l’universo degli indicatori considerat
3.6 reti di relazioni in agricoltura biologica e convenzionale: l’indagine su campo
3.6.2 I casi studio: quattro aziende vitivinicole campane
3.6.2.1 Il contesto
Le aziende vitivinicole considerate come casi studio per l’analisi delle reti di relazioni si trovano in Campania. In particolare, i primi due casi studio, un’azienda agricola biologica e una convenzionale, si trovano nel Bio-distretto del Cilento10 -
area del Parco nazionale del Cilento -, in cui operano istituzioni (circa 30 Comuni), imprese agricole biologiche (in numero di 400), operatori turistici e commerciali (ristoratori) e consumatori (GAS) con l’obiettivo comune di contribuire allo sviluppo sostenibile dell’area utilizzando il modello produttivo dell’agricoltura biologica e i valori ad essa connessi. Promosso e animato dall’emanazione regionale dell’As- sociazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB Campania), il Bio-distretto del Cilento è oggetto di numerosi progetti finalizzati a promuovere le produzioni biolo- giche locali e le stesse specificità del territorio in mercati locali dove si realizza il rapporto diretto produttori/consumatori. Oltre alle tradizionali iniziative (mercatini del biologico e bio-domeniche), sono attivati eventi specifici in cui il connubio tra turismo e consumo di prodotti biologici trova soluzioni anche meno convenzionali, come nell’iniziativa “Bio-spiagge’, in cui i prodotti biologici sono proposti al consu- matore in loco, contrariamente ai più tradizionali percorsi eno-gastronomici dove è il consumatore che si sposta.
Le caratteristiche agricole dell’area si possono ricondurre, più in generale, a quelle del Parco del Cilento, con produzioni perlopiù estensive nelle zone in- terne, dominate da paesaggi collinari e montani, di contro ad un’agricoltura più competitiva delle aree costiere e di valle. Nel complesso, il settore primario rive- ste in questo territorio una posizione importante, occupando il 61% della super- ficie totale, quota distribuita tra 28.000 piccole aziende (con dimensione media di 4 ettari). Nell’uso del suolo agricolo, oltre ai prati e pascoli (50%), le permanenti rappresentano le principali colture, con l’olivo (24% della SAU), i fruttiferi (4%) e la vite (2%), mentre una quota di superficie più contenuta è occupata dai seminativi (19%). Gli allevamenti sono presenti solo in una parte limitata delle aziende del Parco (11%)11. Diverse sono le produzioni pregiate dell’area, tra cui la mozzarella
di bufala, l’olio extravergine di oliva, i fichi bianchi, alcuni vini DOC (INEA, 2005). 10 www.biodistretto.it
Con particolare riferimento all’obiettivo di questo lavoro e ai casi studio presentati più avanti, tra i caratteri dell’agricoltura locale, il rapporto Nomisma- Medes del 200712 mette in evidenza la scarsa disponibilità alla cooperazione che si
registra tra gli operatori della zona, sia con riferimento alla produzione primaria che alla trasformazione. Più in generale, per il superamento dei problemi dell’a- gricoltura dell’area, lo stesso rapporto sottolinea, tra l’altro, la necessità di una migliore valorizzazione della produzione locale attraverso adeguate promozione e commercializzazione (certificazione), un migliore adattamento dell’agricoltura alle caratteristiche del territorio, con una maggiore diffusione di pratiche sosteni- bili (agricoltura biologica) e il sostegno alla creazione delle reti.
