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Pace, guerra e obiezione: società, politica e giurisprudenza

4.1 Come si cambia una società? Il ruolo delle minoranze: discussioni su guerra e costituzione

4.2.1 La discussione su guerra e pace nella Costituente

In Italia il passato recente della dittatura e della guerra rendevano chiaro che la ricostruzione dell’impianto costituzionale del Paese non avrebbe potuto prender forma dal tessuto giuridico e statutario della storia passata. Come spiega Maurizio Cau, anche

27 Commissione per la Costituzione, I sottocommissione, Relazione del deputato La Pira Giorgio sui

Principi relativi ai Rapporti Civili, p. 14. Il testo della relazione è pubblicato online nel sito della Camera, alla pagina:

http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/relaz_proposte/I_Sottocommissione/03nc.pdf [data ultima consultazione: 10.01.2013].

lo Statuto Albertino, che tutto sommato avrebbe potuto soddisfare le richieste di almeno una parte dell’arco politico italiano del dopoguerra, non sembrava adatto al momento: lo Statuto Albertino era l’espressione dell’esperienza costituzionale liberale che, secondo alcuni, aveva permesso la salita al potere di Mussolini e fenomeni simili non sarebbero più dovuti accadere (come, d’altra parte, era stato per la Costituzione di Weimar e l’ascesa di Hitler: come vedremo meglio nel prossimo capitolo queste considerazioni sono largamente valide anche per la Germania ovest)28.

L’esigenza di partire da zero nelle nuove politiche istituzionali ha portato al definitivo abbandono della tradizione statutaria italiana e alla scrittura di una nuova costituzione in grado di soddisfare le esigenze di una Repubblica nata sull’esperienza della Resistenza. Ciò non esclude, ovviamente, che ci siano state diverse continuità tra prima e dopoguerra sia sul piano politico che su quello giuridico: parte del bagaglio culturale e delle esperienze giuridiche della vecchia tradizione liberale, così come porzioni degli esperimenti di rinnovamento giuridico maturati in età fascista rientrarono a pieno titolo nel sistema del dopoguerra29.

La novità principale fu in realtà una questione di base: col nuovo sistema non era più lo Stato che definiva la Costituzione ma l’esatto contrario, ovvero era la Costituzione – scritta dalla prima assemblea costituente della storia unitaria (lo Statuto albertino seguiva il modello ottocentesco delle carte octroyées dal sovrano) – che creava lo Stato30 prevedendo che l’esercito avrebbe dovuto informarsi agli stessi principi democratici della repubblica.

In Italia il riarmo del secondo dopoguerra procedette sotto il diretto controllo degli Stati Uniti. Diversamente da quel che accadde, come vedremo, in Germania occidentale, l’Italia non venne mai completamente disarmata, mantenendo così una certa continuità anche nell’istituzione dell’esercito (che vide, tra l’altro, riconfermato buona parte del corpo ufficiale). La grande novità riguardante l’esercito (o meglio l’utilizzo dell’esercito) in Italia fu l’introduzione nella Costituzione italiana dell’articolo 11, dedicato al problema della guerra, che recita:

28 Maurizio Cau, Il peso del passato, in Maurizio Cau, Günther Pallaver (a cura di), Il peso della storia

nella costruzione dello spazio politico. Italia, Germania, Francia e Austria nel secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna 2013, p. 40. Per un confronto su questo tema col caso tedesco si veda anche Paolo Biscaretti di Ruffìa, Analogie e diversità nelle scelte costituzionali fondamentali dell’Italia e della Germania nel 1947-49 e loro conseguenze nel successivo quarantennio, in Hans Woller (a cura di), La nascita di due repubbliche. Italia e Germania dal 1943 al 1955, FrancoAngeli, Milano 1993, pp. 143-147.

29 M. Cau, Il peso del passato cit., p. 42. 30 Ibidem, pp. 42-43.

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Il concetto di “ripudio della guerra”, che i costituenti tentavano così di introdurre nella politica italiana, era un passo verso quello Stato radicalmente nuovo che sembrava potersi profilare: ripudiava in primo luogo le guerre d’aggressione promosse dal fascismo sin dagli anni Trenta. Il resto dell’articolo, oltre a lasciare implicita la facoltà della guerra difensiva, complica tuttavia il quadro: da un lato – è stato sottolineato31 – preparava con lungimiranza gli strumenti con i quali l’Italia avrebbe potuto aderire alle organizzazioni sovranazionali; dall’altro, ponendo in primo luogo le basi per l’ingresso nelle Nazioni Unite, implicitamente si apriva all’adesione all’articolo 42 della Carta dell’ONU, che prevede il ricorso alla forza in casi estremi (codificati), riportando la questione sul terreno della “guerra giusta” e del pacifismo detto istituzionale o giuridico. La questione si sarebbe ulteriormente complicata dopo l’adesione dell’Italia alla Nato. Di fatto si sono sviluppate due interpretazioni discordanti dell’articolo 11, una improntata a un pacifismo integrale, l’altra no32.

