• Non ci sono risultati.

Servizi offerti su spazi demaniali in concessione o in autorizzazione, tra Libertà di Stabilimento e Libera Prestazione di Servizi.

67

Causa C-272/94, Guiot [1996] ECR I 1905; Causa C-496/01, Commissione c Francia [2004] ECR I 2351, par 71.

I servizi che sono offerti su spazi in concessione o in autorizzazione sono, alla luce del diritto dell’Unione Europea, delle attività economiche che sono rese da un prestatore a fronte di una remunerazione pagata da uno o più fruitori. A nulla vale invocare l’applicazione dell’art. 51 TFUE, in base al quale sono escluse dall’applicazione delle norme in materia di Libertà di Stabilimento le attività che, nello Stato in questione, partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri.68Il fatto che le attività in esame siano offerte su spazi demaniali che sono poi affidati in concessione, o secondo uno schema di autorizzazione o attraverso una licenza, non muta la loro natura di attività economiche e, quindi, di servizi.

Ne consegue che, a seconda che le summenzionate situazioni siano classificabili come Libertà di Stabilimento o come Libera Prestazione di Servizi, gli articoli 49 ss. e 56 ss. TFUE, che godono di effetto diretto verticale ed orizzontale, saranno applicabili. Come ricordato nella prima parte del presente capitolo, ai fini della valutazione volta a comprendere se i servizi che sono offerti su spazi demaniali in concessione o in autorizzazione possano essere considerati come attratti nell’orbita dell’articolo 49 TFUE piuttosto che dell’articolo 56 TFUE, occorre prendere in considerazione il criterio della temporaneità. L’ottenimento di una concessione o di una licenza o di un’autorizzazione per offrire un servizio potrebbe essere ricompreso sia all’interno della Libertà di Stabilimento, sia all’interno della Libera Prestazione di Servizi.

68

Le Associazioni di categoria degli operatori balneari italiani e non hanno sollevato, più volte, l’argomentazione secondo la quale, appunto, il rilascio di concessioni o di autorizzazioni volte all’offerta di servizi balneari potesse ricadere nell’ambito della deroga di cui all’art. 51 TFUE.

Nel primo caso, infatti, ciò potrebbe essere motivato dal fatto che non sussiste la temporaneità proprio in virtù del fatto che il soggetto o l’impresa che si appresti a richiedere una licenza o un’autorizzazione o una concessione, non solo ha come scopo quello di ottenerla per un periodo di tempo illimitato, o, perlomeno, indeterminato, ma qualora, come nel caso di specie, si tratti di una licenza, un’autorizzazione, una concessione che interessi risorse naturali scarse, ha lo scopo di riottenere, scaduto il termine, il titolo abilitativo dell’attività. Va, altresì, aggiunto che avendo il prestatore bisogno dello spazio fisico e offrendo il servizio con regolarità e continuità temporale, senza soluzione di continuità, sarebbe pressoché pacifica l’applicabilità dell’art. 49 TFUE. Da ciò ne conseguirebbe che la legge applicabile sarebbe quella dello Stato ospite.

Nel secondo caso, invece, ciò potrebbe essere motivato dal fatto che sarebbe proprio la licenza, l’autorizzazione o la concessione a conferire il carattere della temporaneità alla prestazione di servizi in questione. E che la necessità di avere uno spazio fisico non preclude, come stabilito dalla Corte in Trojani, l’applicabilità dell’art. 56 ss. TFUE, e questo proprio in virtù del fatto che quell’area è indispensabile per fornire il servizio. Ne conseguirebbe che la legge applicabile sarebbe, in maniera primaria, quella dello Stato d’origine e che lo Stato ospite potrebbe, pertanto, regolare la suddetta attività solo con l’imposizione di requisiti aggiuntivi che non violino il divieto di doppioni.

Pur essendo entrambe le argomentazioni giuridicamente corrette, la prima delle due analisi sembrerebbe la più rispondente alla realtà. Ciò non solo in virtù delle motivazioni sovraesposte, ma anche in virtù di quanto disposto dall’articolo 12 della

Direttiva 2006/123/CE, che è rubricato all’interno della parte dedicata alla Libertà di Stabilimento. Se, infatti, la direttiva summenzionata altro non fa che codificare la giurisprudenza della Corte e riempire, evidenziandoli, le disposizioni e le norme dei Trattati, in via interpretativa l’art. 12 offre una valida argomentazione a favore della prima tesi.