Gli altri due casi studio si trovano tra la provincia di Benevento e quella di Napoli. La provincia di Benevento si colloca terza tra le cinque province campa- ne in quanto a superficie agricola utilizzata (SAU) con 108.420 ettari: insieme alle province di Salerno e Avellino, la SAU totale costituisce circa il 76% di quella re- gionale. Centrali risultano il settore vitivinicolo e la filiera lattiero-casearia: 10.527 ettari (ISTAT, 2010) sono destinati alla produzione di vite (circa la metà dell’intera destinazione d’uso per questa coltura a livello regionale ) e sono circa 11 mila le aziende impegnate in questo settore (ovvero il 54% delle aziende della provincia che praticano la coltivazione della vite, olivo, agrumi e fruttiferi), con una piccola percentuale di produttori biologici (1%). Per quanto riguarda la filiera lattiero-ca- searia, la provincia di Benevento è seconda solo alla provincia di Salerno per nu- mero di aziende (2.479 realtà beneventane contro le 2.878 del salernitano) e nume- ro di vacche da latte (12.866 capi contro le 16.555 unità nella provincia di Salerno). La Provincia di Napoli è, invece, la provincia campana che presenta una su- perficie agricola ben al di sotto della media regionale. Infatti, con i suoi 23.350 ettari di SAU si colloca all’ultimo posto per estensione delle aree agricole e per numero di aziende attive (solo il 10% sul totale regionale) (ISTAT, 2011). L’agricoltura dell’a- rea dove è situato uno dei casi studio esaminati è quella del Parco Nazionale del Vesuvio che si caratterizza per la forte antropizzazione, per una maggiore intensità della produzione agricola rispetto alle altre aree protette e una spiccata vocazione alla frutticoltura (INEA, 2005). L’agricoltura biologica non vi è rappresentata in ma- 12 Nomisma, Fondazione Medes (2007), Piano Strategico per l’agricoltura Salernitana. Il Piano indivi- dua gli obiettivi di sviluppo del sistema rurale e agroalimentare salernitano e ne identifica i possibili strumenti di azione. Riguarda tutta la provincia salernitana (4.922 Kmq) che viene divisa in macrosi- stemi rurali, per ciascuno dei quali vengono definiti strategie e obiettivi. Il Parco del Cilento, situato nell’area meridionale della provincia, occupa una superficie di 320.000 ettari (compresi i comuni contigui) e comprende 95 comuni (di cui 15 contigui).
niera significativa, essendo la quota di aziende biologiche inferiore all’1%. L’area tuttavia offre una grande varietà di produzioni tipiche, soprattutto ortofrutticole e lattiero-casearie, e di vini di qualità ottenuti da vitigni autoctoni pregiati (tra gli altri, “Falanghina del Vesuvio’, “Coda di Volpe’, “Piedirosso del Vesuvio’).
Nella scelta delle aziende da indagare si è tenuto conto, laddove possibile, di alcuni caratteri collegabili alla relazionalità (vicinanza a centri urbani, presenza di infrastrutture, di centri di assistenza, ecc.) che dovevano risultare simili nei casi considerati. Ciò infatti consentiva di eliminare le differenze di condizioni esterne che avrebbero potuto condizionare le caratteristiche delle reti. Le aziende scelte inoltre hanno un indirizzo produttivo analogo: producono, trasformano e confezio- nano in proprio uva da vino, vendendo vino di qualità, con una prevalenza di tale attività in ambito aziendale.
Per il resto, le quattro aziende considerate hanno un profilo dimensionale e produttivo piuttosto diverso (tab. 3.4). Oltre al differente approccio alla produzio- ne - due aziende utilizzano il metodo biologico, una pratica agricoltura integrata, una è di tipo convenzionale -, hanno una superficie aziendale che va dagli 8 ai 400 ettari, anche se la vite occupa una superficie più confrontabile in 3 casi su quattro. Anche la produzione di vino è molto differente, in quantità, non solo come conse- guenza della diversa superficie aziendale dedicata, ma anche per le caratteristiche ambientali specifiche e per il metodo produttivo adottato.
