Introduzione all’obiezione di coscienza: storia, definizione, forme e rapporto con lo Stato nei paesi europei e nel mondo
1.2 Stato moderno, esercito e rifiuto: la coscrizione obbligatoria, i refrattari e la nascita dell’obiezione di coscienza
1.2.1 La diffusione del diritto giuridico all’obiezione di coscienza nel Novecento in Europa
Con l’eccezione dell’Olanda, che garantì la dispensa dal servizio militare per brevi periodi già nel 1549 e nel 1580119, fu la Gran Bretagna il primo paese a permettere la possibilità di non prestare servizio militare nel 1757 per ragioni religiose. Nello stesso anno anche alcuni stati nordamericani (ancora sotto il dominio inglese) riconobbero tale diritto: la Pennsylvania nei confronti dei quaccheri, dei mennoniti e degli obiettori delle armi per motivi religiosi, mentre lo Stato di New York lo accordò ai quaccheri e il Maine ai quaccheri e agli shakers. Il mondo anglosassone è però una vera eccezione nella storia della coscrizione obbligatorio: nel Regno Unito la coscrizione universale maschile cadde in disuso all’inizio dell’Ottocento, mentre nei domini coloniali essa non fu mai adottata. Anche le ex-colonie britanniche (Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda) non adottarono la coscrizione obbligatoria, al contrario di quanto fecero le ex-colonie spagnole dell’America Latina, dove l’obbligo di servire nell’esercito rimase a lungo la norma.
119 L’Olanda era la patria del fondatore della confessione cristiana dei Mennoniti (che prendono il nome da
Menno Simons) e, probabilmente, la ferma asserzione di nonviolenza e di rifiuto di impugnare le armi può aver incentivato le autorità a riconoscere gli obiettori mennoniti e a consentir loro di prestare un servizio non armato nella vigilanza territoriale e nella costruzione di fortificazioni.
Le uniche due eccezioni nella storia britannica si ebbero durante o a ridosso delle due guerre mondiali. Nel 1916 il governo britannico introdusse la coscrizione militare poiché il reclutamento dei volontari non teneva il passo con le perdite al fronte120. Si trattava però di una misura estremamente controversa che fin da subito, anche se dopo lunghe e accese discussioni all’interno del parlamento, fu completata da una clausola che permetteva l’obiezione di coscienza. Si stima che circa 16.000 uomini britannici abbiamo fatto domanda di rifiutare il servizio militare durante la Prima Guerra Mondiale (le commissioni ne riconobbero meno di un terzo che poté servire in guerra in reparti sanitari) mentre furono circa 4.000 gli obiettori negli Stati Uniti121. L’Irlanda, che
all’epoca era ancora parte del Regno Unito, fu invece esclusa dalla coscrizione (si temeva una rivolta nei territori dove la situazione era già piuttosto tesa a causa delle istanze indipendentiste). Dopo la fine della prima guerra mondiale la coscrizione nel Regno Unito venne abolita; venne però nuovamente reintrodotta, sempre corredata dal diritto di obiezione, dal 1939 al 1960 per far fronte ai bisogni militari della seconda guerra mondiale e, subito dopo, come precauzione nel contesto della guerra fredda.
Nell’Europa continentale le cose andarono diversamente. Il primo esempio di dispensa dal servizio militare fu quello concesso, all’inizio dell’Ottocento, da Napoleone ai protestanti anabattisti. Ma la norma decadde insieme al regime napoleonico.
Si dovette quindi aspettare il Novecento perché il diritto di obiezione di coscienza al servizio militare venisse riconosciuto in altri paesi, ovvero: Norvegia (1900), Danimarca (1917), Svezia (1920) e Finlandia (1931). Come si è già accennato in precedenza, non è un caso che siano stati i paesi protestanti a riconoscere per primi il diritto di obiezione (con alcune eccezioni come l’Olanda). E non è un caso che i paesi cattolici dell’Europa – a eccezione dell’Irlanda, che però subiva l’influenza britannica – abbiano impiegato mezzo secolo in più dei paesi protestanti per riconoscere il diritto di obiezione. La Francia e il Lussemburgo, infatti, lo riconobbero solo nel 1963, il Belgio nel 1964, l’Italia nel 1972, la Spagna e il Portogallo nel 1976, quando questi due paesi intrapresero la democratizzazione dopo le lunghe dittature di Franco e Salazar.
