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Gli obiettori di coscienza in Italia (1945-1972)

3.2 Gli anni Sessanta: l’arrivo dei cattolic

3.2.1 I teorici: “l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni”

Negli anni Sessanta esplose la questione dell’obiezione di coscienza sia per consistenza del numero di obiettori che per diffusione del dibattito a riguardo; ma la vera novità fu il manifestarsi dei primi obiettori dichiaratamente cattolici – che giustificavano cioè la loro scelta con l’appartenenza alla comunità cattolica, in concordanza quindi con gli insegnamenti del Vangelo.

Il primo obiettore di coscienza al servizio militare dichiaratamente cattolico, Giuseppe Gozzini, metterà in atto la sua scelta nel 1962. A prenderne le difese, come vedremo in dettaglio in seguito, furono padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani che proprio a partire dagli anni Sessanta si imposero sulla scena pubblica come i teorici dell’obiezione cristiana.

Come si è visto nel paragrafo precedente, i cattolici non erano intervenuti nel dibattito degli anni Cinquanta se non con posizioni filostatali e contrarie all’obiezione di coscienza. La questione dell’obiezione di coscienza al servizio militare non era però del tutto estranea agli ambienti cattolici dove comunque anche prima degli anni Sessanta si erano levate alcune voci a favore dell’obiezione. Tra le figure più significative del cattolicesimo pacifista italiano degli anni Quaranta e Cinquanta che si espressero esplicitamente riguardo all’obiezione di coscienza troviamo: don Luigi Sturzo, don Primo Mazzolari e Igino Giordani. Sul fondatore del Partito Popolare Italiano non ci si soffermeremo, ma ci limiteremo a ricordare come, dall’esilio nel quale era stato costretto a partire dal 1924 si fece promotore di una Dichiarazione della impossibilità di una

guerra giusta, in cui si leggeva:

Oggi che la guerra è divenuta un sistema di distruzione anonima e di massacro generalizzato, senza alcuna finalità di giustizia distributiva, con i mezzi atroci in completa opposizione al fine che si pretende raggiungere, non vi è più alcuna distinzione morale fondamentale tra aggressione e difesa; d’altronde quando questa comincia ad attuarsi si identifica criminalmente con l’attacco... Per conseguenza il rifiuto del servizio militare

diventa un dovere obiettivo per ogni cattolico che voglia mantenersi fedele agli insegnamenti di Gesù e consapevole della criminale assurdità della guerra112.

Le parole di don Sturzo sono molto chiare: forse per la prima volta nel mondo cattolico contemporaneo un sacerdote scrive e pubblica un incitamento al rifiuto del servizio militare. Ma la Dichiarazione non ebbe molta diffusione e le parole di Sturzo non ebbero fortuna. Maggior successo avrebbe invece avuto il testo contro l’esercito del discusso sacerdote di Bozzolo don Primo Mazzolari.

Primo Mazzolari113 (Cremona 1890-Bozzolo 1959) è forse una della figure più

interessanti e dimenticate del cattolicesimo italiano del secondo dopoguerra. Di famiglia contadina, poté studiare al seminario minore della diocesi di Cremona. Vescovo della città era monsignor G. Bonomelli che si caratterizzava per le sue coraggiose posizioni sulla questione romana, ma anche su emergenti temi sociali come quello dell’emigrazione. Nell’ambiente vescovile di Bonomelli (per il quale per tutta la vita Mazzolari avrebbe dichiarato una figliolanza spirituale), il giovane seminarista, che pure entrava a far parte della Chiesa conservatrice di Pio X contraddistinta dalle rigide posizioni contrarie al modernismo, poté trovare un ambiente piuttosto aperto che permise al giovane di coltivare gli interessi per i problemi sociali e di superare alcune crisi vocazionali114. Ordinato sacerdote del 1912 e dopo aver prestato servizio in alcuni paesi del cremonese, nella primavera del 1915 Mazzolari appoggiò le posizioni degli interventisti democratici cattolici che vedevano nella guerra l’opportunità di recuperare le “terre irredente” e di sconfiggere l’autoritarismo e il militarismo tedesco. Nel novembre 1915 si arruolò addirittura come soldato semplice (venne impiegato nella sanità militare). La guerra segnò profondamente le sue idee: la perdita del fratello sul monte Sabotino, l’esperienza di trincea e il servizio di recupero e sepoltura dei corpi rinvenuti appena finita la guerra lo avrebbero spostato definitivamente su posizioni pacifiste. Conclusa l’esperienza militare Mazzolari divenne delegato vescovile a Bozzolo (Mantova) e, in

