• Non ci sono risultati.

Il diritto comunitario derivato in materia di asilo: quadro generale

Nel documento Non-refoulement e "Sistema Dublino" (pagine 109-113)

Una volta individuate le tappe essenziali del lungo percorso che ha portato all’istituzione di una competenza europea in materia di diritto di asilo e le basi giuridiche per l’esercizio della stessa all’interno del diritto comunitario primario, è opportuno fornire in forma schematica un quadro dei principali strumenti di diritto derivato adottati in attuazione di tale competenza.130

La maggior parte degli atti ai quali si farà riferimento sono stati adottati nel quinquennio successivo all’adozione del Trattato di Amsterdam, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 63 del vecchio TCE e dalle conclusioni del sopracitato Consiglio Europeo di Tampere del 1999, e costituiscono il risultato di quella che è considerata la prima fase di armonizzazione di tale settore alla quale dovrebbe seguirne una seconda, caratterizzata da un maggiore livello di integrazione come si desume dal

130 Per un’analisi degli strumenti di diritto comunitario derivato si vedano Adinolfi A. ”Il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria: verso un sistema comune di europeo?” in Rivista di diritto internazionale 3/2009, p. 683 e ss., Ippolito F.

Velluti S. “ The recast process of the EU asylum system: a balancing act between

efficiency and fairness”, cit., p. 41e ss., Kaunert C. e Léonard S. “The European Union asylum policy after the treaty of Lisbon anf the Stockholm programme: towards supranational governance in a common area of protection?”, cit., p. 8 e ss., Troianello P.

“ Il diritto d’asilo nell’Unione europea”, cit., p. 89 e ss. e Zagato L. “Le competenze

dell’UE in materia di asilo dopo i Trattati di Amsterdam e Nizza, e nella prospettiva di un Trattato su una Costituzione per l’Europa”, cit., p. 169 e ss.

Programma dell’Aja,131 adottato dal Consiglio Europeo di Bruxelles del

2004, che viene considerato il manifesto di tale nuova stagione della politica sull’asilo in Europa.

Alcuni degli strumenti più importanti adottati in tale ambito sono cinque direttive ciscuna delle quali disciplina un aspetto specifico nella materia del diritto d’asilo.

Si tratta innanzitutto della direttiva 2001/55 relativa alla protezione temporanea degli sfollati che vengono in tal modo definiti: “le persone

fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica” e quelle “soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani” o che “siano state vittima di siffatte violazioni.”

La particolarità di tale protezione, la quale tra l’altro per operare necessita di un afflusso massiccio di soggetti qualificabili come sfollati, consiste nel riguardare una categoria di persone ristretta e difficilmente destinataria di altre forme di protezione in ambito internazionale.

Per quanto riguarda il coordinamento rispetto alla qualifica di “rifugiato” si specifica che il riconoscimento di tale forma di protezione speciale non impedisce l’attribuzione di tale status, dal quale discende una maggiore tutela per coloro che ne abbiano i presupposti.

La direttiva 2003/9 riguarda invece le misure minime per l’accoglimento dei richiedenti protezione internazionale, denominata anche “Direttiva

131 Si legge nelle conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo che l’obiettivo di

tale nuova fase è rappresentato dalla “instaurazione di una procedura comune al

riguardo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l’asilo o la protezione sussidiaria”, inoltre si specifica che “il regime sarà basato sull’applicazione, in ogni loro componente, della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati e degli altri Trattati pertinenti e su una valutazione approfondita e completa degli strumenti

condizioni di ricevimento”, ed è stata già oggetto di modifica mediante la

direttiva 2013/33.

L’obiettivo di tale atto consiste nella determinazione di standards minimi per il trattamento dei richiedenti tutela in tutti i casi e in tutte le fasi della procedura.

A fronte del mancato rispetto da parte di alcuni Stati membri delle condizioni da essa sancite, anche a causa dell’ampia libertà riconosciuta agli stessi, nel 2013 si è proceduto all’adozione di una nuova direttiva modificativa della prima, nella quale soprattutto si è definita una disciplina più rigida del potere degli Stati di trattenere gli stranieri entrati illegalmente nel loro territorio, definendo tale misura eccezionale e considerando in contrasto con la direttiva i casi di trattenimento di lunga durata, ritenuti un ostacolo all’esercizo dei diritti che dalla stessa sono riconosciuti.

Relativa alla tematica del ricongiungimento familiare è poi la direttiva 2003/86 che trova applicazione nel caso in cui un membro della famiglia abbia ottenuto la qualifica di rifugiato e che è stata oggetto di molteplici critiche in ragione delle deroghe da essa introdotte ad una serie di diritti fondamentali, come il diritto al rispetto della vita familiare o i diritti del bambino.

La direttiva 2004/83, definita anche “Direttiva qualificazioni”, riguarda le norme minime sull’attribuzione dello status di “rifugiato” o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale e sul contenuto della protezione e rappresenta il profilo sostanziale della tutela garantita a coloro il cui accoglimento è disciplinato dalla direttiva 2003/9.

Nell’ambito di tale direttiva si prevede un particolare tipo di protezione, la protezione sussidiaria, di cui possono godere coloro che non abbiano i

requisiti per ottenere la qualifica di rifugiati e che si caratterizza per essere molto più limitata rispetto a quella riconosciuta a questi ultimi.

L’atto in esame è stato riformato dalla direttiva 2011/95 la quale, senza apportare modifiche radicali, ha prevalentemente proceduto ad adeguarne le disposizioni alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e ad avvicinare la tutela riconosciuta in conseguenza dell’assunzione della qualifica di rifugiato e di beneficiario della protezione sussidiaria, al fine di pervenire ad una maggiore uniformità tra i richiedenti asilo.

Infine, l’ultima ad essere adottata è stata la direttiva 2005/85 relativa alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato indicata anche come “Direttiva Procedure”.

Le direttive così sommariamente descritte costituiscono gli strumenti predisposti, nell’ambito di tale prima stagione della politica europea in materia di asilo, al fine di raggiungere un’armonizzazione minima della disciplina degli Stati membri nei settori da ciascuna di esse regolati.

Ulteriori atti di diritto derivato attuativi delle competenze in materia di asilo sono il regolamento 2003/343, c.d Dublino II, relativo ai criteri per la determinazione dello Stato responsabile per l’esame della domanda di asilo, che sarà specifico oggetto di analisi del presente elaborato in ragione della sua recente modifica da parte del regolamento 2013/604, c.d Dublino III, e dei problemi sulla sua compatibilità rispetto alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo in relazione al principio di non-refoulement in essa contenuto.

Collegato poi a tale regolamento vi è il 2000/2325, istitutivo del sistema Eurodac relativo alla raccolta e al confronto delle impronte digitali dei

richiedenti asilo al fine di evitare la presentazione di domande multiple e di individuare il paese d’ingresso dell’individuo.

Si tratta dell’istituzione di una banca dati centrale, gestita dalla Commissione, alla quale gli Stati trasferiscono le impronte digitali e i dati personali dei richiedenti asilo.

Anche tale regolamento è stato oggetto di modifica, mediante il regolamento 2013/603, con l’intento di superare le inefficienze in esso rilevate.

Il complesso di tali regolamenti costituisce il c.d “Sistema Dublino”.

2.4 Le origini del “Sistema Dublino”: la Convenzione sui

Nel documento Non-refoulement e "Sistema Dublino" (pagine 109-113)

Outline

Documenti correlati