Lo scarto temporale nel riconoscimento del diritto di obiezione di coscienza fra paesi di tradizione protestante e paesi di tradizione cattolica è, come si è visto, probabilmente originato dalle conseguenze politiche delle differenti percezioni
120 John Rae, Conscience and Politics. The British Government and the Conscientious Objection to
Military Service 1916-1919, Oxford University Press, London 1970.
teologiche sul ruolo dei fedeli all’interno della comunità e, quindi, dei singoli cittadini all’interno dello Stato; esse dipendono dalla differente percezione del rapporto con Dio, che nei paesi protestanti era diretto e legato a una responsabilità personale del singolo per le proprie azioni, mentre la percezione cattolica era caratterizzata dal bisogno di una mediazione (della Chiesa) nel rapporto col divino e quindi era segnata da una responsabilità corporativa sulle questioni morali, che dovevano essere gestite attraverso decreti e decisioni papali. Queste differenze risulteranno più evidente nel corso di questa ricerca, quando cioè si andranno ad analizzare a fondo i case studies. Per ora è importante sottolineare solo come la situazione nei paesi cattolici (non solo europei) fosse, nella maggioranza dei casi, molto diversa da quella dei paesi protestanti.
Il secondo elemento da tenere in considerazione nello studio del lento percorso verso il riconoscimento del diritto di obiezione di coscienza al servizio militare in Europa è – anche questo elemento è già stato accennato – il fenomeno delle due guerre mondiali. Esse costituirono due eventi che portarono una veloce accelerazione nella discussione sul diritto di obiezione, e non solo nei paesi cattolici. Durante e dopo entrambe le guerre la discussione sull’obiezione divenne molto vivace e accesa, in particolare dopo la seconda guerra, tanto da poter dire che essa sia stata uno spartiacque nel dibattito pubblico e abbia assolto la funzione di “idea trasformatrice” che portò da una visione della coscrizione come dovere al concetto di obiezione di coscienza come diritto.
Uno dei tanti paesi in cui si può ripercorrere questo processo è il Belgio. In Belgio già nel 1933 due anarchici nonviolenti, Lio Campion e Hem Day (pseudonimo di Marcel Dieu), fecero parlare di sé sui giornali quando si rifiutarono di prestare servizio militare. L’effetto del loro rifiuto, che cercarono di pubblicizzare il più possibile, riuscì solo ad aumentare l’interesse per questo tema da parte dei circoli umanisti che si adoperavano per il riconoscimento di alcuni diritti civili. Era ancora troppo presto. Ci vollero altri quindici anni e una guerra perché la vera battaglia per il diritto all’obiezione di coscienza scoppiasse definitivamente: solo col rifiuto di impugnare le armi del cattolico Jean van Lierde nel 1949 iniziarono, infatti, le prime interrogazioni parlamentari a riguardo e i primi movimenti di supporto, che però condussero a una legge sull’obiezione solo nel 1963.
Come già detto, si trattava di un processo simile a quello di molti paesi europei. Anche nei Paesi Bassi, per esempio, la storia fu analoga a quella belga e l’obiezione di coscienza venne riconosciuta dalla legge solo nel 1962. Un aspetto della situazione
olandese che può essere interessante notare in questa sede è che a partire dalla seconda guerra mondiale fino al riconoscimento del diritto di obiezione negli anni Sessanta gli obiettori non venivano rinchiusi in carcere, bensì mandati a Veenhuizen, una sorta di “paese-carcere” dove venivano inviate le persone classificate come “asocialen” dalle istituzioni (quindi non solo obiettori, ma anche disoccupati considerati “pericolosi”, rom, vagabondi, ecc)122. In questo modo lo Stato, attraverso la classificazione come persone deviate (“asocialen”), tentava di delegittimare gli obiettori dal diritto di richiedere la libertà di scelta. Era un metodo molto simile alla classificazione degli obiettori come “malati mentali” o in preda a “delirio religioso” che veniva spesso utilizzata in Italia anche dopo la seconda guerra mondiale.
