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I. 3 “Nuovo cinema sardo”: film, registi, storie di Sardegna

III.3 Il film

III.3.2 Analisi di tre testimonianze

III.3.2.2 L’amante di Tullio

La lunga sequenza incentrata sulla storia d’amore tra Tullio e la ragazza di Carbonia, Angelina, si apre con un filmato d’epoca che mostra l’inaugurazione della città, avvenuta il 18 dicembre 1938: una folla di decine di migliaia di persone acclama il Duce sulla piazza principale. Dal bianco e nero si passa al colore, dalla Storia si torna alla fiction: tre uomini cantano una canzone in sardo sulle note di Non potho reposare64. Le parole sono riprese dal capitolo dedicato alla testimonianza

della donna:

Oe no amos ne naves ne portos, ne arsenale che prima vattos. Ai, cantos feridos, cantos mortos, cantos isperdidos, cantos mutilados. Custa fit s’allegria, sos cunfortos ch’isperaian sos soldato nostros...65 (FB, 36)

FB, 36-37

rappresenta sia una marca di oralità che una progressiva attenuazione del tono paternalistico della critica mossa all’orecchino.

64 Composta da Salvatore “Badore” Sini nel 1926, la popolare canzone era originariamente intitolata A Diosa.

65 Non siamo riusciti a risalire all’autore né all’origine della canzone o del poema, che potrebbe

Era una canzone lunga, parlava di tempi lontani, di gente che si chiamava Tiberio, Costantino, imperatori, ma era come se parlava dell’Italia, del Duce, della guerra d’Africa, di quello che succedeva in quegli anni. Molte camicie nere erano continentali e non capivano le parole. I sardi capivano ma non potevano proibire la canzone […] proprio ai minatori di Carbonia lo dovevi impedire? Era allusiva.

[…]

Tullio lo riconoscevo sempre, anche da lontano. Me lo mangiavo con gli occhi. Mi mangiava con gli occhi.

Sceneggiatura, s. 38 Film, undicesimo testimone; minn. 23:42-

24:28 Angelina Voce Off testimonianza

Era una canzone che parlava di tempi lontani di gente che si chiamava Tiberio, Costantino, imperatori, eroi, ma era come se parlava dell’Italia del Duce, della guerra d’Africa. Molte camicie nere erano continentali e non capivano le parole. I sardi che capivano ma non potevano proibire le canzoni: allora parlavano di Roma fatale, dei colli d’Impero… Era una canzone allusiva. Tullio lo riconoscevo sempre, anche da lontano. Aveva un cappottino nero consumato, sempre lo stesso. Addosso a lui sembrava il mantello di un principe. Me lo mangiavo con gli occhi. Mi mangiava con gli occhi.

Era una canzone d’amore alla moda/ quei ragazzi avevano cambiato le parole// parlava di tempi lontani ma era come se parlava dell’Italia del Duce// le camicie nere erano quasi tutti continentali e non capivano le parole/ non potevano certo proibire la canzone//

Tullio lo riconoscevo sempre/ anche da lontano// me lo mangiavo con gli occhi// mi mangiava con gli occhi//

La donna riconosce che la melodia è la stessa di No potho reposare ma il testo non coincide con quello della famosa canzone d’amore – questo particolare è aggiunto nel film - perché «quei ragazzi avevano cambiato le parole», per continuare a cantarla senza farsi capire dalle camicie nere che «erano quasi tutti continentali». L’accento è posto sull’impossibilità di proibire la canzone perché non la capivano non perché non volessero proibirla. «Era allusiva» - aggettivo successivamente omesso nel film - perché accomunava la situazione di quegli anni, sotto il regime fascista, a quello dei tempi lontani, quando gli imperatori seminavano morte e distruzione nella stessa misura in cui il Duce ordinava repressione e censura.

Abbiamo sottolineato le parti del romanzo e della sceneggiatura che non sono confluite nella battuta filmica, che di conseguenza risulta più asciutta e vicina al parlato spontaneo. L’indicativo pro congiuntivo nella comparativa – come se parlava dell’Italia del Duce – e la dislocazione a sinistra – Tullio lo riconoscevo sempre – rimangono inalterati nei tre testi.