Va da sé, inoltre, che dovendo gli Stati prevedere una procedura di evidenza pubblica per l’aggiudicazione delle autorizzazioni o delle concessioni, qualora lo schema in questione interessi autorizzazioni limitate per via della scarsità delle risorse naturali o della capacità tecnica, la legge applicabile sarà necessariamente quella dello Stato ospite. Va però detto che la linea di demarcazione tra Libertà di Stabilimento e Libera Prestazione di Servizi è alquanto labile e che i principi generali che discendono dall’articolo 49 TFUE e dall’articolo 56 ss. TFUE sono i medesimi.

Ciò premesso, è d’uopo aggiungere che, ai fini dell’argomento ivi trattato, se è vero che è il diritto secondario, ossia la Direttiva 2006/123/CE, ad essere applicabile in quanto lex specialis, è altrettanto vero che essa, come affermato sopra e nel secondo capitolo, non fa altro che codificare la giurisprudenza della Corte di Giustizia e riempire gli articoli 49 e 56 TFUE, che sono lex superioris, evidenziandone i principi ivi contenuti o dagli stessi derivanti.

Questo fa sì che si ritiene fondamentale un’attenta disamina della Libertà di Stabilimento e della Libera Prestazione di Servizi così come disciplinate dal Trattato e interpretate dalla Corte, anche alla luce di un’ipotetica, quanto mai irrealistica, non

applicabilità della Direttiva “Servizi” alle attività di cui si tratta nel presente lavoro.69 Come emergerà, infatti, dal secondo e dal quarto capitolo, se anche la Direttiva non fosse applicabile, l’obbligo di gara deriverebbe comunque dal diritto primario così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di stabilimento e di servizi, dai principi generali e dai diritti fondamentali.

Ciò premesso, è d’uopo valutare se un servizio che sia offerto su uno spazio demaniale in concessione o in autorizzazione, con meccanismi di rinnovamento automatico e diritto d’insistenza o, comunque, senza procedura di evidenza pubblica, possa ricadere all’interno dell’articolo 49 TFUE e se, in caso di risposta affermativa, possa essere giustificato attraverso le deroghe espresse o attraverso le esigenze imperative d’interesse generale, se il principio di proporzionalità sia rispettato e se non vi siano violazioni di diritti fondamentali.

Una misura nazionale che disponga che l’area su cui una persona fisica o un’impresa possa offrire un servizio remunerato sia assegnata con diritto d’insistenza o con rinnovamento automatico o, comunque, anche solo senza una procedura di evidenza pubblica che rispetti i principi di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza e di pubblicità, nonché di concorrenza, deve essere considerata una misura direttamente discriminatoria, indirettamente discriminatoria o semplicemente una restrizione alla libertà di stabilimento?

69

Alcune associazioni di categoria hanno sostenuto e continuano a sostenere, da un lato la possibilità di non applicazione della Direttiva “Servizi” alle concessioni balneari, proprio in virtù del fatto per cui o si tratterebbe di un caso ricadente tra le maglie dell’art. 51 TFUE o perché non sussisterebbe il requisito della scarsità delle risorse naturali (sic), mentre dall’altro lato sostengono la possibilità di revisione della direttiva stessa. Sui punti, si cfr. il capitolo secondo del presente lavoro.

Stando al nuovo test applicato dalla Corte, ossia all’approccio delle restrizioni o degli ostacoli, si può ben affermare che l’assegnazione di un’area indispensabile per l’offerta di un servizio, attraverso meccanismi di rinnovo automatico, diritto d’insistenza o, comunque, anche solo senza una procedura di evidenza pubblica, costituisca una restrizione alla Libertà di Stabilimento. Infatti, non sarebbero rispettati i principi di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di pubblicità e di concorrenza.

Va detto, per completezza, che gli schemi di autorizzazione, soprattutto se non di durata illimitata, sono considerati, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, delle vere e proprie restrizioni. Essi però sono giustificati qualora il numero delle autorizzazioni sia limitato per scarsità delle risorse naturali o per capacità tecnica.70 Pertanto, l’assegnazione di autorizzazioni o di concessioni senza una procedura di evidenza pubblica risulterebbe una restrizione atta ad impedire o a rendere meno attrattiva la Libertà di Stabilimento.

Qualora, invece, si voglia argomentare a favore della non sussistenza del requisito della scarsità delle risorse naturali, l’autorizzazione o la concessione in questione verrebbe a rappresentare uno schema di autorizzazione che, a sua volta, sarebbe da considerarsi come una restrizione che, per non essere illegittima, dovrebbe essere giustificata da un’esigenza imperativa d’interesse generale ed essere non discriminatoria, oltre che essere assegnata secondo criteri che rispettino il principio di non discriminazione e di parità di trattamento.71Inoltre, sia essa considerata illegittima,

70

C. Barnard, “The Substantive Law of the EU-The Four Freedoms”, op. cit.

71

sia essa considerata legittima, darebbe luogo a situazioni che non solo risulterebbero discriminatorie, ma che violerebbero il principio di effettività del diritto europeo.

