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La ratio e i principi in materia di appalti pubblici e i servizi offerti su spazi demaniali assegnati in concessione o autorizzazione: compenetrazione e zone

CAPITOLO SECONDO Il diritto secondario.

2.2.13. La ratio e i principi in materia di appalti pubblici e i servizi offerti su spazi demaniali assegnati in concessione o autorizzazione: compenetrazione e zone

d’ombra

Una disamina così attenta della disciplina appalti potrebbe sembrare fuori luogo, giacché l’oggetto del presente lavoro verte sulla regolazione dei servizi che sono offerti su spazi demaniali in concessione o autorizzazione e, conseguentemente, sul rapporto che intercorre tra Direttiva “Servizi”403e concessioni/autorizzazioni.404Tuttavia, come

402

Cfr. art 69 della Direttiva.

403

Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, OJ L 376/36, 27.12.2006;

404

In merito alla disciplina delle concessioni, si veda al rapporto tra Direttive Appalti e concessioni; Si veda anche Commission Interpretative Communication on the Community law applicable to contract

apparirà in maniera sempre più evidente in seguito, vi sono due elementi che fanno sì che appalti pubblici e concessioni siano strettamente legati l’uno all’altro e che, per una efficace ed efficiente regolazione delle seconde, occorre un’attenta disamina dei primi.

Il primo dei due elementi ivi richiamati attiene al fatto che, mancando, fino alla recente adozione della Direttiva 2014/23/UE, in seno al diritto dell’Unione, una disciplina coordinata o armonizzata delle concessioni, proprio in virtù dell’enorme disparità dei regimi in vigore nei vari Stati Membri405, la Corte di Giustizia ha ripetutamente preso in prestito, come poi si vedrà in maniera dettagliata più avanti, i principi che più afferivano e che tuttora determinano l’ossatura della disciplina degli appalti, per sciogliere quesiti giuridici che, attraverso rinvii pregiudiziali, venivano ad essa sottoposti in materia di concessioni di servizi e di lavori pubblici; il secondo dei due elementi che va a forgiare un legame indissolubile tra appalti e concessioni è costituito proprio dalla Direttiva “Concessioni”406, la quale, pur marcando una veda, altresì, Commission interpretative Communication on Concessions Under Community Law, OJ C 121/02, 29.4.2000; Da ultimo, quale approdo normativo di un lungo percorso, si veda la recente Direttiva “Concessioni” di cui si parlerà nei prossimi paragrafi.

405

Inizialmente, la Commissione tentò di proporre sin da subito un atto giuridicamente vincolante che andasse a disciplinare le concessioni di servizi. Tuttavia, gli Stati Membri giudicarono tale opzione come troppo intrusive degli ordinamenti giuridici nazionali. La Commissione, quindi, desistette, anche in virtù del fatto che, oltre a mancare la volontà politica, il regime concessorio variava enormemente di Stato in Stato. Per una panoramica generale, si veda P. Trepte, Public Procurement in the EU: A Practitioner’s

Guide, OUP 2006.

406

A riguardo, si veda: A.S. Graells, “What need and logic for a new Directive on Concessions, particularly regarding the issue of their economic balance?” EPPPLR 2012 7(2). Per un approccio critico di chi sostiene che occorrerebbe un’unica consolidata e semplificata direttiva in materia di contratti

differenza di forma tra i due istituti407, dimostra che, a livello di principi e di ratio, vi sia una compenetrazione rilevante.