Tab. 3.4 - Dimensione delle aziende: superficie, lavoro, produzione di vino di qua- lità annua
Casi studio Localizzazione SAU UL Prod. vino
Tot (ha) Vite (ha) Fam. Sal. n.bott.0,75 l
Az. Bio Sentiero del riccio Bio-distretto Cilento 8 1 1 3 3.500 Az. Integrata Verrone Bio-distretto Cilento 60 10 2 6 25.000
Az. Bio Venditti Provincia Benevento 400 11 2 4 70.000
3.6.2.2 Qualità, multifunzionalità e internet: una leadership attiva per la rete di relazioni dell’azienda agricola biologica “il sentiero del riccio”
L’azienda agricola il sentiero del riccio utilizza il metodo di produzione bio- logica dal 1993 per gestire circa 8 ettari di superficie aziendale che sono distribuiti su tre corpi fondiari nel territorio di Sicignano degli Alburni, in provincia di Salerno, nel Parco Nazionale del Cilento e nel relativo Bio-distretto. L’azienda coltiva vite (1 ha), olivo (2,5 ha), seminativi (2 ha), frutteto e castagneto. Si allevano inoltre api e si coltiva un piccolo orto, destinato soprattutto all’autoconsumo. Il sentiero del riccio produce in proprio vini di qualità (I.G.T), ad oggi soprattutto rossi - circa 3.500 bot- tiglie per anno di Sangiovese e Aglianico, prevalentemente -, mentre la vite per la produzione di vino bianco (Fiano) entrerà in produzione solo fra due anni. L’ottima qualità del vino prodotto è stata riconosciuta anche di recente con l’assegnazione di premi (il vino senza solfiti prodotto dall’azienda ha ricevuto un premio qualità nell’ambito della manifestazione BIODIVINO a maggio 2012). L’azienda produce inoltre olio extravergine di oliva e miele e, oltre all’attività agricola, pratica turismo rurale - grazie alla presenza di un edificio ristrutturato utilizzato per l’ospitalità (bed & breakfast) - e attività dimostrativa e didattica (l’azienda è iscritta all’Albo delle Fattorie Didattiche della Regione Campania).
L’attuale imprenditore gestisce l’azienda di famiglia da dieci anni circa. Si tratta di un giovane single che vive perlopiù a Salerno, lontano dalla sua azien- da. Laureato in scienze agrarie all’Università di Napoli, oggi divide il suo tempo tra l’attività imprenditoriale, quella di certificatore per l’agricoltura biologica - che esercita per conto di ICEA - e attività di comunicazione e di animazione svolta nell’ambito delle associazioni cui è iscritto, soprattutto a livello locale. Dopo la laurea, ha iniziato a gestire l’azienda di famiglia che in precedenza era condotta dal padre con metodi a basso impatto ambientale, senza cioè il ricorso a input di ori- gine chimica, secondo la tradizione agricola della zona. Tuttavia l’odierna gestione con metodo biologico è stata voluta dall’attuale imprenditore, da sempre sensibile alle questioni ambientali e che ha al suo attivo diverse esperienze ecologiste pre- gresse: collaborazione alla costituzione del WWF locale, organizzazione dei primi campi naturalistici sul territorio, avvio delle prime mense biologiche collaborando con il comune di Sicignano. La scoperta del mondo naturale (“grazie a un gatto”), l’amicizia con un agronomo, le prime esperienze di lavoro in una cooperativa bio- dinamica di Roma (biennio 1988-89) hanno creato le premesse per il suo percorso di imprenditore biologico e multifunzionale.
