni esempi Nel transitare dalla teoria alla prassi didattica, di seguito si forniscono

alcuni input relativi a possibili approcci tematici, da sviluppare in un curri- colo verticale attraverso unità di apprendimento e progetti educativo-didat- tici adattabili alle varie fasce d’età degli allievi e alle competenze specifi- che da raggiungere.

 Uno spazio… per l’inclusione

Un possibile curricolo verticale di geografia per l’inclusione prende le mosse dagli anni di scuola dell’infanzia e dai primissimi anni di scuo- la primaria e si realizza inizialmente attraverso l’educazione spaziale e la distribuzione dello spazio dell’aula. Non si riflette forse abbastanza (essendo in genere abituati a pensare soprattutto in termini di tempo e non di spazio) sul fatto che la stessa organizzazione spaziale può creare un ambiente formativo inclusivo o meno. L’inclusione di tutte le diffe- renze va resa visibile già a partire dalla disposizione dei banchi nell’au- la: superando l’assetto “classico” delle file di banchi di fronte alla catte- dra del docente – sistemazione che prevede un primo e un ultimo banco, con tutte le implicazioni relative agli occupanti delle rispettive postazio- ni –, una delle “forme” spaziali dell’aula, tra quelle più idonee all’inclu- sione, dovrebbe essere l’anfiteatro. Nell’aula-anfiteatro (in cui i banchi risultano disposti a semicerchio, in modo tale che nessun alunno si trovi a occupare una posizione arretrata e quindi marginale) di volta in volta possono alternarsi al centro del semicerchio gli allievi che devono rela- zionare sui risultati di un lavoro di gruppo o su un approfondimento di studio, oppure l’insegnante che introduce l’oggetto di studio e la conse- gna di lavoro o integra la ricerca con spiegazioni suppletive e con op- portuni chiarimenti l’apprendimento di contenuti specifici. Durante l’ap- plicazione del cooperative learning (Johnson & Johnson, 1989), uno

degli approcci pedagogici più favorevoli a un’educazione inclusiva, in quanto basato sull’interazione fra pari e sul rispetto e la valorizzazione dei diversi punti di vista, applicabile con successo alla geografia come a qualsiasi altra disciplina (Pasquinelli d’Allegra, 2016, pp.51-52), i ban- chi vengono raggruppati secondo l’esigenza del momento.

L’educazione spaziale è poi di estrema importanza proprio per co- minciare a introdurre, già dalla prima infanzia con il supporto di fiabe e favole e con esercizi-gioco di psicomotricità in palestra, i concetti di confine chiuso e aperto, di margine e di inclusione/esclusione. Si co- struisce così, giorno dopo giorno, l’abitudine a percepire la necessità di condivisione pacifica e ugualitaria dello spazio vissuto, in cui tutti siano liberi di muoversi senza prevaricazioni. È il miglior viatico per il più complesso concetto di inclusione che si dovrà acquisire nel tempo.  A caccia di barriere architettoniche e di soluzioni inclusive

Una volta compreso che l’inclusione di tutte le persone, comprese quelle con disabilità o con ridotta funzionalità sensoriale, si può realiz- zare in un ambiente predisposto all’accoglienza, sarebbe opportuno con- durre con gli allievi di scuola primaria e di scuola secondaria di primo grado (meglio se attraverso progetti in continuità) una indagine sul terri- torio vicino (circondario, quartiere, paese) per costruire, sulla base della pianta della zona che verrà fornita agli alunni, una mappatura dei luoghi in cui siano ancora presenti barriere architettoniche che impediscono il libero accesso ai disabili e dei luoghi in cui siano stati attuati espedienti per la loro eliminazione (presenza di scivoli, di percorsi segnalati in ri- lievo a terra e semafori dotati di segnale acustico per agevolare l’auto- noma mobilità dei non vedenti). È questo solo un breve cenno dell’im- portante lavoro di ricerca-azione: per motivare gli allievi, infatti, si po- trebbe agire con l’intento di elaborare un dossier, corredando la mappa anche di fotografie, da consegnare alle istituzioni locali con la richiesta di prendere provvedimenti idonei a sanare le carenze più macroscopiche negli spazi pubblici. Tutto ciò comporta un concreto esercizio di cittadi- nanza attiva, che si coniuga perfettamente con gli obiettivi della disci- plina geografica e con il valore dell’inclusione.

 Emarginazione o integrazione?