Il IX capitolo del romanzo è quasi completamente trasposto nella pellicola e si sviluppa su due direttrici temporali:

- presente: racconto della donna, ormai anziana, nel salotto di casa sua; - passato: ricostruzione della storia d’amore a Carbonia, fine anni Trenta.

La narrazione, in voce off, si sovrappone alle immagini di repertorio di Carbonia alla fine degli anni Trenta:

FB, 33

Io e mio marito Ottavio siamo arrivati a Carbonia tre mesi prima del giorno che è venuto il Duce a inaugurare la città. Ottavio diceva «I pionieri saranno premiati» e infatti lui a Bacu Abis era nella squadra di quelli che facevano brillare le mine, lavoro pericoloso, e a Carbonia è passato guardiano. Cioè, è uscito dal pozzo e ha avuto il doppio della paga. Ottavio era imbrancato con le camicie nere, non perché aveva un ideale, non aveva altro ideale oltre il vino e il soldo, ma perché era furbo, diceva «Vedrai che ci guadagno», e ci ha guadagnato. Io invece ci ho perduto […].

Sceneggiatura, s. 33 Film, undicesimo testimone; minn. 24:34 –

25:17 Angelina Voce off testimonianza

Io e mio marito Ottavio siamo arrivati a Carbonia tre mesi dopo che è venuto il Duce a inaugurare la città. Ottavio era imbrancato con le camicie nere, non perché aveva un ideale, non aveva altro ideale oltre il soldo e il vino, ma perché era furbo, diceva “vedrai che ci guadagno”. E ci ha guadagnato…

A Bacu Abis era nella squadra di quelli che facevano brillare le mine, lavoro pericoloso, e a Carbonia è passato guardiano. (rivolta alla

donna bruna) Stella adesso lasciaci soli.

Allora, cioè, mio marito è uscito dal pozzo e ha avuto il doppio della paga. Io invece nel cambio ci ho perduto…

Io e mio marito Ottavio siamo arrivati a Carbonia un anno dopo che è arrivato il Duce a inaugurare la città// Ottavio era imbrancato con le camicie nere// non perché aveva un ideale/ non aveva altro ideale oltre il soldo e il vino// perché era furbo/ diceva “vedrai che ci guadagno”/ e c’ha guadagnato// a Bacu Abis era nella squadra di quelli che facevano brillare le mine / lavoro pericoloso/ e a Carbonia è passato guardiano// (rivolta a una ragazza) eh Stella/ adesso lasciaci soli// allora/ mio marito è uscito dal pozzo e ha avuto il doppio della paga/ io invece nel cambio c’ho perduto// a Bacu Abis conoscevo tutti/ a Carbonia ero sola//

A parte la ripetizione del verbo arrivare (siamo arrivati/è arrivato), la soppressione di cioè – impiegato nel romanzo con funzione esplicativa – e la pausa vocalizzata eh, la battuta filmica è identica a quella del copione.

Il verbo imbrancare è usato con valore intransitivo, in senso figurato, ma senza il pronome riflessivo: «Ottavio era imbrancato con le camicie nere» significa che si era unito ai fascisti. Il verbo è connotato negativamente; l’immagine che

veicola è quella di un branco di animali selvaggi e sbandati più che di un gruppo di persone che scelgono liberamente cosa fare e in quale direzione andare. La donna, di chiara provenienza sulcitana o comunque campidanese66, pronuncia Abis – di

Bacu Abis - con vocale paragogica: ['abizi].

La frase attribuita al Duce, «i pionieri saranno premiati», è ripetuta da Ottavio nella scena successiva.

FB, 38-39

Io avevo diciott’anni.