A prescindere dall’articolo 11, l’esercito italiano non vide alcuna cesura nella sua storia, nelle sue forme e nei suoi impieghi. Anche la coscrizione obbligatoria, che di questo tipo di esercito era uno degli istituti fondamentali, continuò senza soluzione di continuità dal fascismo al periodo repubblicano.

Il primo luogo istituzionale nel quale, nel dopoguerra, si discusse di pace e di esercito, fu dunque l’Assemblea Costituente: il dibattito accesosi attorno all’approvazione al preambolo della Costituzione e spostatosi, in seguito, attorno all’articolo 11, può essere ritenuto il primo vero dibattito del dopoguerra sul futuro

31 Cfr. per esempio Gianfranco Pasquino, La rivoluzione promessa: lettura della Costituzione italiana,

Bruno Mondadori, Milano 2011.

32 Esiste una vasta bibliografia su questo tema, che ha ricevuto uno stimolo straordinario nei primi anni

Novanta in occasione della partecipazione dell’Italia alla guerra del Golfo, nel 1991. Oltre all’agile sintesi già citata di Pasquino, La rivoluzione promessa cit., mi limito a rimandare agli scritti classici di Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace (1979), il Mulino, Bologna 20094, diventato dopo il 1991 il più illustre esponente del “pacifismo giuridico” italiano; si veda anche, di uno tra i suoi critici, Danilo Zolo, La riproposizione moderna della dottrina del bellum justum: Kelsen, Walzer, Bobbio, in «Guerra giusta»? Le metamorfosi di un concetto antico, a cura di Antonello Calore, Giuffrè, Milano 2003, pp. 183-197.

militare italiano – anche se bisogna notare che tale dibattito non ebbe molta eco sulla stampa dell’epoca e non coinvolse molto l’opinione pubblica33.

Nella seduta del 12 febbraio 1946, la Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato aveva preso in considerazione la possibilità di inserire nel preambolo alla Costituzione una frase che specificasse quale tipo di politica internazionale lo Stato italiano avesse intenzione di intraprendere; il testo proposto era questo: “una politica di pace e di osservanza degli obblighi internazionali, nonché la rinuncia da parte dello Stato italiano a qualsiasi azione di guerra come strumento di politica nazionale”34. Le discussioni attorno a tale preambolo furono molte: ci si

preoccupava principalmente se esso potesse avere valore politico o anche giuridico e se potesse in un qualche modo vincolare le decisioni di politica estera del governo. Dopo diverse discussioni e critiche la commissione decise inizialmente di inserire questo testo nel preambolo della bozza di Costituzione; nel testo finale, però, l’intero preambolo venne tagliato, rimandando la questione dell’eventuale uso della guerra all’articolo 11.

Le discussioni che già erano iniziate a causa del preambolo si riaccesero quindi attorno all’articolo 11, il cui testo, in prima proposta, suonava così: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di conquista; lo Stato consente, a condizione di reciprocità, le limitazioni di sovranità necessarie alla organizzazione e alla difesa della pace”35. La prima critica a tale formulazione partì dal deputato demolaburista Mario Cevolotto secondo il quale la seconda frase dell’articolo era in opposizione alla prima (che verrà poi effettivamente modificata). Cevolotto auspicava l’eliminazione della seconda frase o la sua modifica in armonia con le scelte pacifiste che la Costituente sembrava voler compiere. Ma la seconda parte dell’articolo, voluta dal democristiano “radicale” Giuseppe Dossetti e appoggiata dal segretario del Partito comunista Palmiro Togliatti, verrà alla fine approvata così com’era36. Ci si concentrò invece sulla prima parte della frase contestata anche dalla destra: l’ex generale Roberto Bencivenga, (antifascista e resistente eletto alla costituente con partito conservatore e monarchico Blocco Nazionale della Libertà) e Guido Russo Perez (ex fascista eletto alla costituente nelle liste del Fronte dell’Uomo Qualunque e, dopo il 1948, membro del partito neofascista Movimento

33 Eligio Vitale, Cultura politica e indirizzi programmatici alla Costituzione, in La cultura della Pace dalla

Resistenza al Patto Atlantico, Il lavoro editoriale, Bologna 1988, p. 271-291. Si veda anche Costituente e lotta politica. La stampa e le scelte costituzionali, a cura di R. Ruffilli, Vallecchi, Firenze 1978.

