Nel contesto europeo il ruolo e lo sviluppo delle città sono stati influenzati dai particolari eventi storici peculiari alle singole realtà territoriali, oltre che dalle geografie dei luoghi. Pur con tale consapevolezza, è possibile individuare anche aspetti comuni che caratterizzano e differenziano i centri: il ruolo, la cen- tralità e le relazioni entro i sistemi territoriali in cui sono collocati. Considerare gli insediamenti entro un ampio contesto territoriale significa indagare quali dinamiche li caratterizzano e quanto questi sono influenzati dalla dimensione di area vasta. Calarsi nella dimensione di area vasta significa muoversi sul crinale di due opposte prospettive concettuali che potrebbero essere riassunte come: «‘regional deter- minism’ vs. ‘territorial autonomy’» (Servillo et al., 2017, p. 373).
Da un lato i piccoli centri sono osservati come parti imprescindibili e componenti di una struttura urba- na/insediativa più ampia che determina e condiziona integralmente le dinamiche socio-economiche; dall’altro lato gli insediamenti minori sono considerati come elementi autonomi capaci di determinare e condizionare il loro sviluppo economico e sociale.
Le ricerche che hanno affrontato il tema a livello europeo hanno assunto una posizione mediana fra queste due prospettive, focalizzando l’attenzione sulla complessità delle relazioni che caratterizzano questi insediamenti: «[…] the issue is to what extent smaller settlements, that are embedded in wider regional macro dynamics in larger (urban or rural) areas, have their own specific socio-economic, cultu- ral and administrative capacities and thus have a certain degree of territorial autonomy to ‘steer their ownpath’ that is worthy of study» (Servillo et al., 2017, p. 373)
Come detto in precedenza per caratterizzare gli insediamenti in relazione ai sistemi territoriali sono stati presi in considerazione tre aspetti: centralità, ruoli e relazioni funzionali.
Il primo elemento su cui focalizzare l’indagine è la posizione dell’insediamento rispetto alla struttura urbana di riferimento, considerando quindi la condizione di centralità. La centralità di un insediamento è stata indagata negli studi relativi alla Theory of Central Place, che definiva una rigida gerarchizzazione dei luoghi. Una lettura della centralità, intesa come gerarchizzazione, è stata concettualizzata nella Cen-
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urbano rispetto al territorio secondo analisi funzionali. Però, se proiettata sui territori contemporanei tale impostazione – basata su analisi tradizionali inerenti a singole realtà urbane e sulla dicotomia ur- bana/rurale – non consente più a raccontare con la medesima efficacia l’attuale condizione dell’urbano diffuso. Oggi definire il concetto di centralità è sempre più complesso, poiché da un lato il raggio di azione di alcune città si è andato sempre più ampliando attivando relazioni globali più che di livello re- gionale o locale; dall’altro le strutture insediative sono sempre più estese e caratterizzate dalla crescita continua di grandi agglomerati a scala regionale.
Attraverso l’osservazione delle dinamiche e dalle relazioni contestuali che investono gli insediamenti alla dimensione regionale, la ricerca Espon Smesto ha individuato le seguenti tipologie di centri nell’at- tuale panorama europeo:
1- La prima tipologia individuata riguarda i centri collocati nei grandi agglomerati urbani, nell’area funzionale di una grande città o in un’area funzionale con più centri. In questi contesti tendenzialmente i centri non sono funzionalmente e strategicamente autonomi, allo stesso tempo questi vogliono pre- servare una propria identità rispetto al contesto più ampio della regione metropolitana.
2- La seconda tipologia è data dai centri collocati entro una rete di altre città piccole o medie che spesso definiscono un sistema locale del lavoro o un distretto con una specifica specializzazione. In questo caso i centri sono caratterizzati da un alto livello di interazioni che creano un sistema globalmen- te più competitivo rispetto al singolo centro.
3- La terza tipologia riguarda i centri situati nelle aree rurali che possono essere considerati come poli per lo sviluppo economico locale o centri di fornitura dei servizi essenziali (servizi pubblici e ammi- nistrativi).