A vedermi ora non si direbbe, ma a quel tempo per strada gli uomini mi guardavano con gli occhi accesi. Se ero sola mi fischiavano dietro. I più sfacciati mi venivano vicini, e mi dicevano frasi a doppio senso. Ma non davo confidenza a nessuno, non conoscevo nessuno, non potevo parlare con nessuno. Ottavio non voleva. I mariti si eccitavano, guardandomi, e sapevo che poi si sfogavano con le loro mogli pensando a me. […]

Tullio aveva una bella voce, tipo Beniamino Gigli, non so perché non andava alle feste di nozze a cantare, invece di fare il minatore. […]

Ogni sera sentivo le voci, mi affacciavo ad aspettare. Avevo la camicia da notte un po' slacciata. Quando passavano sotto la finestra sporgevo il seno, ché ne potevano vedere un po', bianco di luna. Una notte ho pensato «Ora salto dalla finestra, prendo Tullio e lo bacio». Non l'ho fatto. Ma, come se aveva sentito il pensiero, la sera dopo sento una voce sola, un canto a mezzavoce, Tullio torna appena uscito di miniera. Era febbraio, era buio. Il cuore ha cominciato a battere che mi toglieva il fiato. Mi affaccio. Lui era al principio della salita, piccolo, solo. Ho sentito che anche lui guardava. Quasi senza pensarci mi slaccio la vestaglia più del solito, che poteva vedere le mammelle tutte intere.

Bianche come latte, i capezzoli neri.

Arriva sotto la finestra, si ferma e dice «Buonasera». Voce dolce di bambino. Dico «Quanti anni hai?». «Sedici».

«Niente amici stasera?» dico, così per dire, per parlare. E lui risponde «Non avevo voglia di fermarmi all’osteria, oggi».

Ho pensato, se mi dice voglio fare l’amore con te, dico sì. Come se mi ha sentito fa «Mi offri un bicchier d’acqua?».

66 Tra i tratti fonetici facilmente riconoscibili, troviamo la metafonesi e il raddoppiamento

«Sì» rispondo «sali». Mentre saliva i sei gradini che portavano alla porta di casa, sono corsa ad aprire, così com’ero, con la camicia da notte slacciata.

Non so cos’avevo, non mi sono mai più sentita così, mai in tutta la mia vita. Mi sembrava di camminare sul morbido, su una nuvola. Come se volavo. […]

Da quel giorno come usciva di miniera correva da me, per lui ero vino e osteria, cena e pane, ero tutto. Mai nessuno mi aveva considerata come lui, prima, e mai nessuno mi ha più considerata così, dopo. Come un gioiello, come un cucciolo, come un fiore.

Sceneggiatura, ss. 36-37; 39-43 Film, undicesimo testimone; minn. 26:28- 30:40

Angelina testimonianza

Io avevo diciott’anni. A vedermi ora non si direbbe, ma a quel tempo per strada gli uomini mi guardavano con occhi accesi…

(Voce off)

Se ero sola mi fischiavano dietro. I più sfacciati mi venivano vicini e mi dicevano frasi a doppio senso. Ma non davo confidenza a nessuno. Ottavio non voleva. I mariti si eccitavano, guardandomi e sapevo che poi si sfogavano con le mogli pensando a me. Quei tre ragazzi ritornavano al primo buio, quando Ottavio non aveva neppure cominciato a bere all’osteria. Anche loro tornavano un po’ brilli.

(in campo)

Poi una sera sento una sola voce che sale

cantando: era Tullio.

(voce off)

Il cuore ha cominciato a battermi che mi toglieva il fiato. Mi affaccio. Ho sentito che anche lui mi guardava. Quasi senza pensarci mi slaccio ancora di più la vestaglia, che poteva vedere le mammelle tutte intere. Bianche come latte, i capezzoli neri.

Tullio: Buonasera.

Angelina: Niente amici stasera?

Tullio: Non avevo voglia di fermarmi all’osteria oggi.

Angelina: Hai una bella voce, tipo Beniamino Gigli, non so perché non vai alle feste di nozze a cantare invece di fare il minatore?

(voce off testimonianza)

Ho pensato: se mi dice voglio fare l’amore con te, dico sì. Come se mi ha sentito nel pensiero, mi fa…

Tullio: Mi offri un bicchier d’acqua?

Angelina: No, no… non puoi… Cosa mi stai facendo..

(testimonianza)

Dicevo no perché si deve dire no ma era come dire sì, più delle parole conta il tono della voce. Non so cos’avevo non mi sono mai più sentita così, mai più in tutta la vita. Mi sembrava di camminare su un nuvola, come se volavo.

