• Non ci sono risultati.

Il sistema di protezione fino ad ora descritto risulta particolarmente valido: la legge quadro vieta, in linea generale, qualsiasi attività umana nel territorio protetto, il Piano elenca le attività consentite, mentre il Regolamento ne disciplina le modalità

idonei a salvaguardare l'integrità dei luoghi e dell'ambiente naturale. Resta ferma la possibilità di realizzare interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n.457, dandone comunicazione al Ministro del l'ambiente e alla regione interessata. 4. Dall'istituzione della singola area protetta sino all'approvazione del relativo regolamento operano i divieti e le procedure per eventuali deroghe di cui all'articolo 11. 5.[…] 6. L'inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta la riduzione in pristino dei luoghi e la eventuale ricostituzione delle specie vegetali ed animali danneggiate a spese dell'inadempiente. Sono solidalmente responsabili per le spese il committente, il titolare dell'impresa e il direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere. Accertata l'inosservanza, il Ministro dell'ambiente o l'autorità di gestione ingiunge al trasgressore l'ordine di riduzione in pristino e, ove questi non provveda entro il termine assegnato, che non può essere inferiore a trenta giorni, dispone l'esecuzione in danno degli inadempienti secondo la procedura di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 27 della legge 28 febbraio 1985, n.47, ovvero avvalendosi del Corpo forestale dello Stato o del nucleo operativo ecologico di cui al comma 4 dell'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n.349. La nota relativa alle spese è resa esecutiva dal Ministro dell'ambiente ed è riscossa ai sensi del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.

413 G. DI PLINIO, Diritto pubblico dell’ambiente e aree naturali protette, Torino, Utet, 1994, p. 226 e G. SCHIESARO, Commento all’art. 13, op. cit., p. 114 ss.

157

di avvio ed esercizio, in tal modo azzerando -o comunque diminuendo drasticamente- la discrezionalità dell’amministrazione dell’Ente Parco (così come si evince dagli illustrati istituti del nulla osta e del silenzio assenso previsto per il suo rilascio).

Questo sistema operativo, però, ad oggi non può dirsi a regime.

Le ragioni di ciò, a ben vedere, non sono riconducibili alla validità del sistema in sè e/o al suo funzionamento, che anzi è stato definito da autorevole dottrina addirittura il più avanzato al mondo414, ma alla macroscopica inattuazione415 che

ha interessato la normativa svuotando, negli anni, la tutela: ad oggi ci sono ancora parchi nazionali privi di piani e regolamenti, senza i quali, come precedentemente esposto, il sistema di protezione configurato dalla L. 394/91 non può funzionare, proprio perché mancano i parametri tecnico-normativi di valutazione dell’interesse naturalistico (secondo recenti indagini416, solo nel 30% dei parchi

nazionali -8 su 23417- ha approvato in via definitiva il Piano, e meno del 10% è

dotato di un Regolamento, tralasciando ulteriori criticità che emergono a livello di

governance, di personale e di risorse statali418).

414 G. DI PLINIO, Aree protette vent’anni dopo. L’inattuazione “profonda” della legge n. 394/1991, in

Riv. Quadr. di Diritto dell’ambiente, n. 3/2011, p. 29.

415 Sull’inattuazione della legge quadro, G. DI PLINIO, Aree protette vent’anni dopo., op. cit. p. 29 ss. 416 Si fa riferimento a: 1- Report 2018 del Wwf“Check-up dei parchi Nazionali e delle Aree Marine Protette”, indagine alla quale hanno partecipato tutti i 23 Parchi Nazionali attualmente operativi e 26 aree marine protette sulle 29 istituite, realizzata attraverso il metodo della Valutazione e prioritizzazione rapida della gestione delle Aree protette (Rappam), che offre ai gestori e ai decisori politici uno strumento per raggiungere l’obiettivo di promuovere un sistema vitale di aree protette, consentendo una rapida valutazione della loro efficacia generale di gestione in un determinato Paese o regione. Per un approfondimento: http://assets.wwfit.panda. org/downloads/report_wwf _check_up_parchi_nazionali_2018_finale.pdf; 2- Repertorio dello stato di attuazione dei Piani per il Parco nei Parchi Nazionali -2018- ISPRA su http://www.isprambiente.gov.it/it/banche- dati/repertorio-dello-stato-di-attuazione-dei-piani-per-il-parco-nei-parchi-nazionali

417 Si tratta dei seguenti Parchi: Asinara, Arcipelago Toscano, Foreste Casentinesi, Majella, Alta Murgia, Vesuvio, Cilento Vallo di Diano e Alburni, Aspromonte.

418 Più di metà dei parchi nazionali (15 su 23) non hanno un presidente o direttore, e spesso, si segnala, mancano figure chiave a livello di personale specializzato (come naturalista, biologo, agronomo, forestale, veterinario) con percentuali della pianta organica dedicate primariamente alla conservazione delle biodiversità spesso inferiori al 10%. Per quanto riguarda invece la questione relativa alle risorse che lo Stato assegna alle aree protette, ritenute

158

A questo ritardo attuativo decennale si affianca, inoltre, l’approvazione di piani e regolamenti che, seppur esistenti, non paiono cogliere a pieno quanto previsto dalla legge quadro, offendo prescrizioni eccessivamente ampie e vaghe (e non garantendo, quindi, la non discrezionalità del nulla osta) e/o concentrandosi più sulle attività da vietare che su quelle da consentire, invertendo la regola di residualità protezionistica prevista dalla legge.

In questo desolante scenario si deve menzionare un’ulteriore vittima dell’inattuazione della legge quadro: la Carta della Natura.

