• Non ci sono risultati.

dimensione sociale dello sviluppo sostenibile e agricoltura

l’universo degli indicatori considerat

3.2 dimensione sociale dello sviluppo sostenibile e agricoltura

Nella letteratura in tema di sviluppo sostenibile, la dimensione sociale ri- sulta avere contorni meno netti rispetto agli altri due pilastri a questo general- mente associati1, quello ambientale e quello economico. Pur essendo da sempre

presente nei documenti fondamentali sullo sviluppo sostenibile e nel dibattito che si è generato fin dal Rapporto Brundtland (WCED, 1987), gli aspetti sociali legati al concetto di sostenibilità sono stati relativamente poco considerati, soprattutto nella pratica politica, anche a causa della complessità delle relazioni tra natura e società e della loro misurabilità. Nella sua recente rassegna della letteratura in tema, Murphy (2012) evidenzia la notevole ambiguità del concetto di dimensione sociale nella sostenibilità, ambiguità che si riflette in ampie possibilità di inter- pretazione sul piano pratico - sia relativamente ai fenomeni da studiare che agli indicatori da utilizzare - che rispecchiano le diverse visioni e priorità degli osser- vatori, perlopiù soggetti politici. Littig e Grieβler (2005), nel tentativo di individuare una demarcazione della sostenibilità sociale che risponda a esigenze sia teoriche sia di utilità pratica (politiche), ascrivono al concetto di sostenibilità sociale ele- menti analitici e normativi. Partendo da tale pluralità concettuale, questi autori riconoscono che “la sostenibilità sociale è una qualità delle società. Riguarda le relazioni, mediate dal lavoro, tra natura e società e riguarda le relazioni stesse all’interno della società. La sostenibilità sociale è assicurata se il lavoro all’interno 1 Ai pilastri ambientale, economico e sociale della sostenibilità viene meno frequentemente associa-

to un quarto pilastro. E’ quello istituzionale o di governance. In particolare la FAO (2012) introduce la Good Governance.

della società e i relativi accordi istituzionali soddisfano un numero ampio di bisogni umani e se questi sono tali da garantire la conservazione della natura e della sua capacità riproduttiva per un lungo periodo di tempo; e se, inoltre, sono tali da assi- curare l’affermazione normativa della giustizia sociale, della dignità umana e della partecipazione’. Ponendo qui, come fattore chiave, il lavoro nella sua accezione più ampia e sottolineando come sia necessaria una sua diversa organizzazione ai fini della sostenibilità sociale, gli Autori identificano numerosi altri elementi da considerare e misurare (indicatori), elementi che si possono ascrivere a tre gruppi distinti. Il primo riguarda le necessità basilari e la qualità della vita, come il livello di reddito e la sua distribuzione, l’occupazione, la salute, l’educazione, ma anche il livello personale di soddisfazione nel lavoro o quello relativo alle condizioni eco- nomiche. Il secondo gruppo riguarda invece la giustizia sociale e quindi il concetto di equità, riferito non solo agli aspetti economici, ma esteso anche alla qualità della vita e alla partecipazione nella società. Le componenti della coerenza socia- le sono infine contemplati nell’ultimo insieme di fattori e riguardano, tra l’altro, l’inserimento in reti sociali, il coinvolgimento in attività di volontariato e misure di solidarietà sociale.

