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1. La tutela della biodiversità nel quadro internazionale

1.3. La Convenzione sulla Diversità Biologica

1.3.1. L’approccio “ecosistemico”

La Conferenza di Rio (intesa come l’insieme degli accordi internazionali siglati in occasione della stessa) ha rappresentato quindi una svolta, riconoscendo a livello internazionale che tutela ambientale e gestione delle risorse naturali sono strettamente connesse alle condizioni socio-economiche del territorio: le questioni ecologiche e le attività umane non agiscono come ambiti disgiunti, ma in modo interdipendente tra loro, e come tali devono essere considerate (e, di conseguenza, disciplinate).

184La mission del Piano strategico, che integra e realizza gli obiettivi della CBD del 1992, verte su un’azione efficace e urgente per arrestare la perdita di biodiversità, in modo da garantire che entro il 2020 gli ecosistemi siano più resistenti e che possano continuare a fornire i loro benefici essenziali, assicurando l’esistenza e la varietà della vita sulla Terra e contribuendo al benessere umano. A tal fine è necessario ridurre le pressioni sulla biodiversità, ripristinare gli ecosistemi degradati, optare per un uso sostenibile delle risorse biologiche, condividendo i relativi benefici in modo equo, anche tramite adeguate risorse finanziarie, seguendo un approccio precauzionale.

185 Nel quadro di questi sviluppi, il documento prodotto al termine dell’incontro ad Aichi include 20

target principali, divisi in 5 obiettivi strategici, relativi alle cause sottostanti alla perdita di

biodiversità, alla salvaguardia della biodiversità a tutti i livelli, il miglioramento dei benefici forniti dalla biodiversità e il rafforzamento del "capacity building".

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Dalla Dichiarazione di Rio, infatti, emerge186 ormai come acquisita la

consapevolezza “del valore intrinseco della diversità biologica, nonché del valore ecologico, genetico, sociale, economico, scientifico, educativo, culturale, ricreativo ed estetico della diversità biologica stessa e delle sue componenti” e, ancora, “dell’importanza della diversità biologica per l’evoluzione ed il mantenimento dei sistemi necessari alla vita della biosfera”.

Il principio di fondo che viene espresso è quello di agire applicando un nuovo approccio, ovvero optando per politiche di sviluppo che tengano conto di tutti gli elementi di valore e identità presenti sul territorio, naturali e non (o, perlomeno, del più alto numero possibile).

Nel corso della quinta conferenza delle parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (COP5 – Nairobi 2000) è stato promosso e definito su base scientifica il concetto di “approccio ecosistemico”187, inteso come «strategia per la gestione

integrata della terra, dell’acqua e delle risorse viventi che promuove la conservazione e l’uso sostenibile in modo giusto ed equo», che, muovendo dal coinvolgimento diretto dei portatori di interessi locali (stakeholders), influirà largamente sull’impostazione della gestione delle risorse e del territorio.

“L’approccio ecosistemico rappresenta un modo di pensare ed agire in maniera ecologica, su base scientifica, integrando le informazioni biologiche, sociali ed economiche per raggiungere un equilibrio socialmente e scientificamente accettabile tra le priorità della conservazione della natura, l’uso delle risorse e la suddivisione dei benefici. In particolare, questo approccio tenta di rimuovere le barriere tra l’economia umana, le aspirazioni sociali e l’ambiente naturale, ponendo fermamente l’uomo all’interno dei modelli ecosistemici”188.

Seguendo tale logica, è auspicabile (rectius, necessario) integrare specifici strumenti di conservazione e gestione (come le aree protette o i programmi di

186 Vedi Preambolo.

187 (UNEP/CBD/COP/5/23, 103-109).

188 L.M. PADOVANI, P. CARRABBA, B. DI GIOVANNI, F. MAURO, Biodiversità. Risorse per lo sviluppo, Roma, Enea, 2009, p. 68.

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conservazione di singole specie) con diverse ed ulteriori iniziative operative, al fine di affrontare in modo efficace le situazioni complesse che si presentano rispetto ad una molteplicità di interessi ed esigenze, come la dimensione ecologica (efficacia-riproducibilità delle risorse), la dimensione economica (efficienza) e quella sociale (equità), raggiungendo un equilibrio socialmente e scientificamente accettabile (quindi sostenibile) tra conservazione ed uso della biodiversità. La dinamicità di tale approccio consente di operare con maggiore flessibilità, proiettando conservazione ed uso delle risorse nel medesimo contesto ed applicando le misure d’intervento seguendo un continuum tra ambiti territoriali diversi (ad esempio, più o meno protetti).

E’ da ritenersi preferibile, inoltre, in ossequio al suesposto principio di precauzione, optare per una gestione del territorio di tipo adattativo189, di modo

tale da poter rispondere ai fisiologici elementi di incertezza presenti in ambito scientifico, garantendo comunque l’efficacia della gestione stessa (learning by

doing – metodologia dell’apprendere facendo)190.

Volgendo lo sguardo all’aspetto contenutistico, si vengono ad individuare 12 principi191, complementari ed interconnessi tra loro:

1. “Gli obiettivi della gestione del territorio, dell’acqua e delle risorse viventi sono

materia di scelta da parte della società”. Le varie categorie di stakeholders si

rapportano agli ecosistemi in modo differente a seconda delle rispettive necessità economiche, culturali192 e sociali.