112 La Dichiarazione della impossibilità di una guerra giusta è riportata in F. Fabbrini, Tu non ucciderai,

Cultura Editrice, Firenze 1966, p. 4.

113 Faccio riferimento a: Mazzolari, Primo, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia (1860-

1980), diretto da Francesco Traniello e Giorgio Campanini, II, I protagonisti, Marietti, Casale Monferrato 1982, voce firmata da Carlo Bellò; la notizia biografica firmata da Carlo Felice Casula, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 72, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2009, ad nomen (pp. 661-664), consultabile anche in linea: http://www.treccani.it/enciclopedia/primo-mazzolari_(Dizionario-Biografico)/.

114 Oltre alla presenza di monsignor Bonomelli, Mazzolari poté far riferimento anche alla figura

dell’insegnante barnabita P. Gazzola (cacciato da Milano e confinato a Cremona con l’accusa di modernismo).

seguito, in altri paesi dipendenti dalla diocesi di Cremona. Divenuto arciprete di Bozzolo (1932), il sacerdote intervallava i doveri pastorali con la scrittura, occupazione che lo accompagnò per tutta la vita e che lo portò a pubblicare numerosi libri tra cui alcune opere letterarie legate al tema della fede. Nei suoi testi, così anche come nel suo lavoro di sacerdote, dimostrò sempre una particolare attenzione per il tema della povertà.

Sotto il regime fascista l’opera di Mazzolari non passò inosservata, ricevette infatti diversi richiami, mentre alcuni dei suoi scritti si videro negare l’imprimatur ecclesiastico e altri vennero addirittura sequestrati per ordine del MinCulPop115. Dopo l’8 settembre il

sacerdote partecipò al movimento di Resistenza nel mantovano e nel cremonese, tanto da venir arrestato nel luglio 1944. Rilasciato dopo poco, da quel momento visse in clandestinità fino alla fine della guerra.

Nel dopoguerra prese parte al dibattito culturale, politico e religioso, esprimendo un iniziale appoggio per il partito della Democrazia Cristiana, senza però per questo tralasciare il dialogo con i comunisti, con i quali continuò a discutere anche dopo che questi ultimi vennero scomunicati.

Nel 1949 fondò, assieme al francescano Placido da Pavullo e i sacerdoti G. Barra e L. Bedeschi, il quindicinale Adesso116, nel quale scriveva di diversi argomenti che potevano spaziare dall’istanza di rinnovamento della Chiesa alla difesa dei poveri, dalla denuncia delle ingiustizie sociali alla promozione della pace e alla messa al bando della bomba atomica. Questa attività giornalistica non passò inosservata e nel 1951 la Chiesa romana proibì a Mazzolari di scrivere su Adesso o su qualsiasi altra rivista senza l’esplicita approvazione ecclesiastica, inoltre veniva ingiunto ai redattori di chiudere la rivista117. Nel 1954 venne rinnovato a Mazzolari il divieto di pubblicare articoli su “materie sociali” e di predicare al di fuori della propria parrocchia. Così, nel 1955, il sacerdote fu costretto a pubblicare anonimo quello che sarebbe diventato il suo più famoso testo: Tu non uccidere118, in cui attaccava apertamente la dottrina della guerra giusta, compresa la sua lunga tradizione cattolica, e si schierava a favore del diritto di rifiutarsi di impugnare le armi. Mazzolari morì nel 1959.