Agli inizi degli anni Cinquanta l’obiezione di coscienza, nel senso del “diritto a non uccidere”, era riconosciuta, tra le nazioni che aveva partecipato alla seconda guerra mondiale (o che comunque l’avevano subita), in Gran Bretagna, Stati Uniti, Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia. Nel mondo: 24 nazioni non avevano coscrizione obbligatoria, altre 18 nazioni avevano la coscrizione ma riconoscevano il diritto all’obiezione di coscienza, 34 nazioni (più della metà latine e cattoliche) non permettevano alcuna alternativa alla coscrizione obbligatoria.
Nei paesi che riconoscevano il diritto di obiettare, i modelli di servizio civile erano principalmente due, come spiega Patrick Bernhard nel suo libro Zivildienst.123 Da un lato c’era il modello dei paesi nordici in cui la possibilità di servizio civile era vista come una forma di compensazione per il rifiuto del servizio militare attraverso il servizio alla comunità; dall’altro lato c’era il modello europeo continentale dove lo Stato si presentava come un datore di lavoro, in cui gli obiettori erano ospitati in campi di impostazione militare e il servizio era solitamente più lungo del periodo di servizio militare. Questo secondo modello si avvicinò ben presto al modello anglo-americano, impiegando cioè l’obiettore in strutture private mentre lo Stato mantenne solo una funzione di controllo.
Se la maggioranza dei paesi europei raggiunsero il diritto di obiezione tra l’inizio degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta, non mancano però eccezioni
122 Henny Zwart, Er waren er die niet gingen. Vijftien eeuwen straf voor Indonesiëweigeraars, Stichting,
Amsterdam 1995; Adrianne Dercksen and Loes Verplanke, Geschiedenis van de
onmaatschappelijkheidsbestrijding in Nederland, 1914-1970, Meppel, Amsterdam, 1987; Ben Maandag and Tonny van der Mee, De ‘asocialen’. Heropvoeding in Drentse kampen, Donker, Rotterdam, 2005.
123 Patrick Bernhard, Zivildienst zwischen Reform und Revolte. Eine bundesdeutsche Institution im
significative come per esempio la Grecia (dove però, soprattutto negli anni Cinquanta, bisogna tenere in considerazione le forti tensioni con la Turchia e, in seguito, il regime instaurato in seguito al colpo di Stato detto “dei Colonnelli”). In Grecia si dovette aspettare addirittura il 1997 per veder riconosciuto tale diritto. Dopo forti pressioni da parte del Parlamento Europeo, il parlamento greco arrivò ad approvare una legge che contemplava la possibilità di un servizio civile alternativo; ma tale servizio era concesso solo a “obiettori di coscienza religiosi”, termine che si riferiva unicamente ai membri della Chiesa Ortodossa i quali, tra l’altro, mai avevano supportato gli obiettori di coscienza nelle loro battaglie né, tanto meno, promosso il diritto alla libera scelta.
Un’altra eccezione significativa è quello dell’Unione Sovietica. Anche in questo paese l’obiezione di coscienza non fu riconosciuta, se non per un brevissimo periodo: nel gennaio 1919, infatti, Lenin aveva firmato un decreto del Concilio dei Commissari del Popolo nel quale si riconosceva il diritto all’obiezione per motivi religiosi, ma già nel 1929, sotto Stalin, il decreto non fu più valido. Ancora oggi in Russia non è riconosciuto il diritto di obiezione di coscienza; seppur già dal 1994 ci siano discussione e bozze di legge a riguardo, non si è ancora giunti a un accordo e a una approvazione definitiva.
