Negli ultimi decenni del Novecento divengono evidenti i mutamenti socio-economici conseguenti ai processi di globalizzazione, sempre più segnati da una crescente complessità e incertezza. Nel contesto europeo gli impatti della globalizzazione sono tangibili nelle trasformazioni territoriali, con la forma- zione di plurime regioni urbane densamente segnate da una pluralità di flussi, così come nelle trasfor- mazioni politico-istituzionali. Le istituzioni sono sollecitate, da un lato, dalle trasformazioni di matrice economica che porta alla diffusione del neoliberismo, dall’altro, dall’ordinamento dell’Unione Europea. Nei processi decisionali, e in particolare in quelli riguardanti la pianificazione spaziale, si è assiste ad un minor ruolo dello stato e al crescente coinvolgimento di attori privati, oltre all’emergere di forme di partenership pubblico-private: «a relative decline of the role of the state, a growing involvement of nongovernmental actors in a range of state functions, the emergence of new forms of multi-agency partnerships and more flexible forms of networking at various spatial scales » (Davoudi, 2008, p. 63). Quindi si configurano arene e geografie istituzionali variabili, sfumate, fuzzy (Allmendinger&Haugh- ton,2009) che mutano a seconda degli scopi perseguiti. Le relazioni tra enti e tra enti e portatori di interesse sono così evolute da un approccio improntato al government ad uno improntato alla gover- nance1. Tali trasformazioni hanno impattato fortemente nell’ambito della pianificazione territoriale. I principi di sussidiarietà e coesione promossi dall’Unione Europea, nonché la volontà di disegnare una visione condivisa dello spazio europeo, portano alla definizione di nuove modalità di interazione tra enti di governo: «[…] innovation and networking have been recognized as essential ingredients of successful planning and lack of institutional capacity as a bottleneck. Various policies of the European Community aim amongst others to improve precisely this capacity, identified […] as a condition of success in what is increasingly called governance rather than government […] » (Janin Rivolin, Faludi, 2005, p.195).
Se nei modelli di government le relazioni tra enti erano di tipo top-down, quindi caratterizzate da una separazione netta delle competenze, negli approcci improntati alla governance diventano bottom-up, aperte alla negoziazione e auto-regolazione tra enti e attori. Se ne desume che entro modelli gover- nance-oriented sia maggiormente probabile trovare spazi per strutturare proficui rapporti di collab- orazione che oltrepassano la rigidità istituzionale: «Such a process can be more quickly responsive 1 Il termine governance compare nel settore pubblico a partire dagli anni ’80 con accezione oppositiva rispetto al termine government. Se il termine government si riferisce alla struttura gerarchica di governo il termi- ne governance, invece, trae origine nel settore privato nell’accezione di gestione improntata alla definizione di strategie:«[…] per intendere modalità di comportamento dei soggetti pubblici capaci di assumere un orizzonte strategico, sia quanto ad efficacia sia quanto a maggiore coscienza degli aspetti relazionali inevitabilmente con- nessi alla deliberazione pubblica, molto più di quanto non accada per il settore privato.» (INU, 2005, p. 41).
and more “intelligent” than top-down guidance or highly structured action and more suitable to our near-chaotic times of rapid change and multiple conflicting goals and perspectives […]»(Innes, Booher, 2003, p. 8).
Si delinea un approccio di governance improntato a plurime collaborazioni, non solo tra istituzioni stesse e attori sociali, ma soprattutto tra i diversi attori con la finalità di sviluppare proficue relazioni e implementare il capitale sociale: «[…] si sviluppa una nozione alternativa di governance collaborativa entro cui le istituzioni formali di governo hanno un ruolo nel fornire l’infrastruttura hard di una struttu- ra di sfide, per vincolare e modificare i centri dominanti di potere e l’infrastruttura soft di costruzione di relazione, attraverso cui possano aversi una costruzione di consenso e un mutuo apprendimento sufficienti a sviluppare il capitale sociale, intellettuale e politico per la promozione della coordinazione e del flusso di conoscenza e competenza tra le varie relazioni sociali coesistenti nei luoghi» (Healey, 2003,p. 260).
