CAPITOLO SECONDO Il diritto secondario.
2.1.5. Problemi implementat
Il presente paragrafo intende analizzare i problemi più significativi riguardanti l’implementazione della Direttiva “Servizi”. E’ comunque evidente che il rischio che può sorgere da una non corretta o non piena implementazione, vista l’incidenza del
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settore terziario sull’economia europea, consisterebbe in una progressiva ma inesorabile frammentazione del mercato unico. La “scadenza” entro cui la Direttiva “Bolkestein” doveva essere implementata era stata stabilita per il 31 dicembre 2009. Se, tuttavia, i risultati dell’implementazione si sono rivelati, in certo senso, apprezzabili, vi sono ancora alcuni settori in cui, in certi Stati Membri, le disposizioni di tale direttiva non sono state né correttamente, né pienamente implementate. Un esempio fra tutti è proprio costituito dall’art.12, il quale prescrive l’introduzione di procedure selettive per la scelta tra più candidati qualora il numero delle autorizzazioni rilasciabili sia limitato per ragioni di scarsità naturali.
In questa sezione si analizzeranno pertanto alcuni punti critici riguardanti il processo implementativo della Direttiva 2006/123/CE prettamente legati all’art. 12. In primo luogo, si farà riferimento ai problemi scaturenti dalla genesi “tormentata” del testo legislativo; secondariamente ai problemi scaturenti dal campo d’applicazione della direttiva; quelli dovuti dalla creazione di SU; i rischi di discriminazione a rovescio; infine si analizzerà ciò che rimane del PPO e la relazione tra diritto secondario e diritto primario.
La ragione per la quale si è menzionata, qualche paragrafo sopra, la genesi “tormentata” della direttiva, risiede nel fatto che non sembra fuori luogo affermare che l’efficacia, o, piuttosto, l’efficienza di uno strumento normativo quale la direttiva in questione, affondi le proprie radici nella legittimità che essa raccoglie sia nei confronti delle istituzioni, sia nei confronti dei soggetti cui è indirizzata. In questo caso, ad esempio, la prima bozza fu proposta dalla Commissione a seguito delle indicazioni del Consiglio Europeo, con l’intento di aprire, in modo definitivo, il mercato dei servizi.
Com’è stato più volte ribadito, la prima versione conteneva un esplicito PPO e un minor numero di eccezioni. L’immenso dibattito che ne è conseguito all’interno della società civile, specialmente fra coloro che più avrebbero sofferto da una corretta e piena implementazione della direttiva, in quanto privati di privilegi precedentemente acquisiti, aveva lo scopo, peraltro raggiunto, di minare la legittimità della Direttiva 2006/123/CE.
Tale dibattito interessò principalmente i media, le istituzioni degli Stati Membri e quelle europee, in particolar modo il Parlamento: fu grazie all’azione politica di quest’ultimo che la bozza originaria fu pesantemente annacquata attraverso l’eliminazione definitiva del PPO e l’aumento dei settori esclusi dal campo d’applicazione. Fu il dibattito, infatti, a contribuire enormemente alla creazione di una profonda frattura nel sistema che portò quest’ultimo ad avere minor credibilità, con la conseguenza che la stessa idea di mercato unico ne risultò, in un certo qual modo, inquinata.
Le istituzioni europee che erano in favore dell’adozione della prima bozza non si dimostrarono sufficientemente abili nel propagandare efficientemente l’adozione di un testo maggiormente ambizioso, testo che avrebbe sicuramente apportato numerosi benefici ai consumatori e all’economia in generale. Il mercato unico, che dopo un periodo di crisi sembrava aver riacquistato una certa attrattiva agli occhi dell’opinione pubblica237, iniziò a perdere progressivamente legittimità e credibilità, senza tralasciare
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Per una disamina generale dei problemi legati all’implementazione della Direttiva “Servizi”, si veda U.Stelkens, W.Weiss, M.Mirschberger (eds.), “The Implementation of the Eu Services Directive” (Springer 2012); Per quanto riguarda la perdita di attrattiva dell’idea di mercato unico, si veda Bruegel Policy Brief “Single Market Trails Home Bias” del 5 ottobre 2006, secondo cui la strategia per il mercato
il fatto che l’aumentare di tendenze protezionistiche238comportò una perdita generale del principio di deterrenza.239
Per quanto attiene al campo di applicazione, numerosi problemi sorgono durante il processo d’implementazione, proprio in virtù del fatto che numerosi settori rimangono esclusi dal campo di applicazione della direttiva, come, ad esempio, i SInEG e le attività legate all’esercizio della pubblica autorità. Se, tuttavia, appare evidente che la Direttiva non è applicabile nei casi summenzionati, il diritto primario e la giurisprudenza della Corte di Giustizia, come già ricordato più volte, continuano ad esserlo. Ciò potrebbe causare problemi di certezza del diritto e inefficienze nel mercato, proprio perché la Direttiva “Servizi” è utilizzata per evidenziare i principi già contenuti nei Trattati.