In aggiunta, come largamente sostenuto in dottrina408, la materia degli appalti pubblici costituisce una sorta di “diritto pubblico della concorrenza” proprio in virtù del fatto che, mentre la disciplina antitrust viene per lo più applicata da parte del potere pubblico per contenere quello privato, quando esso minacci o realizzi una distorsione dei mercati, la materia degli appalti, così come le quattro libertà fondamentali e come gli aiuti di Stato, si preoccupa di controllare che non sia il potere pubblico a favorire, più o meno direttamente, imprese nazionali o ad anteporre, nella scelta di colui che dovrà fornire un bene, un servizio o un lavoro, considerazioni che nulla abbiano a che fare con il mercato interno.409

L’eventuale mancanza, totale o parziale, di un’efficiente disciplina degli appalti pubblici potrebbe, a ragione, essere definita come “il costo di non-Europa”410o, in maniera molto più semplice, come una “barriera all’entrata di natura non fiscale”. In realtà, è proprio una definizione del genere che, rilevando come una “non legislazione” in materia di appalti e concessioni possa costituire una barriera all’ingresso per imprese che sono stabilite o che operano in altri Stati Membri, denuncia quanto sia importante pubblici che sia applicabile anche alle concessioni, si veda S. Arrowsmith, “Modernising the EU’s public procurement regime; a blueprint for real simplicity and flexibility”, PPLR 2012.

407

Cfr. Paragrafo successivo.

408

Cfr. C. H. Bovis, EU Public Procurement Law”, Elgar European Law, 2013

409Ibid. 410

P. Cecchini, M. Catinet, A. Jacquemin (1988) The European Challenge: 1992. The Benefits of a Single Market (Aldershot: Wildwood House).

osservare ciò che accade nel campo della legislazione in materia di appalti, anche se il fine è normare e regolare una particolare tipologia di servizi, quale quella considerata nel presente lavoro.

Se, infatti, come poi sarà evidenziato, la Corte di Giustizia ha da sempre utilizzato i principi cardine della disciplina appalti per coprire il vuoto normativo in materia di concessioni e se, proprio in vista della modernizzazione della prima, la Commissione ha, per la prima volta, presentato una proposta di direttiva, poi sfociata in un testo legislativo vero e proprio, che miri a regolamentare anche l’aggiudicazione dei contratti di concessione che superano una certa soglia di valore, appare comunque probabile411che la tipologia di servizi ivi esaminati e che, per l'appunto, sono offerti su spazi demaniali affidati in concessione o autorizzazione, rimangano esclusi dal campo di applicazione della direttiva in questione, e che, pertanto, siano relegati in quella zona “grigia” all’interno della quale occorre fare riferimento ai principi e agli obblighi derivanti dal Trattato e dalle Direttive Appalti, nonché a quell’articolo della Direttiva Servizi, ossia l’art.12, che sembra avere una vera e propria funzione di “grimaldello”.

Prima di addentrarsi in una disamina della Direttiva 2014/23/UE, appare d’uopo ivi richiamare quali siano i principi che, pur essendo propri della disciplina “appalti”, trovano una pressoché speculare applicazione anche nel campo delle concessioni: il principio di non discriminazione sulla base della nazionalità, il principio di parità di trattamento, il principio di trasparenza, il principio di proporzionalità, il principio di mutuo riconoscimento, il principio di effettività e il principio di concorrenza.

411

Stando ai recentissimi emendamenti approvati dal Parlamento europeo, le concessioni demaniali sembrerebbero essere state esplicitamente escluse dal campo di applicazione della direttiva.

Il principio di non discriminazione basata sulla nazionalità è un principio generale del diritto europeo412, nonché un diritto fondamentale.413In materia di appalti pubblici, esso trova vita nella previsione di quattro diverse procedure di selezione e di aggiudicazione: procedura aperta, procedura negoziata, procedura ristretta e dialogo competitivo. Si parla di procedura aperta quando è legittimato a presentare domanda ogni operatore economico interessato.

Si fa riferimento a una procedura negoziata quando l’autorità pubblica in questione possa consultare l’appaltatore di propria scelta e negozi, con esso, le condizioni contrattuali. All’interno della stessa, si distingue, inoltre, tra procedura negoziata con avviso, in cui tutti gli operatori economici possono presentare un’offerta, mentre l’autorità appaltante potrà selezionare i candidati con i quali vorrà poi negoziare, e una procedura senza avviso, costituita da una sola fase procedurale, in cui le autorità pubbliche in questione potranno scegliere chi riterranno opportuno e procedere poi alla negoziazione. Per quanto riguarda la procedura ristretta, invece, solo gli operatori che saranno invitati dall’ente appaltante potranno presentare offerta.

