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2. Il diritto internazionale e comunitario

2.1. Il diritto ambientale e i suoi principi

2.1.3. Il principio di precauzione

Ultimo ad essere positivizzato nell’art. 174 del Trattato Ue (poi art. 191 TFUE) -ma apparso anch’esso sulla scena internazionale ben prima del 1992111-, il principio

precauzionale propone un modello anticipatorio in base al quale di fronte a rischi “incerti”, in situazioni nelle quali non è possibile applicare il modello preventivo -

108 Secondo A. KISS, Droit international de l’environment, Parigi, Pedone, 1989, p. 73, la prima utilizzazione di questo principio risalirebbe ad una decisione della Corte arbitrale internazionale del 1941, relativa al noto caso della fonderia di Trail, che pose le basi per l’affermazione della responsabilità degli Stati sugli effetti transfrontalieri dell’inquinamento.

109 Tra cui la direttiva 75/442 sui rifiuti.

110 G. LOMBARDI, in una relazione del 1989, sosteneva infatti che “come si è già detto per il principio di eguaglianza, l’ambiente non rappresenta più solamente un diritto o il fondamento dei diritti, quanto il modo di essere e la misura dei diritti.” G. LOMBARDI, Iniziativa economica e tutela

dell’ambiente, in C. MURGIA, L’ambiente e la sua protezione, Milano, Giuffrè, 1991, p. 257.

111 Si possono trovare tracce del principio di precauzione già nella Carta mondiale della natura promulgata dall’ONU nel 1982, nella Dichiarazione della terza Conferenza internazionale sulla protezione del Mare del Nord del 1990, e nella Dichiarazione ministeriale di Bergen sullo sviluppo sostenibile del 16 maggio 1990 che, al par. 7, stabilisce: «Al fine di raggiungere lo sviluppo sostenibile, le politiche devono essere fondate sul principio di precauzione. […] In caso di rischio di danni gravi o irreversibili, la mancanza di un’assoluta certezza scientifica non deve costituire un pretesto per rimandare l'adozione di misure per prevenire il degrado ambientale». Per una panoramica più completa, S. GRASSI, Problemi di diritto costituzionale dell’ambiente, Milano, Giuffrè, 2012, p. 96 ss.

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basato invece, si ricorda, sulla certezza scientifica- l’ordinamento giuridico è chiamato comunque a fornire adeguati strumenti di protezione o ad esprimersi in merito alla accettabilità dei connessi e possibili rischi.

Tale concetto è esplicato dal principio n. 15 della Dichiarazione di Rio, secondo cui “in caso di rischio di danno grave o irreversibile l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rinviare l’adozione di misure adeguate ed efficienti anche in rapporto ai costi, diretta a prevenire il degrado ambientale”112.

Da questa definizione si possono chiaramente individuare gli elementi fondamentali del principio de quo: l’effettiva presenza di un rischio grave (“minaccia di un danno serio o irreversibile”); la constatazione dell’incertezza scientifica circa l’esatta determinazione del rischio; il riconoscimento che detta incertezza non può ritardare un intervento attraverso adeguate misure precauzionali.

Molteplici risultano essere le fonti comunitarie ed internazionali che attingono al principio in esame: trattasi di convenzioni sui cambiamenti climatici e sulla biodiversità, decisioni arbitrali113 e, ancora, numerose determinazioni del WTO114.

L’importanza del principio e l’eterogeneità degli atti sovranazionali in cui lo stesso trova esplicita enunciazione, non hanno tuttavia convinto una parte –minoritaria- della dottrina circa l’autonomia concettuale dello stesso e, addirittura, circa la sua rilevanza quale consuetudine di diritto internazionale.

In particolare, sono stati sollevati dubbi circa l’autonomia dell’approccio precauzionale rispetto a quello preventivo115, rilevando come il criterio cautelare

nella valutazione delle evidenze scientifiche sia semplicemente una regola

112 A. CROSETTI, R. FERRARA, F. FRACCHIA, N. OLIVETTI RASON, Diritto, cit., p. 33.

113 Si può ricordare la pronuncia dell’International Tribunal for the Law of the Sea, Southern Bluefin

Tuna Cases, 27 agosto 1999.

114 Vedi F. BRUNO, Il principio di precauzione tra diritto dell’Unione europea e Wto, in Dir. giur. Agr., 2000, p. 569 ss.

115 Secondo P. DELL’ANNO, Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano, Giuffrè, 2004, p. 80, il principio di precauzione costituisce in realtà una mera funzione del principio dell’azione preventiva.

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“procedimentale” concernente il percorso di valutazione preventiva dei rischi ambientali riconducibile all’applicazione del principio di prevenzione.

Si ritiene, tuttavia, di dover optare per la tesi dell’autonomia del principio in commento116: mentre, infatti, il principio di prevenzione implica un intervento di

fronte ad un rischio certo nella sua esistenza e nella sua portata, il principio di precauzione richiede l’adozione di adeguate misure di protezione innanzi ad un rischio ambientale che risulta, al contrario, non del tutto acclarato, bensì potenziale117.