La classificazione dei centri rispetto alla posizione nel contesto territoriale (Öir et al., 2006, p. 61).
azione (estesi o limitato) e delle aree di gravitazione o di influenza (date dall’attrazione materiale verso servizi o dall’attrazione culturale); dalle funzioni e dal raggio d’azione dipende il rango delle città. Sebbene questa teoria per funzionare richiedesse molte semplificazioni (dal contesto geografico alla distribuzione della popolazione ai trasporti) ha avuto il pregio di introdurre un approccio funzionale per denotare l’importanza di una città, supe- rando il solo dato demografico.
Guardando alla prima tipologia di insediamenti occorre sottolineare come la localizzazione dei piccoli centri in ambito metropolitano crei luci ed ombre su questi: infatti, se spesso sono centri che da un lato “crescono” aumentando i residenti per i processi di dispersione urbana e suburbanizzazione; dall’altro sono in “declino” dal punto di vista urbano perché perdono funzioni e servizi rilevanti. A tal proposito è interessante notare che oltre alla centralità, altre due caratteristiche sono importanti per valutare il ruolo e la funzione dei centri nella dimensione territoriale: la densità della popolazione presente nel territorio e l’accessibilità. Questa condizione diviene sempre più rilevante e differenzia sempre più i territori designando nuovi ambiti di marginalizzazione e perifericità. La ricerca Smesto in riferimento al grado di accessibilità che contraddistingue gli insediamenti ha individuato tre dinamiche territoriali che meglio precisano la classificazione dei centri rispetto alla posizione nello scacchiere territoriale (Öir et al., 2006):
- Centri collocati in aree densamente popolate e in agglomerazioni urbane: i piccoli centri, assorbiti nelle dinamiche metropolitane, possono svolgere il ruolo di bacini di captazione per i residenti, che qui trovano condizioni di vita migliori. Certamente questo ruolo è connesso alle condizioni di accessibilità e in qualche modo alla relativa autonomia che i centri riescono a mantenere, configurandosi come piccole centralità inserite in una manifesta gerarchia metropolitana.
- Centri collocati in ambiti territoriali caratterizzati da città medie e piccole, ma con una buona acces- sibilità:
i centri posti in questi ambiti possono trarre vantaggio sia dalle economie di agglomerazione cerate con i centri contigui, sia ponendosi come centralità rispetto alle aree rurali limitrofe.
- Centri collocati in ambiti territoriali periferici: questa categoria di centri è quella che mostra maggiori problematiche, anche di definizione dato che il concetto di periferizzazione ha un’accezione transcalare che muta al cambiare del punto di vista. Tendenzialmente queste aree richiedono processi alternativi di sviluppo che aspirano a riposizionare il contesto locale nella dimensione globale.
Dopo aver considerato le caratteristiche spaziale dei luoghi, legate al concetto di centralità, vengono prese in considerazione le funzioni urbane, materiali e simboliche, che i centri svolgono22.
Come messo in evidenza nella ricerca Smesto, le città medie e piccole svolgono funzioni basilari quali: la fornitura di servizi e beni di primari, la fornitura di servizi culturali e di svago, una dimensione resi- denziale contraddistinta da un’alta qualità ambientale, un mercato locale del lavoro. Allo stesso tempo questi centri hanno una propria portata simbolica che ne definisce un immaginario di valenza culturale: la città come istituzioni e sistema sociale, la città come luogo dell’abitare in stretta relazione con il con- testo, la città come luogo operoso. Il “successo” di una città si misura sia nelle funzioni concrete offerte che sulla sua affermazione simbolica (Knox, Meyer, 2009). Rispetto ai casi-studio nazionali che hanno
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indagato a livello delle municipalità ruoli e funzioni è possibile tratteggiare brevemente alcune consi- derazioni generali. Emerge che i centri medi e piccoli hanno caratteristiche diverse rispetto alle grandi città, ma al contempo variano molto nei singoli paesi mostrando che le piccole città sono influenzate in modo significativo dal contesto in cui si trovano.
A livello socio-economico la popolazione tendenzialmente ha un’occupazione inferiore nel settore dei servizi, ha un livello minore di istruzione ma tassi di occupazione maggiori.
Dal punto di vista demografico la popolazione presenta un’età elevata ma allo stesso tempo una mag- giore percentuale di bambini rispetto alle grandi aree urbane. I centri che attirano nuovi abitanti sono quelli nelle zone a clima temperato (ad esempio Spagna e Italia) che presentano una quota elevata di seconde case e solitamente attraggono pensionati. Il bilancio demografico ha un peso rilevante nei piccoli centri, quelli con popolazione anziana che non riescono a raggiungere un bilancio positivo sono destinate al declino (Smith, 2014). Così come è da notare che i centri autonomi e relativamente isolati, con bassi flussi di scambio con i contesti limitrofi, tendenzialmente sono in declino rispetto ai centri inseriti in rete di città e nelle aree metropolitane.