La procedura denominata “dialogo competitivo”, invece, è stata introdotta proprio per far fronte al fatto che sia le procedure aperte che quelle ristrette risultavano inadeguate per l’aggiudicazione di contratti complessi, soprattutto quando si trattasse di concessioni o di partenariati pubblico-privati. La cosiddetta “fase dialogata”, in questo caso, si manifesta durante la fase di aggiudicazione.

412

Cfr. T. Tridimas, The General Principles of EU Law, OUP, 2006

413

Il principio di parità di trattamento, invece, richiede che le regole debbano conoscersi in anticipo e applicarsi a tutti i soggetti in questione e nella stessa maniera. Inoltre, è altresì d’obbligo che, sia nella selezione, sia nella valutazione degli operatori economici, l’idoneità dei partecipanti avvenga seguendo criteri individuati in maniera oggettiva; ciò al fine di eliminare ogni possibilità di arbitrarietà e discriminazione nel processo decisionale.414Sempre secondo il principio di parità di trattamento, i criteri di selezione che riguardano la posizione degli operatori economici hanno effetto diretto.415

Il principio di trasparenza prevede l’introduzione di un sistema “aperto” della gara e, conseguentemente, anche di un maggiore grado di responsabilità da parte dell’appaltante. Esso si realizza assicurando un’adeguata promozione della stessa, volta a diffondere tutte le informazioni necessarie che diano la possibilità ai concessionari potenziali di decidere se siano interessati a partecipare o meno. Le autorità appaltanti debbono altresì dichiarare le proprie intenzioni di gara pubblicamente prima di lanciare una concessione.

Già la Corte di Giustizia416, come poi si vedrà più approfonditamente nel prossimo paragrafo, aveva stabilito che le autorità aggiudicatrici hanno l’obbligo di garantire un livello adeguato di divulgazione durante il processo di aggiudicazione. E’

414Ibid. 415

Causa C-76/81, SA Transporoute et travaux c. Ministero dei lavori pubblici, [1982] 00417

416

Cfr., inter alia, M. Krugner, “The Principles of Equal Treatment and Transparency and the Commission Interpretative Communication on Concessions”, PPLR 2003; Cfr., altresì, A. Brown, “Seeing through transparency: the requirement to advertise public contracts and concessions under the EC Treaty”, 2007, PPLR; Cfr., anche S. de Mars, “The Limits of general principles: a procurement case study” ELRev 2013

d’uopo, altresì, rilevare che proprio grazie al summenzionato principio verrebbe eliminato ogni rischio potenziale di discriminazione diretta sulla base della nazionalità.

Più trasparenza deve comportare un livello di divulgazione e di promozione dei contratti pubblici che superino una certa “soglia di interesse” su scala europea. Ciò si manifesta nella pubblicazione degli avvisi di gara, del bando di gara con le relative procedure e criteri di aggiudicazione e, da ultimo, dell’avviso di aggiudicazione. Gli effetti concreti di tale principio consistono, per quanto riguarda i contratti pubblici, in un maggiore risparmio da parte della pubblica amministrazione e nel raggiungimento di un certo grado di efficienza.

Il principio di proporzionalità, secondo cui ogni misura adottata deve rivelarsi necessaria e appropriata proprio alla luce degli obiettivi perseguiti, richiede che gli Stati Membri non possano imporre, durante il processo di selezione dei candidati, condizioni tecniche, professionali e finanziarie che siano eccessive o sproporzionate. Inoltre, secondo il principio di proporzionalità, la durata della concessione deve essere pensata in una maniera tale che non limiti la concorrenza oltre al tempo necessario al concessionario per recuperare gli investimenti effettuati. Il principio del mutuo riconoscimento, invece, richiede che uno Stato Membro debba accettare servizi offerti da operatori economici provenienti da altri Stati Membri, se riconosciuti come equivalenti.