115 Si ricorda che Cremona era la città di Farinacci e di certo un luogo caldo anche per la propaganda

antisemita.

116 Anche don Milani avrebbe, in seguito, collaborato a tale rivista.

117 Dopo una sospensione di alcuni mesi, la rivista avrebbe ripreso le pubblicazioni con una redazione

completamente laica. Mazzolari vi avrebbe continuato a pubblicare sotto pseudonimo.

La seconda figura da ricordare è sicuramente quella di Igino Giordani119 (Tivoli 1894-Rocca di Papa 1980), che ritroveremo più avanti come promotore della prima proposta di legge in favore del diritto all’obiezione di coscienza. Giordani, anch’egli cattolico e in contatto, tra gli altri, con Mazzolari con il quale intrattenne anche uno scambio epistolare120, era vicino agli ambienti vaticani per i quali lavorò e poi diresse la Biblioteca Apostolica. Nel giugno del 1946 fu eletto tra i costituenti e nel 1948 fu nuovamente eletto deputato per la Democrazia Cristiana, restando in Parlamento fino al 1953. Nel 1948, intanto, era entrato a far parte del Movimento dei Focolari, diventando il primo laico consacrato a Dio tra i Focolari. La figura di Giordani è utile in questo lavoro al di là del suo impegno della proposta di legge per l’obiezione di coscienza del 1949 sulla quale si tornerà più avanti: Giordani era la voce principale del cattolicesimo pacifista in Parlamento e partecipò alle discussioni parlamentari sulle spese di guerra dei primi anni ’50 impegnandosi per il disarmo. La sua uscita dalla politica nel 1953 segnerà anche l’inizio del silenzio della Democrazia Cristiana e della quasi totalità del mondo cattolico sulla questione del disarmo e dell’obiezione di coscienza che fu rotto solo negli anni Sessanta da due sacerdoti cattolici, che con Mazzolari erano stati in contatto e col quale avevano collaborato e che avrebbero preso il suo posto nello schieramento pacifista cattolico: padre Ernesto Balducci e don Lorenzo Milani.

Ernesto Balducci (Santa Fiora 1922-Cesena 1992)121 era nato in un piccolo paese sul monte Amiata dove il padre lavorava come minatore. Dimostrando buone attitudini scolastiche fin da piccolo, poté studiare in un collegio scolopio grazie a una borsa di studio. Venne ordinato sacerdote nell’agosto del 1945. In seguito (1950) si laureò in Lettere a Firenze (con una tesi su Antonio Fogazzaro seguita da Attilio Momigliano) e divenne presto amico di Giorgio La Pira che influenzò non poco i suoi interessi verso le

119 Faccio riferimento a Giordani, Igino, in Dizionario storico del movimento cattolico. Aggiornamento

1980-1995, Marietti 1820, Casale Monferrato 1997, voce firmata da F. Giordano.

Informazioni sulla sua biografia di possono reperire nel sito della Fondazione a lui dedicata e che ospita il suo archivio: http://www.iginogiordani.info/it/ e nel sito della Camera dei deputati tra le schede dei

costituenti prima e dei deputati poi, rispettivamente alle pagine:

http://legislature.camera.it/chiosco.asp?cp=1&position=Assemblea%20Costituente\I%20Costituenti&conte nt=altre_sezioni/assemblea_costituente/composizione/costituenti/framedeputato.asp?Deputato=1d8540 e http://legislature.camera.it/chiosco.asp?cp=1&position=I%20Legislatura%20/%20I%20Deputati&content= deputati/legislatureprecedenti/framedeputato.asp?Deputato=1d8540.

120 Lo scambio si può leggere in Lorenzo Bedeschi, L’ultima battaglia di don Mazzolari. Adesso, 1949-59,

Morocelliana, Brescia 1990.