Premesse queste considerazioni generali circa il ruolo dei centri minori nel sistema territoriale è possi- bile sintetizzare tre prospettive di lettura emergenti sul tema.
La prima si colloca nel framework del policentrismo e riguarda il ruolo dei centri minori nelle grandi regioni urbane e nelle aree metropolitane: la prossimità a questi agglomerati può dare luogo ad effetti contrastanti che vanno dal declino ad effetti di borrowing-size (Mejers et al., 2016)23. Come riportato da Servillo e Russo (2017): «In connection with the broader topic of the interrelatedness of urban areas, on the one hand a distinguished research agenda has focused on smaller urban areas in relation to the borrowing size effect […] on the other hand, the adverse socio-economic trends interesting smaller urban areas are picked by other scientific and policy effort, wich focus on towns as areas under threat due to the drainage of population and economic activities» (Servillo&Russo, 2017, p. 405).
La seconda prospettiva guarda alle dinamiche di marginalizzazione e periferizzazione che hanno inve- stito i piccoli centri situati in aree, appunto, periferiche; quindi il tema della inner peripheries affrontato dalla ricerca Espon Profecy24 e nel contesto italiano dalla Strategia Nazionale Aree Interne.
La terza prospettiva rivolge lo sguardo verso le caratteristiche funzionali degli insediamenti e e loro di- 23 Il concetto di borrowed size si riferisce ad una situazione in cui le città più piccole di un’area metro- politana ottengono performance positive grazie agli effetti di agglomerazione dati dalla localizzazione e dalle interconnessioni con la città capoluogo. Mejers et al. (2016) ripropongono il concetto di borrowed riprendendolo da Alonso (1973): «[…] the concept of ‘borrowed size’ as proposed by Alonso (1973). He used the concept of ‘borrowed size’ to explain a disconnection between size and function of smaller cities that were part of a mega- lopolitan urban complex: ‘the concept of a system of cities has many facets, but one of particular interest è […] is the concept of borrowed size, whereby a small city or metropolitan area exhibits some of the characteristics of a larger one if it is near other population concentrations’ (Alonso 1973, p. 200). More precisely, he suggested that smaller urban areas ‘borrow’ some of the agglomeration benefits of their larger neighbours, while avoiding the agglomeration costs» (Mejers et al., 2016, p .185). Alcuni autori però evidenziano come questo concetto sia difficilmente “quantificabile”: «The assumption, suggestive but difficult to be measured, is that smaller urban areas might over-perform in terms of economic capacity, functions and presence of srvices due to synergies and shared catchment areas»(Servillo & Russo, 2017, p. 405).
24 Il progetto Espon PROFECY - Inner Peripheries: National territories facing challenges of access to basic
services of general interest indaga a livello europeo i processi territoriali di periferalizzazione (o “inner peripher-
namiche socio-economiche, una prospettiva che si sviluppa attraverso una ricerca fatta di studi di caso e che si focalizzata sulla piccola dimensione urbana (Knox, Meyer, 2009).
Enunciate queste tre prospettive di lettura ai fini della trattazione, sembra utile approfondire la prima prospettiva di ricerca che indaga le dinamiche tra grandi regioni urbane e piccoli centri. Infatti, questi insediamenti costituiscono nodi territoriali inseriti attivamente in regioni urbane25 fortemente inter- connesse a livello locale e globale e: «a key research goal must be to understand more fully the ways in which small cities attempt to develop competitive advantage in the global urban hierarchy, the ways in which small cities link with other cities (and non-urban places) and the forms that these linkages take» (Bell & Jayne, 2009, pp. 689).
