Definizione e misura dei Piccoli Centri
La struttura del territorio italiano è storicamente contraddistinta dalla presenza di un numero elevato di piccoli centri autonomi ma allo stesso tempo connessi alle reti delle città maggiori. Il sistema inse- diativo può essere sintetizzato nella metafora ‘Paese di mille paesi’, difatti su tutto il territorio nazionale da un punto di vista morfologico si contano circa 22.000 centri abitati3, quasi 33.000 nuclei insediativi4 oltre un sistema diffuso di case sparse nel territorio rurale (Polci, Gambassi, 2016). Le vicende geologi- che e le vicende storiche (Turri, 1998) hanno determinato e influito fortemente sulla configurazione e sull’ insediamento del territorio.
2 La definizione di ontologico sottintende la ricerca di concetti riferiti agli spetti essenziali dell’essere, legati ad un’identità immateriale e non visibile.
3 I centri abitati sono definiti dall’Istat come: «Aggregato di case contigue o vicine con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità caratterizzato dall’esistenza di servizi od esercizi pubblici (scuola, ufficio pubblico, farmacia, negozio o simili) che costituiscono una forma autonoma di vita sociale e, generalmente, anche un luogo di raccolta per gli abitanti delle zone limitrofe in modo da manifestare
I Piccoli Centri in Italia
In rapporto a tale ricchezza di insediamenti, dal punto di vista istituzionale, in Italia non esiste una classificazione ufficialmente riconosciuta per città piccole, medie e grandi5 che assegni loro differen- ti funzioni; eccezion fatta per l’individuazione dei Piccoli Comuni che hanno popolazione inferiore ai 5.000 abitanti6.
Tendenzialmente il metodo di classificazione delle città è stato legato al numero della popolazione re- lativa all’ambito amministrativo del comune. Benché limitata e limitante una prima lettura della realtà italiana basata sulla dimensione demografica dei centri urbani permette di perimetrare alcune questio- ni della ricerca e di fornire una prima indicazione riguardo all’oggetto di studio. Se guardiamo ai centri con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti vediamo che questi sono circa il 70% dei comuni italiani (5.498 a gennaio 2019), ricoprono il 50% del territorio nazionale e ospitano il 16% della popolazione (circa 10 milioni di abitanti). Dal punto di vista demografico i territori dei piccoli comuni sono aree a “bassa densità”, infatti, la densità abitativa è notevolmente inferiore rispetto a quella dei centri più grandi, basti pensare che vi risiedono mediamente 62 abitanti per chilometro quadrato, mentre nelle amministrazioni con più di 5.000 abitanti ne troviamo 366 (ANCI, 2015).
Come detto in precedenza la definizione più diffusa di piccolo centro fa riferimento alla sua dimensione amministrativa e individua i ‘piccoli comuni’ come quelli la cui popolazione è inferiore ai 5.000 abitanti. Una metodologia che individua i piccoli centri basata solo sul dato statistico della popolazione tende a confinare il problema entro una dimensione rigida, tuttavia consente un’identificazione rapida dei cen- tri a livello nazionale e, al contempo, ha una diretta corrispondenza all’ambito istituzionale e statistico. I piccoli comuni sono stati oggetto di indagine di un Progetto di ricerca di interesse nazionale (Prin) “Piccoli comuni e coesione sociale: politiche e pratiche urbane per l’inclusione sociale e spaziale degli immigrati”7. La ricerca ha messo in evidenza la difficoltà definitoria dell’oggetto di indagine, eviden- ziando come fare riferimento all’aggettivo qualificativo ‘piccolo’ per definire un insediamento pone i termini della questione in modo troppo vago. Infatti, l’aggettivo piccolo ha bisogno di essere declinato e definito entro un termine di paragone che presuppone la presenza di un oggetto altro. L’indagine della letteratura presentata nello studio suggerisce varie dimensioni di analisi, infatti un comune può essere piccolo:
•a livello di abitanti (popolazione residente) •rispetto ai gruppi sociali (es. numero di famiglie)
•nella struttura fisica (es. numero complessivo di abitazioni) •a livello economico (es. numero di addetti)
•riguardo al fenomeno osservato (es. entità e incidenza popolazione straniera).
5 Il riconoscimento delle Città Metropolitane travalica la dimensione municipale e fa riferimento all’area vasta dell’ex-provincia.
6 Tale definizione è riconosciuta da tempo dall’ Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) ed è stata ripresa nella legge 158 del 6 ottobre 2017 “Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché’ disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni”.
7 Studio finanziato dal MIUR nei programmi di ricerca di interesse nazionale (Prin) 2010/2011 e coordi- nata a livello nazionale dall’Università IUAV di Venezia sotto la guida del responsabile scientifico prof. Marcello Balbo.
Inoltre, l’aggettivo “piccolo” dovrebbe essere declinato ed esaminato nel tempo e nello spazio. Un esempio di superamento della classificazione basata solo sul numero della popolazione è la me- todologia di identificazione dei piccoli comuni elaborata all’interno della ricerca, questa propone di superare la lettura basata su soglie assolute, rigide e discrezionali, prendendo in considerazione altri valori oltre al numero degli abitanti. Viene, così, elaborata un’analisi riferita al contesto regionale e basata sull’utilizzo dei dati censuari a livello comunale. La scelta di prendere come riferimento singoli contesti regionali8 permette di tenere in considerazione sia la dimensione amministrativa sia la storia e la geografia dei luoghi.
Per elaborare la ripartizione dei comuni sono stati considerati sei indici: variazione e numero della po- polazione residente, variazione e numero delle famiglie, numero di abitazioni e densità demografica. In tal modo sono stati definiti sei gruppi di comuni che vanno dai comuni piccolissimi ai comuni grandi (figura 1). La metodologia presenta alcuni elementi di interesse perché riesce a classificare i comuni va- lutando più indici e definisce la gerarchia dei comuni in un confronto su base regionale, tuttavia, questa lettura non è stata testata su base nazionale e la classificazione dei comuni non è stata ulteriormente sviluppata poiché il focus della ricerca verteva su altre tematiche.
Cartografia dei gruppi dimensionali dei comuni delle 6 regioni (Mattioli, Morettini, 2014).
Prendendo in considerazione la definizione dei piccoli centri a livello istituzionale Borghi (2017) am- plia la platea dei ‘piccoli comuni’ a quelli considerati “poveri” o “spopolati” (figura 2). I comuni poveri
I Piccoli Centri in Italia
realtà sono accomunate da una difficoltà di gestione dei servizi pubblici, per mancanza di bacini di utenza adeguati, per problematiche economiche, per problematiche logistiche date dalla dispersione degli insediamenti.
Sebbene la dimensione demografica di un centro urbano possa essere utile a evidenziare alcuni dati sul problema dei piccoli comuni, o a definire in modo approssimato alcuni rapporti gerarchici nel sistema insediativo, occorre considerare le plurime letture entro cui è stato declinato il tema dei piccoli centri. La definizione e l’identificazione dei centri minori è variata attraverso i secoli, così come sono cambiati ruoli e importanza di questi nei più ampi contesti regionali e nazionali. Per tale motivo si è scelto di rileggere anche attraverso la prospettiva storica il rapporto tra centri minori e centri maggiori.