Altri autori considerano invece la sostenibilità sociale come una condizione di arricchimento della vita e, insieme, un processo per raggiungere tale condizio- ne (McKenzie, 2004). Tale visione considera, come centrali, fattori quali l’equità (nell’accesso ai servizi basilari, come salute ed educazione, ma anche equità inter- generazionale), le relazioni culturali (in termini di diversità e di integrazione), la partecipazione alla vita politica (soprattutto a livello locale), il senso di apparte- nenza alla comunità (espresso tramite il coinvolgimento attivo nella trasmissio- ne dei valori della comunità e nel soddisfacimento dei suoi bisogni). Più recente- mente, Dempsey et al. (2011, citato in Murphy, 2012) dividono gli obiettivi politici della sostenibilità sociale in due gruppi, facenti capo all’equità sociale (assicurare l’accesso ai servizi fondamentali) e alla sostenibilità delle comunità (incoraggiare l’interazione sociale e la partecipazione, garantire la sicurezza, stimolare il senso di appartenenza alla comunità). Nonostante le diverse concezioni e approcci, si può tuttavia affermare come equità, sensibilità verso la sostenibilità, partecipazione e coesione sociale siano, in definitiva, gli aspetti della sostenibilità sociale maggior- mente considerati nella letteratura sullo sviluppo sostenibile al fine di contestua- lizzare questo pilastro e di evidenziarne le relazioni con l’ambiente2 (Murphy, 2012).

2 L’Autore fa notare che individuare i legami tra il pilastro sociale e quello ambientale è funzionale a una migliore definizione e contestualizzazione del primo (Murphy, 2012).

Secondo alcuni (Douglass, 1984, citato in Psarikidou e Szerszynski, 2012), la difficoltà concettuale e della relativa implementazione della sostenibilità sociale è diretta conseguenza del modo di considerare la questione. Questi Autori ritengono che la componente sociale della sostenibilità debba perdere la sua natura isolata e di coesistenza con le altre componenti, economica e ambientale, per assume- re un ruolo “trasversale” e diventare un paradigma, un modo cioè di leggere la sostenibilità attraverso la lente sociale. Questo nuovo approccio alla sostenibilità consentirebbe di tener conto non solo di tutti gli aspetti sociali di una comunità (relazioni, pratiche, cultura, norme, ecc.) ma anche dei continui scambi tra gli or- ganismi viventi (individui sociali) e l’ambiente fisico in cui essi vivono e operano, riducendo di conseguenza la competizione tra i tre pilastri della sostenibilità. La consapevolezza dell’indeterminatezza del concetto di sostenibilità sociale appli- cato all’agricoltura è l’occasione per sperimentare questo approccio nello studio delle reti agroalimentari alternative quale esempio di iniziative che “sostengono il sociale e sono da questo sostenute”.

Questa visione della sostenibilità non è tuttavia diffusa tra gli studiosi del settore primario, dove la sostenibilità, com’è noto, si collega al concetto di capita- le, inteso come l’insieme delle risorse (assets) su cui l’attività agricola insiste. Si riconoscono cinque rilevanti forme di capitale: naturale, sociale, umano, fisico3 e

finanziario, sebbene quest’ultimo sia considerato strumento e non fonte di produt- tività (Pretty, 2008). Ai fini della sostenibilità sono importanti le prime tre forme di capitale poiché l’attività agricola può comprometterne il livello (stock) -che deve essere quindi preservato nel tempo - e/o il suo utilizzo - che deve rispettare condi- zioni di efficienza e di equità intra e inter-generazionale.

Al capitale sociale, in particolare, si ascrivono beni quali norme, valori e at- titudini che inducono alla cooperazione e alla reciprocità, nonché regole e sanzioni che consentono la strutturazione di gruppi e reti sociali. Il capitale umano, talvolta associato a quello sociale4, riguarda la capacità totale di ciascun individuo in ter-

mini di conoscenza, salute, stato nutrizionale. Riguarda quindi l’accesso ai servizi fondamentali (formazione, salute) ma anche le capacità manageriali e organizzati- ve. La fiducia è uno degli attributi centrali del capitale sociale, in particolare nella sua accezione di sistema di reti interpersonali (Dasgupta, 2009), da cui è prodotto in determinate circostanze: è quindi un elemento fondamentale per la collabo- 3 Al capitale fisico si ascrivono i manufatti umani (edifici rurali, magazzini, ecc.).