REGIONI URBANE POLICENTRICHE E PICCOLI CENTRI
Nello spazio europeo i fenomeni di urbanizzazione hanno definito regioni urbane sempre più vaste e articolate polycentric metropolis (Hall & Pain, 2006) o city regions: «[…] are becoming increasingly central to modern life […] it has become increasingly apparent that the city in the narrow sense is less an appropriate or viable unit of local social organization than city regions or regional networks of cities» (Scott 2001, p. 11). Le città evolvono in relazione alle altre città disegnano sistemi urbani sempre più vasti e articolati dove si esplicano e trovano riscontro le teorizzazioni delle world cities (Friedmann, 1986)26 e delle global cities (Sassen, 2001)27: Le grandi città divengono luoghi di controllo del potere economico globalizzato interconnesse e interdipendenti in un complesso network globale (Thierstein & Forster, 2006).
Rispetto a fenomeni e condizioni urbane sempre più complesse e globalizzanti, prende forma il tema delle polycentric mega-city regions, polycentric metropolis o polycentric urban region (PUR) ed emerge la questione della governance, che diventa di crescente rilevanza per comprendere e guidare le trasfor- mazioni dei sistemi urbani caratterizzati sempre più da una fitta trama di interdipendenze tra attori, istituzioni e organizzazione spaziale. Infatti, nonostante la rivoluzione informatica e delle telecomuni- cazioni – da cui è nato lo ’spazio dei flussi’ (Castells, 1996) che governa funzioni e istituzioni – e la con- trazione temporale o «time-space compression» (Harvey, 2001), le distanze effettive e reali non sono scomparse. Il bisogno e il significato dell›incontro diretto e non mediato con l›altro (persone o cose) non è sparito, come non si è dissolto il potere attrattivo dei grandi centri urbani attorno a cui ruotano flussi economici e demografici. Perciò, governare le city regions permane una sfida di «the challenge of collective action» (Davoudi, 2006, p. 59). Le regioni urbane policentriche (PUR) acquisiscono un ruolo rilevante all’interno dello schema spaziale europeo per il loro numero e diffusione; queste sono caratterizzate dalla presenza contigua di più città, importanti per storia o istituzione, riconoscibili nella loro singola identità ma strettamente connesse e interdipendenti fra loro. La capacità di governare queste regioni si basa sulla costruzione di infrastrutture hard e soft (Davoudi, 2006, p .62) essenziali per 25 Ambiti territoriali nei quali le attività socioeconomiche sono strettamente correlate e integrate spazial- mente.
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definire sinergie e legami funzionali fra le diverse città. Le infrastrutture hard, legate alla mobilità e alla telecomunicazione, sono un elemento quasi scontato; mentre le infrastrutture soft, legate alle capacità di governance, non sono semplici da realizzare. Dato lo sfasamento dei confini di dialogo relazionale tra territori e attori, nella definizione di una governance effettiva di area vasta sono presenti alcuni pro- blemi rilevante da affrontare: nei processi decisionali sono coinvolti molti attori provenienti dal settore pubblico, privato o terzo settore i cui confini di azione e competenze spesso si sovrappongono; i confini istituzionali non corrispondono alla reale estensione della regioni urbane policentriche, né alle relazio- ni funzionali, difatti le regioni urabne spesso inglobano al loro interno territori e centri molto diversi per densità ed economie: «while most of the work on urban regions, including ESPON analyses, concern major cities and their metropolitan areas [...] smaller towns and their regions are vital and important socio-economic territorial units, therefore should be taken into account in national and EU regional development policies» (Sýkora and Mulíček, 2014, p. 116).
Dunque, è proprio all’interno di queste regioni urbane così complesse che diviene interessante e rile- vante indagare il ruolo dei piccoli centri rispetto alle relazioni di prossimità e alle interazioni nell’area vasta.
Il tema della Coesione è stato introdotto in Europa contestualmente alla definizione del mercato inter- no unico, risultato dell’integrazione dei singoli mercati nazionali, con l’Atto Unico Europeo del 1986. La coesione è posta alla base della costruzione del mercato europeo, condizione necessaria e principio di regolazione entro cui definire l’integrazione di territori con grandi differenze nello sviluppo1. Tale principio è enunciato nel Titolo V- Coesione economica e sociale, art. 130: «Per promuovere uno svi- luppo armonioso dell’insieme della Comunità, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica e sociale. In particolare, la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite o insu- lari, comprese le zone rurali» 2.
