di Cristiano Pesaresi e Davide Pavia
6. Rischiare con la sperimentazione didattica o continuare a par lare
Come sottolineato circa quarant’anni fa, l’uso in diretta degli strumenti non è semplice, né a livello tecnico né emotivo, e richiede un grosso sforzo di preparazione e un analogo impegno di sperimentazione (Valussi, 1977). Al tempo stesso, però, è un metodo che arriva senza interferenze, un mezzo
quanto mai «persuasivo», se si vogliono scardinare muri statici e colpire nel profondo, mostrando la stretta relazione tra geografia e geotecnologie, tra geografia e attualità, tra GIS e originalità, creando un circolo virtuoso che parta dalla geografia, appunto, prosegua con i GIS e trovi il suo culmine e le sue concrete applicazioni nella didattica laboratoriale e nella ricerca in- novativa. È come se ci si trovasse di fronte a un bivio: o si rischia e si inve- ste in direzioni propositive e dalle notevoli ricadute potenziali, o si continua a parlare senza operare, lasciando che quanto realmente realizzabile resti solo sulla carta. Aspetto sicuramente assai impegnativo il primo, ma che apre prospettive molto ampie e che potrebbe tanto ripagare, in termini di gratificazione e rinnovata immagine, qualora il progetto Geografia-GIS ve- nisse realmente sposato dall’alto e su un vasto piano, per un approccio coinvolgente e professionalizzante. Si alimenterebbe, così, un processo di progressiva inclusione geografico-sociale, radicato attorno alle tecnologie geospaziali, capaci di suscitare nuovi interessi e forti stimoli e, contempo- raneamente, di spalancare la mente e far sviluppare maggiori capacità di pensiero e molteplici attitudini (Baker and White, 2003; West, 2003).
Organizzati secondo una modalità volta al perseguimento di «obiettivi di classe», i corsi GIS possono, inoltre, acquisire connotati inclusivi per la condivisione e il raggiungimento di competenze il più possibile omogenee. In un ambito di attiva collaborazione orizzontale, in cui i discenti più esper- ti vengono motivati e responsabilizzati al ruolo di «assistenti», simili corsi possono aprire prospettive didattiche altamente partecipative, a prescindere dall’ordine e dal grado cui sono rivolte.
E, allora, ci si potrà muovere verso una serie di aspetti nodali, che vanno dall’autocostruzione del sapere alla ricerca-azione, dall’approccio coopera- tivo alla didattica per problemi, dal pianificare e animare contesti e situa- zioni di apprendimento al pieno coinvolgimento in prospettiva laboratoria- le, dal concatenamento con la matrice cognitiva alle successive conoscenze autentiche e alle competenze strumentali concrete, dalla logica di gruppo alla formazione di team di esperti… (Pasquinelli d’Allegra, 2016a, 2016b). D’altronde, nell’ottica della mobilità internazionale, della formulazione di proposte innovative, del rilancio del mercato del lavoro, della riduzione del deficit economico, dell’aumento della competitività e del PIL pro capite, del miglioramento della qualità della vita nel rispetto della sostenibilità ambientale, occorre «creare capacità geografiche» e favorire una formazio- ne caratterizzata da «radici place-based, a loro volta ancorate alla program- mazione/pianificazione del territorio» (Prezioso, 2013, p. 176). In tutto ciò, un diffuso e corretto uso dei GIS può condurre a un’ampia gamma di van- taggi pubblici, riscontrabili dapprima nella sfera dell’istruzione e della for- mazione e a seguire in vari piani, quali: «miglioramento delle pratiche so-
ciali; ottimizzazione delle decisioni; facilitazione dei processi di comunica- zione; avanzamento delle condizioni d’esercizio della democrazia locale» (Casti, 2010, p. 24). Nella sperimentazione didattica e nell’alta formazione vanno, dunque, riposte la speranza e la consapevolezza di un possibile cam- biamento, purché ci si affidi non all’improvvisazione e all’estemporaneità, che originerebbero danni a cascata, ma a una rigorosa e dettagliata proget- tazione e a una comprovata metodologia scientifica (Montalbetti, 2002, p. 199).
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