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I. 3 “Nuovo cinema sardo”: film, registi, storie di Sardegna

III.3 Il film

III.3.6 Dire, riferire, raccontare

Un’altra tendenza della lingua delle voci narranti de Il figlio di Bakunìn è il ricorso al discorso diretto per riferire le parole altrui175: diffusissima nel

romanzo176, nel film diminuisce notevolmente grazie al potere icastico delle

immagini. Ciò che nel libro è detto, raccontato, riferito, nel film prende forma, diventa suono, movimento, azione.

Scrive Lavinio:

La citazione, l’uso della parola altrui o propria prodotta (o producibile) in una situazione enunciativa differente da quella primaria, entro la quale essa risulta incastonata, è […] un fenomeno pervasivo in ogni uso linguistico. […] interi messaggi sono oggetto di citazione, riportati con differenti modalità grammaticali, e tra quella del discorso diretto (DD) e del discorso indiretto (DI) si insinua anche la possibilità dell’indiretto libero (DIL).177

Nel caso del romanzo di Atzeni, i narratori-testimoni non ricorrono mai all’indiretto libero per riportare le parole proprie o altrui, ma utilizzano

174 Osservato da SORNICOLA (1981; 1982: 83-4); SABATINI (1985); BERRUTO (1987), il che polivalente è

già attestato nell’italiano letterario antico. Si veda, inoltre, la scheda curata da FIORENTINO (2010) per l’Enciclopedia dell’Italiano.

175 LAVINIO (1995:23).

176 Ne troviamo almeno un esempio in tutti i capitoli, fatta eccezione per i capp. II, IV, VII, VIII, X, XI,

XIII, XVI, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXVI, XXVII, XXVIII, XXXI, XXXII, sia per la loro breve estensione che per il registro formale che caratterizza alcune testimonianze (XX) o parte di esse (XXXI).

177 LAVINIO (1996:300-301). Nel parlato si usano maggiormente il DD e il DI, mentre si registra una

minore frequenza del DIL, nonostante MORTARA GARAVELLI (1995) abbia ricordato la presenza di

alternativamente il discorso diretto e il discorso indiretto. Abbiamo scelto di analizzare solo gli esempi della prima tipologia, tratti dalle testimonianze:

Madre: Mi ha detto/ “Tutti mi hanno dimenticato/ anche gli amici anche le donne”// Uomo: E io gli dicevo/ “no no no”//

Dolores Murtas: “Vado da Bakunìn a farmi un paio di scarpe nuove”/ dicevano// Angelina: Diceva/ “vedrai che ci guadagno”//

Ho pensato/ “se mi dice/ voglio fare l’amore con te/ dico sì”//

Uomo politico: E quando torni dicono/ “Ha ucciso un drago”/ “ha giocato nel Benfica” o “a Stoccarda aveva quattro donne”//

Locci: Ha detto/ “non ho notizie”//

Operatore proiezionista: “A fin di bene” dicono gli altri/ “anche nel suo interesse” dico io//

La testa del discorso riportato è sempre il verbo dire; fare è usato da Angelina per introdurre la battuta che sarà pronunciata da Tullio (Angelina: «come se aveva letto nel pensiero mi fa» / Tullio: «Mi offri un bicchier d’acqua?»). Il verbo raccontare non ricorre mai con questa funzione, e nel romanzo è impiegato spesso come testa del discorso indiretto: «raccontano che un lavorante ussanese […] ha tentato di mettere spalle a terra la maggiore delle figlie del padrone» (FB, 23); «raccontavano che aveva inghiottito un pugno di chiodi a tre punte che gli avevano bucato lo stomaco» (FB, 27); «Altri raccontavano che al contrario era nata una passione» (FB, 30); «Altri raccontavano che si era fatta suora dopo aver abortito un figlio di un bracciante che non era suo marito» (FB, 31); «Raccontavano che faceva parte di una famosa pattuglia di guastatori, assieme a certi americani e napoletani, che ai nazi gliene avevano combinate quante Bertoldo in Francia» (FB, 64).

La riflessione sulla difficoltà di raccontare seguendo un filo logico assolve la funzione di commento metanarrativo: i narratori tentano di giustificare la mancanza di informazioni su Tullio Saba e l’impossibilità di reperirle facendo ricorso alla memoria. La capacità di raccontare e di ricordare, inscindibili e complementari, sono assimilate a una matassa di fili difficile da districare, o a un corso d’acqua da cui si snodano rivoli e rivoletti che conducono la narrazione verso foci impreviste. Ma in

queste domande rivolte all’interlocutore si intuisce, nascosta tra le righe, la figura dell’autore: attraverso i riferimenti all’Unione sarda, quotidiano con il quale Atzeni ha condotto una intensa e proficua collaborazione, e al libro che dovrà accogliere le testimonianze, lo scrittore rivela il gioco della metafinzione.

Romanzo Film

I. Non conosco tutte le vicissitudini, e anche se le conoscessi … Ho un modo di raccontare disordinato, dispersivo, attorciglio tutti i fili … (p. 11)

V. A raccontare mi perdo in rivoli e rivoletti (p. 26)

VIII. Ricordo, ma la mia memoria ormai gira disordinata. (p. 31)

XIX. Quello che dico sarà scritto su un giornale? Su un libro? Allora mi ascolti bene … (p. 86)

XXX. Se poi racconto qualcosa finisco sulle pagine dell’Unione? In questo caso non racconto nulla. (p. 108)

1. Non conosco tutta la storia di Tullio e anche se la conoscessi// io poi non so raccontare/ attorciglio tutti i fili//

27. Guarda che se/ devo finire sulle pagine dell’Unione Sarda non ti racconto niente//

I testimoni si rivolgono al “ragazzo con l’orecchino” (l’interlocutore fittizio), il cui coinvolgimento nel film ha un peso minore rispetto a quello riservatogli nel romanzo, dove si compie la fusione interlocutore-lettore178.