In aggiunta, anche volendo sposare un test più economico, estemporaneamente applicato dalla Corte72, si dovrebbe necessariamente concludere che il diritto nazionale, in questo caso, costituirebbe una restrizione avente un impatto significativo e fortemente distorsivo della concorrenza.

Tornando al fatto che l’assegnazione senza procedura di evidenza pubblica che rispetti i principi generali costituirebbe una restrizione ex articolo 49 TFUE, occorre valutare se, ai sensi del diritto primario, potrebbe risultare giustificata attraverso una delle deroghe espresse o una delle esigenze imperative d’interesse generale. Le deroghe espresse sono contenute all’interno dell’articolo 52 TFUE: ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. Non sembra plausibile che una delle summenzionate deroghe possa giustificare il non esperimento di una procedura di evidenza pubblica che scelga tra più candidati, quando si tratti di servizi resi su spazi demaniali in concessione o in autorizzazione. Oltre al fatto che, trattandosi di deroghe, esse devono essere interpretate in maniera restrittiva, non appaiono adeguate per fungere da eccezione ad una restrizione come quella menzionata sopra.

Si potrebbe, invece, invocare una delle esigenze imperative d’interesse generale individuate dalla Corte di Giustizia? La lista delle esigenze imperative d’interesse generale è ampia, proprio perché, a differenza delle deroghe espresse, che sono una lista chiusa, le summenzionate giustificazioni costituiscono una lista aperta nelle mani delle Corti. Tra le varie esigenze imperative d’interesse generale che potrebbero essere

72

sollevate in casi del genere, si può menzionare, ad esempio, la protezione dell’ambiente73, la promozione del turismo74, la sopravvivenza delle PMI75, il bisogno di certezza del diritto.76

Tuttavia, si può facilmente argomentare che un’assenza di gara per l’assegnazione di aree su cui un prestatore dovrebbe poi offrire un servizio non potrebbe essere giustificata da nessuna delle summenzionate esigenze imperative. La protezione dell’ambiente, ad esempio, potrebbe, invece, essere raggiunta attraverso una gara che la preveda, tra i criteri di aggiudicazione; la promozione del turismo si raggiungerebbe in maniera più efficiente attraverso l’esperimento di una gara, proprio perché essa consentirebbe di aggiudicare l’area all’offerta più vantaggiosa, e, quindi, al piano di investimenti che meglio garantirebbe l’offerta turistica; la sopravvivenza delle PMI, allo stesso modo, verrebbe massimizzata con l’introduzione di una gara, proprio perché verrebbe data la possibilità a tante PMI di partecipare alla stessa e di vincere la selezione; stessa cosa varrebbe per la certezza del diritto, che risulterebbe meglio tutelata con una normativa nazionale che riuscisse a garantire il rispetto del principio di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza e pubblicità e di concorrenza.

E’ d’uopo inoltre specificare che gli Stati Membri non possono invocare norme, prassi o situazioni prevalenti all’interno del loro ordinamento giuridico, a cominciare da

73

Causa C-17/00, De Coster [2001] ECR I 9445 paras 36 37; Cause Riunite C-151/04 e C-152/04 Nadin [2005] ECR 11203 par 52; Causa C-338/09, Yellow Cab [2010] ECR I13927 par 50.

74

Causa 338/09, Yellow Cab, par 50.

75

Causa C-464/05, Geurts c Administratie van de BTW [2007] ECR I-9325, par 26.

76

quelle risultanti dalla struttura costituzionale dello Stato, per giustificare il mancato adempimento agli obblighi derivanti dal diritto europeo.77Inoltre, si ritiene opportuno ricordare come giustificazioni di tipo economico non siano ammesse all’interno della lista aperta delle esigenze imperative d’interesse generale.

E, comunque, rimarrebbe da valutare se la misura nazionale in questione possa violare uno dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. I problemi si porrebbero soprattutto in relazione all’articolo 16, che sancisce la libera iniziativa economica, all’articolo 21, che sancisce il principio di non discriminazione, a all’articolo 41, che riconosce il diritto ad una buona amministrazione. Tuttavia, se anche fosse superato il passaggio relativo alle giustificazioni e ai diritti fondamentali, occorrerebbe assicurarsi che il principio di proporzionalità sia rispettato. Ciò risulterebbe alquanto difficile, almeno nel caso in esame nel presente lavoro.