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La Direttiva 2006/123/CE e l’ambizione di completare l’ancora frammentato mercato dei servizi.

CAPITOLO SECONDO Il diritto secondario.

2.1.1. La Direttiva 2006/123/CE e l’ambizione di completare l’ancora frammentato mercato dei servizi.

Per meglio comprendere l’impatto della Direttiva “Servizi” su tutti quei servizi che sono offerti su spazi in concessione o autorizzazione, è d’uopo porre in rilievo l’estrema importanza rivestita dal summenzionato strumento normativo per il completamento del mercato interno del terzo settore, nel contesto dell’ordinamento giuridico europeo.147Tuttavia, nonostante, da un lato, il progetto di cui tale direttiva si faceva carico potesse apparire alquanto ambizioso, sia nello scopo, sia nei metodi, dall’altro lato, è doveroso ricordare, com’è stato affermato sopra, che il diritto secondario, direttive in primis, ha spesso la funzione di evidenziare i principi già contenuti nel diritto primario148 e di codificare la giurisprudenza della Corte di Giustizia.149

Ciò nonostante, come apparirà in maniera sempre più evidente nei paragrafi seguenti, l’adozione della direttiva “Bolkestein” ha scatenato e continua a scatenare

147

La Direttiva 2006/123/CE fu pensata proprio per abbattere, attraverso una strategia orizzontale, tutte le barriere all’entrata presenti nel mercato interno dei servizi.

148

Cfr. C. Barnard, “Employment Law” (OUP, 2012), in riferimento alla direttiva 96/71/CE sul distacco dei lavoratori.

proteste da parte di tutti quei soggetti che più risultano intaccati nei propri privilegi e nelle proprie rendite di posizione. Tale situazione può e deve sembrare paradossale, proprio in virtù di quanto sopra esposto.

Se, infatti, la Direttiva 2006/123/CE non fa altro che porre l’accento su ciò che già era ed è contenuto nei Trattati e nella giurisprudenza europea, le proteste e le manifestazioni che sono state organizzate da parte, ad esempio, degli operatori balneari, invocando addirittura una deroga (sic) dall’applicazione della direttiva, essi non sembrano aver colto che, in realtà, l’obbligo imposto dalla direttiva, in capo agli Stati Membri, di introdurre procedure di selezione di tipo comparativo tra più candidati, ove il numero delle autorizzazioni si riveli scarso, non trova tanto la propria fonte nel diritto secondario, quanto, come evidenziato sopra, nelle disposizioni in materia di Libertà di Stabilimento e di Libera Prestazione di Servizi del diritto primario, e nella giurisprudenza. Pertanto, il vero discrimen tra Trattati e giurisprudenza da un lato, e Direttiva dall’altro, risiede nel fatto che quest’ultima è volta ad una chiarificazione e ad un’evidenziatura di quanto i primi già prescrivono.

La ragione di tale conflitto sembra risiedere proprio nella difficoltà, da parte dell’Unione Europea, di regolare in maniera coerente e sistematica il mercato dei servizi.150Se, infatti, la Libera Prestazione di Servizi è stata da sempre considerata come la “cenerentola” delle libertà fondamentali151è dovuto principalmente alla natura particolare dei servizi in quanto tali, ovverossia dalla natura astratta e di per sé

150

Cfr. V. Hatzopoulos, “Regulating Services in the European Union”, (OUP, 2012)

151

Cfr. F. Bolkenstein, prefazione a S. D’acunto, Direttiva Servizi (2006/123/CE): Genesi, obiettivi,

sfuggevoli ad un inquadramento sistemico. A conferma di ciò, è d’uopo precisare che, data l’enorme presenza di barriere alla Libera Circolazione delle Merci, dei Capitali e delle Persone, non sarebbe stato realistico pretendere che i servizi, proprio in quanto meno concreti e più capillarmente diffusi rispetto a beni e persone, potessero essere liberalizzati prima di beni, capitali, persone.

Nonostante quanto esposto sopra, l’economia europea si configurava, nel tempo, sempre più basata sui servizi. Come ricorda lo stesso Hatzopoulos152, il primo vero tentativo di abolizione degli ostacoli e delle restrizioni al mercato dei servizi arrivò con il “Programma Generale per l’Abolizione degli Ostacoli e delle Restrizioni alla Libera Circolazione dei Servizi”153, nel 1962. Tuttavia, tale strumento non si rivelò efficace, proprio in virtù della natura giuridicamente non-vincolante dello stesso. Infatti, esso fu adottato in seguito al c.d. “periodo di transizione” rispetto alla realizzazione del mercato interno e altro non poteva dirsi se non una sorta di lista di “disposizioni” da implementare per raggiungere il completamento del mercato unico.