178 Si veda lo schema proposto da SEGRE (1985) per la comunicazione letteraria mimetica: IO emittente

IO personaggio → EGLI narrato → TU personaggio

↓ TU destinatario

dove l’IO emittente coincide con l’autore che di volta in volta si identifica con un narratore interno alla storia (IO personaggio), il quale «non si rivolge a un interlocutore, magari silente, posto sul suo stesso piano, quello della finzione, ma bensì al destinatario dell’opera» (SEGRE 1985: 21).

I fatismi, che «sottolineano il legame tra gli interlocutori»179, sono numerosi

nel romanzo e riflettono lo stile dei parlanti, nonché il coinvolgimento emotivo e il grado di confidenza e di empatia con il destinatario. Ne riportiamo alcuni esempi tratti dal romanzo e dal film:

Romanzo (capitoli) Film (testimoni)

I. Te ne ho mai parlato? Vuoi che ti racconti la sua storia? Il nostro incontro? Sei curioso di me … Tuo padre non mi ha mai chiesto nulla … Ma tu sei più geloso si lui …[…] Vai a Guspini […] E scoprirai quel che resta di un uomo (pp. 11-12)

VI. Per farti capire la differenza (p. 23)

XX. Poi c’era l’uomo che le interessa… Come forse lei sa (p. 72)

XXI. Non se ne abbia male, se viene di laggiù; Mi limito a fornirle due particolari (pp. 78-80)

XXII. Quello che dico sarà scritto sul giornale? Su un libro? Allora mi ascolti bene (p. 86)

XXIII. Ma cosa fa ancora sulla porta? Entri, le preparo il caffè (p. 87)

XXIV. Sai quante volte l’ho raccontata? (p. 99)

XXV. Quel comunista? Se n’è parlato fin troppo quand’era vivo e tu vuoi disseppellirlo? Lascia perdere, vattene. (…) Edvige, un giornalista comunista con l’orecchino vuole chiederti notizie di Tullio Saba. (…) Hai sentito? (…) Non hai sentito? E a me? (…) Vai via. Ringrazia che sono una persona educata, altrimenti ti prenderei a calci nel culo. E togliti quell’orecchino, finocchio! (p. 100)

1. Ma tu sei più geloso di lui / sei più curioso// vai a Guspini//

10. Chiedi ad altri//

13. Non se ne abbia a male//

21. Quel comunista? Se n’è parlato fin troppo quand’era vivo e tu vuoi disseppellirlo? Lascia perdere/ vattene! (…) Edvige/ un giornalista comunista con l’orecchino vuole chiederti notizie di Tullio Saba. (…) Hai sentito? (…) Non hai sentito? E a me? (…) Vai via// Ringrazia che sono una persona educata/ altrimenti ti prenderei a calci nel culo// E togliti quell’orecchino/ finocchio!

XXVIII. Mi creda. Parola di carabiniere. E non ascolti chi dice che i carabinieri sono tonti. (p. 104)

XXIX. Ti racconto un episodio che illustra il clima: hai presente il palazzo dell’INA? (…) anche tu se non sbaglio hai comprato una casa da lei, no? (…) Comunque, dalle domande che fai, posso dire che hai proprio smesso d’essere comunista. E perché ora hai quell’orecchino? (p. 107)

XXX. Ma tu, così giovane, perché vai in giro a tirare fuori storie dimenticate? (…) O sei giornalista? Non ti ho mai visto alla televisione. (…) Sei strano. Te l’hanno mai detto? Se poi racconto qualcosa, finisco sulle pagine dell’Unione? (…) Vabbè, mi sembri un po’ matto, (…). Te la racconto. (p. 108) / Perché mi fai raccontare questa storia? Non voglio. (p. 113)

XXXI. T’hanno detto che è morto a Cagliari? In una casa de Su Brugu? Balle! E chi te l’ha detto? Una donna… […] Sei tu. Perché impallidisci? Non te l’aveva mai detto nessuno, prima d’ora? (p. 118)

28. Ma tu così giovane perché vai in giro a cercare storie del passato?// Avessi io la tua età non starei certo a indagare sui morti// o sei forse un giornalista della televisione?// No/ con l’orecchino// Guarda che se/ devo finire sulle pagine dell’Unione Sarda non ti racconto niente//

26. Ti hanno detto che è morto a Cagliari?/ in una casa de su Brugu?// Balle!/ E chi te l’ha detto?// Una donna!// Vai su/ al terzo piano/ da Assunta/ la nostra memoria storica//

Alcuni testimoni trattano il ragazzo con familiarità e affetto, specialmente le donne che approfittano della “visita” per confidarsi e rievocare episodi e stati d’animo che non avevano mai raccontato a nessun uomo. Gli uomini sono più diretti, alcuni addirittura offensivi e minacciosi (Locci), altri distaccati e formali (il giudice e il direttore). L’interazione con il narratario – che nel film non è mai inquadrato - è sfruttata nel film per creare un legame con lo spettatore