da considerazioni di ordine pratico, relative in particolare alla ridotta dimensio- ne aziendale. Una combinazione tra qualità, produzioni di nicchia e multifunzio- nalità rappresentava infatti per l’imprenditore il connubio adatto a soddisfare le sue inclinazioni ambientaliste e a far fronte ai volumi produttivi poco consistenti dell’azienda, da realizzare comunque nell’ambito di un’agricoltura “sana’, quindi biologica. Inoltre, la possibilità di offrire ospitalità nel piccolo bed & breakfast, at- tivo sin dall’inizio di questa gestione, gli ha consentito di essere uno dei precursori nella zona per attività di turismo naturalistico, anche grazie alle associazioni am- bientaliste locali - cui l’imprenditore ha sempre fatto riferimento - da cui proven- gono molti consumatori interessati ai prodotti offerti dall’azienda. Anche l’attività di fattoria didattica è partita molto presto e con obiettivi ampi che, oltre all’illu- strazione delle tecniche produttive agricole, vanno dall’educazione ambientale a quella alimentare, possibile grazie alla formazione specifica dell’imprenditore che ha seguito vari corsi sulla qualità dei prodotti (vino, olio e miele, in particolare). Qualità e diversificazione dell’attività aziendale sintetizzano in definitiva il profilo produttivo del sentiero del riccio.
Oltre al lavoro apportato in azienda direttamente dall’imprenditore, nella fase attuale in cui “la mano d’opera locale non esiste più”, un operaio specializzato è presente stabilmente in azienda insieme ad altre due persone, mentre un nu- mero variabile di operai avventizi fornisce lavoro temporaneo e stagionale. Non si tratta in realtà di manodopera agricola, ma di giovani stranieri in viaggio culturale/ di piacere che girano il mondo offrendo lavoro in cambio di ospitalità in aziende agricole biologiche. La forte carenza di manodopera agricola locale ha infatti spinto l’imprenditore ad utilizzare i servizi offerti dal WWOOF (World Wide Opportunities on Organic Farming), rete internazionale on line di lavoro volontario nelle aziende agricole bio, di cui è venuto a conoscenza in maniera casuale. “D’altronde nell’a- gricoltura nessun giovane vuole lavorarci, forse non ci sono più le gratificazioni che c’erano prima. Le cause le sappiamo tutti: solo lavorando con tanta passione e impegno si riesce ad ottenere qualcosa, ma con molta fatica”. Grazie a questa rete, è venuto in contatto con una realtà inaspettata, che gli ha consentito di rice- vere e ospitare nell’arco di due anni circa cinquanta giovani, perlopiù statunitensi e canadesi. “I ragazzi stranieri hanno voglia di fare, sono motivati”, ma non svolgono lavori complessi, “loro non vanno sul trattore, arrivano fino al lavoro in campo. Ad esempio, il ragazzo ha pulito manualmente la vite. D’altronde sulle viti giovani bi- sogna intervenire così, non con il trattore, a fianco a ogni pianta, bisogna liberarla, perché la vite è giovane e ha bisogno di aiuto. Comunque, c’è tanto da fare anche d’inverno … Chiaramente sono coperto da una polizza assicurativa in azienda, però
tra api, cani13, ecc., diciamo che non tutti (i ragazzi) vengono con l’idea della natu-
ralità, cerco di inculcargliela. Io descrivo l’azienda, do delle informazioni, e poi alla fine gli lascio delle schede di valutazione. Qualcuno mi fa pure pubblicità e alcuni mi aiutano a vendere anche il vino”. Per la comunicazione, naturalmente, una buo- na conoscenza della lingua inglese è indispensabile, ma il circuito rappresenta per l’imprenditore un’opportunità importante che garantirà lavoro per l’azienda anche nel prossimo futuro, considerate le sempre più numerose richieste di ospitalità che arrivano dalla rete.
La diversificazione dell’attività aziendale sembra fornire buone possibilità di uscire dall’attuale situazione di crisi dei mercati agricoli che sta colpendo anche il biologico: “per il vino, ad esempio, vanno cercando prezzi bassissimi che non mi posso permettere perché io faccio nicchie di produzioni”. La differenziazione degli sbocchi commerciali è quindi necessaria: oltre ad alcuni negozi specializzati di Napoli e Salerno, l’azienda ha avviato la vendita diretta del proprio vino anche fuori del territorio regionale (“ho degli amici al nord”). Di recente ha aderito inoltre a un network commerciale on line14 - ancora poco diffuso in Campania, secondo l’im-
prenditore - che consente di “barattare” i propri prodotti con beni e servizi messi a disposizione in rete. Mediante questo sistema, l’imprenditore ha realizzato alcuni investimenti, tra cui la ristrutturazione di parte della cantina e il rinnovamento delle attrezzature agricole.