34 Eligio Vitale, Cultura politica e indirizzi programmatici alla Costituzione cit., p. 272. 35 Ibidem, pp. 272-273. Il corsivo è mio.

sociale italiano), contestavano la proposizione “L’Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista” poiché, spiegavano, ciò avrebbe potuto mascherare un’entrata in guerra presentata come “non di conquista”, come per esempio una guerra per il “raggiungimento di confini naturali” o per “portare la libertà ai popoli” oppure per “guerre giuste” (come poi effettivamente è accaduto più volte nella storia dell’Italia repubblicana degli ultimi decenni). Essi proponevano quindi di eliminare completamente l’articolo (liberando in questo modo, però, lo Stato da qualsiasi vincolo morale, giuridico e politico nel caso di una eventuale guerra e dando pieno potere al parlamento nella scelta di partecipare a un eventuale conflitto bellico)37.

Altre proposte venivano dalla sinistra. L’azionista Leo Valiani proponeva di inserire questo testo di articolo al posto di quello incriminato: “L’Italia rinuncia alla guerra come strumento di politica internazionale e respinge ogni imperialismo e ogni adesione a blocchi imperialistici”. Nel suo intervento aggiungeva:

Basti pensare soltanto all’ultimo grande fatto di politica internazionale: il messaggio di Truman, che pone le frontiere strategiche degli Stati Uniti in Grecia e in Turchia, allo scopo – come dice il presidente americano – di difendere la libertà di quei popoli. Io potrei anche pensare che la libertà di quei popoli non si difende efficacemente inviando degli istruttori militari a sostegno di governi che non sono né democratici e neppure liberali […]. Noi siamo incondizionatamente, e non soltanto in riferimento ad una certa interpretazione politica, per la rinunzia alla guerra […]. Noi non andremo più in Grecia contro il comunismo, come sostiene l’America38.

Entrambe le proposte vennero giudicate troppo radicali e, alla fine, il testo fu modificato eliminando l’espressione “strumento di conquista”. Il testo finale fu quindi questo: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionale; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni

37 Atti dell’Assemblea Costituente, Discussioni sul progetto di Costituzione, vol. I, Relazione del

Presidente della Commissione, presentata il seduta del 13.3.47, p. 2046 e del 14.3.47, p. 2090. È citato in Eligio Vitale, Cultura politica e indirizzi programmatici alla Costituzione, in La cultura della Pace dalla Resistenza al Patto Atlantico, Il lavoro editoriale, Bologna 1988, p. 274.

38 Atti dell’Assemblea Costituente, Discussioni sul progetto di Costituzione, vol. I, Relazione del

Presidente della Commissione, presentata il seduta del 17.3.47, pp. 2215-2216. È citato in Eligio Vitale, Cultura politica e indirizzi programmatici alla Costituzione, in La cultura della Pace dalla Resistenza al Patto Atlantico, Il lavoro editoriale, Bologna 1988, p. 274.

internazionali rivolte a tale scopo”. L’Assemblea l’approvò nella seduta del 24 marzo 1947.

Al di là di queste discussioni, l’articolo 11 della Costituzione italiana ha un carattere estremamente innovativo, oltre a essere il segno di un preciso tentativo di cambiamento. Esistono comunque almeno due celebri precedenti storici ai quali i costituzionalisti si sono probabilmente ispirati nella sua stesura. Il primo era il Patto Kellogg-Briand (Parigi 1928), il cui scopo era quello di eliminare la guerra come strumento di politica internazionale. I due primi articoli di tale trattato recitavano così:

Article I

The High Contracting Parties solemnly declare in the names of the their respective peoples that they condemn recourse to war for the solution of international controversies, and renounce it, as an instrument of national policy in their relations with one another.

Article II

The High Contracting Parties agree that the settlement or solution of all disputes or conflicts of whatever nature or of whatever origin they may be, which my arise among them, shall never be sought except by pacific means39.