L’implementazione del summenzionato programma non fu tuttavia risolutiva, visto il requisito dell’unanimità in Consiglio e del c.d. “compromesso di Lussemburgo”. Nondimeno, la maggioranza delle idee ivi contenute, fu poi inserita all’interno del “Piano di Azione per il Mercato Unico” 154 del 1997, che aveva portato al completamento del mercato interno nel 1992.155

152

Cfr. nota 167 supra.

153

Programma generale per l’abolizione delle restrizioni in materia di libera prestazione dei servizi

[1962] OJ 2/32; OJ Spec. Ed Serie II Volume IX p. 3.

154

Comunicazione della Commissione al Consiglio europeo, Piano d’Azione per il Mercato Unico, SEC (97) 1 final;

Fu quindi evidente che l’Unione Europea fosse in procinto di regolare il mercato dei servizi in maniera sistematica. Dopo un periodo in cui la Commissione aveva adottato un approccio di tipo “settoriale”156, venne preferita una modalità di tipo “orizzontale”: la prima bozza di Direttiva “Servizi”, del 2004, fu poi sostituita da quello che in seguito sarebbe diventato il testo finale della direttiva “Bolkestein”, ossia la bozza del 2006. Ciò fu dovuto, principalmente, alle numerose proteste provenienti da imprese e associazioni di imprese, le quali sostenevano che il “Principio del Paese d’Origine” (“PPO”)157avesse come conseguenza la distruzione delle PMI.

155

Il Completamento del mercato unico: Libro bianco della Commissione al Consiglio europeo (Milano, 28-29 giugno 1985), COM(85) 310, 14.6.1985;

156

Inizialmente fu preferito un approccio di tipo settoriale. Solo in un secondo momento si ritenne opportuno procedere con uno strumento normativo di tipo orizzontale, volto all’eliminazione di tutte le barriere che ancora intrappolavano il mercato dei servizi in quanto tale.

157

Il PPO consisteva nell’applicare la legge del Paese d’origine ai prestatori di servizi che avrebbero esercitato la loro libertà di movimento da uno Stato A ad uno Stato B. Il fatto che gli Stati membri avrebbero dovuto rinunciare a normare le summenzionate attività economiche contribuì al sorgere di numerose proteste, specialmente da parte di associazioni sindacali e associazioni di imprese. I principali timori erano dovuti al rischio eventuale di dumping sociale e concorrenza sleale (sic). In Francia, ad esempio, fu sostenuto che gli idraulici polacchi avrebbero invaso il mercato francese costringendo i loro colleghi francesi ad abbandonare la loro attività. In Italia, invece, ci sono stati e, ancora permangono, timori riguardanti l’introduzione di procedure selettive ex art. 12 della Direttiva “Servizi” nell’assegnazione delle concessioni demaniali turistico-ricreative. Secondo le associazioni di categoria, infatti, i prestatori di servizi italiani vedrebbero meno la loro certezza con il rischio che operatori “stranieri” vincano la procedura e gestiscano le attività economiche che interessano le suddette aree demaniali (sic).

Una delle ragioni maggiormente indicative sulla motivazione per cui il mercato dei servizi si sia sviluppato in maniera così frammentata e asistematica, è dovuta al fatto che la Commissione iniziò a regolare i servizi attraverso strumenti normativi di natura settoriale.158 Ciò fu senz’altro giustificato dal fatto per cui la Commissione era inizialmente interessata, per quanto atteneva al mercato dei servizi, a una gamma alquanto ristretta di obiettivi. Solo in un momento successivo l’importanza del terzo settore divenne sempre più evidente.

Di conseguenza, si ritenne via via necessaria l’adozione di un approccio di tipo orizzontale.159 Se quindi, da un lato, un’azione di tal natura si rendeva sempre più necessaria, dall’altro, una tale modalità di regolamentazione avrebbe paradossalmente comportato che il campo applicativo si sarebbe rivelato più ristretto del previsto. In aggiunta, se, da un lato, era sempre più urgente l’adozione di uno strumento legislativo capace di investire tutte le varie e complesse tipologie di barriere esistenti nel mercato dei servizi, dall’altro lato, l’Unione Europea non riusciva, come poi dimostrò la travagliata genesi della direttiva “Bolkestein”, ad approcciarsi in maniera efficace alla regolazione dei servizi. Va altresì detto che difficilmente si potrà definire la Direttiva 2006/123/CE come propriamente orizzontale; ciò in virtù delle numerose deroghe ed eccezioni che furono poi inserite nel testo finale.