121 Le notizie sulla biografia di Balducci sono tratte da: Bruna Bocchini Camaiani, Ernesto Balducci. La

Chiesa e la modernità, Laterza, Bari 2002; AA.VV., L’uomo inedito e la cultura planetaria, Quaderni della Fondazione Balducci, n. X, S.Domenico di Fiesole (FI), giugno 2005.

tematiche sociali e politico-culturali, che in Balducci si dirigeranno principalmente verso l’educazione dei giovani. Quando La Pira divenne sindaco di Firenze, Balducci ne divenne uno stretto collaboratore, soprattutto sul piano teologico-religioso e sulle questioni legate alla pace (si pensi, in particolare, al convegno di Firenze su “Pace e civiltà cristiana” del 1954)122. Nella seconda metà degli anni Cinquanta conobbe anche don Primo Mazzolari, alla cui rivista collaborò con diversi articoli.

L’attività fiorentina di La Pira e del suo circolo di collaboratori era seguita con preoccupazione dalle gerarchie ecclesiastiche che, alla fine degli anni Cinquanta, spostarono Balducci prima a Frascati e poi a Roma, dove poté seguire da vicino il Concilio Vaticano II che si aprì nel 1962. E fu proprio durante gli anni romani che Balducci prese posizione sulla questione dell’obiezione di coscienza pubblicando un articolo-intervista sul quotidiano cattolico di Firenze Il giornale del mattino (il titolo dell’articolo era La chiesa e la patria, 13 gennaio 1963). Tale articolo gli costò un processo (che si svolse tra il 1963 e il 1964) con l’accusa di “apologia di reato per la difesa dell’obiezione di coscienza”. Il processo si concluse con una condanna in appello e in cassazione e la contemporanea denunzia al Sant’Uffizio.

Rientrato a Firenze nel febbraio del 1965, Balducci continuò a impegnarsi anche in temi legati alla pace; di particolare significato la sua collaborazione al Convegno “Se vuoi la pace, prepara la pace” (1981), e il suo ruolo nella fondazione della casa editrice Edizioni cultura della pace123.

Negli stessi anni in cui Balducci si faceva conoscere per le sue idee sulla pace, un altro sacerdote sarebbe diventato famoso in Italia e all’estero. Lorenzo Comparetti Milani124 (Firenze 1923-1967), conosciuto da tutti come don Milani, divenne, a partire dagli anni Settanta (dopo cioè la morte), una delle figure più citate e conosciute di quel

122 Cfr. Pier Luigi Ballini, I convegni per la pace e la civiltà cristiana (1952-1956). La presenza francese.

Temi e voci di un dibattito, in Pier Luigi Ballini (a cura di), Giorgio La Pira e la Francia. Temi e percorsi di ricerca. Da Maritain a de Gaulle, Firenze, 2005, pp. 22-46.

123 Tra le varie pubblicazioni è da ricordare la rivista “Testimonianze”, fondata, tra gli altri, da padre

Balducci e ancora oggi attiva. Cfr. http://www.testimonianzeonline.com (data ultima consultazione: 10.10.2014).

124 Le notizio su Lorenzo Milani sono tratte da: Milani, Lorenzo, in Dizionario storico del movimento

cattolico in Italia (1860-1980), diretto da Francesco Traniello e Giorgio Campanini, II, I protagonisti, Marietti, Casale Monferrato 1982, voce firmata da Anna Scattigno; la notizia biografica firmata Michele Di Sivio, in Dizionario Biografico degli italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2010, vol. 74, ad nomen (pp. 448-454); consultabile anche in linea: http://www.treccani.it/enciclopedia/lorenzo-milani- comparetti_(Dizionario-Biografico)/ (data ultima consultazione: 10.10.2014). Si veda anche: Alberto Melloni, "Mi ribolle": lettere di don Milani, in Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto e G. Pedullà, III, Dal Romanticismo a oggi, a cura di D. Scarpa, Einaudi, Torino 2012, pp. 770-773.

movimento di base che spinse nella direzione dell’avvicinamento tra PCI e DC e che prese il nome di “cattocomunismo”.