La seconda fonte di ispirazione poteva essere rintracciata nella Costituzione spagnola del 1931 il cui articolo 6 recitava così: “España renuncia a la guerra como instrumento de política nacional”40. Si sa che i costituenti italiani si rifecero alla Costituzione spagnola del 1931 anche per diversi altri articoli41, è quindi molto probabile

che anche in questo caso l’avessero bene in mente.

Concludendo, l’articolo 11 stabiliva un caso – sia pure discutibile – in cui l’Italia avrebbe potuto partecipare a una guerra esterna: qualora ciò servisse per garantire i principi di libertà, uguaglianza e rispetto della persona umana al di fuori dei propri confini; e implicitamente autorizzava la guerra difensiva, per la difesa del territorio nazionale. Questa seconda questione era ribadita in modo esplicito nell’articolo 52:

39 Il testo completo del Patto è pubblicato online dall’Università di Yale e si può leggere alla pagina:

http://www.yale.edu/lawweb/avalon/imt/kbpact.htm (ultima consultazione 18.04.2014).

40 Il testo completo della Costituzione Spagnola del 1931 è pubblicato per intero nel sito Dipartimento di

Scienze Giuridiche dell’Università di Torino che riporta una lunga serie di costituzioni storiche. La costituzione spagnola si può leggere alla pagina: http://www.dircost.unito.it/cs/docs/spagna1931.htm (ultima consultazione 18.04.2014).

41 Cfr. La Costituzione “vivente” nel cinquantesimo anniversario della sua formazione, Giovanni Giorgini,

La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.

L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica42.

Questo articolo introduceva, quindi, la questione della coscrizione obbligatoria senza però specificare i modi e i destinatari (per esempio, se sono solo i cittadini maschi a dover prestare il sacro servizio di difesa della Patria), lasciando mano libera al legislatore. Interessante notare l’ultimo comma con la quale si tentava di conseguire quella “democratizzazione” dell’esercito tanto auspicata dall’antifascismo, ma mai realmente raggiunta, complice una legislazione militare vecchia e piuttosto conservatrice rigidamente fissa su alcuni punti.

Nonostante la centralità della persona e dei suoi diritti costituisse una delle caratteristiche salienti della Costituzione italiana, la questione del diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare non rientrava nei sui articoli, per quanto nessuna norma frapponesse ostacoli al riconoscimento di tale diritto. Anzi, come scrive Venditti:

di fronte ai diritti fondamentali dell’uomo lo Stato si autoelimina, cioè ammette, attraverso la Costituzione, che quei diritti sono delle realtà preesistenti allo Stato e di cui lo Stato non ha il potere di disporre (cioè non può darli o toglierli a suo piacimento): di fronte a quelle realtà lo Stato ha il compito esclusivo di riconoscerne l’esistenza o di garantirne l’attuazione. […] Le norme costituzionali relative ai «principi fondamentali» (artt. 1-12 Cost.) e quelle relative ai «diritti e doveri dei cittadini» (artt. 13-54 Cost.) pongono al centro la persona e la coscienza, e come pertanto – lungi dal prevedere preclusioni all’obiezione di coscienza – esse offrano alla stessa un ampio e plurimo supporto43.

Quindi, secondo alcuni costituzionalisti44, nemmeno l’articolo 52 sarebbe in contrasto con un eventuale diritto di obiezione di coscienza: se la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino – si osserva – tuttavia non si parla di difesa armata o di difesa in armi, mentre il comma 2 (nel quale si parla esplicitamente di servizio militare) si riferisce solo a una parte dei cittadini. Il servizio militare, dunque, non esaurisce il dovere di difesa che si può esprimere anche con la difesa non armata. Da qui la possibilità di

42 http://www.governo.it/Governo/Costituzione/1_titolo4.html (ultima consultazione: 18.12.2012). 43 Venditti, pp. 15-16.

riconoscere il diritto di obiezione di coscienza al servizio militare se sostituito da un servizio alternativo (non può essere invece riconosciuto una obiezione di coscienza totale)45.

Detto tutto ciò, non sappiamo se i costituenti avessero preso in considerazione questa possibilità, lasciandola implicita e soggetta agli sviluppi della “costituzione materiale”, fatto sta che nel primo corpo legislativo della Repubblica Italiana di diritto di obiezione di coscienza al servizio militare non si parla, né il tema sembra essere stato sollevato esplicitamente nella costituente.