Nelle classi di scuola secondaria di primo e secondo grado il lavoro si estende spazialmente a comprendere un’area più vasta, come quella delle configurazioni territoriali urbane, periurbane e rurali e può affron-

tare tematiche più complesse come l’analisi dei processi di trasforma- zione avvenuti in seguito alla presenza stanziale di immigrati: gli allievi possono così rendersi conto delle eventuali situazioni di marginalità ed emarginazione dei gruppi etnici confinati nelle periferie e persino in al- cune aree urbane centrali, ma anche del possibile superamento di tali concentrazioni per una reale inclusione nel tessuto urbano. Anche in questo caso gli allievi più avanzati in età e competenze, impegnati nella ricerca-azione, possono ideare, con l’ausilio delle geotecnologie, ipotesi progettuali per una riorganizzazione più omogenea di una determinata porzione di territorio, frutto di una realizzata integrazione sociale, te- nendo fede alla salvaguardia dell’identità degli immigrati, ma anche del- la comunità accogliente.

 Marginalità e inclusione: una geografia in prospettiva interdisciplinare Nei gradi scolastici più elevati, ma anche in università come lavoro di ricerca e di tesi di laurea, si potrebbe affrontare il tema della margina- lità urbana e della conseguente emarginazione sociale attraverso un ex- cursus spazio-temporale. Si suggeriscono a seguire solo alcune delle molteplici piste di ricerca.

- L’origine del problema dell’inclusione/esclusione

La fondazione delle città (e i miti collegati) e il primigenio diritto di cittadinanza, con le conseguenze per gli esclusi, a partire dalle prime società organizzate.

- Le cinte murarie come margini fisici e socio-culturali

La presenza incisiva delle mura di molti centri abitati, che si estende dall’antichità al periodo medievale e oltre, rivestendosi di implica- zioni, significati e riflessi sempre più articolati sul piano territoriale, economico, sociale, culturale, politico e giuridico.

- Le periferie urbane tra degrado e risanamento

Indagine sui progetti di risanamento nelle realtà delle periferie me- tropolitane italiane e sulla situazione di quelle europee e degli altri continenti.

- Un drammatico esempio di marginalità/emarginazione storica: il vissuto del popolo ebraico

Percorsi e luoghi della diaspora, emarginazione spaziale nei ghetti; emarginazione sociale e umana con la marcatura e la privazione dei diritti ecc.

Affrontare a scuola, in maniera interdisciplinare, questi delicati e do- lorosi argomenti con i ragazzi più grandi è di vitale importanza affin- ché non abbiano più a ripetersi le mostruosità del passato.

- Il Mediterraneo al centro: i migranti

Problema o risorsa? Accoglienza o respingimenti? E il ruolo dell’Eu- ropa? E le possibilità di integrazione? E il dovere di assistenza? Tutti interrogativi che possono aprire tra i ragazzi un dibattito acceso e ar- ticolato, purché sia condotto perseguendo l’obiettivo formativo con- sistente nel comprendere che occorre impegnarsi perché si trovino le strade per una integrazione che sia a favore di tutti e a scapito di nes- suno.

Un passaggio del testo di una celebre canzone degli U2, Tomorrow, recita: «Outside, somebody’s outside, somebody’s knocking at the

door». Sì, c’è qualcuno di fuori, qualcuno sta bussando alla porta: chi

ritiene, in tutta coscienza, di non doverla aprire?

5. Verso una società inclusiva

 

Una solida preparazione di anni di formazione a tutti i livelli può garan- tire che la società sia pronta a realizzare concretamente il principio di inclu- sione, vincendo le resistenze e le spinte che remano in senso contrario. Se si prova a rapportare alla società le fasi che hanno condotto all’inclusione sco- lastica di tutte le differenze, è inevitabile riscontrare che in molti casi si è ancora fermi alla prima fase, quella della separazione, auspicata da posi- zioni esasperate a livello nazionale, europeo e mondiale, che trovano il loro fondamento in una diffusa preoccupazione, spesso artatamente alimentata, di vedere minacciati i propri diritti.

Tuttavia molti sono i comuni, in tutta Italia, che, dopo aver assistito all’inserimento, da parte delle istituzioni nazionali, di un numero più o me- no congruo di immigrati, cominciano ad attuare forme di integrazione nel proprio tessuto socio-economico. In alcuni casi gli immigrati stanno contri- buendo a rivitalizzare piccoli comuni in zone che in passato avevano subito uno spopolamento, anche in seguito all’esodo dei giovani.

Il problema più delicato, perché si realizzi l’inclusione, consiste proprio, come avviene nella scuola, nel creare le condizioni (e questo è anche il compito dei governi dei singoli Stati, che devono adeguatamente supportare la disponibilità della popolazione) favorevoli alla costituzione di un conte- sto di vita reale e di una comunità in grado di assorbire le fragilità a qual- siasi titolo manifeste, di conservare le identità di ciascuno (compresa quella della comunità accogliente), di farle emergere e valorizzarle nel confronto e non nello scontro. Una inclusione che già sul finire degli anni Novanta Jür-