L’imprenditore non utilizza altri canali commerciali. Si sta anzi orientando sempre più verso la vendita diretta perché i negozi specializzati biologici “che mi chiamano spesso, vogliono strozzare il produttore”, allo stesso modo della grande distribuzione. Inoltre “ho fatto degli esperimenti: se io vendo le ciliegie biologiche al mercato, non sono competitive, perché la gente non ha interesse per il biologico, almeno in questa fase, invece se faccio venire le persone qua e gliele faccio rac- cogliere, allora è più facile”. Il prezzo praticato con la vendita diretta gli consente d’altronde margini difficili da realizzare altrimenti, con la piena valorizzazione del prodotto e di “tutta la filosofia che c’è intorno”15. Il percorso per aumentare la
vendita in azienda è tuttavia ancora lungo, di medio periodo (4-5 anni), secondo l’imprenditore. Occorre infatti apportare migliorie all’azienda per aumentarne la qualità estetico-paesaggistica, introdurre piccoli animali da fattoria, curare ulte- 13 In azienda vivono diversi cani da compagnia.
14 VisioTrade S.p.A., www.visiotrade.com
15 Il prezzo di una bottiglia di vino (0,75 l) è pari a 7 euro; mentre 10 e 12 euro per litro sono i prezzi praticati dall’azienda per olio e miele, rispettivamente.
riormente la parte didattica e turistica, migliorare l’organizzazione. Il progetto di recupero del rapporto diretto con i consumatori è curato personalmente dall’im- prenditore e prevede la costituzione di un gruppo di lavoro cui parteciperanno altri operatori della zona interessati ad uno scambio di lavoro e supporto nella vendi- ta diretta, nella didattica in azienda, nell’organizzazione di eventi comuni per la promozione e la vendita dei prodotti (feste e sagre). Le mense pubbliche locali potrebbero costituire un ulteriore riferimento per i prodotti orticoli aziendali che, tuttavia, sono da questa prodotti in quantità modeste: adeguati volumi e varietà di prodotti, in prospettiva, potranno essere garantiti da una rete di aziende biolo- giche che il nostro imprenditore sta avviando, cogliendo anche l’occasione delle bio-domeniche locali alla cui organizzazione partecipa attivamente nell’ambito delle associazioni e dello stesso Bio-distretto con il quale l’azienda è in relazione esclusivamente per la commercializzazione e la promozione dei prodotti aziendali.
I rapporti dell’azienda con altri soggetti del territorio sono di vario tipo e correlati ai diversi ruoli che l’imprenditore assume (imprenditore, ambientalista, tecnico-certificatore). Si è già accennato al collegamento con le associazioni am- bientaliste che costituiscono anche un bacino di utenza per l’attività turistica e di- dattica aziendale. Ma l’imprenditore è anche socio dell’AIAB Campania, per la qua- le ha svolto in passato attività di controllo e certificazione16 - oggi svolte per conto
di ICEA - che gli consente di aumentare i contatti con altre realtà aziendali biologi- che. Con riferimento al suo territorio, in particolare, l’imprenditore ha evidenziato come, solo più di recente, stia aumentando la sensibilità degli operatori verso le questioni ambientali e verso forme di agricoltura più sostenibile, contemporanea- mente alla crescita del numero di operatori biologici. A questo riguardo, tuttavia, il sostegno pubblico (misura 214 del PSR) gioca ancora un ruolo molto forte sul fronte dell’offerta, mentre risultano ancora carenti altri aspetti fondamentali per lo sviluppo del biologico locale, come il sostegno alla commercializzazione, la for- mazione degli imprenditori, l’informazione per i consumatori. E’ inoltre necessario promuovere l’utilizzo di tecniche più intensive (irrigazione) e, più in generale, la messa in rete delle aziende.