4 Dasgupta (2003) considera il capitale sociale solo un aspetto del capitale umano quando le ester- nalità prodotte dalle reti hanno una ricaduta a livello locale.

razione tra soggetti ed è alla base delle reti sociali. Correlata all’educazione, si definisce come “l’aspettativa all’interno di una comunità di un comportamento regolare, onesto e cooperativo, basato su norme comuni e condivise dagli altri componenti della comunità” (Fukuyama, 1995, citato in Sumelius, Vesala, 2005).

Considerando i fattori centrali del concetto di sostenibilità (stock, efficienza, equità), l’OECD (CEE, 2001) classifica rispetto a questi gli elementi della dimen- sione sociale della sostenibilità agricola: mantenimento e creazione di occupa- zione, efficienza istituzionale, standard di vita equi nell’ambito dell’agricoltura e delle comunità rurali, pari opportunità per l’accesso ai gruppi sociali, condizioni di lavoro dignitose, metodi di produzione etici. Ma più recentemente lo stesso OECD (2008) identifica l’impatto sociale dell’agricoltura sostenibile ad un livello più gene- rale, nella possibilità di ridurre il numero di persone denutrite, nel sostenere vita e comunità rurali, nella riduzione delle ineguaglianze di genere nei ruoli agricoli e nella prevenzione del lavoro minorile in agricoltura.

Di fianco a questi argomenti di carattere generale, in circostanze e conte- sti specifici, nuovi elementi si aggiungono nell’interpretazione della dimensione sociale. Nel caso di aziende zootecniche da latte, un’indagine presso i principali stakeholders olandesi ha così permesso di identificare gli attributi che si riferisco- no alla sostenibilità a livello aziendale, distinguendo la dimensione sociale in una componente interna ed una esterna. I risultati della consultazione hanno eviden- ziato nelle condizioni di lavoro l’unico attributo per la sostenibilità sociale interna, mentre alla componente sociale esterna si riferiscono sicurezza alimentare (food safety), salute e benessere degli animali, qualità del paesaggio e pascolamento degli animali (Van Calker et al., 2005). Questa articolazione della sostenibilità so- ciale ha consentito di individuare e classificare più agevolmente i suoi attributi anche in lavori successivi. Così Sydorovych e Wossink (2008), nel proporre una me- todologia di valutazione della sostenibilità agricola totale, identificano una serie di attributi considerati rilevanti dai maggiori portatori di interesse del settore tramite una conjoint analysis5.

Al di là dei diversi criteri classificatori, questa modalità di studiare la com- ponente sociale della sostenibilità agricola mette in evidenza la sua caratteristica di dipendenza dal contesto, che sia di filiera, territoriale o sociale. In un recente lavoro sui sistemi agricoli zootecnici (Boogard et al., 2011), tra gli altri, i sociologici ci ricordano come la sostenibilità sociale debba essere valutata secondo un’acce-

5 Tecnica di analisi multivariata che studia i sistemi di preferenze dei consumatori rispetto a prodotti/ servizi caratterizzati da un insieme di attributi multi-livello di cui misura l’importanza relativa.

zione “locale” del concetto. Questa, a sua volta, è collegata alla percezione che gli attori hanno del fenomeno e dei relativi attributi che, nel caso in esame, si identi- ficano in: sistemazione e igiene degli animali, carico di lavoro e reddito degli alle- vatori, conservazione del paesaggio e dell’ambiente, conservazione della cultura aziendale e dell’identità nazionale, fino alla fornitura di beni e servizi per la società (green care). Un ampio ventaglio di questioni, dunque, da considerare in combi- nazione alle caratteristiche attese dei sistemi agricoli zootecnici - sempre riferiti al contesto - che possono ascriversi a tre prospettive o chiavi di lettura diverse, modernità, tradizione e naturalità, ciascuna delle quali presenta aspetti positivi e negativi che possono risultare, per alcuni versi, contraddittori. Gli Autori conclu- dono che la sostenibilità socioculturale dei sistemi agricoli (zootecnici) dipende dal trade-off tra le singole prospettive e dalle relative contraddizioni.

3.3 sostenibilità sociale e agricoltura biologica: intersezione