Si può infatti affermare che il concetto di “precauzione” scaturisce essenzialmente dalla consapevolezza di tre dati:

– l’individuazione e la soluzione della maggior parte dei problemi ambientali sono inevitabilmente gravate da condizioni di incertezza;

– molto spesso la comunità scientifica non è in grado di esprimere opinioni concordi in ordine al funzionamento e al mutamento degli equilibri ecologici (cognizione che risalta ancor di più alla luce delle evidenze ecologiche che, come si approfondirà nel capitolo III, dimostrano come l’ambiente-sistema funzioni sulla base di meccanismi relazionali tra fattori biotici e abiotici non lineari, che sfuggono all’uomo e che, di conseguenza, arrivano a rendere difficoltosa perfino la stessa previsione delle possibili conseguenze di un danno ambientale);

– è necessario garantire la primarietà del valore “ambiente”, che deve essere tutelato cautelarmente anche in assenza di evidenze scientificamente acclarate. A ben vedere, quindi, l’approccio precauzionale comporta non soltanto l’anticipazione potenzialmente illimitata della soglia di intervento dell’azione preventiva, ma anche la presa di decisioni di tutela ambientale abitualmente in

116 D. PORENA, La protezione dell’ambiente, cit., p. 99.

117 G. F. FERRARI, Biotecnologie e diritto costituzionale, in R. FERRARA, I.M. MARINO (a cura di), Gli

organismi geneticamente modificati. Sicurezza alimentare e tutela dell’ambiente, Padova, Cedam,

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condizioni di incertezza118, sulla base delle conoscenze scientifiche e tecniche al

momento disponibili.

Una tale considerazione dell’incertezza scientifica comporta, proseguendo nell’analisi, una vera e propria inversione dell’onere della prova dal momento che la dimostrazione dell’esistenza o meno di un nesso causale tra l’attività umana e il danno ambientale non spetta ex post ai danneggiati, ma ex ante ai produttori del possibile danno119: per evitare di dover adottare misure preventive o correttive è

infatti necessario dimostrare che le attività interessate non rischiano di danneggiare l’ambiente.

Quanto all’ordinamento comunitario, il principio in esame è presente sia nella giurisprudenza120 -che, spesso altalenante121, sovente lo ha utilizzato senza

menzionarlo espressamente- che nel diritto derivato, trovando un importante richiamo nella Comunicazione della Commissione del 2 febbraio del 2000122: pur

non essendo giuridicamente vincolante, tale Comunicazione traccia le principali linee guida per l’applicazione del principio, evidenziando la necessità di una sua procedimentalizzazione (in particolare per quanto riguarda la fondamentale -e irrinunciabile- fase di valutazione del rischio) e affermando che il principio in oggetto può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere risvolti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza.

118 “Il principio precauzionale non è neutrale nei confronti dell’incertezza, ma ha un preciso orientamento a favore della sicurezza”. Così, M. TALLACHINI, F. TERRAGNI, Le biotecnologie: aspetti etici,

sociali e ambientali, Milano, Bruno Mondadori, 2003, p. 59.

119 Ciò comporta conseguenze sia di ordine temporale (l’attività dovrà essere sospesa per il tempo necessario a dimostrare scientificamente l’assenza di nocività), che di ordine economico (i costi per le analisi scientifiche e leperizie non ricadranno sui danneggiati, ma sui potenziali inquinatori). D. AMIRANTE, Diritto ambientale e comparato. Principi, Napoli, Jovene, 2003, p. 40.

120 In giurisprudenza è stato legittimato sia in relazione a misure di polizia sanitaria (vd. l’eclatante caso della mucca pazza), sia riguardo alla protezione della natura.

121 Ad esempio, la giurisprudenza relativa all’esposizione alle onde elettromagnetiche e alle distanze di rispetto dai ripetitori per le telecomunicazioni (Tar Veneto ordinanza 29.7.1999 contra Tribunale di Piacenza, 1998).

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Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, il principio di precauzione, che si rinviene in primis nella giurisprudenza, comincia a farsi strada anche nella fase ascendente, guidando il legislatore, come dimostra il caso della normativa in materia di elettrosmog123, il cui rigore –soprattutto per quanto riguarda

l’apposizione di limiti e vincoli- deriva chiaramente da un approccio di carattere precauzionale.

Si vuole accennare, da ultimo, all’importante dibattito che il principio di precauzione ha riacceso, concernente il rapporto tra diritto e scienze esatte124: il

principio de quo va inteso come un momento di progresso ed innovazione per il diritto dell’ambiente e per la scienza giuridica in generale, in quanto consente di riconsiderare sotto una diversa luce le problematiche legate al ruolo della scienza e della tecnica nei processi decisionali.