189 Il fondamento della Biologia della Conservazione consiste proprio nel basare le scelte gestionali sulle conoscenze scientifiche relative alle specie e alle loro interazioni, sottoponendo poi le decisioni prese ad un attento monitoraggio al fine di valutare i reali effetti rispetto agli obiettivi prefissati inizialmente (apportando, ove necessario, le opportune modifiche).

190 AA. VV., Biodiversità. Risorse per lo sviluppo, op. cit., p. 78.

191 Per un’analisi più approfondita dei principi in parola, Aa. Vv. Biodiversità. Risorse per lo sviluppo,

cit., p. 68 ss.

192 Si sottolinea come anche la diversità culturale venga riconosciuta una componente centrale dell’approccio ecosistemico.

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2. “La gestione dovrebbe essere decentralizzata al livello appropriato più basso”. I sistemi gestionali decentralizzati conducono ad una maggiore efficienza, efficacia ed equità.

3. “Coloro che gestiscono l’ecosistema dovrebbero considerare gli effetti (attuali o

potenziali) delle loro attività su ecosistemi adiacenti e su altri ecosistemi”.

Eventuali interventi di gestione degli ecosistemi possono avere effetti sconosciuti o imprevedibili su altri ecosistemi; è perciò necessario procedere applicando il principio di precauzione.

4. “Riconoscendo i potenziali benefici derivanti dalla gestione, esiste in generale la

necessità di comprendere e gestire l’ecosistema in un contesto economico. Ogni programma di gestione degli ecosistemi dovrebbe quindi: a) ridurre quelle distorsioni di mercato che hanno effetti negativi sulla diversità biologica; b) stabilire piani di incentivi per promuovere la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica; c) internalizzare il più possibile i costi e i benefici dell’ecosistema”. La messa a disposizione di incentivi permette a coloro che

controllano la risorsa di beneficiarne, assicurando, al contempo, che coloro che generano i costi ambientali paghino.

5. “La conservazione della struttura e del funzionamento dell’ecosistema, al fine di

mantenere inalterati i servizi ambientali forniti, dovrebbe essere un obiettivo prioritario dell’approccio ecosistemico”. Il funzionamento e la resilienza di un

ecosistema dipendono, come si approfondirà oltre, dalle relazioni dinamiche interne alle specie, tra le specie, e tra le specie e il loro habitat. La conservazione e, ove necessario, il ripristino di queste interazioni è essenziale per la tutela e il mantenimento a lungo termine della biodiversità.

6. “Gli ecosistemi devono essere gestiti nei limiti del loro funzionamento”. Esistono condizioni ambientali che limitano la produttività naturale, la struttura, il funzionamento e la diversità dell’ecosistema. Queste devono essere prese in considerazione in un’ottica cautelativo-precauzionale.

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7. “L’approccio ecosistemico dovrebbe essere intrapreso su scala spaziale e

temporale appropriata”. Ad ogni obiettivo dovrebbe corrispondere un piano

d’intervento specifico limitato ed appropriato rispetto alla scala spaziale e temporale di riferimento, ovvero calibrato sulla interazione dei fattori propri dell’habitat interessato.

8. “Riconoscendo il variare delle scale temporali e gli effetti ritardati che

caratterizzano i processi ecosistemici, gli obiettivi per la gestione degli ecosistemi dovrebbero essere messi a punto su scala temporale di lungo termine”. Ciò

corrisponde alla stessa natura dei processi ecosistemici.

9. “La gestione deve riconoscere che il cambiamento è inevitabile”. Gli ecosistemi vivono, e sono quindi in continuo mutamento. La loro gestione, per adattarsi a tale circostanza, deve rispondere ad una prospettiva flessibile e adattativa.

10. “L’approccio ecosistemico deve ricercare il giusto equilibrio e l’integrazione con

la conservazione e l’uso della diversità biologica”. Come più volte ribadito, vi è la

necessità di indirizzarsi verso approcci flessibili, dove conservazione ed uso sono considerati e trattati in modo contestuale.

11. “L’approccio ecosistemico dovrebbe considerare tutte le forme di informazione

rilevanti, incluse le conoscenze scientifiche, le innovazioni e le pratiche indigene e locali”. Le informazioni disponibili rilevanti dovrebbero essere condivise con tutti

gli stakeholders, così da favorire e rendere più concreta la loro partecipazione, soprattutto nella fase di gestione.

12. “L’approccio ecosistemico dovrebbe coinvolgere tutti i settori rilevanti della

società e delle discipline scientifiche”. Molte questioni relative alla gestione della

biodiversità risultano complesse e soggette a molteplici interazioni con discipline differenti. Si rende quindi necessaria un’apertura a tutte le branche del sapere trasversalmente interessate.

Da quanto esposto emerge una constatazione in apparenza banale ma di rilievo: l’approccio ecosistemico, come qui delineato, è animato da principi (da applicare), e non da regole (da rispettare), di tal ché risulta necessario valutare all’uopo le

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modalità attuative di tutela più consone alle condizioni territoriali locali prese in considerazione193.