158

Cfr., inter alia, il settore dei trasporti, dei servizi finanziari e dei servizi a rete, tra i primissimi settori ad essere regolati dal diritto europeo.

159

Prima di arrivare all’adozione della Direttiva “Servizi”, si consideri il principio del mutuo riconoscimento applicato ai servizi professionali.

Per quanto attiene la seconda bozza, ad esempio, ciò che appare rimarchevole è il progressivo annacquamento dovuto alle centinaia di emendamenti approvati dal Parlamento Europeo, emendamenti che sono il frutto di un lungo e travagliato negoziato politico. Sembra pertanto il caso di affermare che la ragione principale per cui la proposta originaria fu accantonata, fu proprio l’incapacità delle istituzioni europee di persuadere gli Stati Membri, ovverossia i governi nazionali e i partiti politici, nonché l’opinione pubblica, che un mercato unico dei servizi completo e funzionante avrebbe apportato numerosi benefici.160

Allo stato dei fatti, la Direttiva “Servizi” non sembra potersi considerare come uno strumento efficace, né tantomeno efficiente, attraverso il quale aprire il mercato unico dei servizi. Si potrebbe persino sostenere che essa, viste le numerose deroghe e le numerose eccezioni, nonché la necessità da parte degli Stati Membri di adottare misure implementative che poi non vengono prontamente adottate, possa costituire una sorta di ostacolo alla Libera Prestazione dei Servizi.

Ciò che, infatti, varrebbe la pena domandarsi è il perché la Commissione ebbe bisogno di proporre una direttiva che sembra causare più problemi di quanti in realtà ci si sarebbe dovuti aspettare. In altre parole, potrebbero le disposizioni presenti nei Trattati e la casistica giurisprudenziale della Corte di Giustizia rivelarsi sufficienti per il completamento del mercato dei servizi o, in merito al caso oggetto del presente lavoro, imporre agli Stati Membri un obbligo di introdurre una procedura di selezione pubblica

160

Il presente lavoro sostiene che la Commissione avrebbe dovuto persuadere gli Stati Membri, la società civile e l’opinione pubblica che dal completamento del mercato unico dei servizi sarebbero scaturiti benefici concreti.

per scegliere tra molteplici candidati ove il numero delle autorizzazioni disponibile si riveli limitato a causa della scarsità naturale di spazi? Probabilmente, la risposta sarebbe negativa, in quanto, se è vero che la Direttiva 2006/123/CE non solo non ha apportato nulla di nuovo, ma ha anche suscitato un clamore che è stato più distruttivo che costruttivo, è altresì vero che fondare il completamento del mercato dei servizi sul diritto primario e sulla giurisprudenza solamente, avrebbe comunque richiesto dei tempi lunghi.

Si deve altresì precisare che la Direttiva “Servizi”, nella versione in vigore, non prevede più il PPO e che esso è stato sostituito con il più generico principio di Libertà di Movimento dei Servizi, principio che, come appare evidente dalle disposizioni normative del diritto primario, è già presente nei Trattati.161Di conseguenza, ciò che varrebbe la pena domandarsi è quale sia l’effettivo valore aggiunto, sempre che ce ne sia uno, della Direttiva. Se, ad esempio, la Commissione avesse continuato con un approccio di tipo settoriale, adottando direttive ad-hoc per i vari settori? Se le istituzioni europee avessero preferito l’adozione di regolamenti, che non necessitano di misure legislative di recepimento e godono di un pieno effetto diretto orizzontale? Tuttavia, le summenzionate alternative non furono ritenute adeguate162: per prima cosa, infatti, si sarebbe rivelato costoso negoziare e adottare tante direttive settoriali quanti sono i settori di servizi; inoltre, ciò sarebbe stato ancora più difficile proprio per la natura stessa dei servizi, essendo essi un segmento del mercato in costante evoluzione e

161

Cfr. art. 49 e 56 TFUE

162

Cfr. Commission Staff Working Paper Extended Impact Assessment of proposal for a directive on services in the internal market COM (2004) 2 final, SEC (2004) 21, 13.1.2004.

sviluppo; infine, i negoziati per l’adozione di più direttive settoriali o di regolamenti, avrebbe potuto richiedere troppo tempo.163A conferma che le alternative sopra esposte non avrebbero evitato i problemi che poi si sono verificati, sta il fatto che gli strumenti legislativi che rischiano di rivelarsi controversi bisognano di una forte legittimità da parte dell’opinione pubblica. Ciò proprio per evitare che il testo venga annacquato in corso di adozione. Se tale processo distruttivo del testo iniziale si è verificato con la Direttiva “Bolkestein”, avrebbe potuto a fortiori verificarsi con una serie di direttive settoriali o di regolamenti.