Ai fini del supporto alle proprie attività, l’azienda non ha tuttavia usufruito in modo particolare del sostegno pubblico, se si esclude l’accesso all’azione agri- coltura biologica del PSR, soprattutto perché “non volevo che la Regione ponesse vincoli rispetto al mio modo di pensare. Feci solo un POR per adeguamenti sanitari 16 Nel 2002 è stata ufficializzata la separazione tra le attività di certificazione (svolte da ICEA) e l’asso-
della cantina … ma forse non ho avuto la fortuna di scegliermi dei tecnici decenti. Erano le prime indicazioni, nel momento in cui le aziende facevano i primi inve- stimenti, chi faceva gli agriturismi prendeva il 75%, io prendevo il 30%. Ho fatto poi un rimpianto con l’ultimo OCM tre o quattro anni fa”. Per quel che riguarda l’accesso al credito, “non ne parliamo! Io avevo cominciato con la Banca nazionale dell’agricoltura che era quella che faceva il credito con l’aiuto della Regione, ed era un tasso bassissimo. Mi trovo adesso con il Monte dei Paschi di Siena che strozza ancora di più le aziende, perché le banche si fondono, e decidono loro dove ti trovi. Insomma mi sono trovato che dal 3% siamo arrivati al 6 e anche all’8%. Dopo sono cambiate le condizioni e quindi ho detto stop. Il sistema creditizio è la cosa peg- giore che ci possa essere”. Per tutte le altre attività, il sentiero del riccio ha fatto quindi ricorso all’autofinanziamento.
Nonostante l’imprenditore sia piuttosto attivo all’interno del sistema di re- lazioni già operativo sul territorio, soprattutto grazie alle associazioni di categoria locali, con riferimento specifico alla sua attività agricola lamenta difficoltà a cre- are collegamenti stabili ed efficaci con altri soggetti, attribuendo alla popolazio- ne rurale del posto atteggiamenti opportunistici e di chiusura, anche perché “io qua sono (considerato) un sovversivo, perché non mangio carne (l’imprenditore è vegetariano), perché ho portato il WWF e quindi mi sono inimicato i cacciatori”, ascrivendo a questa diffidenza nei suoi confronti problemi sorti anche nei rapporti con le istituzioni locali: “adesso comincio a capire tante cose, (come) i pagamenti non ricevuti, anche per i lavori fatti con il comune e tante cose per cui localmente ci si spende”. Per la propria attività, afferma di non aver ricevuto alcun tipo di as- sistenza, soprattutto per la produzione agricola, mentre contatti frequenti con una rete di enologi gli permettono i confronti necessari per la vinificazione in assenza di solfiti. I costi per l’assistenza tecnica d’altronde andrebbero ad aggiungersi ai tanti costi già sostenuti, tra cui quelli relativi a controllo e certificazione, alle leggi sulla sicurezza, allo smaltimento dei rifiuti (per quanto riguarda i costi per l’ener- gia, invece, precisa che un pannello fotovoltaico installato sul tetto gli consente di realizzare un piccolo risparmio, contribuendo anche alla salvaguardia dell’am- biente). La sperimentazione condotta anni addietro con il mondo accademico per installare un impianto di irrigazione per la vite ha avuto esiti negativi, avendo poi realizzato che si trattava di un investimento inutile in quella fase (“ho capito allora che il mondo accademico è lontanissimo dal mondo produttivo, in certi casi”). L’im- prenditore non ha altre esperienze di inserimento in network istituzionali per l’a- dozione di tecniche innovative (solo qualche contatto con la Regione, grazie ai corsi