Tali principi, come richiamato sopra417, discendono non solamente dalle Direttive “Appalti” e dalla Direttiva “Concessioni”, ma derivano principalmente dalla

giurisprudenza della Corte di Giustizia e dai Trattati.418L’oggetto della presente ricerca è costituito, come più volte ribadito, da una particolare tipologia di servizi, ossia quelli che sono offerti su spazi demaniali in concessione o autorizzazione. Se, quindi, i principi che sono stati utilizzati fino ad ora dalla Corte, con l’intento di colmare il vuoto normativo riguardante le concessioni, sono stati presi in prestito dalla disciplina degli appalti e dai Trattati stessi, occorre rammentare che, nonostante la Direttiva 2014/23/UE, permane tuttora una zona “scoperta” in cui non trova applicazione il diritto secondario. Ne consegue che, stando così le cose, i summenzionati principi, nella modalità evidenziata dalla giurisprudenza, continuano ad operare.

Si deve altresì menzionare che, in materia di concessioni, vi sono altri due principi che trovano piena cittadinanza all’interno della disciplina e che si rivelano fondamentali nella regolazione della tipologia di servizi ivi presa in considerazione: il principio di Libertà di Stabilimento e il principio di Libera Prestazione di Servizi. Com’è facile intendere, essi discendono direttamente dal diritto primario e, essendo delle libertà fondamentali, possono essere considerati alla stregua di veri e propri diritti fondamentali.419

Senza addentrarsi nuovamente nel contenuto degli stessi420, appare comunque ragionevole ricordare che è proprio su questo piano che la disciplina degli appalti pubblici e delle concessioni da un lato, e quella della Libertà di Stabilimento e della

418Ibid. 419

Cfr. C. Barnard, The Substantive Law of the EU- The four freedoms, CUP 2013

420

Libera Prestazione di Servizi dall’altro, giungono ad un punto di congiuntura tale da arrivare a gettare più luce sulla disciplina concessoria.

La norma “ponte” che funge da raccordo tra le diverse discipline e che, in combinato disposto, va ad inserirsi e nell’ambito dei servizi e dei contratti pubblici, è proprio l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE.421Tale disposizione, infatti, che impone che, come ricordato sopra, qualora il numero delle autorizzazioni sia limitato, sia per la scarsità delle risorse naturali sia per capacità tecnica, debba essere prevista una procedura di evidenza pubblica per scegliere tra più candidati, ha una vera e propria funzione di “saldatura” tra normativa in materia di servizi, appalti pubblici, concessioni e autorizzazioni. In altre parole, essa esercita una vera e propria funzione “appaltante e concessoria”.422

In conclusione, si può pertanto affermare che l’impatto della Direttiva “Servizi” e delle Direttive in materia di contratti pubblici sui servizi che sono offerti su spazi demaniali in concessione o autorizzazione si traduca in ciò che è disposto all’art. 12 della stessa Direttiva “Bolkestein”, ossia nel fatto che, proprio in virtù dei principi sopra esposti derivanti dal Trattato, dalle direttive in materia di appalti e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, qualora ci si trovi di fronte a un’attività economica che possa essere qualificata come “servizio” e non sia possibile garantire un numero illimitato di autorizzazioni, poiché risorse naturali o capacità tecnica sono scarse, lo Stato o le

421

Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, OJ L 376/36, 27.12.2006; Cfr. I paragrafi 1-2 del presente capitolo.

422

Si veda, sul punto, A. Usai “Caught Between the Public Procurement Principles and the Public Procurement Function of Directive 2006/123/EC-Still a grey area in search for legal certainty”, EPPPL review 4/2014.

pubbliche amministrazioni debbono prevedere una gara volta a selezionare tra più candidati. Ciò anche nel caso in cui la Direttiva “Concessioni” non trovi applicazione.

2.2.14. I principi applicabili in materia di appalti pubblici secondo la