Questi nuovi modelli di relazione improntati alla collaborazione tra enti e alla partecipazione degli attori sociali si diffondono in Europa grazie al riconoscimento della Commissione Europea che le pro- muove a partire dal documento intergovernativo ESDP- European Spatial Development Perspective o SSSE-Schema di sviluppo dello spazio europeo (CE, 1999). In questo documento viene resa manifesta la struttura policentrica dello spazio europeo e viene esplicitato il principio di coesione territoriale, quale concetto base del futuro sviluppo del territorio europeo. Il principio di coesione, insieme al principio della sussidiarietà, si pongono come concetti base su cui è strutturata la governance europea e implica- no la cooperazione tra stati e territori dell’Unione2. Il riconoscimento del ruolo fondamentale della go- vernance, intesa come processo decisionale che coinvolge istituzioni e società civile nella strutturazio- ne delle politiche e dello spazio, ha portato alla redazione nel 2001 del Libro Bianco sulla Governance (CEC, 2001). In questo documento la governance è così definita: «Il concetto di “governance” designa le norme, i processi e i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate a livello europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza» (CEC, 2001, p. 8). Tale visione della governance si esplica poi nei documenti di programmazione europea per la gestione dei fondi comunitari attraverso il concetto di cooperazione, non solo tra diversi livelli istituzionale ma soprattutto con rappresentati della società civile. Nell’ultimo periodo di programmazione (2014-2020) il concetto di cooperazione è stato ulteriormente superato portando ad un cambio di paradigma dato dall’innovativo approccio place-based. Tale approccio è stato codificato entro una ricerca indipendente, An Agenda for a reformed Cohesion Policy - A pla- ce-based approach to meeting European Union challenges and expectations, redatta da Barca nel 2009 come base per la riforma delle politiche comunitarie di coesione. Questo approccio viene così definito: «A place-based development policy can therefore be defined as:
•a long-term development strategy whose objective is to reduce persistent inefficiency (underutilisa- tion of the full potential) and inequality (share of people below a given standard of well-being and/or extent of interpersonal disparities) in specific places,
•through the production of bundles of integrated, place-tailored public goods and services, designed and implemented by eliciting and aggregating local preferences and knowledge through participatory political institutions, and by establishing linkages with other places; and
L’approccio del Regional Design
ditionalities on both objectives and institutions are transferred from higher to lower levels of govern- ment» (Barca, 2009, p. 5).
La politica place-based mira a strutturare strategie di sviluppo a lungo termine, rispondenti ai bisogni specifici del contesto, che vengono individuati e implementati attraverso la partecipazione attiva degli attori locali e promosse nei vari livelli istituzionali attraverso una governance multilivello.
Il cambio di paradigma dato dall’approccio place-based si riverbera anche nella definizione di gover- nance territoriale individuata a livello europeo dalle ricerche Espon.
L’applicazione della governance nel campo della pianificazione spaziale amplia il significato e la com- prensione del concetto stesso, divenendo un processo che ha un carattere specifico derivante dal suo oggetto: il territorio (Espon, 2007). Se in passato la governance territoriale era definita come: «[…] a process of the organization and co-ordination of actors to develop territorial capital in a non-destructi- ve way in order to improve territorial cohesion at different levels» (Espon, 2007, p. 14), oggi in maniera più ampia viene definita:
«Territorial governance is the formulation and implementation of public policies, programmes and projects for the development* of a place/territory by
1) co-ordinating actions of actors and institutions, 2) integrating policy sectors,
3) mobilising stakeholder participation, 4) being adaptive to changing contexts,
5) realising place-based/territorial specificities and impacts» (TANGO, 2013, p. 6).
Questa definizione così estesa mostra le molteplici caratteristiche e possibilità della governance terri- toriale. I primi due punti evidenziano la capacità di coordinamento e interazione tra attori, istituzioni e politiche, sia a livello orizzontale che verticale. A livello orizzontale come processo che mette in relazio- ne attori istituzionali di uno stesso livello e integra politiche settoriali distinte, a livello verticale agisce entro processi multilivello che coinvolgono e raccordano istituzioni sovra e sotto ordinate.
Il terzo punto evidenzia come la partecipazione del settore privato, e comunque di attori “non governa- tivi” portatori di plurimi interessi, sia divenuta imprescindibile nei processi di trasformazione spaziale. Il quarto e quinto punto esplicitano, infine, la capacità dei processi di governance di adattarsi e calarsi nei diversi contesti cogliendo la specificità dei territori.
Tale definizione evidenzia, da un lato la sempre maggiore e ricchezza complessità della governance, e dall’altro sottende il bisogno di definire processi entro cui tenere insieme tutti i livelli di descrizione. Come sottolineato da Janin Rivolin e Faludi (2005) le politiche comunitarie hanno contaminato i conte- sti locali3 portando ad un progressivo aumento di attenzione alle tematiche di negoziazione inter-istitu- zionale e costruzione di visioni spaziali entro processi di pianificazione non-statutaria, delineando quin- di un cambio di paradigma nella governnance territoriale. Questo è stato osservato in special modo nel contesto italiano contrassegnato da un sistema di pianificazione di tipo gerarchico (legge urbanistica 3 Ad esempio, con la partecipazione ai programmi Interreg. Sugli effetti locali delle politiche si rimanda a: M. Battello, C. Pacente, La dimensione locale delle politiche comunitarie. L’Ufficio Europa negli enti locali, Egea. Milano 2012
nazionale 1150/42): «There local actions promoted by Community as well as national initiatives are triggering the emergence of new paradigms for territorial governance. To be more precise, the Italian ‘urbanism tradition’ appears to be challenged in a beneficial way by the rise of planning practices as formulating local development strategies. The sudden, spontaneous adoption of non-statutory strate- gic plans by many local authorities is perhaps the clearest sign of a widespread attempt to capitalize, both technically as well as institutionally speaking, on such EU-led cultural innovations» (Janin Rivolin e Faludi, 2005, p.207). Questo periodo di cambiamenti istituzionali influenzati dall’Unione Europea, che hanno portato ad una devoluzione, decentralizzazione e regionalizzazione delle competenze ha prodotto inediti processi di governance improntati alla cooperazione. Tali processi hanno dato luogo anche ad interessanti esperimenti di pianificazione spaziale, si pensi ad esempio al Tavolo Interregio- nale del Nord Italia4 o alle sperimentazioni di pianificazione strategica in contesti metropolitani e non (Martinelli, 2005).