Questa, prevista dall’art. 3, co. 3 della L. 349/91419, nell’intenzione del legislatore

doveva definire, scientificamente e dinamicamente, la distribuzione sul territorio nazionale del patrimonio naturale, individuando biotopi, ecosistemi e relativi profili di qualità e di vulnerabilità.

La Carta, frutto di una accurata elaborazione tecnico scientifica e con valore giuridico vincolante derivante da approvazione governativa, avrebbe dovuto fungere da base scientifica e fonte giuridica primaria per la pianificazione naturalistica del territorio. Proprio sulla base di tale strumento sarebbe stato possibile, infatti, identificare le aree ad alto valore ambientale meritevoli di protezione, fornendo un utile ausilio per gli strumenti generali di gestione e pianificazione del territorio (piani di gestione forestale, paesaggistici, regolatori e

eccessivamente scarse, si rinvia alla Determinazione del 27 giugno 2018, n. 66 della Corte dei Conti “Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dei 23 Enti Parco nazionali 2014-2016” su http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/ controllo/sez_controllo _enti/2018/delibera_66_2018.pdf

419 Art. 3, co. 3. L. 349/91: “La Carta della natura è predisposta dai servizi tecnici nazionali di cui alla legge 18 maggio 1989, n.183, in attuazione degli indirizzi del Comitato. Essa integrando, coordinando ed utilizzando i dati disponibili relativi al complesso delle finalità di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, ivi compresi quelli della carta della montagna di cui all'articolo 14 della legge 3 dicembre 1971, n.1102, individua lo stato dell'ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali e i profili di vulnerabilità territoriale. La Carta della natura è adottata dal Comitato su proposta del Ministro dell'ambiente. Per l'attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di lire 5 miliardi nel 1992, lire 5 miliardi nel 1993 e lire 10 miliardi nel 1994.”

159

di sviluppo socio-economico) e un’adeguata base scientifica per la formulazione di efficaci Piani e dettagliati Regolamenti.

La Carta della Natura, fallito un timido tentativo di realizzazione da parte del Comitato Aree Protette nel 1996420, non è mai stata adottata, nonostante dovesse

costituire il “kernel nel sistema operativo della protezione integrale”421,

individuando, sulla base di criteri scientifici, le zone candidate ai diversi gradi di protezione.

Il vuoto lasciato dalla Carta assume i tratti di voragine se si riflette sui criteri che, in sua assenza, hanno guidando l’individuazione delle aree protette, spesso non corrispondenti alle esigenze reali di conservazione del territorio: la bellezza del paesaggio, la densità di copertura vegetale, il basso livello di antropizzazione, e troppo poco spesso il valore del territorio dal punto di vista naturalistico ed ecologico. A riprova di ciò, dal report Wwf poc’anzi menzionato, emerge come nel nostro Paese la perimetrazione delle aree protette non sia stata effettuata in modo adeguato rispetto al conseguimento degli obiettivi di conservazione dello specifico territorio422.

Un dato interessante a tale riguardo trapela anche dalle “carte della natura” stilate negli ultimi anni da alcune regioni italiane423.

Tali Carte424, definite (svilendole) meri “strumenti conoscitivi” del territorio,

evidenziano come, soprattutto in alcune regioni, la perimetrazione delle aree

420 Con delibera del 2.12.1996, il Comitato per le Aree Naturali Protette aveva approvato il Programma operativo per la Carta della Natura. Il documento in oggetto descriveva “il procedimento metodologico” individuato, in base alla legge n. 394/1991 e alle successive deliberazioni del Comitato, per la realizzazione della Carta della Natura. Tale metodo, basato su analisi tecnico- scientifiche, sarebbe dovuto servire ai Servizi tecnici nazionali per predisporre la Carta. Tale delibera non ha avuto seguito.

421 G. DI PLINIO, Aree protette vent’anni dopo., op. cit., p. 31. 422 Report Wwf, op. cit., p. 13.

423 Ad oggi: Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle d'Aosta, Veneto.

160

protette non risponda all’effettivo valore ecologico del territorio: i dati relativi alla distribuzione del c.d. Valore Ecologico425 del territorio esterno alle aree protette

in regioni come Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e Sardegna evidenziano infatti l’esistenza di porzioni di territorio a Valore Ecologico medio, alto e molto alto con percentuali prossime o superiori addirittura al 50%.

Ciò non fa altro che confermare l’importanza (e l’urgenza) di optare, anche per l’individuazione di confini di protezione che siano ecologicamente logici, per un metodo di tutela tecnico-scientifico basato, come prevede la l. 394/91 (art. 3, co. 3), sul “valore naturale” (inteso come valore ecologico) e sulla “vulnerabilità territoriale” (intesa come fragilità ambientale o sensibilità ecologica direttamente proporzionale alla predisposizione dell’unità ambientale al rischio di subire un danno ed all’effettivo disturbo dovuto alla presenza ed alle attività umane che agiscono su di essa)426: voci che, ad un occhio attento, non possono che evocare

nuovamente i concetti di resilienza e vulnerabilità ecosistemica affrontati precedentemente.

425 Il "Valore Ecologico" (che corrisponde al “valore naturale” indicato dall’art. 3 L. 394/91) va inteso nell'accezione di pregio naturale e viene ricavato dall’ISPRA calcolando, tramite un algoritmo, un set di indicatori riconducibili a tre gruppi: valori istituzionali segnalati in direttive comunitarie, componenti di biodiversità e indicatori tipici dell'ecologia del paesaggio. Su https://annuario. isprambiente.it/ada/basic/6485

426 Così come descritto ne Il progetto Carta della Natura. Linee guida per la cartografia e la

valutazione degli habitat alla scala 1:50.000, di ISPRA, p. 23, su http://www.isprambiente.gov.it/

161

3. L’utilità e la coerenza di un approccio scientifico