(voce off)

Da quel giorno come usciva di miniera correva da me, per lui ero vino e osteria, cena e pane, ero tutto. Mai nessuno mi aveva considerata come lui, prima, e mai nessuno mi ha più considerata così, dopo. Come un gioiello, come un cucciolo, come un fiore

Avevo vent’anni// a vedermi ora non si direbbe/ ma a quel tempo per strada gli uomini mi guardavano con occhi accesi/ se ero sola mi fischiavano dietro// i più sfacciati mi venivano vicini e mi dicevano frasi a doppio senso/ ma non davo confidenza a nessuno Ottavio non voleva// i mariti si eccitavano guardandomi e sapevo che poi si sfogavano con le loro mogli pensando a me//

Una sera sento una voce sola che sale

cantando// era Tullio// il cuore ha cominciato

a battere che mi toglieva il fiato// ho slacciato la vestaglia ancora di più/ che poteva vedere le mammelle tutte intere//

Tullio (smette di cantare, scende dalla bici e si

rivolge alla ragazza): Buona sera//

Angelina (sorride, in imbarazzo): Niente amici stasera?

Tullio: Non avevo voglia di andare all’osteria oggi //

Angelina: Sai/ hai una bella voce/ tipo Beniamino Gigli// perché non vai alle feste di nozze a cantare invece di fare il minatore? Testimonianza: Ho pensato “se mi dice voglio fare l’amore con te dico sì”// come se aveva letto nel pensiero mi fa//

Tullio: Mi offri un bicchier d’acqua?#

Angelina (esita a rispondere; pare spaventata,

preoccupata): Sì va bene/ sali//#

Angelina: No/ non puoi// cosa fai?

Testimonianza: Non so cos’avevo/ non mi sono mai sentita così/ mai più in tutta la vita// mi sembrava di camminare su una nuvola come se volavo// da quel giorno come usciva di miniera correva da me/ per lui ero vino e osteria cena e pane/ ero tutto/ mai nessuno mi aveva considerata così come lui prima/ e mai nessuno mi ha più considerata così dopo// ero come un cucciolo come un fiore un gioiello//

Il montaggio in parallelo assicura che la storia d’amore sia narrata su due tempi, passato e presente, che, compenetrandosi, creano un intenso coinvolgimento dello spettatore.

Le differenze del testo filmico rispetto a quello letterario sono poche e non incidono sull’intreccio né aggiungono particolari fuorvianti o slegati dalla trama originale:

- la ragazza del film ha vent’anni, non diciotto, ma la reazione che provoca negli uomini che la vedono per strada non cambia;

- il sintagma «un canto a mezzavoce» nella sceneggiatura e nel film diventa «che sale cantando»: la poeticità della locuzione originale cede a una frase relativa più colloquiale, propria dell’oralità;

- nel romanzo, la ragazza racconta di slacciarsi la vestaglia «quasi senza pensarci»; nel film, quel gesto quasi involontario è compiuto consapevolmente quando la ragazza vede Tullio; viene meno anche la suggestiva simbologia cromatica del seno - «bianco di luna»; «bianco come il latte» - contrapposta al nero dei capezzoli;

- la nominale «voce dolce di bambino» è trasfusa nella recitazione di Fausto Siddi che pronuncia il suo saluto con voce suadente;

- lo scambio di battute successivo è eliminato perché il Tullio Saba del film non è un adolescente bensì un uomo;

- nel film è aggiunto l’apprezzamento che la ragazza fa della voce di Tullio, ripreso da una frase precedente dello stesso capitolo: «Tullio aveva una bella voce, tipo Beniamino Gigli, non so perché non andava alle feste di nozze a cantare, invece di fare il minatore».

Da osservare, inoltre, il mantenimento di alcuni elementi:

- uso dell’indicativo al posto del congiuntivo: «come se mi ha sentito fa»/«come se aveva letto nel pensiero mi fa»; «non so cos’avevo» – uguale nel film; «come se volavo» – mantenuta nel film;

- niente/tipo: Sabatini ha annoverato l’uso di niente con funzione di aggettivo tra gli elementi tipici dell’italiano “dell’uso medio”67; in questo contesto, tipo

svolge la funzione di preposizione che lega due costruzioni «che instaurano una analogia comparativa approssimativa tra due elementi»68;

- concordanza di genere del participio passato con il complemento oggetto: «mai nessuno mi aveva considerata come lui, prima, e mai nessuno mi ha più considerata così, dopo»: la frase è mantenuta identica nel film.