Al periodo di sperimentazione degli anni 2000 è seguita una fase di crisi economica internazionale che nel nostro paese ha portato a una progressiva riorganizzazione degli assetti istituzionali in ottica di spending rewiev.
Dapprima con la legge 214/20115, poi con la così detta riforma Delrio legge 56/2014 “Disposizioni sul- le città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” sono stati ridisegnati organi e competenze dell’amministrazione. Su questo processo di rescaling istituzionale si innestata una fase di risparmio sulla spesa pubblica che ha privato le amministrazioni delle risorse economiche e finanziarie necessarie.
La riforma e i tagli alla spesa pubblica hanno avuto ampie ripercussioni nell’ambito della pianificazione urbanistica e territoriale. A livello intermedio per le neonate Città Metropolitane è stato introdotto l’obbligo di redazione del piano strategico metropolitano mentre le altre province vengono progressi- vamente indebolite. A livello di amministrazione locale per i Piccoli Comuni è reso obbligatorio l’eser- cizio associato delle funzioni fondamentali, compresa la pianificazione urbanistica che quindi diventa intercomunale. L’ area vasta, sia a livello metropolitano che a livello intercomunale, si delinea come dimensione problematica: difficile circoscriverne i confini, difficile renderla visibile nella sua territoria- lità e dimensione istituzionale.
In tale contesto emerge, da un lato, il bisogno di pratiche di governance improntate al coordinamento (se non al superamento di questo con nuovi paradigmi), e dall’altro il bisogno di nuovi approcci alla pianificazione spaziale di area vasta che fanno proprie queste pratiche con la finalità di disegnare il futuro dei territori. Quindi, il ricorso a pratiche di cooperazione che, come messo in evidenza da De Luca e Lingua (2012), possono essere definite e interpretate attraverso tre concetti: condivisione, inter- dipendenza e lealtà tra enti. Questi vengono così esplicitati: «Per descrivere e interpretare pratiche di governo di natura cooperativa possiamo dunque ricorrere a tre parole chiave:
– esiste una impostazione cooperativa quando vi è condivisione delle funzioni tra enti e attori diversi che hanno competenze sulla medesima materia e concorrono alla definizione e realizzazione delle po- 4 Il Tavolo Interregionale per lo sviluppo territoriale sostenibile della macro-regione Padana denominato “Adria Po-Valley” nasce nel 2007 dall’iniziativa delle Regioni Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto e le Province di Trento e Bolzano con l’obiettivo di promuovere la competitività regionale a livello europeo. Questa collaborazione tra le diverse regioni viene sancita con la stipula della Carta di Venezia e
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litiche, secondo il livello territoriale e gli interessi rappresentati;
– esiste una impostazione cooperativa quando vi è il riconoscimento della interdipendenza dei livelli territoriali e delle politiche rispetto alla indipendenza dei livelli di governo;
– esiste una impostazione cooperativa quando vi è lealtà tra enti: le competenze condivise portano ad instaurare relazioni cooperative per la formulazione di politiche pubbliche, che nascono dalla coopera- zione tra i governi e assumono forme patrizie o associative; la lealtà implica l’impegno a implementare e mantenere nel tempo gli accordi intrapresi, ai fini del raggiungimento degli obiettivi comuni sotto- scritti.» (De Luca, Lingua, 2012, p.18)
Condivisione, interdipendenza e lealtà sottendendo delle relazioni orizzontali basate su interazione e comunicazione. Questi processi richiedono la configurazione di nuove arene istituzionali improntate su modelli di governance collaborativa (Healey, 1997) e interattiva (Kooiman, 2008; Torfing et al. 2012), «by the end of the century, new efforts were underway in many parts of Europe to produce strategies for cities, subregions, and regions […] these efforts involve the construction of new institutional arenas within structures of government that are themselves changing» (Albrechts , Healey, Kunzmann, 2003). I nuovi modelli di governance si configurano inclusivi di più soggetti e finalizzati all’elaborazione di de- cisioni condivise; si strutturano su strategie orizzontali, cooperative e negoziali volte a superare la set- torializzazione delle amministrazioni ed elaborare modalità di gestione dei territori aperte e flessibili. Le nuove modalità di gestione del territorio richiedono una prospettiva di medio-lungo periodo in cui delineare strategie coordinate e condivise da più attori. Pertanto, questa nuova governance (collabo- rativa, interattiva, cooperativa) si colloca nel campo della pianificazione comunicativa o argomentativa improntata alla teoria dell’agire comunicativo di Habermas (1984) e non più nell’ambito della pianifica- zione proprie del piano razional-comprensivo tradizionale.