di Maria Prezioso
6. L’impatto innovativo non omologante sui processi di forma zione geografica
L’esercizio europeo dell’arte del geografo ha toccato, dal 2000 ad oggi, campi occupazionali applicativi e progettuali sempre più complessi, in cui trovano spazio competenze che ruotano intorno alla coesione sociale ed
6 Tra i risultati significativi ottenuti in Europa da questa geografia italiana si ricordano
l’inserimento del termine “territorial” in sostituzione di quello di “spatial” nel lessico e nell’ap- proccio di policy europea e la diffusione/brevettazione di metodologie innovative di Territorial Impact Assessment.
economica, alla cooperazione trans-regionale, ai modelli di valutazione strategica, a indicatori di dinamica delle strutture regionali, ai GIS, e a mol- to altro, acquisendo il valore aggiunto prodotto da ricercatori e practitioner. All’educazione geografica italiana si chiede, dunque ed anche, di assu- mere nuove responsabilità, come quella di includere nel mercato del lavoro un capitale umano capace di rileggere e interpretare le politiche e le riforme nazionali e regionali, ponendo attenzione alla domanda dei territori urbani e rurali di rimuoverne gli ostacoli alla crescita attraverso un approccio inte- grato territoriale (Integrated Territorial Investments. Anche questa è inclu- sione) nell’uso dei Fondi Strutturali destinandoli ad appropriati progetti.
Per dare avvio alla nuova fase inclusiva dell’educazione geografica nel- la progettazione serve una contro-teoria di medio-lungo periodo, coerente- mente sostenuta, nella fase di start-up, da nuovi principi contenuti, compor- tamenti, di cui il MIUR, le scuole, le università sono solo gli interlocutori principali funzionali allo scopo di raggiungere i target 2020 in materia di educazione geografica.
Perché, rispetto al livello di istruzione superiore (terziaria) della popola- zione compresa tra 25 e 34 anni, il Paese spende ancora poco e non incenti- va al conseguimento di un titolo di studio secondario una fascia di età che ne è ancora priva per più del 28%7.
Il dato territorializzato diventa realmente preoccupante dal punto di vi- sta dell’inclusione socio-culturale sia della popolazione giovane nel merca- to del lavoro europeo, sia della geografia come componente fondamentale delle scienze umane. Nel primo caso, l’attuale posizione è distante più di 12 punti percentuali dalla media europea, che nel 2009 ha raggiunto il 32,2%, come evidenziato in più di un contributo. E se le città metropolitane e le re- gioni centrali (Lazio, Marche, Abruzzo) hanno recuperato superando la media nazionale (sotto il 20%), la dominanza del maschile sul femminile e un tasso di occupazione degli early school leaver inferiore al 50%, non può non ricondurre al peso rilevante che l’assenza di geografia esercita nel comportamento poco place-based delle politiche regionali rivolte allo svi- luppo di capability.
Nel secondo caso – cioè quello della geografia come componente fon- damentale delle scienze umane – il ruolo di contrasto alla povertà culturale, alla deprivazione immateriale e all’esclusione dalle capability potenziali è indiscusso in Europa. Dove, più di una ricerca è orientata ad indagare se valori di tipo assoluto, come quello di deprivazione materiale, sono l’unico
7 Pur registrando nel 2014 qualche miglioramento rispetto al 2010 (quartultimo posto nella
graduatoria dell’UE) e al 2013 (19% con un incremento di 0,8 punti rispetto al 2010 ma all’ultimo posto per quanto riguarda la componente maschile: 15% contro il 23% di quella femminile) (OCSE, 2014).
riferimento per spiegare l’incapacità da parte degli individui (e delle fami- glie) di immaginare l’accesso a qualcosa che va oltre la materialità, cioè ad attività considerate ‘normali’ dalla società attuale, come la formazione geo- grafica, per percepire la felicità che l’inclusione porta con sé.
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