Nell’ultima parte del racconto, si apprende che la madre di Tullio è morta e lui implora l’amante di seguirlo lontano da Carbonia:

FB, 40

Una sera torna Tullio, pallido come un morto, dice: «Vieni via da qui. Mia madre è morta. Ho trovato lavoro a Montevecchio. Vieni a stare da me. Ho una casa. Vivremo come marito e moglie. Portati dietro i figli di quell’uomo. Vieni».

Abbiamo fatto l’amore. È stato molto bello, più di tutte le altre volte messe insieme. Perché sapevo che era l’ultima volta, che non partivo con lui. Non avevo il coraggio di seguirlo. Ottavio mi avrebbe cercato, i suoi amici mi avrebbero cercato. E quando mi trovava mi uccideva. Ero sicura di questo.

Sceneggiatura, s. 45 Film, undicesimo testimone; minn. 36:07 –

37:53

Tullio: Vieni via di qui. Mia madre è morta. Vieni a stare con me, lontano da Carbonia. Ho una casa al paese. Vivremo come marito e moglie. Portati dietro i figli di quell’uomo. Vieni via con me.

(Angelina voce off testimonianza)

È stato molto bello, più di tutte le altre volte messe insieme. Perché sapevo che era l’ultima volta, perché non partivo con lui. Ottavio mi avrebbe cercato, i suoi camerati mi avrebbero cercato. E quando mi trovava mi uccideva. Ero sicura di questo…

Tullio: Mia madre è morta// vieni a stare con me lontano da Carbonia// ho una casa in paese/ vivremo come marito e moglie// portati anche i figli di quell’uomo// vieni a stare con me// Testimonianza (off): È stato molto bello/ più di tutte le altre volte messe insieme/ perché sapevo che era l’ultima volta/ che non avevo il coraggio di seguirlo// Ottavio mi avrebbe cercato/ i suoi camerati mi avrebbero cercato e quando mi trovava mi uccideva//

La scena è divisa in due parti: la prima si svolge nel passato, la seconda rivive attraverso le parole della donna, nel presente. Nella prima parte, i due amanti sono

67 SABATINI (1985: 168).

inquadrati in primissimo piano, stretti in un abbraccio sofferto; parla solo Tullio. La battuta è mantenuta molto simile al discorso diretto riportato dalla donna nella sua testimonianza, ma è omessa una frase: «Ho trovato lavoro a Montevecchio». Nel romanzo risalta il nome del villaggio minerario vicino a Guspini – la destinazione, luogo di speranza per i due che potrebbero vivere come marito e moglie – mentre nel film è posto l’accento su Carbonia, centro più grande e noto anche fuori dalla Sardegna, facilmente identificabile anche dallo spettatore non sardo.

La donna, nuovamente in campo, racconta che non ebbe il coraggio di seguirlo perché «Ottavio mi avrebbe cercato/ i suoi camerati mi avrebbero cercato e quando mi trovava mi uccideva»: gli «amici» del romanzo diventano «camerati» nel film, un sostantivo dalla precisa connotazione storica e politica, che si impregna della carica di violenza che sarebbe esplosa se la donna avesse seguito Tullio; l’imperfetto indicativo sostituisce il condizionale, come avviene sempre più di frequente nell’italiano parlato. La scena si chiude con i due amanti stesi sul letto.

La sequenza del film segue fedelmente i brani del romanzo, alcuni dei quali sono narrati dalla donna a livello intradiegetico, mentre altri sono rievocati dalle immagini. Anche le battute vengono mantenute: il IX capitolo, più che altri trasposti nel film, si può leggere come una pre-sceneggiatura, un testo del quale il regista e sceneggiatore non si è fatto sfuggire alcun dettaglio. Anche la lingua e lo stile della testimonianza originaria sono rispettati.

Le scene 44 e 45 non sono confluite nel montaggio finale.