Era nato in una famiglia benestante di intellettuali di forte impronta laica che tendeva all’agnosticismo e all’anticlericalismo (tanto che i genitori di Milani si erano sposati nel 1919 con solo rito civile, per poi compiere il matrimonio cattolico e il battesimo dei figli solo nel 1933, per paura di ripercussioni – la madre di Milani era di origini ebraiche, come anche la nonna paterna). Concluso il liceo a Milano nel 1941, Milani non proseguì gli studi universitari, ma divenne allievo del pittore Hans Joachim Staude, sensibile alla cultura orientale e al buddhismo, e si iscrisse all’Accademia di Brera dove restò fino al 1943 senza però concludere gli studi. Pochi mesi prima dell’armistizio, quando molti dei suoi compagni avrebbero compiuto la scelta di un antifascismo militante salendo in montagna col fucile in spalla, Milani intraprese la strada della religione cattolica attraverso la cresima e l’entrata, appena possibile, al seminario arcivescovile fiorentino di Cestello. Fu ordinato sacerdote nel 1947 e inviato a San Donato a Calenzano (Prato). A Calenzano Milani iniziò un’attività pastorale che differiva per molti aspetti da quella della maggior parte dei suoi colleghi, prima di tutto per il suo aspetto educativo che lasciava da parte il proselitismo e lo sostituiva con l’educazione125.

Mentre Milani sperimentava la sua scuola sui primi allievi, Giorgio La Pira era diventato sindaco di Firenze (1951) e nel 1953 aveva appoggiato, col sostegno anche del vescovo di Firenze Elia Della Costa, l’occupazione delle fabbriche del Pignone entrando in conflitto col ministro dell’Interno Amintore Fanfani. Anche Milani vi si ritrovò coinvolto a causa della sua attività pastorale di Calenzano e per questo fu punito con l’invio a Barbiana, una parrocchia in via di soppressione nei pressi di Vicchio nel Mugello (dicembre 1954). Nonostante questo trasferimento fosse chiaramente un tentativo di isolarlo, Milani assunse il suo compito senza discutere, con quella che più tardi avrebbe definito una “ribellione obbedientissima”126. Le questioni dell’obbedienza e

125 Come primo intervento, infatti, il neo-parroco fondò una scuola popolare, aperta anche ai non praticanti

la religione cattolica; unico requisito richiesto era quello di appartenere alle classi sociali più basse, essere cioè operai o contadini. L’educazione, contrapposta al tradizionale proselitismo, era per Milani il risarcimento che veniva offerto agli “ultimi”: la scuola che aveva creato doveva essere più che altro una palestra nella quale gli allievi si esercitavano a riflettere e imparavano a confrontarsi da pari a pari con gli intellettuali e con le classi più alte; l’educazione era un modo per tendere all’eguaglianza spirituale e intellettuale, in attesa dell’uguaglianza sociale ed economica.

126 Fin dal primo giorno del suo arrivo al paesino di montagna, il nuovo parroco di Barbiana si impegnò nel

miglioramento delle condizioni di vita degli abitanti: iniziò, assieme ai paesani, a lavorare alla costruzione della strada, alla canalizzazione dell’acqua e fondò anche a Barbiana una scuola popolare su modello di

della coscienza furono fin da subito centrali nel pensiero e negli scritti di Milani. Il suo lavoro pastorale, infatti, fu sempre accompagnato anche dalla pubblicazione di articoli e opere, che partivano quasi sempre dalle sue esperienze educative e che dovevano servire da esempio e consiglio per gli altri sacerdoti. L’opera principale e più diffusa, le

Esperienze pastorali, era rivolta principalmente ai parroci cattolici127.