Tra i paesi del “blocco sovietico” il primo a veder riconosciuto il diritto all’obiezione fu – come vedremo in seguito – la Repubblica Democratica Tedesca. Dal 1964 fu legalmente permesso nella Germania est di prestare un servizio alternativo al servizio militare, permesso che era però difficilmente concesso. Gli altri paesi del blocco sovietico dovettero aspettare l’indebolirsi del controllo dell’URSS, quindi crollo del comunismo e la rinnovata indipendenza nazionale per vedere riconosciuto il diritto all’obiezione: la Polonia nel 1988, l’Ungheria nel 1989, la Lituania nel 1990, l’Estonia nel 1991, la Cecoslovacchia nel 1992 (poi sia Repubblica Ceca che Slovacchia mantennero tale diritto), l’Ucraina nel 1996, la Bulgaria nel 1998.
Anche all’interno delle organizzazioni internazionali le cose non andarono molto diversamente: quasi nessuna organizzazione pose il problema del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare prima della fine del secolo. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948), per esempio, non riconosceva tale diritto e si dovette aspettare diversi decenni perché la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite riconoscesse formalmente il diritto all’obiezione di coscienza in quanto derivato dal diritto di libertà di pensiero, coscienza e religione. La Commissione per i diritti dell’uomo dell’ONU aveva affrontato per la prima volta la questione solo il 22 marzo
1971 con la Risoluzione 11B, che consigliava a tutti gli Stati della comunità internazionale di aggiornare le proprie legislazioni inserendo il riconoscimento dell’obiezione di coscienza al servizio militare (ove esso non fosse già presente). La Commissione tornò sul tema nuovamente l’11/2/1976, il 12/3/1980 e il 12/3/1981 con delle Risoluzioni riguardanti l’obiezione di coscienza.
Nel 1982, infine, nella 35° sessione vennero espressi alcuni principi fondamentali riguardanti l’obiezione di coscienza:
1. deve essere riconosciuto il diritto di rifiutare il servizio militare quando questo è impiegato per favorire la politica di apartheid, oppure è impiegato in una guerra di aggressione o per intraprendere illegali pratiche militari;
2. deve essere riconosciuto il diritto di rifiutare il servizio di leva per motivi di coscienza. Esso può essere sostituito con un servizio alternativo nel campo del sociale o per favorire il progresso economico del proprio Paese;
3. si deve favorire l’asilo politico o il diritto di transito alle persone costrette a lasciare il proprio Paese per ragioni di obiezione di coscienza124.
Nel 1989, infine, la Commissione sui diritti umani riconosce ancora una volta l’obiezione di coscienza come una manifestazione riconosciuta dal diritto di libertà di pensiero, coscienza e religione (Risoluzione 1989/59), ma come le precedenti risoluzioni tale diritto non viene fissato nella giurisprudenza internazionale. Con la risoluzione 1998/77, viene nuovamente consolidato il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare, ma ancora una volta esso non viene fissato nella legge. Queste indecisioni su tale questione portano a continue interrogazioni della Commissione da parte di paesi che non riconoscono tale diritto. Nel 1993 è la Repubblica di Corea a interrogare la Commissione che in un commento generale della Commissione dei diritti umani specifica che:
The Covenant does not explicitly refer to a right to conscientious objection, but the Committee believes that such a right can be derived from article 18, inasmuch as the obligation to use lethal force may seriously conflict with the freedom of conscience and the right to manifest one’s religion or belief (para. 11)125.
124 Silenzi, L’obiezione di coscienza al servizio militare nel diritto internazionale cit., pp. 11-12.
125 Cfr. L.T.K. v. Finland, communication No. 185/1984. Il testo è citato in Conscientious objection to
Nel 2004 la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ritorna sulla questione sempre perché interrogata se il diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare fosse compreso o no nell’articolo 18 sulla libertà di pensiero, coscienza e religione. La commissione concluse positivamente e aggiunse:
[…] article 8 of the Covenant itself neither recognizes nor excludes a right of conscientious objection. Thus, the present claim is to be assessed solely in the light of article 18 of the Covenant, the understanding of which evolves as that of any other guarantee of the Covenant over time in view of its text and purpose126.