Per quanto attiene alla creazione di SU, invece, il processo implementativo ha comportato risultati di grande frammentazione. Si possono individuare quattro gruppi di Stati Membri240: gli Stati che avevano precedentemente creato strutture similari; gli Stati che hanno creato SU utilizzando istituzioni già presenti all’interno del loro territorio; gli Stati che hanno deciso di affidare i compiti di SU ad autorità già esistenti; gli Stati che hanno introdotto SU meramente virtuali. Tuttavia, il problema maggiore unico aveva bisogno di una nuova prospettiva e di nuovo impetus e che bisognava porre maggiore attenzione nei confronti dei servizi.
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Cfr. il dibattito in Francia sull’idraulico polacco e, in Italia, l’ancora annosa questione riguardante le concessioni demaniali marittime.
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Gli Stati Membri si sentono sempre più legittimati a mantenere barriere al mercato. Ne consegue che, l’effetto deterrente a non violare il diritto europeo, che scaturisce dal “public enforcement” delle norme in materia di mercato interno, ne risulta fortemente minacciato.
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riguardante gli SU è talvolta rappresentato dalla mancanza di siti internet con cui il prestatore di servizi possa interfacciarsi e, talvolta, dalla mancanza di siti internet che siano caricati in più lingue rispetto a quella ufficiale dello Stato.
I rischi di discriminazione a rovescio, invece, che sono scaturiti durante l’implementazione della direttiva, interessano prettamente due livelli di problemi: il primo, che riguarda il campo d’applicazione della Direttiva “Servizi” e il secondo, che interessa il campo d’applicazione delle norme di diritto nazionale deputate a trasporre la direttiva. Per quanto riguarda il primo, vi sono due tipologie di Stati Membri: la maggioranza percepisce la direttiva come applicabile nei confronti dei soli prestatori di servizi che eseguono un movimento transnazionale. Una piccola minoranza la considera applicabile anche alle c.d. situazioni puramente interne.
In riferimento alle misure di diritto nazionale atte ad implementare la direttiva, invece, va precisato che la maggioranza degli Stati Membri ha esteso l’applicazione delle stesse anche alle situazioni puramente interne, per evitare di creare situazioni di svantaggio competitivo. Solamente due Stati, più precisamente la Repubblica Ceca e l’Austria, hanno adottato l’approccio opposto. Tutte queste situazioni causano, inevitabilmente, una discriminazione a rovescio, fenomeno giuridico che sembra non essere più tollerabile all’interno dell’ordinamento giuridico europeo, giacché comporta una frammentazione del mercato unico e una violazione delle libertà fondamentali e dei diritti fondamentali.241Inoltre, sembra altresì ravvisabile una potenziale violazione del principio generale di eguaglianza.242
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Per una disamina generale sul tema della discriminazione a rovescio, cfr. A. Tryfonidou, Reverse
Per meglio comprendere la problematica riguardante l’implementazione, sembra d’uopo prendere in considerazione il rapporto tra PPO e ciò che attualmente è l’art. 16, ovverossia il principio di Libera Circolazione di Servizi. Gli Stati Membri faticano ancora a capire quale sia la reale differenza concreta e quale possa essere l’implementazione di quest’ultimo all’interno del diritto nazionale. Ciò che il presente lavoro sostiene è che, nonostante sia scomparso dal testo finale, non sembra essere stato espunto dal diritto dell’Unione Europea, almeno per quanto attiene il mercato unico. Come ribadito sopra, esso non rappresenta alcuna novità all’interno del panorama giuridico europeo, in quanto già presente nella giurisprudenza della Corte di Giustizia. Inoltre, non sembrerebbe avere alcun senso applicare la legge dello Stato ospite in caso circolazione dei servizi: se, infatti, compito della direttiva, del diritto primario e della giurisprudenza è quello di facilitare il movimento di servizi, l’applicazione della legge dello Stato d’arrivo costituirebbe piuttosto un ostacolo.
Infine, ciò che appare altrettanto interessante, è il rapporto tra diritto secondario e diritto primario, ovverossia tra la Direttiva “Servizi” e gli art. 49 e 56 TFEU. La regola generale, infatti, prescrive che il diritto primario, in quanto tale, sia gerarchicamente superiore rispetto al diritto secondario, e che ciò che non sia coperto da quest’ultimo rientri comunque nel campo di applicazione del primo. Tuttavia, come dimostrato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia243, ciò che accade sempre più of Economic Integration, pp- 43-67; Cfr. anche A. Tryfonidou, Resolving the reverse discrimination
paradox in the area of customs duties: The Lancry saga”, (2011) European Business Law Review, pp.
311-336 e A. Tryfonidou, “Reverse Discrimination in EC Law” (Kluwer Law International, 2009).
242Ibid. 243
frequentemente all’interno del diritto europeo, è che le direttive sono spesso usate per evidenziare i principi stabiliti dai Trattati.
In altre parole, il diritto primario è sempre più utilizzato per interpretare il diritto secondario, mentre quest’ultimo altro non fa che dare sostanza al primo.244Si può infatti affermare che vi sia una relazione di “mutuale conferma” tra i due. Il problema è che tale sovrapposizione può causare frammentazione quando entrambi debbano eventualmente essere implementati all’interno degli ordinamenti giuridici nazionali.245
2.1.6. l’impatto della Direttiva 2006/123/CE sui servizi che sono offerti su aree