Esperienze pastorali attirò subito l’attenzione dei cattolici progressisti oltre che di

ampi circoli di intellettuali, ma provocò subito anche un acceso e violento dibattito con, da un lato, alcune recensioni favorevoli e aperti appoggi (Primo Mazzolari, Giorgio La Pira, Gaetano Arfè), mentre dall’altro lato trovò la netta opposizione di buona parte delle istituzioni ecclesiastiche e del mondo conservatore (con accese critiche su La civiltà

cattolica e La settimana del clero). Alla fine la Congregazione del Santo Uffizio ordinò il

ritiro del testo incriminato (10 dicembre 1958) e ne proibì ristampe e traduzioni. Riguardo a questa decisione il mondo politico e culturale italiano si spaccò in due: da un lato i conservatori cattolici e le istituzioni cattoliche, dall’altro tutto quel mondo cattolico che sperava in un rinnovamento dell’istituzione, appoggiato spesso anche dai partiti della sinistra che vedevano in Milani uno dei loro. Il libro, nonostante la proibizione, continuò comunque a circolare attraverso diversi canali128.

Pochi anni dopo la vicenda di Esperienze pastorali, la figura di don Milani tornò nuovamente al centro del dibattito pubblico. Nel febbraio del 1965 era comparso su La

quella di Calenzano – ma molto più radicale – che impegnava i giovani allievi per dodici ore al giorno tutti i giorni dell’anno.

La citazione è tratta da: N. Fallaci, La vita del prete Lorenzo Milani. Dalla parte dell’ultimo, Milano 2005, p. 291.

127 Don Lorenzo Milani, Esperienze pastorali, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1957. Partendo dai dati

raccolti durante i suoi anni di lavoro nelle due comunità, Milani analizzava la questione del rapporto tra fedeli e Chiesa, e quello di credenti e non credenti con la liturgia; con questa analisi il parroco di Barbiana arrivava a proporre una profonda critica verso la predicazione intesa come rito, svuotato dal suo valore sociale e incomprensibile ai fedeli; Milani esprimeva anche feroci critiche alla società contemporanea che definiva una società sì di sviluppo, ma non di progresso, nella quale la diffusione della tecnologia portava solo ad aumentare il divario tra classi ricche e classi povere, mentre i nuovi media trattavano tutti come spettatori, come clienti, evitando di fornire del tempo per riflettere: gli spettatori non dovevano riflettere, solo ascoltare. Se questo era il contesto della società, l’unica soluzione possibile era quella di fornire, attraverso l’educazione, ai giovani delle classi più basse gli strumenti per decidere se “sovvertire quel modello di valori, di fronte al quale i contadini e gli operai sono senza parole” (Di Sivio, Milani Comparetti cit., p. 451).

128 Solo nell’aprile 2014 la Chiesa cattolica ha avviato la “riabilitazione” ufficiale di don Milani, togliendo

anche ogni veto alla pubblicazione e alla ristampa delle Esperienze pastorali (rispondendo a una richiesta ufficiale della Fondazione Don Milani: http://www.donlorenzomilani.it/richiesta-ufficiale-per-la- riabilitazione-di-esperienze-pastorali-di-don-lorenzo-milani/). La notizia ha avuto più eco sulle testate giornalistiche fiorentine che su quelle nazionali: cfr. “la Repubblica”, ed. Firenze, 18 aprile 2014, p. I e X- XI; oppure http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/2014/16-aprile-2014/esperienze- pastorali-don-milani-saranno-ristampate-pubblicate-22381291523.shtml (data ultima consultazione: 10.10.2014).

Nazione un comunicato dei cappellani militari in congedo in Toscana intitolato Ordine del giorno dei cappellani militari della Toscana in congedo129. Al suo interno l’obiezione

di coscienza al servizio militare veniva presentata come un “insulto alla Patria e ai suoi caduti” e una “espressione di viltà”. In risposta a tali affermazioni Milani fece circolare una lettera, la Lettera ai cappellani militari di don Lorenzo Milani, priore di Barbiana, che venne pubblicata solo dal periodico comunista Rinascita (6 marzo 1965). In essa Milani si esprimeva a favore dell’obiezione e contro quel concetto di “obbedienza”