Nonostante le continue Risoluzioni e le specificazioni da parte della Commissione dei Diritti Umani che ribadisce come il diritto all’obiezione sia compreso nel diritto di libertà di pensiero, coscienza e religione, il riconoscimento del diritto di obiezione di coscienza al servizio militare rimane ancora oggi una consistente omissione nella lista dei diritti umani garantiti internazionalmente dalle Nazioni Unite.
Diversamente accadde nell’Unione Europea. La prima istituzione europea a riconoscere l’obiezione di coscienza al servizio militare fu l’Assemblea parlamentare del Consiglio dell’Unione Europea. L’argomento fu toccato per la prima volta nel 1965, quando Amnesty International, riferendosi all’articolo127 della Convenzione Europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, chiedeva che
si includesse anche la libertà di coscienza e di obiezione al servizio militare. La Commissione giuridica del Consiglio d’Europa formulò quindi la richiesta di elaborare un rapporto dettagliato sull’obiezione di coscienza al servizio militare nell’ambito delle legislazioni dei paesi membri (Doc. n. 2170/67 – Consiglio d’Europa). Fu incaricato (4
126 Communications Nos. 1321/2004 and 1322/2004, Views adopted on 3 November 2006. Il testo è citato
in Conscientious objection to Military Service, United Nations Publication, New York and Geneva 2012, p. 11.
127 “Articolo 9 - Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, così come la libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo individualmente o collettivamente, in pubblico o in privato, mediante il culto, l'insegnamento, le pratiche e l’osservanza dei riti.
2. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e costituiscono misure necessarie, in una società democratica, per la pubblica sicurezza, la protezione dell'ordine, della salute o della morale pubblica, o per la protezione dei diritti e della libertà altrui”, in Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
luglio 1966) l’Istituto Max Planck di diritto pubblico comparato e di diritto internazionale di Heidelberg di portare avanti una ricerca sulla situazione giuridica degli obiettori di coscienza negli Stati membri europei128.
Nonostante le statistiche presentate nel rapporto mostrassero come gli Stati che avevano riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza non avessero visto un grosso ricorso dei giovani al servizio civile sostitutivo (anche se queste statistiche non rispecchiavano fedelmente la realtà poiché omettevano di segnalare quanto in certi paesi fosse complicato accedere a tale diritto) il 16 gennaio 1967 venne finalmente adottata la Risoluzione n. 337/1967 che si basava sul diritto universale delle persone di rifiutare l’obbligo di leva per motivi religiosi e/o convinzioni personali e che recitava:
Persons liable to conscription for military service who, for reasons of conscience or profound conviction, arising from religious, ethical, moral, humanitarian, philosophical or similar motives, refuse to perform armed service shall enjoy a personal right to be released from the obligation to perform such service. This right shall be regarded as deriving logically from the fundamental rights of the individual in democratic Rule of Law states which are guaranteed in Article 9 of the European Convention on Human Rights129.
Infine, il diritto di obiezione di coscienza fu introdotto nella Carta Fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea (2000) dove si prevedeva l’esistenza del diritto di obiezione di coscienza, ma, con un paradosso, si lasciava alle singole nazioni la possibilità di applicare tale legge130. Il Consiglio parlamentare dell’Unione Europea tornò infine sull’argomento nella risoluzione 1518 del 23 maggio 2001, raccomandando che il diritto di obiezione di coscienza venisse formalmente incorporato nella Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo131.
128 Silenzi, L’obiezione di coscienza al servizio militare nel diritto internazionale cit., pp. 17-18.
129 A.1 e A.2 del Besic Priciples of the Resolution 337 (1967) on the right of conscientious
objection pubblicato dopo l’Assembly Debate on 26th January 1967 (22nd Sitting) (see Doc. 2170, report of the Legal Committee). Il testo integrale della Risoluzione si può trovare nel sito del Council of Europe alla pagina: http://assembly.coe.int/Main.asp?link=/Documents/AdoptedText/ta67/ERES337.htm (ultima consultazione 26.10.2012).
130 Art. 10.2 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea: “Il diritto all’obiezione di coscienza
è riconosciuto secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio” il testo integrale della Carta si può trovare alla pagina http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf (ultima consultazione 25.10.2012).