Il principio di coesione ha delineato le basi dell’European spatial planning (Faludi, 2002), anche se non in modo dichiarato. Nei primi documenti comunitari non si parla esplicitamente di territorio e spatial planning; solo dopo la redazione dell’Atto Unico europeo si pone la questione delle implicazioni spaziali delle politiche di coesione3 e si apre così un dibattito tra i diversi stati4 sull’assetto del territorio euro- peo, che porta all’elaborazione del documento intergovernativo ESDP- European Spatial Development Perspective o SSSE-Schema di sviluppo dello spazio europeo (CE, 1999).
Prima della definizione di questo documento la Commissione Europea ha condotto una serie di ricer- che presentate nei rapporti Europe 2000 (CE, 1991) ed Europe 2000+ (CE, 1994), contestualmente alle indagini delle istituzioni europee il tema dello sviluppo spaziale ed economico è stato trattato nelle ricerche accademiche. Elemento cardine nel dibattito sullo sviluppo dello spazio europeo è l’immagine della struttura economica del territorio5: l’immagine più nota e più discussa è certamente la «Blue banana» (Brunet, 1989); tale immagine è elaborata nel corso di una ricerca per l’agenzia governativa francese DATAR6 finalizzata all’analisi e classificazione delle città europee.
La ricerca alla fine del rapporto presentava un’immagine estremamente sintetica, ma potente, dello 1 Per ridurre le disparità tra le diverse regioni europee e rafforzare l’economia nel 1973 furono introdotte le Politiche Regionali europee.
2 Con tale pubblicazione si esorta la Comunità europea a guardare all’integrazione economica quale im- prescindibile atto per la piena realizzazione dell’unità europea.
3 Le politiche di coesione sono state introdotte nel 1993 a seguito del trattato di Maastricht per suppor- tare lo sviluppo economico e sociale degli stati membri al fine di ridurre le disparità e facilitare l’integrazione all’interno del mercato unico europeo.
4 Nel novembre del 1989 si terrà un incontro a cui parteciperanno i governi nazionali dei 12 paesi membri e porterà alla formazione del “ Consiglio informale dei ministri responsabili dell’assetto del territorio dell’Unione Europea”, questo con il supporto della Direzione generale della politica regionale della commissione europea (DG Regio) porrà le basi al dibattito sui temi del governo del territorio e sulla definizione dello sviluppo dello spazio europeo.
spazio economico europeo, evidenziando un’area fortemente urbanizzata a economia veloce che an- dava da Londra a Milano7. Da questa rappresentazione scaturì un ampio dibattito sullo spazio econo- mico poiché veniva reso evidente uno sviluppo altamente squilibrato, concentrato in un’area ristretta rispetto al contesto europeo e che lasciava al margine ampie parti del territorio. L’immagine fu letta in una duplice maniera: da un lato un’immagine di un territorio escludente per le regioni poste ai margini; dall’altro un’immagine forte che individuava le aree a maggiore trazione economica su cui investire e su cui attrarre investimenti esterni per competere nel panorama globale. Come evidenziato da Zonneveld: «The map was readily picked up in a wider, European debate on what was in fact the very same topic, the spatial pattern of economic development across Europe and the question wheter to bet on the strong horses or to start from the potential of all cities and regions» (2006, p. 113).
In risposta all’ immagine della Blue Banana (come lettura alternativa e auspicabile) nel 1991 sarà pub- blicata l’immagine del «bunch of grapes» di Kunzmann e Wegener, che valorizza la pluralità di agglo- merazioni urbane del territorio in un’ottica di sviluppo urbano policentrico.
Nel 1999 viene presentato il documento intergovernativo ESDP-SSSE- Schema di sviluppo dello spazio europeo (CE, 1999) e nuovamente vengono illustrate un’immagine e una metafora che animeranno la discussione sul tema: il ‘pentagono’; questa forma geometrica ha i vertici posti in corrispondenza delle metropoli di Londra, Parigi, Milano, Monaco e Amburgo8 e viene così descritta: «Attualmente esiste solo una zona geografica maggiore di integrazione nell’economia mondiale: il nucleo centrale dell’UE, che comprende l’area delimitata dalle metropoli Londra, Parigi, Milano, Monaco e Amburgo. È una zona che offre funzioni economiche globali e prestazioni di elevata qualità che consentono un elevato livello di reddito e una infrastruttura avanzata» (CE, 1999, p. 21).
Sebbene l’immagine utilizzata fosse geometrica e neutrale (Zonneveld, 2006) non fu inserita nel rap-